Firenze, operazione “Chiamata alle Armi”: 59 persone indagate per corruzione

FIRENZE – Nella mattinata odierna, oltre 500 militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione ad una vasta operazione di polizia giudiziaria su tutto il Territorio nazionale, nell’ambito della quale sono stati eseguiti 29 provvedimenti cautelari personali nei confronti di docenti universitari (7 agli arresti domiciliari e 22 interdetti allo svolgimento delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse ad ogni altro incarico assegnato in ambito accademico per la durata di 12 mesi) per reati di corruzione e più di 150 perquisizioni domiciliari presso Uffici pubblici, abitazioni private e studi professionali.

Nei confronti di altri 7 docenti universitari, il Giudice per le Indagini Preliminari di Firenze si è riservata la valutazione circa l’applicazione della misura interdittiva all’esito dell’interrogatorio degli stessi.

Le misure coercitive sono state disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze – Dott. Angelo Antonio Pezzuti – su richiesta della locale Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Capo, Dott. Giuseppe Creazzo, a seguito di articolate investigazioni svolte dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze coordinate dal Proc. Agg. Dott. Luca Turco e dal Sost. Proc. Dott. Paolo Barlucchi.

Il contesto investigativo ha preso le mosse dal tentativo di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore universitario, candidato al concorso per l’Abilitazione Scientifica Nazionale all’insegnamento nel settore del “diritto tributario”, a “ritirare” la propria domanda, allo scopo di favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore, promettendogli che si sarebbero adoperati con la competente Commissione giudicatrice per la sua abilitazione in una successiva tornata.

Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di accertare sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario – alcuni dei quali pubblici ufficiali in quanto componenti di diverse Commissioni nazionali (nominate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) per le procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale all’insegnamento nel settore scientifico diritto tributario – finalizzati a rilasciare le citate abilitazioni secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori, con valutazioni non basate su criteri meritocratici bensì orientate a soddisfare interessi personali, professionali o associativi.




Bologna, operazione Undertaker – Eseguite in Italia e Spagna tre ordinanze di custodia cautelare

BOLOGNA – Finanzieri del Comando Provinciale d i Bologna, con il coordinamento della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, in collaborazione con la Guardia Civil Spagnola e la Polizia tedesca del Bayerisches Landerskriminalamt, hanno dato esecuzione in Italia e Spagna a 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal GIP del Tribunale di Bologna, Dott. Domenico Panza, nei confronti dei membri (rispettivamente di cittadinanza spagnola, tedesca ed italiana) di un’organizzazione transnazionale dedita all’importazione di hashish dal Marocco, destinata al mercato europeo.

In fase di esecuzione, sono state inoltre effettuat e anche 9 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti soggetti indagati, non destinatari di misure cautelari.

Nel corso di una di queste un cittadino italiano, residente in provincia di Como, è stato tratto in arresto perché trovato in possesso di due pistole cal. 9 non dichiarate munite di silenziatore.

In un altro caso, uno dei perquisiti, residente in Bologna, è stato trovato in possesso di quasi 90.000 euro in contanti, quattro bilancini di precisione e circa 80 grammi di hashish.

Le investigazioni, condotte dal GICO del Nucleo di Polizia Tributaria di Bologna sotto la direzione della DDA della locale Procura della Repubblica, nella persona del Sostituto Procuratore Dott. Stefano Orsi, hanno permesso di ricostruire, tramite lo svolgimento di complesse indagini tecniche, le attività illecite portate avanti dal gruppo criminale che aveva la sua base principale nella provincia spagnola di Cadiz, delineando il ruolo di ciascun appartenente.

Il risultato più eclatante nel corso dell’indagine è stato il sequestro di 133 Kg di h ashish effettuato nel maggio del 2015 in Bologna con il conseguente arresto in flagranza del corriere, un tedesco che aveva importato lo stupefacente nascondendolo all’interno di tavole in legno trasportate con un’autovettura, nonché dei quattro italiani destinatari del carico.

La particolare modalità di occultamento dei panetti di hashish era stata ideata e realizzata da uno dei membri del gruppo criminale, un altro cittadino tedesco residente in Spagna, sempre nella provincia di Cadiz, detto “IL MAESTRO”, che, impiegando particolari metodologie di lavorazione grazie al l’utilizzo di materiali plastici, aveva reso inodore le assi rendendo impossibile il rilevamento dello stupefacente anche da parte di unità cinofile specializzate.

La comunicazione di queste informazioni alla Direzione Centrale dei Servizi Antidroga consentiva di scoprire come proprio “ IL MAESTRO” fosse già sotto indagine anche in Germania, Austria e Spagna perché coinvolto da tempo in traffici di ingent i quantitativi di hashish provenienti dal Marocco e rivenduti in mezza Europa.

