BRACCIANO IMPIANTO BIOGAS, SEL SOSTIENE LA BATTAGLIA AVVIATA DAL COMITATO TERRA NOSTRA

Sel Bracciano: "La nostra assoluta contrarietà alla realizzazione dell’impianto del Sasso discende dalle considerazioni fatte: grandi dimensioni e potenza installata, ricorso a risorse importate e di qualità, impiego di grandi quantità di un bene prezioso quanto sempre più limitato come l’acqua, rischi per l’ambiente e per la salute, sono elementi che caratterizzano l’iniziativa come insostenibile sotto tutti i punti di vista."

 

Redazione

Riceviamo e pubblichiamo da Circolo SEL Lago di Bracciano

"Il circolo SEL Lago di Bracciano condivide in pieno e sostiene la battaglia avviata dal Comitato Terra Nostra contro l'impianto a biogas che si intende realizzare al Sasso, un’iniziativa che, qualora si concretizzasse, avrebbe ripercussioni negative su un’area molto vasta in termini di ostacolo allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile e di abbassamento della qualità dell’ambiente e della vita dei cittadini.
L’impianto dovrebbe realizzare, mediante batteri in assenza di ossigeno, un processo di fermentazione di biomasse che vengono così trasformate in biogas da impiegare successivamente come combustibile per la produzione di energia elettrica e calore.

Con il termine “biomasse” si intende un vasto insieme di materiali, sia beni primari che scarti e rifiuti.
Le biomasse vegetali, terrestri e marine, sono prodotte per effetto del processo di fotosintesi clorofilliana con l’apporto dell’energia solare, di acqua e di sostanze nutritive e comprendono: 1) i residui forestali derivanti dalla manutenzione dei boschi e dall’industria del legno; 2) i sottoprodotti agricoli come paglie, ramaglie di potatura, ecc..; 3) i residui agroindustriali costituiti da sanse, vinacce, lolla di riso ed altri prodotti provenienti da riserie, distillerie, oleifici; 4) la componente organica dei rifiuti solidi urbani; 5) i prodotti delle coltivazioni agricole e della forestazione; 6) le colture finalizzate alla produzione di biomasse (erbacee e legnose) per lo sfruttamento energetico diretto (combustione) o per la realizzazione di biocombustibili liquidi o gassosi: girasole, colza, canna da zucchero, sorgo, pioppo, acacia ed eucalipto, e anche alghe e mais.
Le biomasse non vegetali sono i prodotti organici derivanti da attività biologica animale, quali le deiezioni degli allevamenti.
Sull’impiego energetico delle biomasse si è sviluppata una branca, la bioenergia, che ha assunto un grande interesse a livello internazionale; essa prevede una varietà di soluzioni impiantistiche per la produzione di energia – elettrica, termica, oppure entrambe contemporaneamente in sistemi di cogenerazione – e biocombustibili per impianti fissi o per autotrazione (in sostituzione di benzina e gasolio).

Non tutte le soluzioni, però, sono coerenti con l’idea che noi abbiamo di uno sviluppo sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale.
Ad esempio, la stessa FAO da tempo ha lanciato l’allarme contro la trasformazione di grandi estensioni agricole originariamente adibite alla coltivazione di prodotti per l’alimentazione e poi dedicate alla produzione di biomasse destinate all’industria della bioenergia; analogo rischio viene dalla deforestazione di vaste di aree da asservire sempre a questi fini. Su scala locale, la destinazione di svariati ettari – anche parecchie centinaia – di terreno a fini energetici altera sicuramente l’equilibrio dell’intero comprensorio compromettendo un settore cruciale come quello dell’agricoltura.
Ancora, per ciascun processo di trasformazione occorre considerare non solo il tipo di biomassa impiegata (materiali pregiati come il mais, oppure scarti di vario tipo, reflui da allevamenti animali, frazione organica da raccolta differenziata dei rifiuti in alternativa al compostaggio, ecc..) ma anche le altre risorse necessarie, a cominciare dall’acqua e dall’energia richiesta per il funzionamento degli impianti, oltre alle possibili fonti di inquinamento e di rischi per la salute.
Inoltre, la taglia rappresenta un fattore cruciale per questi impianti, che hanno ragion d’essere soltanto se si pensa a infrastrutture di piccola potenza distribuite sul territorio (generazione distribuita) per l’autoproduzione di energia e per l’impiego in distretti locali: grandi impianti richiedono biomasse importate anche da molto lontano non essendo disponibili sufficienti risorse locali, comportano inaccettabili carichi sull’ambiente, e sono appetibili alle società finanziarie interessate ai lauti incentivi pubblici piuttosto che ad un sano ed equilibrato sviluppo del territorio.
Le biomasse rappresentano una importante risorsa energetica che può contribuire, seppure in piccola parte, a limitare l’uso dei combustibili fossili e a ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera; ma il loro impiego richiede una seria "analisi del ciclo di vita (LCA)", per valutare complessivamente benefici e danni che l’intero ciclo comporta: l'uso che se ne fa, o si vorrebbe fare, sfocia sempre più' in processi che nulla hanno a che fare con lo "sviluppo sostenibile", e troppo spesso costituisce l’alibi per lo stravolgimento di ogni logica di sostenibilità ambientale e la scusa per garantire lauti profitti a lobby finanziarie sempre più ingorde, come è già' avvenuto per i grandi impianti fotovoltaici.
La nostra assoluta contrarietà alla realizzazione dell’impianto del Sasso discende dalle considerazioni fatte: grandi dimensioni e potenza installata, ricorso a risorse importate e di qualità, impiego di grandi quantità di un bene prezioso quanto sempre più limitato come l’acqua, rischi per l’ambiente e per la salute, sono elementi che caratterizzano l’iniziativa come insostenibile sotto tutti i punti di vista.
E’ inaccettabile, infine, che interventi di questa portata vengano programmati e decisi senza il minimo coinvolgimento della popolazione, in spregio anche alle più blande ipotesi di democrazia partecipata.
Noi chiediamo una decisa inversione di tendenza da parte delle amministrazioni interessate, auspicando che prendano atto della costituzione di un ampio movimento che vuole essere protagonista delle scelte che riguardano la qualità della vita di tutti i cittadini.
La lotta contro l’impianto del Sasso si collega alla iniziativa nazionale di SEL che sta chiedendo al Governo di approvare, secondo quanto previsto dall’art.66 del decreto-legge n. 1 del 2012, il primo decreto attuativo con l’elenco delle terre demaniali da assegnare a giovani agricoltori.
L’immobilismo dei Ministeri sta di fatto bloccando anche le iniziative degli Enti locali. Dove infatti sono state avviate delle vertenze, le Regioni e i Comuni oppongono alle richieste di cooperative e società di giovani anche l’assenza di indicazioni attuative da parte dell’amministrazione centrale, oltre alle ben note motivazioni legate agli “appetiti” urbanistici e alla necessita di “fare cassa”.
Ribadiamo con forza le nostre richieste per:
–    l’immediata pubblicazione del decreto attuativo con il primo elenco di terre pubbliche da assegnare ai giovani;
–    la priorità dell’assegnazione in affitto, con contratto agrario, per mantenere il carattere di “bene comune” delle proprietà pubbliche;
–    l’emanazione di una circolare attuativa per le Regioni e gli Enti locali, titolari di gran parte del patrimonio pubblico a vocazione agricola, che fornisca tutte le indicazioni procedurali necessarie e consenta di sgomberare il campo dagli alibi burocratici."