RAI, sit in e cortei in tutta Italia: “Stop alla censura” sul genocidio in Palestina

A Torino bruciata foto di Giorgia Meloni e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu

Da Trieste a Palermo, passando per Torino, Verona, Perugia e Roma: alcune migliaia di persone hanno manifestato davanti alla sedi della Rai, scandendo slogan contro la censura e lo “stop del genocidio” in Palestina.

Sit in e cortei legati alle polemiche nate dal comunicato dell’amministratore delegato di viale Mazzini, Roberto Sergio, dopo le tensioni nate a Sanremo. “Non in nostro nome. Rai Radio Televisione Israeliana”, il manifesto srotolato a Roma nel corso della manifestazione a cui hanno preso parte studenti. Dal presidio poi si è staccato un corteo che ha raggiunto la sede di via Teulada, nel quartiere Prati. “Siamo in 5 mila”, l’annuncio al megafono dei movimenti.

Stesse scene in altre città. Momenti di forte tensione a Verona per le due manifestazioni contemporanee organizzate in città dagli animalisti contro la caccia – in concomitanza con l’evento Eos previsto il fiera – e una seconda in favore della causa palestinese. Il corteo pro Palestina, un centinaio i presenti, partito come pacifico, si è animato una volta arrivato in via dell’Industria quando alcuni manifestanti, con bandiere e striscioni a favore di Gaza, hanno tentato di forzare il cordone di Polizia ed entrare in fiera dall’ingresso di Re Teodorico.

A Trieste in alcune decine si sono ritrovate sventolando bandiere e mostrando vari striscioni per chiedere lo “Stop al genocidio” e “Basta con i crimini impuniti di Israele”.

A Torino un corteo di due mila persone ha attraversato le strade del centro. Alla manifestazione hanno aderito varie sigle, tra cui le associazioni arabe, collettivi studenteschi, Cub e le mosche. L’appuntamento è stato il primo dopo le tensioni scoppiate davanti alla sede torinese della Rai martedì. In piazza sono scesi anche i collettivi studenteschi, centri sociali, Si Cobas, Cub, associazione arabe e le moschee. Quando il corteo è arrivato in piazza Castello sono state bruciate le gigantografie della premier Giorgia Meloni e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Altri manifestanti sono saliti sul monumento dedicato a Emanuele Filiberto Duca D’Aosta per sventolare le bandiere palestinesi.

Un presidio di alcune di alcune decine di persone anche davanti alla sede dell’azienda pubblica a Pescara. “Cessate il fuoco” e “stop alla censura” i cori urlati davanti alla sede Umbria della Rai, a Perugia. Una manifestazione che si è svolta pacificamente. In pizza anche rappresentati e bandiere dell’Udu, Cgil e Spi Cgil, Articolo 21, circoli Arci, Rete degli studenti, Omphalos e alcuni cittadini si sono così uniti anche all’appello dei lavoratori e lavoratrici della Rai che si sono dissociati “dalle parole dell’amministratore delegato Roberto Sergio”. Contro di lui, ma anche contro il governo Meloni, durante il presidio sono stati mostrati alcuni cartelli. “Il tentativo di censura di chi richiede il cessate il fuoco e la pace e si esprime contro il genocidio a Gaza è un comportamento che riteniamo ingiustificabile e che alimenta e giustifica il clima di guerra” hanno detto i rappresentanti degli studenti universitari.

Iniziativa anche a Palermo. Alcuni dei partecipanti hanno esposto cartelli con scritte come ‘Italia colpevole Palestina libera’ e ‘Informazione di regime non vede e non sente niente’. Durante il sit-in una delegazione della Rete palermitana di solidarietà alla Palestina ha incontrato il caporedattore Rino Cascio, consegnandogli un documento sui contenuti della protesta.




Caro energia, arrivano i bonus del governo Meloni

Bonus sociale sulle bollette rafforzato con un contributo extra che sale con il numero dei figli.

Bonus benzina per i beneficiari della social card. E ancora, per il gas conferma degli oneri azzerati sul gas e Iva agevolata al 5%, mentre cambiano i sostegni per le imprese energivore.

Arriva con queste misure l’intervento che stanzia 1,3 miliardi per aiutare le famiglie contro il caro-energia anche nel quarto trimestre.