Sono stati di conseguenza avviati degli incontri con le altre forze di polizia coinvolte al fine di scambiare una serie di informazioni sulle rispettive indagini che si sono riv elate poi di fondamen tale importanza per il buon esito dell’operazione.

Complessivamente l’attività investigativa ha consentito , oltre ai destinatari delle ordinanze di custodia cautelare, di arrestate in flagranza altre 6 persone e di sequestra re 158 kg. di sostanza stupefacente.




Parma, operazione parola d’ordine: gruppo criminale occultava all’estero ingenti patrimoni personali di evasori fiscali

PARMA – La Guardia di Finanza di Parma, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, al termine di una complessa attività di indagine durata oltre due anni, ha smantellato un gruppo criminale composto da 26 persone indagate e specializzato nell’occultare i patrimoni immobiliari e mobiliari di soggetti che, seppur solvibili, avevano deciso di non pagare le imposte verso l’Erario a loro carico o i prestiti contratti.: le ingenti disponibilità economiche – per un valore di circa 7 mil ioni di euro – sono state, invece, sequestrate dai Finanzieri che hanno anche arrestato 8 persone per associazione a delinquere e notificato altresì ad ulteriori 2 soggetti – un notaio e un imprenditore – l’interdizione allo svolgimento di attività professionali e di impresa.

L’operazione, scattata sabato scorso per il pericolo di fuga degli indagati e che ha visto impegnati centinaia di Finanzieri che hanno eseguito oltre agli arresti anche sequestri patrimoniali e perquisizioni, oltre che a Parma, anche ad Arezzo, Pordenone, Trieste, Savona, Padova, Verona, Milano, Pistoia, Ravenna, Reggio Emilia, Salerno, Chieti e, in particolare, a Ferrara.

Attraverso complesse attività investigative, espletate anche mediante l’ausilio di intercettazioni telefoniche, è stata accertata l’esistenza di un esteso contesto di illiceità che utilizzava un’Associazione Antiusura con sede a Parma e a cui facevano riferimento numerose persone fisiche e giuridiche debitrici seppur con disponibilità patrimoniali.

L’Associazione infatti offriva, tra gli altri, “servizi” finalizzati ad impedire od ostacolare le procedure esecutive – avviate da Enti pubblici per debiti verso l’Erario (Tribunale, ex Equitalia o altri Enti di riscossione) o da soggetti privati – nei confronti dei patrimoni personali o aziendali dei debitori. Questi ultimi attraverso il consorzio criminale, stipulavano numerosi negozi giuridici simulati e/o fraudolenti – fra cui numerosi trust con trustee fittiziamente residente in S lovenia e società ad hoc con sede sempre in Slovenia, oltre che in Senegal e Croazia – tutti riconducibili al consorzio criminale, al fine di rendere gli asset patrimoniali non più aggredibili o sequestrabili in Itali a dall’Autorità Giudiziaria.

Il sistema di frode, unico nel suo genere, era utile per ulteriori finalità: esso mirava, altresì, ad approfittare della debolezza psicologica di taluni imprenditori in difficoltà economiche, al fine di incassare, da quest’ultimi, non solo laute parcelle per l’avvio della “procedura criminale” offerta dall’Associazione ma anche le risorse economiche ancora a loro disposizione, illudendoli di una restituzione nel tempo, anche sotto forma di “vitalizio”.

Tale restituzione, però, non avveniva mai o solo in parte in quanto, successivamente, i personaggi indagati si rendevano irreperibili: è il caso di una imprenditrice che, nelle dichiarazioni rese ai Finanzieri, ha dichiarato di essere stata persuasa a versare la considerevole somma di 300.000 euro su conti intestati ad una società senegalese (legalmente rappresentata dai principali indagati) con la prospettazione, rivelatasi invera, di restituirgliela sotto forma di vitalizio mensile non tracciabile.

Ma, parallelamente, vi sono i casi di vari imprenditori che, avendo deciso di non pagare Iva ed altre imposte sui redditi, hanno cautelato i propri patrimoni con gli arrestati e adesso sono tutti indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento di im poste.

È il caso, ad esempio, di un’azienda di pavimenti in legno che non aveva versato l’iva per 60 mila euro, pur avendo un patrimonio aziendale di 240.000,00 euro.

L’Associazione – “teoricamente” mutualistica – che ha erogato le specifiche prestazio ni a favore di numerosi soggetti era utilizzata, quindi, come “schermo lecito” per procedere a varie attività illecite del gruppo criminale.

Tali attività erano rivolte, soprattutto, a favorire soggetti con ingenti disponibilità patrimoniali e finanziarie che avevano comunque deciso di non pagare le imposte a loro carico o non restituire taluni prestiti contratti: al fine di evitare che i patrimoni venissero aggrediti dai provvedimenti esecutivi promossi dai creditori (sequestri per equivalente dell’imposta evasa, pignoramenti ecc.) venivano predisposti negozi giuridici ad hoc che “occultavano” tali patrimoni all’estero o in capo a soggetti terzi. In questo modo i debitori venivano “fittiziamente” spossessati dei loro patrimoni e, pertanto, non più aggredibili dai creditori stessi.

