CASO CHIL POST: NUOVA BUFERA SULLA FAMIGLIA RENZI

di Cinzia Marchegiani

Firenze – Il caso Chil Post ritorna a soffiare come una tempesta sulla famiglia Renzi. Era il 7 gennaio 2015 quando il Consigliere regionale Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia in una conferenza stampa aveva denunciato, con documenti sconcertanti, che i debiti contratti dall'azienda di famiglia di Renzi erano stati pagati dal Governo Renzi con soldi pubblici e in parte dalla Regione Toscana tramite Fidi garantiti da quest'ultima.

Allora il Consigliere Donzelli precisava: “Ero convinto che questa fosse una vicenda indegna e immorale. Ero schifato anche dal fatto che Renzi fosse presidente della Provincia quando l'azienda della sua famiglia, azienda di cui era dirigente, chiedeva a Fidi (partecipata della Provincia stessa) la garanzia del proprio debito, era Sindaco quando il finanziamento era stato garantito ed è Presidente del Governo ora che il Governo ha ripianato il debito contratto dall'azienda della sua famiglia. In una nazione normale un leader politico cade e sparisce per molto meno.”

Il papà di Matteo Renzi e il finanziamento. Tiziano Renzi era accusato di bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro a seguito del fallimento della Chil Post. Il curatore fallimentare aveva ravvisato dei passaggi sospetti nella cessione di rami d'azienda "sani" alla Eventi Sei, società intestata alla moglie dello stesso Tiziano. In sintesi, le sezioni sane della società sarebbero state cedute per poche migliaia di euro, dunque ad un valore sottostimato, alla moglie, immediatamente prima di dichiarare il fallimento.

La Procura di Genova aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo per bancarotta fraudolenta aperto a carico di Tiziano Renzi. A marzo 2015, la procura aveva scagionato senior Renzi, secondo la quale non aveva avuto responsabilità nel fallimento della Chil Post, che avrebbe ceduto in piena salute, e quindi dall’accusa di bancarotta fraudolenta in quanto lui avrebbe ceduto la società di distribuzione editoriale Chil Post nel 2010, tre anni prima del suo dichiarato fallimento da parte degli acquirenti. Non avrebbe avuto alcun ruolo attivo nella bancarotta e la cessione dei rami di azienda "sani" per appena tremila euro alla Eventi Sei, società intestata alla moglie, non sarebbero stata una "spoliazione" di capitali della Chil Post preordinata al successivo fallimento. Tutte le responsabilità relative alla bancarotta fraudolenta della Chil Post erano state imputate dalla procura genovese ad Antonello Gabelli, 53 anni, di Alessandria e Mariano Massone, 44 anni, genovese residente ad Alessandria, rispettivamente amministratori di diritto e di fatto della Chil Post, di cui sono diventati titolari il 14 ottobre del 2010, mandandola fallita il 7 febbraio del 2013 con sentenza del tribunale di Genova.

Nuova bufera in arrivo, q
ualcuno favorì Chilpost. Dalla Regione Toscana arrivano solo ora nuove informazioni. Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Giovanni Donzelli, in seguito alla risposta fornita due giorni fa, in Consiglio regionale dall’assessore della Regione Toscana, Stefano Ciuoffo sulla vicenda dei debiti dell’azienda di famiglia del premier dichiara: “La risposta della Regione all’interrogazione conferma: qualcuno ha agito favorendo la Chil. Mi recherò alla Procura della Repubblica di Firenze perché a Fidi Toscana si è consapevolmente forzata la procedura prevista da regolamento per pagare la garanzia concessa all’azienda Chil della famiglia Renzi”.

Nuovi elementi, erano secretati? Il Consigliere Donzinelli scatta una fotografia al limite del grottesco: “Stando alla ricostruzione ufficiale della Regione – sottolinea Donzelli che ormai da un anno si sta occupando del caso – Fidi Toscana si era accorta che l’impresa Chil della famiglia Renzi era diventata da maschile a femminile e si era trasferita dalla Toscana alla Liguria e per questo aveva sospeso la procedura di erogazione del mutuo. A quel punto la Bcc di Pontassieve – che ha concesso il mutuo grazie al parere di Marco Lotti, padre di Luca Lotti Sottosegretario del governo Renzi – ha fornito i documenti che lo dimostravano e sulla base della quale oggi la stessa Fidi, con il parere della Regione, ha chiesto alla banca la revoca della garanzia attraverso il curatore fallimentare”. C’è da chiedersi come mai queste informazioni arrivano solo ora…

La denuncia, la concessione del mutuo era firmata da Tiziano Renzi. Donzinelli esterefatto dalla documentazione entrato in possesso spiega: “E’una vicenda su cui ci sono troppe ombre, bastava leggere la carta di concessione del mutuo alla Chil per notare che era stata firmata da Tiziano Renzi come rappresentante di un’azienda che aveva il diritto ad una agevolazione per imprese femminili. Ci sono troppi fattori sulla base dei quali non crediamo che si tratti di un caso, partendo dal fatto che uno dei fondatori di Fidi Toscana è Alberto Bruschini, zio di Francesco Bonifazi renzianissimo tesoriere del Partito democratico”.

Nuove prove, ora va tutto in procura. I documenti appena desecretati parlano di altre prove inoppugnabili e arrivano solo dopo la richiesta di archiviane il reato di la bancarotta fraudolenta a carico del premier Matteo Renzi. “Ora – conclude Donzelli – saranno i magistrati a decidere cosa fare sulla base dei documenti che consegnerò loro”.