Cambia invece volto la sanatoria sugli scontrini, fortemente contestata nei giorni scorsi: ci si potrà mettere in regola ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso. Un intervento, fanno sapere dall’esecutivo, che consentirà di salvare 50mila esercizi.

Il nuovo decreto energia varato in un consiglio dei ministri lampo, interviene in sostegno soprattutto delle famiglie in difficoltà. Al posto del bonus riscaldamento annunciato a marzo, si rafforza il bonus sociale destinato ai nuclei con Isee fino a 15mila euro: per i tre mesi da ottobre a dicembre riceveranno un contributo straordinario crescente in base al numero dei figli. Inoltre gli 1,3 milioni di nuclei (sempre con Isee massimo di 15mila euro) che hanno la social card ‘Dedicata a te’ potranno usarla oltre che per pagare i beni di prima necessità anche per fare benzina: un bonus di 80 euro a famiglia, con uno stanziamento complessivo di circa 100 milioni. Per il gas viene confermato l’azzeramento degli oneri di sistema e l’Iva agevolata al 5%. Arriva il rifinanziamento del bonus trasporti per acquistare l’abbonamento dei mezzi pubblici. Ma non di sola energia si occupa il decreto.

L’ultima bozza circolata, ridotta rispetto alle precedenti, proroga anche i termini per aderire ai mutui per gli under36, mentre saltano le proroghe per le cripto-attività e l’abilitazione scientifica. Una norma interpretativa esclude inoltre che nel passaggio da Alitalia a Ita ci sia continuità fra le due aziende. Chiuso il provvedimento energia ora l’attenzione del governo si sposta sulla manovra.

L’attesa è per la Nota di aggiornamento al Def, che definirà la prima cornice delle risorse e darà una prima idea delle misure che potranno vedere la luce nel 2024. Il cdm che esaminerà il documento, inizialmente convocato per giovedì, è stato anticipato a mercoledì. L’osservato speciale è l’indebitamento 2024, da cui si capirà lo spazio in deficit che il governo si apre per la manovra. Per metterlo nero su bianco però, l’esecutivo attende il responso di Eurostat sul Superbonus, che a questo punto potrebbe essere in dirittura d’arrivo. Il 3,7% fissato nel Def ad aprile dovrebbe essere rivisto al rialzo di qualche decimo di punto, comunque entro la soglia del 4%.




Governo, riforme costituzionali: pronto il confronto con le opposizioni

“Voglio fare una riforma ampiamente condivisa ma la faccio perchè ho avuto il mandato dagli italiani e tengo fede a quel mandato: voglio dire basta ai governi costruiti in laboratorio, dentro il Palazzo, ma legare chi governa al consenso popolare”.

Dal palco di Ancona, Giorgia Meloni ribadisce la sua ferma determinazione ad andare sino in fondo nella partita delle riforme costituzionali avvertendo le opposizioni: “non accetto atteggiamenti aventiniani o dilatori” Parole forti alla vigilia del confronto tra governo e opposizioni, che sembra partire in salita.

Al di là delle tesi della premier, nella maggioranza emergono evidenti forti differenze tra falchi e colombe: una spaccatura non tanto sul modello da adottare, quanto sulla strategia da intraprendere per raggiungere il risultato finale.

Oltre a Fratelli d’Italia, anche la Lega ritiene che, pur di ottenere il presidenzialismo, si possa andare avanti da soli, forzando i veti di chi non ci sta, mentre Forza Italia auspica che si trovi un’intesa bipartisan su un testo il più condiviso possibile. Riecheggando le parole di Meloni, Matteo Salvini osserva che “il massimo sarebbe che se metti mano alla Costituzione lo fai tutti insieme”. Però, poi, aggiunge: “Se qualcuno continuerà a dire no a qualsiasi proposta, alla fine saranno gli italiani a metterci il timbro e ad autorizzarlo”. Più cauto, invece, l’altro vicepremier, Antonio Tajani: “Per quanto riguarda le riforme – osserva il coordinatore nazionale azzurro – vogliamo ascoltare le proposte delle opposizioni: si devono scrivere insieme. Siamo pronti a lavorare in parlamento per garantire più stabilità in Italia perché questo significa essere più credibili”.

