Caso David Rossi, omicidio o suicidio? Si riaprono le indagini

Il 6 marzo del 2013, fra le sette e mezzo e le otto di sera, il corpo di David Rossi, responsabile della Comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, vola giù dalla finestra del terzo piano del suo ufficio. La telecamera di sorveglianza segna le 19, 59, ma in realtà verrà poi accertato che sono le 19,43. L’allarme viene dato da due persone diverse, poco dopo le 20,30, e l’ambulanza del 118 arriva nella piazza Salimbeni, che sfocia in un vicolo chiuso alle spalle della sede del Monte dei Paschi, dopo circa quaranta minuti. Da rilevare che nella registrazione della telefonata al 118, la prima persona chiede un’ambulanza a Rocca Salimbeni, in Piazza Salimbeni, 3, e dichiara di voler soccorrere una persona che ‘si è appena buttata da una finestra’.

 

Nella sua voce si coglie l’urgenza della richiesta. Ciò fa supporre che chi ha telefonato abbia visto materialmente cadere David Rossi, e che l’intervento potrebbe essere decisivo per la sua vita. La seconda persona chiama dopo alcuni minuti, e riferisce già di una persona che, secondo lui, ‘si è suicidata’. Cioè, dato che dopo la caduta, registrata dalla telecamera di sorveglianza della banca, il Rossi non è morto subito – si vede chiaramente che continua a muovere le braccia e il capo per ben ventidue minuti – la prima persona ritenga di poterlo salvare. Mentre la seconda, intervenuta chiaramente in un secondo momento, riferisce di una persona che si è suicidata, e che quindi è già inerte. La registrazione della telecamera di sorveglianza mostra la caduta di Rossi, che atterra prima con le gambe, poi con i bacino e infine con il busto, con il corpo rivolto verso il muro. A detta di chi ha osservato le immagini, l’ing. Luca Scarselli, consulente informatico della famiglia Rossi, questa non è la caduta di un suicida, dato che in casi come questo il corpo subisce una rotazione in avanti, che porta la persona all’impatto col suolo con la parte frontale, e addirittura con il cranio. Altre anomalie, segnalate dal giornalista Antonino Monteleone, de Le Iene, in un servizio andato in onda su Mediaset, sono, nell’ordine: l’apparizione in rapida successione di due figure umane – la prima probabilmente cancellata in parte dalla registrazione, come riferisce l’esperto della famiglia di David Rossi – che si affacciano al vicolo e osservano per alcuni secondi la sagoma dell’uomo a terra, e poi si allontanano; un piccolo oggetto che dopo mezz’ora dal volo mortale viene lanciato verso il copro, e che si rivelerà essere l’orologio da polso del Rossi; l’intervento, ormai inutile, di due colleghi del Rossi, che guardano il corpo ormai esanime, senza neanche provare a mettergli una mano sulla giugulare o al polso per controllarne gli eventuali battiti, e che si allontanano senza la minima reazione.

 

Il caso viene frettolosamente archiviato come suicidio dalla Procura, il 6 di marzo del 2013, dopo un anno. Viene poi archiviato nuovamente, dopo essere stato riaperto per le pressioni della famiglia, con motivazioni pubblicate il 4 luglio 2017. Ora il CSM, dopo il servizio di Monteleone, vuole vederci chiaro, e il caso verrà riaperto. Bisogna dire che sul corpo di Rossi, in sede autoptica, sono state rilevate ferite ed ecchimosi non compatibili con la caduta, ma piuttosto con una precedente colluttazione immediatamente precedenti alla caduta, causate, quindi, da terze persone nel suo ufficio, la cui porta è stata trovata chiusa, e non da Rossi. In particolare, sul polso sinistro è stata rilevata una ferita causata evidentemente dall’orologio da polso, quello stesso che è stato lanciato dopo mezz’ora nei pressi del corpo. Una ferita che, a sentire l’avvocato della famiglia Rossi, Paolo Pirani, è compatibile con una forte pressione sul polso, e non con un colpo da caduta.

 

Risulta sospetto anche il fatto che un paio di testimoni non vennero ascoltati, cioè Lorenza Pieraccini, collaboratrice della segreteria di direzione, il cui contributo è stato dichiarato ininfluente allo svolgimento delle indagini perchè, secondo la Procura, non avrebbe aggiunto alcunchè di significativo. Non ascoltata neanche Lorenza Bondi, collega della Pieraccini, che ha dichiarato a Monteleone che la porta dell’ufficio di Rossi lei l’aveva vista aperta, e con la luce accesa, mentre dopo il tragico volo l’aveva vista chiusa: chi ha chiuso la porta, e perchè? In una registrazione ‘rubata’ da Monteleone a Pier Luigi Piccini, già sindaco di Siena, amico di Rossi, il Piccini ha negato il suicido, e ha affermato di aver saputo, da una fonte ‘vicina ai Servizi’, di festini con droga che si sarebbero svolti in una villa ‘tra l’Aretino e il mare’ , alla presenza dei vertici della Banca, politici nazionali e anche toghe.