Le attività economiche, tuttavia, continuavano senza soluzione di continuità agli occhi dei clienti: una volta creata sulla carta la società estera, infatti, veniva contestualmente aperta una unità locale in Italia che, ovviamente, coincideva con la sede della società o azienda originaria.

Tali operazioni avvenivano grazie alle competenze professionali di un notaio, ben conscio delle sue particolari e anomale prestazioni professionali asservite all’associazione criminale. Strumentali al perseguimento del programma associativo erano le sistematiche denunce per usura ed estorsione finalizzate unicamente a usufruire della sospensione di ogni procedura esecutiva offerta dall’articolo 20 della L. 44/99 (fondo di solidarietà vittime dell’ usura) così da guadagnare il tempo necessario a rendere inaggredibili i patrimoni aziendali trasferendoli a società estere.

Per questo motivo, le denunce/querele venivano riproposte senza sosta per anni e davanti disparate Procure nazionali nonostante fini ssero sistematicamente in archiviazione per infondatezza della notitia criminis ; da qui la calunniosità delle accuse: le denunce, infatti, venivano riproposte identiche pur nella perfetta consapevolezza (dovuta dalla pluriennale notifica di richieste e dec reti di archiviazione) dell’innocenza dei soggetti accusati di usura ed estorsione.

Per perseguire lo scopo, l’organizzazione ha:

  • utilizzato la struttura giuridica del trust, nel cui fondo ha fatto confluire la piena proprietà o i diritti di usufrutto sui beni immobili aggredibili dai creditori;
  • effettuato cessioni di quote del capitale sociale delle aziende a favore di un soggetto di diritto estero costituito ad hoc;
  • affittato rami d’azienda a canone agevolato a favore di un soggetto di dirit to estero costituito ad hoc.

Nel corso dell’indagine la Guardia di Finanza di Parma ha individuato ben 49 trust nonché riscontrati 71 cessioni di quote societarie, 12 affitti immobiliari, e 3 cessioni di rami di azienda, a fronte di debiti tributari non pagati per milioni di euro.

Nel corso dell’indagine sono confluite, altresì, le attività di polizia tributaria e giudiziaria condotte dalla Compagnia di Ferrara nei confronti di un soggetto economico fruitore di tali “servizi”.

E’ stato accertato, inoltre, che le spese relative alle pratiche aperte dall’Associazione e le relative perizie offerte dalla stessa venivano remunerate attraverso pagamenti diretti non all’ente no profit bensì a favore delle citate società estere intestate ai soggetti indagati e che venivano utilizzate, pertanto, come collettori dei flussi finanziari illeciti.

Sono 26, complessivamente, gli indagati dalla Guardia di Finanza per la vasta gamma di reati accertati che spaziano dalla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alla mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, fino alla calunnia.

In ragione di ciò, il GIP di Parma – dott. Mattia Fiorentini – ha disposto l’emissione di n. 8 ordinanze di custodia cautelare di cui 4 in carcere e n. 4 ai domiciliari, nonché l’interdizione dall’esercizio di attività professionali e di impresa per un notaio e per una imprenditrice, il sequestro della sede dell’Associazione Antiusura, 7 società, 3 conti correnti nonché partecipazioni societarie di 41 persone giuridiche, 16 immobili, 2 siti internet e disponibilità liquide per quasi 7 milioni di euro.

L’operazione “Parola d’ordine” (dalla traduzione francese del nome delle tre società senegalese, slovena e croata “MOTDEPASSE” che fungevano da “bacinella” di raccolta dei contanti incassati dagli indagati) condotta dalla Guardia di Finanza riscontra il prioritario impegno del Corpo a contrastare le frodi economico – finanziarie più gravi che, in questo caso, sono state perpetrate tramite l’illecito trasferimento di capitali all’estero, la residenza fittizia all’estero di persone fisiche e giuridiche, la costituzione in Italia di stabili organizzazioni occulte di imprese estere nonché l’utilizzo strumental e e illecito di trust.




Trento: sgominata una banda internazionale di truffatori professionisti

TRENTO – Le “vittime” sino ad ora individuate dalle Fiamme Gialle Trentine sono albergatori, ristoratori, commercianti, ingegneri, dipendenti di imprese edili, di impianti di risalita, di enti locali, ma anche estetiste, parrucchieri, idraulici, dipendenti di supermercati, pensionati, promotori finanziari, tutti convinti, in buona fede, di fare un buon affare.