Anche il Pd sembra freddo: la segreteria dem ammonisce l’esecutivo perchè questo appuntamento non sia un modo “per distrarre l’attenzione sui temi che interessano le persone e le necessità del Paese: lavoro, sanità, Pnrr”. “Ora – osserva Giuseppe Conte – vediamo cosa ci dirà il governo: se sarà un prendere o lasciare il proprio progetto, che peraltro ha già annunciato e che a me sembra molto avventuroso, allora sarà il governo che vorrà rompere il dialogo con il Movimento 5 Stelle”.

Scintille anche sul fronte dell’autonomia: il Coordinamento per la democrazia costituzionale (Cdc), annuncia di aver raccolto le firme necessarie per presentare una legge costituzionale di iniziativa popolare contro l’autonomia differenziata voluta dal governo. Insomma, in un clima di generale scetticismo, da mezzogiorno sino alle otto di sera, nella biblioteca del presidente, una sala al primo piano di Montecitorio, si terrà un confronto che comunque sarà ai massimi livelli: per il governo ci sarà la premier, i vicepremier, il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati, quello per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, i sottosegretari alla Presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e il costituzionalista Francesco Saverio Marini. Stesso discorso sul fronte dell’opposizione: ci saranno tutti i leader, compreso il Presidente dei Cinque Stelle.

Al di là delle sfumature dialettiche, la maggioranza si trova davanti a un bivio: c’è chi punta al blitz, all’approvazione di un testo a colpi di maggioranza, e chi invece vorrebbe raggiungere un accordo ampio, vedendo chiari i possibili rischi politici di un muro contro muro sulle modifiche costituzionali. Due impostazioni diverse che partono da due modi opposti di prevedere l’esito del referendum confermativo. I fautori della prova di forza sono convinti di poter vincere a mani basse una consultazione popolare a favore di un cambio di regole sulla forma di governo che il Paese attende da decenni. Di contro, i sostenitori della linea prudente, memori dell’esperienza vissuta da Matteo Renzi, sembrano più pessimisti, e temono che una sconfitta al referendum possa rappresentare uno scoglio contro cui potrebbe infrangersi il governo e la maggioranza che lo sostiene.

Cambia il calendario del tavolo, prima i 5s – E’ stato aggiornato il calendario degli incontri della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con le delegazioni delle forze politiche di opposizione in merito al tema delle riforme costituzionali. I primi ad essere ricevuti saranno i 5 Stelle, dalle 12:30 alle 14:00. Dalle 14:00 alle 14:45 sarà la volta del gruppo per le Autonomie e Componente Minoranze Linguistiche; alle 15:15, per un’ora, il turno di Azione – Italia Viva – Renew Europe mentre per mezz’ora, dalle 16:15 alle 16:45 verrà ricevuta la Componente +Europa. Dalle 17:30 alle 18:30 toccherà quindi al gruppo Alleanza Verdi e Sinistra. Il giro di consultazioni con le opposizioni terminerà alle 18.30 (fino alle 19.45) con la delegazione del Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista.

La posizione del Pd: va bene il tavolo ma non l’elezione diretta del premier

“Sediamoci al tavolo, possiamo ragionare su ipotesi che garantiscano maggiore governabilità e rappresentanza, ma diciamo no all’elezione diretta del presidente del consiglio e tantomeno del presidente della Repubblica”. In base a quanto si è appreso da alcuni partecipanti alle riunioni di oggi del Pd, è la posizione della segretaria Elly Schlein, in vista dell’incontro di domani con la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, sulle di riforme. Il tema – è il ragionamento emerso negli incontri – non è come si garantiscano i pieni poteri alla donna sola al comando, ma come si possa migliorare l’assetto istituzionale. La proposta del Pd si rifarebbe al modello del cancellierato tedesco, con l’introduzione della sfiducia costruttiva e del potere di nomina e revoca dei ministri da parte del premier. Forte scetticismo è emerso di fronte a una eventuale proposta di bicamerale o di assemblea costituente, anche perché – è la riflessione – rischierebbe di trascinare il Paese in mesi e mesi di discussioni, mettendo in secondo piano le vere priorità, come lavoro e sanità. La linea del Pd, in ogni caso, sarà chiarita da Schlein nel corso dell’incontro con Meloni e sarà frutto della sintesi che farà la segretaria, anche alla luce di quanto emerso negli incontri di oggi con i componenti della segreteria e con i parlamentari dem che fanno parte delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato. Ancora in corso la definizione della delegazione Pd che domani parteciperà all’incontro con Meloni. Dovrebbe essere composta dalla segretaria, dal capogruppo al Senato Francesco Boccia, dalla capogruppo alla Camera Chiara Braga e dal responsabile Riforme del Pd, Alessandro Alfieri.




