Pensioni: ai giovani assegno minimo 650-680 euro


Redazione

 

I giovani che sono interamente nel sistema contributivo e hanno avuto carriere discontinue, in futuro, potrebbero andare in pensione prima dei 70 anni e con 20 anni di contributi avendo maturato un trattamento pari a 1,2 volte l'assegno sociale (448 euro), invece dell'attuale 1,5. E' l'indicazione arrivata dal governo al tavolo con i sindacati. In sostanza, la soglia verrebbe ridotta da 1,5 a 1,2 e quei giovani uscirebbero con un assegno minimo di circa 650-680 euro, perché verrebbe aumentata anche la cumulabilità tra assegno sociale e pensione contributiva.

Abbiamo registrato una disponibilità del governo ad affrontare i temi legati alla prospettiva previdenziale per i giovani e alla previdenza complementare", sottolinea al termine dell'incontro il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. In particolare è stato evidenziato come "la base di una pensione adeguata non possa essere 1,5 volte l'assegno sociale ma che appunto la soglia vada rivista al ribasso", soprattutto per chi ha una carriera discontinua o carente a livello delle retribuzioni.

Il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, sottoliena però la necessità di "rimuovere anche il vincolo che lega la possibilità di pensionamento nel contributivo a 63 anni e 7 mesi al raggiungimento di una soglia di importo minimo della pensione pari a 2,8 volte il valore del l'assegno sociale ed eliminare l'aggancio dei requisiti pensionistici all'aspettativa di vita, perché nel sistema contributivo i lavoratori vengono doppiamente penalizzati dato che l'aspettativa di vita incide sia sull'aumento dei requisiti pensionistici, sia sul calcolo della pensione attraverso la riduzione periodica dei coefficienti di trasformazione".




Lavoro, più si è giovani e più si è poveri

Più si è giovani e più si è poveri. Il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all'età, cioè diminuisce all'aumentare di quest'ultima. Lo rivela il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale. La persistente crisi del lavoro ha infatti penalizzato e sta ancora penalizzando soprattutto i giovani e giovanissimi in cerca di di occupazione e gli adulti rimasti senza impiego. Secondo il rapporto, inoltre, sono soprattutto gli stranieri a chiedere aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas, ma per la prima volta, nel 2015, al Sud la percentuale degli italiani ha superato di gran lunga quella degli immigrati. Se a livello nazionale il peso degli stranieri continua a essere maggioritario (57,2%), nel Mezzogiorno gli italiani hanno fatto il 'sorpasso' e sono al 66,6%. I centri Caritas sono 1.649, dislocati su 173 diocesi.




ALBANO LAZIALE: NARCOMAFIE ALBANENSI

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Albano Laziale (RM) – Il ricorso agli stupefacenti segna una sconfitta per i cittadini di qualunque territorio. E purtroppo Albano non è esclusa. Solo nel mese di maggio sono stati arrestati tre individui che detenevano in tutto tra hashish e marijuana più di mezzo chilo di stupefacenti. Il 2012 non si era chiuso molto meglio. Nei mesi autunnali dell’anno passato le Forze dell’Ordine hanno arrestato altre cinque persone. Ma il dato allarmante è che i principali obiettivi delle narcomafie sono i più giovani.

Pochi dati che meritano una riflessione. Il progetto della criminalità organizzata si basa sulla diffusione precoce per “allevare” le nuove generazioni come spacciatori o anche consumatori. E dato che gli stessi minori non sono imputabili per legge, i grandi trafficanti si rivolgono proprio a loro senza esporsi direttamente. Ma perché un ragazzo in buona salute, con interessi di studio o di lavoro, e circondato di amici sente il bisogno di assumere sostanze stupefacenti? I motivi sono diversi.

Una delle spiegazioni risale alle condizioni personali del ragazzo. In una società in cui il ritmo della società è sempre più veloce e disordinato, è possibile che i giovani entrino a contatto con il mondo della droga per tagliare di netto con la vita attiva. Così facendo però il drogato si rifugia in se stesso, attivando un meccanismo di autodistruzione (magari anche inconscio, ma sicuramente incosciente) che lo spinge nel programma di marketing delle organizzazioni criminali.

Finora a livello legislativo lo Stato ha risposto in maniera adeguata promulgando la cosiddetta legge Giovanardi-Fini. Il testo prevede un inasprimento delle sanzioni relative alla produzione, al traffico, alla detenzione e all’uso di sostanze stupefacenti. Parallelamente però ha preso vita una vera e propria malattia: l’antiproibizionismo. Questo morbo nasce quasi come una resa di fronte alle continue violazioni: se non si riescono a fermare le narcomafie, perché non legalizzare la droga? Così facendo si intaccherebbero i guadagni delle organizzazioni criminali e si eliminerebbe il proselitismo. Tale soluzione è appoggiata anche da buona parte del Parlamento, che riterrebbe incostituzionale il provvedimento sopracitato. Permane un dubbio: anche se le varie sostanze fossero liberalizzate, chi assicura che non continuerebbe a esistere un contrabbando parallelo?