L’ideatore del raggiro è un distinto signore di nazionalità portoghese (S.D.Q. J.A.) , conosciuto anche come il “Madoff lusitano” che, con la complicità di una trentaduenne portoghese (B.D.S. M.L.A.), di un quarantanovenne neozelandese (C. B.W.H.) e di un quarantacinquenne inglese (B.I.A.), ha attuato una classica truffa piramidale, il c.d. “schema Ponzi” , basata sulla promessa di allettanti interessi in tempi brevi; ottenuto il denaro, corrisposti i primi lauti interessi promessi, carpita la fiducia degli investitori, il truffatore spariva col “ bottino ” raccolto.

L’indagine, innescata dall’analisi di quattro segna lazioni di operazioni sospette, sviluppata dal Nucleo di polizia tributaria di Trento e coordinata dalla Procura della Repubblica di Trento, ha consentito di individuare e smantellare un’organizzazione criminale transnazionale che proponeva investimenti in 6 società con sede in U.S.A., Nuova Zelanda, Gibilterra (GB), Svizzera e Italia, titolari di siti online di scommesse sportive, che garantivano, tramite l’utilizzo di algoritmi, vincite “sicure” ed interessi mensili pari al l’8% – 10% del capitale investito.

Ad oggi sono state individuate 77 vittime italiane (residenti per lo più in Trentino – Alto Adige, in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) che, a decorrere dal 2010, hanno versato, a titolo di in vestimento, sui conti correnti esteri intestati alle società, di volta in volta indicate dal sodalizio criminoso, somme variabili, da un minimo di 2.000 sino ad un massimo di 300.000 euro.

Per adescare gli ignari investitori, l’associazione truffaldina ha reclutato tra le proprie fila tre complici trentini: un cinquantasettenne immobiliarista (F. G.) , un quarantasettenne ex direttore di banca (A. M.) e un sessantunenne promotore finanziario (S. L.), incaricati di organizzare conferenze e riunioni in famosi Hotel del Trentino, al fine di convincere i malcapitati investitori della bontà delle proposte d’investimento.

Le indagini di P.G, svolte anche in cooperazione con i colleghi della polizia portoghese e francese, sviluppate anche tramite accertamenti bancari e patrimoniali, hanno permesso di ricostruire i flussi di denaro movimentati dalla banda di truffatori, quantificati in complessivi 2,5 milioni di euro.

I7 soggetti promotori dell’attività criminosa, sono indagati dalla Procura di Trento, per reati d i truffa, abusivismo finanziario, il tutto aggravato dal fatto di aver compiuto tali illeciti in più paesi esteri; nei confronti dei tre indagati italiani è stato eseguito il sequestro preventivo per equivalente di una villa, una palazzina, un box auto, quattro terreni, quattro autovetture, una moto, le quote sociali di 5 società e circa 65.000,00 euro giacenti sui conti correnti a loro intestati, per un controvalore complessivo pari ad oltre 2.410.000,00 euro.

L’ideatore e responsabile principale è stato a rrestato dalla polizia francese. In attesa di ulteriori riscontri investigativi dai Paesi esteri, le indagini proseguono per stabilire la presenza di possibili altri soggetti truffati ed ulteriori illeciti profitti.




Roma, operazione “Fuori tutto 2”: sequestrati beni per un valore di circa 160 milioni di euro

ROMA – I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, per un valore complessivo di oltre 160 mln di euro, emesso dal Tribunale del Riesame di Roma, nei confronti di n. 22 persone fisiche, indagate per reati fiscali e di bancarotta fraudolenta, con l’aggravante della transnazionalità, commessi tra il 2010 ed il 2015.

Gli accertamenti esperiti hanno interessato i noti dottori commercialisti P. C. e M. C., già arrestati nel giugno 2011 e recentemente condannati in primo grado per condotte analoghe a quelle ora contestate.

Questa volta i due professionisti avevano formalmente separato la propria attività professionale continuando, in realtà, a collaborare, agevolando l’evasione fiscale di imprenditori che si erano loro rivolti e salvaguarda ndoli da ogni forma di responsabilità.

L’obiettivo di non versare le imposte all’erario, restando impuniti, poteva essere perseguito sia attraverso il trasferimento all’estero della parte di società gravata dei debiti erariali, sia attraverso la sua messa in liquidazione.

In entrambi i casi era necessario ottenere la cancellazione dal registro delle imprese, così da impedire il fallimento dell’azienda e rendere dunque impossibile per l’erario riscuotere quanto dovuto.

In taluni casi, a fronte degli ingenti debiti tributari accumulati, le società venivano scisse in due parti: una contenente le attività in bonis destinate a ritornare nella disponibilità dei proprietari e, un’altra – gravata di debiti e prossima al fallimento – surretiziamente attribuita a compiacenti prestanome, del tutto insolvibili.