Società pubbliche, ecco i vertici scelti dal governo Meloni

Le nomine arrivano dopo un serrato braccio ferro nella maggioranza, con la Lega che ha provato a tenere il punto fino all’ultimo per un suo uomo all’Eni

“Le nomine dei nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste sono frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze. È un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo. Ringrazio chi ha servito l’Italia con passione in queste aziende, auguro ai prossimi amministratori buon lavoro. Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della Nazione che rappresentano in tutto il mondo”. Così la premier Giorgia Meloni.

Ecco i nuovi vertici delle big

Enel: Flavio Cattaneo come amministratore delegato e Paolo Scaroni alla presidenza.
Claudio Descalzi resta amministratore delegato di Eni, mentre alla presidenza arriva Giuseppe Zafarana. L’ex ministro Roberto Cingolani è il nuovo amministratore delegato di Leonardo, Stefano Pontecorvo assume il ruolo di presidente. Matteo Del Fante viene confermato amministrato delegato delle Poste, presidente Silvia Rovere.

Le nomine arrivano dopo un serrato braccio ferro nella maggioranza, con la Lega che ha provato a tenere il punto fino all’ultimo per un suo uomo all’Eni. Nel rimescolamento delle caselle al partito di via Bellerio sarebbe stata garantita alla fine anche la presidenza di Terna (che sarà formalizzata nelle prossime ore) con Igor de Biasio (l’ad sarà una donna, Giuseppina Di Foggia). E a sopresa resterebbe fuori, almeno dalla partita delle 5 big,Stefano Donnarumma dopo un lungo tira e molla. Il governo Meloni rivoluziona il vertice di Leonardo, con l’ex ministro Roberto Cingolani amministratore delegato e il diplomatico di lungo corso Stefano Pontecorvo come presidente. La soddisfazione della premier per come è stata gestita la partita delle nomine emerge da un breve comunicato in cui parla di un “ottimo risultato del lavoro di squadra del governo” e sottolinea come “siano il frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze”.

Nel lungo confronto tra gli alleati per i vertici delle cinque grandi società pubbliche quotate, può essere considerata una vittoria di Forza Italia e Lega anche il ticket per Enel, con Paolo Scaroni presidente e Flavio Cattaneo ad. Nelle liste pubblicate dal Mef c’è la conferma prevista di Claudio Descalzi ad di Eni e Matteo Del Fante nello stesso ruolo a Poste italiane. I presidenti delle due società saranno il generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana e Silvia Rovere, ora alla guida di Assoimmobiliare. Nei dieci posti in palio ci dovrebbe essere una seconda donna, l’ad in rosa promessa l’8 marzo da Giorgia Meloni: salvo sorprese, sarà a Terna Giuseppina Di Foggia, ora ad di Nokia, con presidente Igor De Biasio, ex manager sposato quattro anni fa da Matteo Salvini.

Queste due ultime nomine devono essere ufficializzate nelle prossime ore da Cdp, ma sembra non ci siano margini per nuove sorprese dopo una trattativa che ha riservato scintille dall’inizio, fino agli ultimi ritocchi in serata. Attesi a Borse chiuse, i primi otto nomi sono arrivati solo all’ora di cena, mentre si diffondevano voci di tensioni nel centrodestra sulla posizione di Stefano Donnarumma, che fino all’ultimo è stato in odore di conferma come ad di Terna. Scavalcato da Cattaneo, il manager esce decisamente deluso dalla partita e potrebbe essere a breve essere indirizzato verso un’altra azienda pubblica (Rete ferroviaria o Sogin).Quest’ultimo acceso confronto fra Lega e FdI,si vocifera nella maggioranza, avrebbe anche portato a una frenata sui lavori della commissione Affari costituzionali del Senato impegnata nell’esame del decreto legge sui migranti.

