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Gerusalemme, esplosioni: un morto e 31 feriti

Due esplosioni si sono verificate stamane all’ingresso di Gerusalemme. Lo ha reso noto la polizia israeliana, La prima deflagrazione, nella porta occidentale della città, è avvenuta nei pressi di una fermata di autobus, in quel momento molto affollata. In città, ha aggiornato la radio militare, è stato elevato lo stato di allerta nel timore che ci siano altri ordigni in procinto di esplodere.

La seconda esplosione si è verificata ad uno degli ingressi settentrionali, in prossimità del rione Ramot. Secondo le prime informazioni questa deflagrazione – avvenuta in un’ora di punta durante la quale il traffico stradale era intenso – non ha provocato vittime.

Daoud Shehab, un dirigente della Jihad islamica, citato dalla radio pubblica israeliana Kan, ha detto che le esplosioni a Gerusalemme sono “operazioni eroiche” lanciate per ricordare agli israeliani che i luoghi santi islamici rappresentano “una linea rossa” che non deve essere oltrepassata. Shehab ha diretto in particolare il proprio avvertimento a due dirigenti dell’estrema destra israeliana, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, accusandoli di aver ”fatto irruzione” nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme

E’ morto uno degli israeliani investiti da una esplosione stamane a Gerusalemme. Lo ha reso noto l’ospedale Shaarey Tzedek di Gerusalemme, aggiungendo che un secondo ferito versa in condizioni “critiche”.

D’altra parte, il Magen David Adom, equivalente locale della Croce Rossa, informa che nei due attentati esplosivi avvenuti oggi a Gerusalemme sono rimaste ferite complessivamente 19 persone, fra le quali diversi bambini.




I grandi del mondo salutano Peres

Redazione

ISRAELE – Addio al falco divenuto colomba. In Israele è il giorno del dolore per la morte di Shimon Peres, l'ex presidente e Permio Nobel per la Pace morto nelle prime ore di mercoledì all'età di 93 anni. Una fila ininterrotta di migliaia di cittadini ha reso omaggio alla bara avvolta nella bandiera con la stella di David nella camera ardente allestita davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano. L'addio Sul Monte Herzl di Gerusalemme dove si è svolta la cerimonia funebre religiosa. Alle esequie hanno partecipato numerosi leader politici da tutto il mondo, tra cui il presidente Usa Barack Obama, il presidente francese Francois Hollande, il presidente tedesco Joachim Gauck, il premier Matteo Renzi e il presidente palestinese Abu Mazen.Tra i primi ad arrivare l'ex presidente americano Bill Clinton. Peres era stato colpito due settimane fa da un ictus che lo aveva costretto al ricovero in ospedale. Dopo le prime cure i medici avevano parlato di una condizione critica ma stabile. Martedì d'improvviso il peggioramento delle condizioni di salute.

 

La stretta di mano  ''La forza è solo un mezzo, ma il fine è la pace'': questo uno dei passaggi dell'intervento del premier Benyamin Netanyahu nell'elogio funebre per il presidente Shimon Peres. ''Nel Medio Oriente in tumulto in cui solo i forti resistono, non si raggiungerà la pace se non garantendo la nostra potenza. Ma gli obiettivi – ha aggiunto indicando il presidente palestinese Abu Mazen, seduto in prima fila – sono la prosperità e la pace, per noi e per i nostri vicini''. Il premier Benyamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen si sono stretti la mano ed hanno parlato brevemente poco prima dell'avvio delle esequie di Shimon Peres sul Monte Herzl a Gerusalemme. Abu Mazen è seduto in prima fila accanto al ministro degli esteri egiziano.

 

Il saluto di Obama  Shimon Peres "ha forgiato la storia di Israele" ha "dato forma" al suo Paese: così il presidente statunitense Barack Obama alla cerimonia funebre per Peres. ''Toda' rabba', haver yakar (grazie tanto, caro amico)'': cosi' Obama ha salutato, appoggiando la mano sul feretro, l'ex presidente israeliano. Obama ha cosi' echeggiato la frase di addio che l'allora presidente Bill Clinton rivolse a Yitzhak Rabin durante i funerali di Stato a Gerusalemme nel 1995.