Il servizio reso dai commercialisti prevedeva, infatti, anche l’ingaggio di queste “teste di legno” che, in alcuni casi erano soggetti anziani e in precarie condizioni di salute, in altri , viceversa erano persone del tutto insospettabili.

In una circostanza, in particolare, un imprenditore si raccoma ndava affinché l’amministratore scelto fosse “pulito” e “capace di intendere e di volere”.

Ancora emblematico è il caso di un gruppo imprenditoriale che, da anni, annunciava mediaticamente la chiusura definitiva del noto magazzino di abbigliamento di cui era titolare, e che poi, invece, risultava continuare senza sosta la propria attività: bastava, in questi casi, di ffondere notizie circa le proprie difficoltà economiche e poi trasferire fittiziamente il marchio ad una nuova azienda senza poi assolvere ai debiti maturati nel tempo.

In ultimo, tra i soggetti attinti dal provvedimento di sequestro, un imprenditore mantovano da sempre alla guida di aziende leader nell’impiantistica industriale, che già negli anni novanta era stato coinvolto nell’inchiesta “mani pulite” per una tangente di 3 miliardi di lire e che in seguito era tornato agli onori delle cronache per un’accusa di truffa rivoltagli da altri imprenditori in ordine ad un comune investimento.

Le evidenze raccolte dagli investigatori hanno permesso di attribuire responsabilità penali a 30 soggetti a vario titolo indagati per aver contribuito a cagionare il fallimento di 15 società, gravate da ruoli esattoriali a titolo d’imposte per centinaia di milioni di euro, tutti sottratti proditoriamente al pagamento.

Tra le persone indagate, oltre ai due commercialisti, ci sono imprenditori operanti nei settori più disparati (call center, telecomunicazioni, l’intrattenimento, la torrefazione, il commercio di autoveicoli o di abbigliamento etc), alcuni di essi molto in vista nel contesto economico sociale capitolino.




Roma: catturato pluripregiudicato latitante

ROMA – Nella giornata di ieri i militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza unitamente a personale della locale Questura hanno arrestato il latitante C. Z., ricercato in quanto destinatario di un provvedimento definitivo di carcerazione, per il quale deve scontare 9 anni di carcere.

Era da poco entrato in un negozio di parruccheria in zona Villa Glori allorquando gli agenti della Squadra Mobile ed i militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della G.d.F. sono piombati all’interno sorprendendolo e non dandogli il tempo di organizzare una fuga.

Era arrivato in bicicletta e l’aveva posteggiata davanti all’attività. Con sé aveva uno zainetto, delle chiavi ed un cellulare. C. Z., originario di Fondi (LT), è un pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio nonché dedito a traffici di sostanze stupefacenti, che risulta aver presentato dichiarazioni ai fini fiscali fino al 2008, manifestando redditi di scarsa entità allorquando era titolare di una ditta individuale, con sede a Fondi, che svolgeva attività di intermediazione nel commercio di vari prodotti, anche di calzature ed accessori.

Lo stesso era stato denunciato per reati tributari come da approfondimenti investigativi eseguiti dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, che stava indagando sulla situazione economico – patrimoniale del latitante, mentre la Squadra Mobile si stava occupando dell’attività d’indagine sulla sua cattura.

La sua storia criminale inizia negli anni ’80, periodo in cui risultano a suo carico diversi provvedimenti per delitti contro la persona, furto, rapina ed estorsione nonché per detenzione a busiva di armi.

Negli anni ’90, inizia la propria dedizione ai traffici di sostanze stupefacenti, in relazione ai quali viene colpito da provvedimenti cautelari e misure di prevenzione a carattere personale.

Nel 2002 viene colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Firenze relativa a un sodalizio criminale costituito da individui di etnia albanese operante in Toscana e dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con collegamenti con un altro gruppo delinquenziale, anch’esso albanese, attivo nel basso Lazio e dedito principalmente al commercio illecito di droga dalla madrepatria e dall’Olanda: a Z. veniva contestato di avere acquistato, in concorso con soggetti albanesi, “plurimi quantitativi di cocaina var iabili da kg. 1 a 4 per volta, occupandosi di organizzare il ricevimento della cocaina e provvedendo al pagamento del prezzo”.

Nel 2006, il pregiudicato viene segnalato nuovamente all’A.G. quale membro di un sodalizio criminale dedito a traffici di sostanze stupefacenti.

Fa poi rientro in carcere nell’ottobre 2006 in esecuzione di un provvedimento di fermo emesso dalla Procura di Roma per il delitto di ricettazione. Scarcerato nel novembre 2006, lo stesso prosegue la propria dedizione ad attività criminali e viene segnalato all’A.G., come già evidenziato, per violazioni penali alla normativa tributaria e per un episodio di truffa.