Meloni nel tardo pomeriggio ha riunito a Palazzo Chigi alcuni fedelissimi, fra cui il ministro Francesco Lollobrigida. Una riunione di routine, la partita nomine è stata già chiusa, la spiegazione ufficiale. Ma in parallelo si accavalcavano ipotesi di liste corrette e ricorrette. I confronti più delicati in queste settimane sono stati fra la premier, Giovanbattista Fazzolari, Gianni Letta, Antonio Tajani,Salvini e Giancarlo Giorgetti. Alla fine ne esce un quadro in cui si intravvedono i rapporti di forza nel centrodestra. La Lega chiedeva un cambio di passo. Niente rivoluzioni, la linea opposta dalla premier, decisa a mantenere “chi ha fatto bene” ai vertici e a seguire il criterio della “competenza”. Un deciso mutamento, però, è in arrivo a Leonardo, dove dall’inizio la presidente del Consiglio ha puntato su Cingolani (già dirigente del colosso della Difesa), dopo averne apprezzato il lavoro sul gas nel governo Draghi, tenendolo con sé come consulente per la transizione energetica. La presidenza va Pontecorvo, e si parla di un ruolo di direttore generale per Lorenzo Mariani, che sarebbe stata la prima scelta del ministro Guido Crosetto. “Sarebbe bizzarro che fosse un solo partito a indicare i nomi a discapito degli altri”, la puntura leghista alla vigilia dell’ultima giornata di trattativa. Un lungo negoziato che ha portato più di un compromesso.

Le principali sorprese in Enel. La spunta chi sosteneva Cattaneo, manager di lungo corso, da Fiera Milano a Ntv passando per Telecom Italia, fra gli ospiti un mese fa della festa di compleanno di Salvini, assieme alla moglie Sabrina Ferilli: prima dell’ultima curva sembrava fuori dai giochi, invece è stato preferito a Donnarumma. L’altra poltrona tocca a Scaroni, oggi presidente del Milan e vicepresidente della banca d’affari Rothschild Italia, considerato nell’orbita berlusconiana. È vicino alla Lega anche De Biasio, mentre il nome di Rovere, manager con vasta esperienza in private equity e nella gestione dei fondi, nel centrodestra è spesso accostato a quello di Fazzolari.




Caro bollette, oggi in Consiglio dei ministri

“In due settimane abbiamo liberato 30 miliardi per calmierare e coprire il costo delle bollette. Abbiamo messo in sicurezza il nostro tessuto produttivo e già domani (oggi, ndr) il decreto che stanzia i primi 9 miliardi sarà portato in Consiglio dei Ministri.

Fermare la speculazione è fondamentale e stiamo conducendo anche questa battaglia”. Lo scrive sui social la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Il caro-bollette e il recupero del potere d’acquisto, eroso dall’inflazione a due cifre, il taglio del cuneo fiscale e le pensioni con l’adeguamento annuale degli assegni all’inflazione con +7,3% da gennaio prossimo, in attesa degli interventi per evitare lo scalone Fornero dal 2023. E il lavoro, “la priorità delle priorità”, dice la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ai sindacati nel primo faccia a faccia a Palazzo Chigi con Cgil, Cisl, Uil e anche l’Ugl.

Su Ita “avete visto quello che è accaduto nelle ultime ore. Quando qualcuno di noi aveva espresso delle perplessità su come si stava procedendo non aveva completamente torto, ci stiamo lavorando”, avrebbe anche detto la premier, secondo quanto si apprende.

Sul tavolo del primo confronto del nuovo governo nella sala Verde con le parti sociali (venerdì ci saranno le associazioni delle imprese) approdano tutti i temi aperti, dalle emergenze alle riforme, con le richieste e le proposte. La premier ascolta e assicura la disponibilità a portare avanti il confronto, mettendo da parte “i preconcetti” e assicurando trasparenza e lealtà ma chiedendo “un supplemento di responsabilità” da parte di tutti: “Stiamo affrontando il momento più difficile della storia della Repubblica”.

L’approccio è “di totale apertura e rispetto. Dove ci porterà questo confronto dipenderà dell’approccio e dalla disponibilità di ciascuno di noi”, chiarisce Meloni. I sindacati apprezzano il dialogo (“un metodo importante”) ma aspettano i fatti.