SANGUE IN ISRAELE: ATTENTATI A GERUSALEMME E TEL AVIV

di Angelo Barraco

Gerusalemme – E’ tanto il sangue e la violenza che si sta tergiversando in Medio Oriente, in seguito a due attentati messi in atto oggi sono rimaste uccise tre persone e ferite circa venti. E’ morto anche Yeshaye Krishevsky, rabbino di 59 anni. Le tre vittime sono morte in modo diverso, due sono morte sull’autobus e il rabbino invece nell’attentato che ha visto un’auto schiantarsi contro la fermata del bus. Intanto sul web compaiono poster in cui le Brigate di Al Qassam sarebbero pronte ad abbattere gli occupanti. Gli attentati sull’autobus sarebbero avvenuti ad opera di due palestinesi che avrebbero aperto il fuoco e accoltellato i passeggeri, tra cui un uomo di 60 anni. La Polizia è intervenuta uccidendo uno dei due terroristi, l’altro invece è stato catturato. L’altro attentato è avvenuto alla fermata dell’autobus in via “Malkei Israel”, dove un attentatore si è lanciato con l’auto contro un gruppo di persone in attesa del bus. L’uomo è poi sceso dalla macchina e ha accoltellato coloro che erano a terra inermi e feriti dal forte impatto avvenuto poco prima. La polizia, in merito all’attentatore, ha affermato di averlo “Neutralizzato”. Ma non è finita qui, dei passanti israeliani sono stati accoltellati da un palestinese a Raanana (Tel Aviv), prima di questo attentato si era verificato un altro accoltellamento ai danni di due israeliani. Ieri ci sono stati quattro attentati a distanza di un’ora e sei israeliani accoltellati. Il premier Banyamin Netanyahu ha riferito “Il terrorismo è figlio della volontà di distruggerci e non della disperazione palestinese, ma la nostra voglia di vivere distruggerà la voglia di uccidere dei nostri nemici”. Previsto per oggi in Israele lo scioperp degli Arabi israeliani in solidarietà con la Cisgiordania e per la Moschea di Al Aqsa. Intanto si fa la conta delle vittime, il vice comandante della Polizia Benzi Sao ha riferito che sono 68 gli agenti rimasti feriti e sono stati effettuati 300 arresti, invece sono 1300 i palestinesi feriti da pallottole da ottobre ad oggi. 



MUORE BRUCIATO VIVO UN BIMBO PALESTINESE. “IL GOVERNO ISRAELIANO E’ RESPONSABILE”

di Ch. Mo.

Gerusalemme – E’ scontro tra palestinesi e israeliani in merito ad una vicenda di cronaca aberrante. I primi infatti ritengono che il governo israeliano sia "pienamente responsabile" della morte di un bambino palestinese di un anno e mezzo, bruciato vivo in un incendio appiccato probabilmente da coloni israeliani. Tale atto orribile sarebbe "conseguenza diretta" dell' "impunita'" accordata dalle autorità israeliani ai coloni.


Il premier. Condanna duramente l’accaduto il premier Netanyahu che si è detto sconvolto dall’accduto definendolo un “atto terroristico”. “E' un chiaro atto di terrorismo e Israele agisce con durezza contro il terrorismo a prescindere da chi siano gli autori" ha poi concluso.


La reazione di Israele. L'esercito israeliano ha istituito dei posti di blocco nella zona e schierato soldati nel tentativo di trovare gli autori del gesto. I sospetti sono tutti appuntati su coloni estremisti considerato che sui muri delle due case a cui e' stato appiccato il fuoco sono state ritrovate frasi inneggianti alla "vendetta" e "lunga vita al Messia" prima di scappare. Resta alta la tensione nell’intera zona: l' incendio e' stato appiccato a due case all'estrema periferia di una località vicino Nablus, Kfar Duoma. Una delle due case era vuota, ma nell'altra dormiva una famiglia svegliata dai rumori e dal fuoco.


La vittima. Il piccolo si chiamava Ali Saad Daubasha. Secondo i testimoni il padre e' riuscito a salvare la moglie e l'altro bimbo ma non e' riuscito ad individuare nel fumo e nel buio il più piccolo, Ali. Il padre e la madre, Saad e Reham ed un altro figlio di 4 anni, Ahmad, sono stati ricoverati in ospedale a Nablus. Anche la famiglia del piccolo, i genitori e un fratellino di 4 anni, versa in gravissime condizioni: sono stati ricoverati con ustioni su oltre il 70 per cento del corpo. 




GERUSALEMME: GAY PRIDE FINISCE NEL SANGUE. ECCO COSA E’ ACCADUTO

di Christian Montagna

Gerusalemme – Ancora accoltellamenti, ancora discriminazioni in quelle terre in cui nulla è permesso. In una Gerusalemme bigotta e conservatrice, sei giovani ragazzi gay sono stati accoltellati e tra i feriti anche un agente di polizia. Il leader del principale gruppo per i diritti gay del Paese, Oded Fried ha dichiarato: "La marcia va avanti. La nostra lotta per l'eguaglianza può solo intensificarsi di fronte a simili eventi". A colpire stavolta è stata la stessa mano che nel 2005 ferì tre persone alla stessa manifestazione. Un vizio insomma, un abitudine, quasi un divertimento.