Nel 2012, viene eseguita nei suoi confronti e di altri 33 soggetti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ed ai domiciliari emessa dal GIP di Roma a seguito di specifiche indagini condotte dalla locale D.D.A..

Oltre a reati inerenti gli stupefacenti, viene contestata all’indagato anche l’ipotesi delittuosa di cui all’a rt. 12 quinquies del D.L. 306/19 92.

Le indagini portarono alla scoperta di un’organizzazione criminale di trafficanti di droga acquistata in Spagna con base a Fondi e interessi, oltre che nella città del sud pontino, sull’asse Roma – Terracina.

Contestualmente, C. Z. viene raggiunto da un ulteriore provvedimento cautelare emesso in data 26.10.2012 dal G.I.P. di Latina, per i reati di estorsione, usura e porto abusivo di armi, per poi ricevere nel 2013 una prima condanna, con giudizio abbreviato, poi confermata dalla Corte d’Appello di Roma nel 2015, che ha infl itto una pena pari ad anni 14 di reclusione; contestualmente, la predetta Corte ha applicato al condannato la misura degli arresti domiciliari con applicazione di dispositivo di controllo elettronico.

Arrivando ai giorni nostri, nel 2017, ovvero poco prima della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso relativo alla condanna inflitta, rideterminando la pena in 13 anni e 10 mesi, si rendeva irreperibile evadendo dai domiciliari; il successivo 27 maggio 2017, l’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma ha emesso l’ordine di esecuzione per la carcerazione per l’espiazione della suddetta pena, rideterminata, in anni 9, mesi 3 e giorni 1 di reclusione.

Sono in corso approfondimenti sulla posizione dei gestori dell’esercizio commerciale in cui è stato rintracciato il ricercato.




Bari: contrasto al fenomeno degli affitti in nero

BARI – Anche quest’anno il Gruppo Bari ha coordinato un piano straordinario di interventi a tutela dell’economia legale su tutta la provincia barese con particolare riguardo alle aree costiero – balneari e dell’alta Murgia.

In particolare, sotto la lente d’ingrandimento delle Fiamme Gialle sono finiti, tra l’altro, i proprietari di seconde e terze case dediti agli affitti in località di villeggiatura in violazione della normativa di settore e in danno quindi degli operatori turistici rispettosi delle regole.

I Finanzieri del Gruppo Bari e dei Reparti dipendenti hanno eseguito dall’inizio del mese di luglio oltre 80 controlli dei quali oltre il 50% si è concluso con esito irregolare.

L’attività ha interessato sia i principali centri balneari della costa barese sia i centri dell’alta Murgia, ormai da tempo oggetto di crescente interesse da parte dei flussi di turisti nazionali e stranieri.

Sono state altresì oggetto di “verifica” 17 strutture qualificate come “Bed & Breakfast” nei confronti delle quali è stata constatata la violazione alle norme di settore con una percentuale di irregolarità, riscontrata anche in questo caso, superiore al 50%.

Al termine del percorso ispettivo conclusosi nel mese di agosto è stata proposta per il recupero a tassazione materia imponibile sottratta a tassazione per circa 400 mila euro.

Di particolare rilevanza è risultata la posizione di due fratelli che per anni hanno occultato all’Erario i canoni – derivanti dalla locazione di quasi 30 appartamenti ereditati dai genitori – e che saranno segnalati all’Agenzia delle Entrate per il successivo accertamento dell’imposta dovuta.

Lungo il litorale di Mola di Bari è stata, invece, individuata una lussuosa villa con piscina, adibita all’esercizio abusivo di B&B avendo il titolare omesso di: presentare la comunicazione alle competenti Autorità amministrative; dichiarare i redditi percepiti conseguiti; inviare all’Autorità di Pubblica Sicurezza l’elenco dei clienti alloggiati con conseguente denuncia alla locale A.G..




Catania, due arresti: sequestrate armi e marijuana

CATANIA – Nella giornata di sabato 9 settembre u.s., i finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno tratto in arresto, nel quartiere di San Berillo Nuovo, zona Corso Indipendenza, S. R. Z. (cl.1989) e S. A. (cl.1997), in quanto trovati in possesso di un arsenale costituito da un fucile mitragliatore ak 47 kalashnikov, 3 revolver, 1 pistola semiautomatica e circa 500 cartucce di vario calibro, alcuni passamontagna e oltre un chilo di marijuana. Denunciato anche un soggetto incensurato per detenzione di munizioni.

L’operazione di servizio si inquadra nell’ambito dell’intensificazione del controllo economico del territorio, supportata da mirata attività d’intelligence, assicurata dalle Fiamme Gialle nelle aree particolarmente sensibili ai traffici illeciti e nei quartieri ad elevata densità criminale del capoluogo etneo.