“Oltre ad una disponibilità al confronto, oggi risposte di merito non ne abbiamo ancora avute”, afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi: dunque “la valutazione è sospesa”.

“Auspichiamo che nelle prossime settimane ci possano essere ulteriori opportunità per discutere nel merito della legge di Bilancio e della prospettiva legata alla crescita, allo sviluppo, alla qualità e stabilità del lavoro”, dice il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra.

“Meloni ha inaugurato una nuova stagione di confronto sociale”, sottolinea intanto il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone. I temi vanno dalla sicurezza sul lavoro alle pensioni. Un fronte su cui lavorare con le prime misure da inserire nella manovra, che però ha “spazi troppo stretti”, sottolinea Landini.

Di qui, la richiesta rilanciata dai sindacati di allargare la tassazione sugli extraprofitti oltre le aziende energetiche e di portarla al 35%: consentirebbe di reperire 14 miliardi l’anno, calcola il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri.

Sulle pensioni, allo studio resta Quota 41 che dovrebbe essere accompagnata da una soglia di età (61-62 anni) per l’anno prossimo – e che non basta per Cgil, Cisl e Uil – in attesa della riforma complessiva.

Di un sistema che oggi fa i conti con pensioni “basse e quelle future rischiano di essere inesistenti”, riconosce la stessa presidente del Consiglio. Intanto arriva la firma del ministro dell’Economia, Ginacarlo Giorgetti, al decreto che da’ il via a partire dal primo gennaio 2023 ad un adeguamento delle pensioni pari al +7,3%. L’aumento, come previsto dalla normativa vigente, è stato calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 3 novembre. Considerando l’effetto dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione, nel periodo 2022-2025, la spesa “assorbirà risorse per oltre 50 miliardi”, afferma Giorgetti. Il sistema attuale prevede tre fasce per la rivalutazione: il 100% dell’inflazione, ovvero in misura piena, per le pensioni fino a 4 volte il minimo (pari a circa 523 euro), il 90% tra le 4 e 5 volte il minimo e il 75% oltre le 5 volte.

C’è inoltre il tema del fisco e la richiesta di confermare e, anzi, aumentare la decontribuzione al 2% prevista fino alla fine dell’anno. I sindacati dicono no alla flat tax, chiedono di fare una riforma “vera” che aumenti il netto in busta paga e colpisca di più l’evasione. E, per ridare potere d’acquisto ai redditi, oltre al taglio del cuneo fiscale, il numero uno della Uil porta la richiesta di detassare subito le tredicesime per dare ristoro ai dipendenti e ai pensionati e, poi, di detassare gli aumenti contrattuali.




Governo Meloni, ecco le prime 10 priorità

Dal ruolo dell’Italia in Europa e nella Nato, dal caro bollette al presidenzialismo, dal Pnrr alla sovranità alimentare e alla natalità, passando per fisco, lavoro, riforma del reddito di cittadinanza, la scuola e il merito. Quindi lotta alla mafia, difesa dei confini e tutela dei diritti “esistenti”.

Questi tra i temi programmatici al centro del discorso della premier Giorgia Meloni a Montecitorio, in 10 punti.

1) EUROPA-NATO: la collocazione internazionale è un nodo cruciale. Meloni dice che farà sentire a Bruxelles “forte” la sua voce, non per frenare o sabotare l’integrazione europea, ma per avere risposte più efficaci alle crisi esterne. No a un’Europa di serie A o B, sì alla casa comune dei popoli europei. Netta anche sulla Nato: Roma è e sarà un partner affidabile con il popolo ucraino aggredito dalla Russia.
   

2) CRISI ENERGETICA E CARO-BOLLETTE: intervenire su questo fronte è la priorità. Subito in campo misure concrete per contrastare i costi esorbitanti di luce e gas ma anche della benzina e poi largo a interventi di medio periodo a partire dallo sfruttamento dei giacimenti di gas e dall’accelerazione sulle rinnovabili. Meloni paragona il Paese all’Amerigo Vespucci: “la nostra imbarcazione, l’Italia, con tutte le sue ammaccature rimane ‘la nave più bella mondo'”.
   