La vera prevenzione della tossicodipendenza deve in ogni caso iniziare in casa dalle famiglie. Lasciando da parte le lotte politiche bisogna che lo Stato approvi una capillare politica di informazione, in modo da edificare una solida barriera contro le insidie e gli allettamenti, contro la dilagante involuzione culturale del carpe diem a tutti i costi e gli egoismi individuali. È necessaria una collaborazione coordinata tra genitori, forze dell’ordine e organizzazioni, ma ancor di più un attenzione analitica delle istituzioni pubbliche. Il tempo scorre e il lato oscuro della scienza progetta ogni giorno nuovi tipi di droghe sintetiche, confezionate e pronte a ledere la salute di chissà chi: forse quella di una ragazza che sorseggia un cocktail in discoteca, di qualche pirata della strada o di un “atleta” poco sportivo.

Intanto in questi giorni la legge Giovanardi-Fini è alla Consulta, che ne decreterà la definitiva legittimità, finora contestata perché il provvedimento non garantirebbe la proporzionalità della pena. Abrogazione o non abrogazione, proibizionismo o antiproibizionismo, è necessario ricordare che qui non si tratta di politica né di economia, ma della salvaguardia dei giovani e del futuro del nostro Paese.

 

 

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REGIONE, APPRENDISTATO, POLVERINI E ZEZZA PRESENTANO AZIONI PER INSERIMENTO LAVORATIVO DEI GIOVANI

Redazione

Tre azioni per promuovere il lavoro giovanile attraverso l’apprendistato. Ad illustrare i progetti della Regione Lazio, la presidente Renata Polverini che ha aperto oggi i lavori, presso l’Opificio Spazio Contemporaneo, della ‘Giornata del nuovo apprendistato’ promossa dall’assessorato al Lavoro e Formazione, per illustrare le novità contenute nel “Testo Unico dell’Apprendistato” e nel “Regolamento regionale del Lazio”, nonché le prime iniziative che saranno messe in campo in materia di apprendistato.

“Oggi – ha detto Polverini – lanciamo le prime iniziative della Regione Lazio che, oltre a disciplinare gli aspetti formativi dei 3 livelli di apprendistato previsti dalla normativa, vuole mettere in campo idee e progetti innovativi per sostenere al meglio questa nuova forma contrattuale. Complessivamente – ha aggiunto – la Regione Lazio mette a disposizione per l’apprendistato nel 2012 35 milioni di euro.

Al convegno sono intervenuti Mariella Zezza, assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, Michel Martone, viceministro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elena Ugolini, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Giuseppe Roma, direttore generale del Censis e Cesare Fumagalli, segretario generale Confartigianato.

Per quanto riguarda il primo livello di apprendistato, quello per la qualifica professionale, è in fase di definizione una convenzione tra Ministero dell’istruzione, Ministero del Lavoro e Regione Lazio per un progetto sperimentale nel settore turistico. “Lo realizzeremo con un protocollo di intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale – ha spiegato Polverini – e avrà come destinatari i ragazzi tra i 15 e i 18 anni che, in tutte e 5 le Province, vorranno diventare ‘Operatori della Ristorazione’ o ‘Operatori ai servizi di Promozione e accoglienza’. E’ un progetto al quale teniamo molto e che ci vedrà impegnare 1 milione di euro”.

Per il secondo livello di apprendistato, quello professionalizzante o contratto di mestiere, sarà realizzata un’intesa con Confartigianato per avviare una ricognizione sul territorio delle professioni qualificate che le imprese artigiane non riescono a trovare: il progetto, chiamato “Gli Introvabili”, porterà all’elaborazione di una vera e propria mappatura della domanda e dell’offerta di apprendisti. “Per il terzo livello, apprendistato di alta formazione e ricerca, – ha aggiunto Polverini – abbiamo invece intenzione di istituire una tavolo con le Università del Lazio per promuovere circa 400 Voucher in Alta Formazione, per sostenere con circa 5 mila euro l’utilizzo di apprendisti molto qualificati. Anche qui investiremo risorse importanti, fino ad un massimo di 2 milioni di euro”.

In arrivo anche un progetto speciale per l’inserimento lavorativo di apprendisti con disabilità: “Apprendere Abilmente”. “Lo abbiamo pensato e definito con la Comunità di Sant’Egidio e ha per noi un valore straordinario” ha concluso la presidente Polverini. “Il circuito virtuoso che sta portando avanti la Regione Lazio – ha detto Martone – deve diventare un modello nazionale”. “Il nuovo apprendistato – ha dichiarato Zezza – sarà il principale strumento per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, per questo noi puntiamo ad incentivare l'utilizzo di questo tipo di contratto da parte delle imprese. Nel regolamento regionale che disciplina l’aspetto formativo abbiamo voluto introdurre importanti novità che vanno nella direzione richiesta dal mercato del lavoro”