In tale contesto operativo, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, con il supporto dei finanzieri “Anti Terrorismo Pronto Impiego” e delle unità cinofile del Gruppo di Catania, individuavano alcuni soggetti che con fare sospetto caricavano un borsone a bordo di un’autovettura parcheggiata in via Sardegna. Pertanto, i militari intervenivano fermando l’automezzo e i due sospetti, rivenendo nel borsone il materiale sequestrato. Contestualmente, venivano effettuate alcune perquisizioni d’iniziativa presso delle abitazioni site nello stabile da dove erano usciti i fermati con il borsone, che consentivano il rinvenimento di bilancini, alcuni grammi di marijuana e altre munizioni, con la denuncia a piede libero di un soggetto incensurato.

La sostanza stupefacente è stata sottoposta ad analisi qualitativa che ha confermato la natura della stessa in marijuana, per un peso complessivo pari 1,21 kg, per un valore, al dettaglio, di oltre seimila euro. Dall’inizio dell’anno ad oggi i Reparti del Comando provinciale di Catania hanno sequestrato oltre 148 kg di sostanze stupefacenti, denunciando 141 responsabili, 13 dei quali tratti in arresto.

Informata la Procura distrettuale della Repubblica, i due responsabili sono stati tratti in arresto e accompagnati presso la casa circondariale di Catania Piazza Lanza.




Marinella di Selinunte: sequestrato un noto complesso alberghiero

,ARINELLA DI SELINUNTE (TP) – Nella giornata di ieri, i Finanzieri del Comando Provinciale di Trapani hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro conservativo, nell’ambito dell’attività istituzionale “anticorruzione” e di contrasto alla mala gestio delle risorse pubbliche, richiesto dalla Procura regionale della Corte dei conti siciliana nei confronti di una società cooperativa già operante in Castelvetrano (TP) nel settore turistico ricettivo, nonché in pregiudizio di tre soci (M.I. P.E., classe 1961, A.G.C., classe 1966, S.A., classe 1962).

L’attività scaturisce da una pregressa indagine di P.G. condotta dalla Tenenza di Castelvetrano, all’esito della quale erano emersi profili di responsabilità sul conto della cooperativa e dei prefati soci in ordine ai reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, correlati ai lavori di ampliamento e ristrutturazione della struttura alberghiera.

Alla luce delle risultanze emerse, con sentenza dello scorso luglio 2017, i Giudici della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti siciliana avevano già accertato in primo grado la responsabilità amministrativa solidale in capo alla società beneficiaria della provvista pubblica ed in capo alle persone che avevano concorso nello sviamento dei fondi ricevuti dagli Enti Pubblici finanziatori, condannandoli al pagamento della somma di Euro 4.689.480,00 in favore dell’Assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, nonchè della somma di Euro 416.667,00, in favore del Ministero dello Sviluppo Economico.

A seguito di ulteriori approfondimenti – disposti dalla Procura regionale della Corte dei conti ed eseguiti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani in aderenza alle novelle introdotte dal nuovo codice di giustizia contabile, approvato con D.Lgs. n. 174/2016 – i Finanzieri hanno proceduto a dare esecuzione al suddetto decreto di sequestro, che ha riguardato due rapporti bancari riconducibili a due dei tre soci citati, per un valore pari ad oltre 57 mila Euro, nonché un noto complesso alberghiero ubicato in Marinella di Selinunte (TP) – nota zona balneare e di rilevante interesse storico culturale del litorale sud del trapanese – e una unità immobiliare sita in Castelvetrano, per un controvalore complessivo pari ad oltre 5 milioni di Euro.




Lecce: recuperati soldi pubblici da imprenditore salentino

LECCE – Le Fiamme Gialle leccesi hanno confiscato beni immobili per mezzo milione di euro, consistenti in due appartamenti, un ufficio, un’autorimessa e un opificio industriale, con terreno di pertinenza, tutti di proprietà di un imprenditore cinquantenne di Supersano che ha truffato lo Stato per ottenere finanziamenti pubblici di origine nazionale e comunitaria.

Si tratta dell’epilogo di una complessa indagine dei finanzieri della Tenenza di Maglie, nei confronti di un imprenditore, rampollo di famiglia, succeduto al padre agli inizi degli anni Ottanta, operatore economico che per molto tempo ha operato nel settore della realizzazione di reti fognarie e idriche per conto dell’Acquedotto Pugliese e nella costruzione di strade nel Sud del Salento. A

gli inizi degli anni Duemila, grazie agli incentivi per le aree depresse previsti dal 18° Bando del “Settore Industria” – Bando Speciale Ambiente – della legge 488/1992, ha avanzato al MISE istanza di finanziamento per un impianto di frantumazione e recupero di materiali provenienti da demolizione e scavi, ufficialmente funzionante ma, di fatto, mai ultimato.