3) FISCO-LAVORO-PENSIONI-POVERTÀ-REDDITO: un nuovo patto per ridurre le tasse è una delle priorità, riformando l’Irpef e ampliando la flat tax per le partite Iva dai 65 mila ai 100 mila euro. Poi tregua fiscale e lotta all’evasione. Quindi la riduzione del cuneo, attuando il principio “più assumi, meno paghi”. Serve anche un sistema pensionistico che garantisca le giovani generazioni. Inoltre, lotta alla povertà riformando il reddito di cittadinanza che sarà tolto a chi è in grado di lavorare. Infine, occorre porre fine alla tragedia degli incidenti sul lavoro.
   

4) PNRR-SUD- INFRASTRUTTURE-AMBIENTE: il Pnrr è un’opportunità straordinaria di ammodernare l’Italia senza ritardi e senza sprechi, concordando con l’Ue gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa. L’approccio al quale si guarda – viene rivendicato – è pragmatico. Sul fronte delle infrastrutture, serve ricucire non solo il Nord al Sud ma anche il Tirreno all’Adriatico le Isole con il resto della Penisola. Infine, sull’ambiente, l’obiettivo è coniugare sostenibilità ambientale, economica e sociale.
   

5) RIFORME: Meloni conferma la necessità di una riforma presidenziale, per passare da una “democrazia interloquente” ad una “decidente”. Il confronto è aperto, ma no a opposizioni pregiudiziali. Altrimenti il governo si muoverà secondo il mandato conferito dagli italiani. In cima all’agenda c’è anche la giustizia. Qui l’ambizione è garantire la certezza della pena e tempi più celeri, insieme a un nuovo piano carceri.
   

6) SOVRANITÀ ALIMENTARE-NATALITÀ: Meloni chiarisce che ambire a una piena sovranità alimentare non significa “mettere fuori commercio l’ananas”, ma garantire che l’Italia non dipenderà da altre nazioni per poter dare da mangiare ai suoi figli. Contro “la glaciazione demografica”, vuole aumentare l’assegno unico, aiutare le giovani coppie per avere un mutuo e asili nido gratuiti e aperti fino alla chiusura di negozi e uffici.
   

7) SCUOLA E MERITO: l’obiettivo è quello di garantire a tutti gli studenti pari condizioni di partenza e poi fare in modo che ciascuno possa esprimere le proprie potenzialità. Chi vive – è il ragionamento – in una famiglia agiata ha una chance in più per recuperare le lacune di una scuola appiattita al ribasso, mentre gli studenti dotati di minori risorse vengono danneggiati una sistema che non premia il merito. Il governo rilancia il suo impegno a favore dei giovani a cui, è stato tolto tutto, tranne i debiti.
   

8) LIBERTÀ-DIRITTI-ANTIFASCISMO: la libertà è quel “bene che fa godere di ogni altro bene”. La citazione è di Montesquieu e serve a sostenere la tesi per cui la libertà è il fondamento di una vera società delle opportunità. Il governo quindi non limiterà mai quelle esistenti, è l’assicurazione. Discorso che vale anche sui diritti civili e l’aborto. E nessun spazio ai vecchi e nuovi fascismi, è poi la promessa rinnovata.
   

9) COVID: Meloni ammette che non si può escludere una nuova ondata. Ma, a suo giudizio, si deve imparare dal passato.
    L’Italia ha adottato le misure “più restrittive dell’intero occidente”, arrivando a “limitare fortemente” le libertà fondamentali di persone e attività economiche, ma nonostante questo è stata tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi”. Il modello non sarà replicato, assicura.
   

10) LOTTA ALLA MAFIA, SICUREZZA- MIGRANTI. Ricorda di aver cominciato a fare politica il giorno dopo la strage di Via d’Amelio e assicura che da questo Governo, “criminali e mafiosi non avranno altro che disprezzo e inflessibilità”. Per lei la sicurezza è “un dato distintivo di questo esecutivo”. Infine, sul fronte dell’immigrazione, precisa che non intende modificare minimamente il diritto d’asilo ma che il suo obiettivo è impedire che sull’immigrazione “l’italia continui a farsi fare la selezione in ingresso dagli scafisti”. 




Incontro Meloni – Salvini: “Grande collaborazione e unità di intenti”

Concluso, dopo un’ora, l’incontro tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni negli uffici di Fratelli d’Italia alla Camera. Il leader leghista è uscito parlando al telefono. “Grande collaborazione e unità di intenti”.