Il colpevole. L’uomo arrestato nuovamente per aver colpito le sei persone durante la parata è è Yishai Schlissel, 40 anni, ebreo ultra-ortodosso, scarcerato tre settimane fa dopo aver scontato 10 dei 12 anni di reclusione a cui era stato condannato. A darne conferma è stato un portavoce della polizia israeliana alla Bbc. Nonostante il forte schieramento di polizia, anche stavolta, il folle gesto è riuscito a far finire nel sangue una manifestazione pacifica. Anche stavolta, come nel 2005, l’uomo ha portato a termine la sua “missione” anti gay.


L’attacco. L'attacco è avvenuto nella via Keren ha-Yesod, non lontano dalla residenza ufficiale di Netanyahu, che ha così commentato l'accaduto: "Un evento molto grave, i responsabili saranno puniti con rigore. Le libere scelte di ciascun individuo sono uno dei valori base in Israele. Dobbiamo assicurare che ogni uomo e ogni donna possano vivere in piena sicurezza in ogni strada che scelgono di percorrere". Solidarietà dunque ai feriti da parte del presidente che si è dichiarato vicino alle famiglie.


Il gay pride. Tra le duemila e le cinquemila persone, non certo come le cento mila di Tel Aviv, hanno sfilato per le strade per chiedere la parità di diritti. Ma a Gerusalemme, si fa decisamente più sentire la presenza degli ultra-ortodossi rispetto alle altre città israeliane. Bollato sui giornali ortodossi come “Marcia disgustosa”, il Pride era stato preceduto da diverse polemiche: tra tolleranti e anti-gay, una vera e propria diatriba aveva infuocato gli animi nella città già nelle settimane precedenti alla parata.


I momenti di panico. Una scena apocalittica quella raccontata dai testimoni che vedevano ovunque persone urlare e scappare. Tra i sei feriti, anche un agente di polizia, riferiscono fonti mediche secondo le quali due persone, di cui una donna, sono in condizioni gravi. Il testimone, Shai Aviyor, ha affermato a Channel 2 di aver visto "un giovane ultra-ortodosso accoltellare chiunque si trovasse sulla sua strada. La gente gridava e scappava in cerca di rifugio. Corpi insanguinati erano rimasti sul terreno". 




GERUSALEMME: POLIZIA LANCIA LACRIMOGENI NELLA MOSCHEA DI AL-AQSA. SCONTRI

di Angelo Barraco
 
Gerusalemme – “La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa e applicata, è lo strumento d’azione più potente” diceva Mahatma Gandhi, ma spesso, quando la preghiera è uno strumento d’azione e di riflessione, arrivano le armi che mettono in subbuglio una circostanza così delicata ed intima. E’ esattamente quanto successo nella moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, dove la  polizia israeliana ha fatto irruzione in codesto luogo che è considerato il terzo luogo sacro dell’Islam e sono scoppiati degli scontri proprio mentre i palestinesi stavano pregando, all'interno della moschea sarebbero stati lanciati gas lacrimogeni e sui social si parla di "attacco sionista". La polizia riferisce che l’irruzione è stata compiuta per far sgomberare dei palestinesi che erano sospettati di possedere armi in vista di una rivolta. La polizia ha lanciato un comunicato in merito all’azione compiuta e afferma che ribelli a volto coperto “si sono rifugiari nella moschea e dall'interno hanno cominciato a lanciare pietre e mattoni contro la polizia. Hanno lanciato petardi direttamente sulla polizia – continua il comunicato- vista la durezza degli scontri e l'escalation dell'azione dei rivoltosi, allo scopo di prevenire ulteriori feriti tra la polizia le forze di sicurezza sono entrate per alcuni metri nel perimetro della moschea e ne hanno chiuso le porte, con i ribelli all'interno, per ristabilire l'ordine”. Ma tali disordini hanno avuto il loro inizio quanto diversi giovani palestinesi, molti dei quali con indosso una maschera, avevano tentato di impedire l’accesso alla spianata delle moschee dei religiosi israeliani che si erano recali li in occasione della festività di Tishà Beav. Nel momento in cui la polizia è intervenuta, hanno iniziato a lanciare sassi contro gli agenti e hanno lanciato pure petardi e poi si sono rifugiati dentro la moschea.