Il finanziamento, ammontante ad 1 milione di euro ed inizialmente richiesto da una prima ditta intestata all’imprenditore, veniva poi trasferito a una seconda impresa, una società di capitali amministrata sempre dal medesimo, la quale, nel presentare la richiesta di erogazione delle due tranches di contributo a stato di avanzamento lavori, rendicontava tra i costi anche fatture relative a operazioni inesistenti emesse da aziende compiacenti o riconducibili allo stesso imprenditore.

Le attività dei finanzieri consentivano, nel 2009, di bloccare l’erogazione della seconda tranche del finanziamento approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico e, contestualmente, di sottoporre a sequestro preventivo beni immobili per 500 mila euro, valore equivalente all’importo che l’imprenditore aveva già incassato nell’agosto del 2006.

Le risultanze investigative acquisite venivano ritualmente comunicate all’Autorità Giudiziaria di Lecce e l’imprenditore, all’esito dei tre gradi di giudizio, veniva condannato a 4 anni di reclusione – oltre alle pene accessorie, tra le altre, dell’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione e dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese – con la conseguente confisca dei beni immobili che saranno definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato, in esecuzione della sentenza della Corte d’Appello di Lecce.




Ragusa, porto di Pozzallo: denunciate 3 persone per truffa, evasione fiscale e riciclaggio

RAGUSA – Lo scorso 7 settembre le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dalla magistratura iblea per un valore pari a quasi quattrocentomila euro nei confronti di un imprenditore locale, operante all’interno del Porto di Pozzallo.

L’operazione è frutto di una lunga attività di polizia tributaria e giudiziaria intrapresa dai finanzieri della Tenenza di Pozzallo che ha portato alla luce un vorticoso giro di false fatturazioni finalizzate a consentire ad una impresa di Pozzallo di aggiudicarsi un finanziamento del Fondo Europeo per la Pesca, pari a quasi 400 mila euro, per la costruzione di un impianto di erogazione carburante per natanti all’interno del porto.

Le indagini, scattate a seguito di un normale monitoraggio sui flussi finanziari e controllo della spesa pubblica, hanno fatto emergere un articolato sistema truffaldino fondato sul sistematico utilizzo di fatture false prodotte da società create ad hoc, il tutto finalizzato a truffare l’ente Regione Siciliana.

In particolare, per mezzo di trasversali metodologie d’indagine di polizia giudiziaria e tributaria, è stato accertato che l’azienda beneficiaria del finanziamento pubblico altro non faceva che prendere contatti con le reali aziende fornitrici, ordinare gli acquisti e fare in modo che questi venissero solo fatturati a terze aziende compiacenti perché i beni invece arrivavano a reale destinazione. Quest’ultime, denominate in gergo “cartiere” (perché prive di patrimonio e create con l’unico obiettivo di ricevere ed emettere fatture false), fatturavano la merce indicando importi maggiorati nei confronti della società beneficiaria, al solo scopo di farle creare costi compatibili con il credito pubblico ottenuto.

Tale espediente truffaldino ha permesso all’impresa di incamerare molti più soldi di quelli necessari per la fabbricazione del nuovo impianto di distribuzione ed ha consentito a due imprenditori disonesti di intascarsi illecitamente una buona fetta del finanziamento.

Inoltre, per rendere il tutto più verosimile, le fatture, attestanti acquisti sovrastimati o lavori edili mai eseguiti, venivano pagate a mezzo bonifico, e poi, nell’arco di pochi giorni, i soldi bonificati tornavano nella disponibilità dell’ordinante, mediante fittizi compromessi di acquisizione di quote societarie.

L’articolata attività d’indagine, condotta setacciando decina di conti correnti e centinaia di pagine di documentazione contabile ed extracontabile, ha permesso di seguire il flusso di denaro sporco che i due imprenditori avevano già fatto confluire in attività economiche lecite, al fine di dissimulare la provenienza delittuosa.

L’autorità Giudiziaria di Ragusa, condividendo appieno i rilievi mossi dalle Fiamme Gialle Iblee, ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di tutti i beni di proprietà e nella disponibilità della società beneficiaria.

Diversi sono i beni su cui sono stati apposti i sigilli, tra cui gran parte del patrimonio aziendale, l’intero impianto di distribuzione carburante, un molo galleggiante lungo più di 50 metri e tutte le disponibilità finanziarie contenute sui conti correnti.

Gli imprenditori coinvolti, tra cui anche un commercialista, sono stati tutti deferiti all’Autorità Giudiziaria di Ragusa e dovranno ora difendersi dall’accusa di truffa aggravata, evasione fiscale e riciclaggio.

L’operazione eseguita evidenzia la trasversalità dei servizi svolti dalla Guardia di Finanza, che permette di contrastare le truffe, gli abusi e gli sprechi nel settore della spesa pubblica, al fine di garantire sia un’efficace azione di tutela della concorrenza tra le imprese che la legalità in generale.