E’ quanto si legge in una nota congiunta della Lega e Fdi al termine dell’incontro tra Meloni e Salvini. “Entrambi i leader – si legge – hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta. Meloni e Salvini hanno fatto il punto della situazione e delle priorità e urgenze all’ordine del giorno del governo e del parlamento, anche alla luce della complessa situazione che l’Italia sta vivendo”.

La leader di FdI, che alterna riunioni, telefonate e l’esame di documenti, è a lavoro negli uffici del gruppo di Fdi alla Camera dove è giunta alla Camera in tarda mattinata. Certamente il Ministro delle Finanze potrebbe avere un profilo tecnico di altissimo livello. Dopo, che sia Panetta non sta a me dirlo, sta alla coalizione e a Giorgia Meloni la prima indicazione”. Lo afferma Andrea Delmastro, parlamentare di Fratelli d’Italia, ad Agorà Rai Tre.

“Sbagliate, è più probabile Salvini di Donzelli”. Così il coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, a Radio Capital risponde a chi gli chiede se sia più realistico che ad ottenere la guida di un ministero sia lo stesso Donzelli piuttosto che Salvini. “Quale ministero? Sarebbe una sgrammaticatura parlare di minsteri. Sto facendo il responsabile organizzazione, mi piacerebbe continuare ma non è che ho rifiutato… quello che decide Meloni, va bene”, aggiunge.

“Trovo abbastanza surreale che certa stampa inventi di sana pianta miei virgolettati, pubblicando ricostruzioni del tutto arbitrarie. Si mettano l’anima in pace: il centrodestra unito ha vinto le elezioni ed è pronto a governare. Basta mistificazioni”. Lo scrive su twitter la presidente di Fdi Giorgia Meloni postando la foto di un titolo di un articolo del quotidiano la stampa “Meloni non cede su Salvini ‘non lo voglio, è filorusso” ed uno del quotidiano la Repubblica “Il veto di Meloni su Salvini. “Matteo non avrà ministeri chiave”.

Palazzo Chigi smentisce la tesi e il contenuto dell’articolo “Kiev e conti pubblici, contatti di Draghi con l’Ue – ‘Meloni starà ai patti'” pubblicato su Repubblica. Il Presidente del Consiglio non ha stretto alcun patto né ha preso alcun impegno a garantire alcunché. Il Presidente del Consiglio mantiene regolari contatti con gli interlocutori internazionali per discutere dei principali dossier in agenda e resta impegnato a permettere una transizione ordinata, nell’ambito dei corretti rapporti istituzionali.

Sbarra, nuovo Governo coinvolga il sindacato

La Cisl chiede alla maggioranza uscita dalle elezioni di coinvolgere il sindacato nelle dinamiche di decisione. “Le urne – afferma il segretario generale, Luigi Sbarra a margine del Consiglio Generale della Fit Cisl – hanno dato un risultato netto, affidando un grande onere al centrodestra e al partito guidato da Giorgia Meloni. Il nuovo governo dovrà coinvolgere nelle dinamiche di decisione il sindacato ed il riformismo sociale. La Cisl, come sempre, giudicherà l’albero dai frutti, senza pregiudizi, esercitando la propria soggettività politica con autonomia, cercando il dialogo senza timori, né timidezze”. “Avremo come unico metro di giudizio – dice – i contenuti e le azioni concrete, insieme alla disponibilità del nuovo governo ad aprirsi al confronto e misurarsi con le priorità della nostra Agenda Sociale. Si aprono giorni decisivi per formare un governo stabile, competente, aperto al confronto sociale. Occorre fare presto, perché tempi e scadenze della Legge di Bilancio e riforme sono drammaticamente compressi. Serve concordia per riunire un Paese che scivola in un astensionismo allarmante e crede sempre meno nelle istituzioni politiche. Dobbiamo costruire protezioni universali, generare occupazione di qualità, riqualificare il lavoro debole. Insieme dobbiamo realizzare le riforme, a partire da pensioni, fisco e non autosufficienza. Il sentiero della partecipazione è l’unico che può farci arrivare a traguardi stabili ed equi. La via è quella di un dialogo sociale che in questo anno e mezzo ha dato frutti e che deve essere rafforzato nella costruzione di un Progetto Paese che non escluda la responsabilità di nessuno”.