 

Una maniera per compromettersi a vicenda e costringere poi chi di dovere ad ‘abbuiare tutto’, con due archiviazioni consecutive. Per questa registrazione non autorizzata Monteleone e il programma sono stati citati in giudizio dal Piccini. Forse l’eventuale movente di un omicido – posto che le indagini stabiliscano che di questo s’è trattato – ci portano alle circostanze temporali relative all’attività del Rossi e della banca, e ci mostrano che, con l’avvento di Mussari a capo della stessa, fu acquisita la Banca Antonveneta, valutata allora 6 miliardi di euro, per la somma di 9 miliardi, a cui si devono aggiungere le sofferenze dell’Antonveneta per una somma pari a 7 miliardi.

 

Il tutto porta all’acquisizione della banca Antonveneta da parte di MPS per un totale di 16 miliardi: viene da chiedersi perché sia stata impegnata una simile cifra, invece di effettuare una fusione, certamente molto meno rischiosa e dispendiosa. La Guardia di Finanza stava indagando su questa operazione, e sei giorni prima aveva perquisito l’ufficio di Rossi, il quale aveva detto alla moglie: “Vogliono arrivare a loro- i capi della MPS – attraverso me”. Così Rossi si spiegava questa perquisizione senza preavviso, e senza che lui fosse stato indagato o che avesse ricevuto avvisi di qualsivoglia genere. Dopo due giorni, la caduta. Mentre David Rossi aveva scritto, in una e-mail, che ‘aveva fatto una cavolata’, e che quei signori della Procura, se avessero voluto interrogarlo, lui avrebbe potuto chiarire diverse cose. Chi lo conosceva bene – moglie, figlia, fratello e amici – dichiara che non era tipo da suicidio. Questi i punti oscuri messi in luce dal servizio giornalistico de Le Iene, e da Antonino Monteleone, il quale ha trovato molta ostilità nelle sue interviste.

 

E su questi punti oscuri ora il Consiglio Superiore della Magistratura ha deciso che si debbano riaprire le indagini, ordinando anche la riesumazione del cadavere di Rossi. C’è da chiedersi se assisteremo all’ennesimo insabbiamento politico-finanziario – ricordiamo che il MPS era definito ‘la banca del PD’, quando Matteo Renzi era Presidente del Consiglio. C’è da chiedersi se davvero le responsabilità – ove venga accertato che non di suicidio s’è trattato, ma di altro – verranno accertate e coloro a cui fanno capo perseguiti fino in fondo, come dovrebbe accadere in uno stato di diritto, quale il nostro si picca di essere. C’è da chiedersi se non venga invece individuato un capro espiatorio, che magari anche lui decida di lasciare autonomamente questa vita prima d’essere interrogato. C’è da chiedersi se in nome della stabilità di governo, e della ragione di Stato, invece, tutto finisca in una bolla di sapone. Siamo abituati a queste conclusioni, e i molti, troppi casi insoluti in Italia, ce ne danno ragione.

Roberto Ragone

 




INCHIESTA MONTE PASCHI DI SIENA: LO SCANDALO SI ALLARGA: BONIFICI PER 17 MILIARDI EURO

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Redazione

Roma – Continua a rimanere al centro del mirino l’affaire Monte Paschi legato all’inchiesta sull’acquisizione della banca Antonveneta. Inanzitutto è da fugare ogni dubbio: non ci sarà alcun commissariamento e a scartare l’ipotesi mom solo è stato il governatore Ignazio Visco, nei giorni scorsi a Davos, ma anche il presidente di Mps Alessandro Profumo, il quale ha detto: “Non credo che la banca vada commissariata e non verrà commissariata”. E così la pensa anche l’ad Fabrizio Viola, il quale ribadisce: Mps "non è in ginocchio" e vista dalla parte dei correntisti e degli obbligazionisti "la situazione è sotto controllo, non ci sono criticità".

Che invece la fondazione sia pronta a farsi da parte è una ipotesi concreta. L'indicazione è emersa dalla bozza del documento programmatico, non ancora reso noto, in cui viene scritto che Palazzo Sansedoni è disposto a scendere sotto la soglia del 33,5 per cento per garantirsi la "sopravvivenza" e l'equilibrio finanziario. Un fattore positivo che andrebbe incontro alle aspettative di Alessandro Profumo, che da diverso tempo si è detto disponibile a far entrare nuovi azionisti nella compagine azionaria della banca più antica del mondo, purché di lungo periodo. L'amministratore delegato, Fabrizio Viola, ha precisato che discussioni aperte, almeno per il momento, non ce ne sono. Ma la borsa intanto, a questa idea che aleggia ha già reagito positivamente.

Lo scandalo, comunque, non finisce qui. Come anticipato da Rai News 24, dalle carte in possesso dai pm sono emersi bonifici internazionali per circa 17 miliardi di euro; operazioni effettuate dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009, cioè nei mesi successivi il perfezionamento dell'acquisizione di banca AntonVeneta. Una cifra nettamente superiore ai 10,3 miliardi di euro che corrispondono all'esborso per l'acquisizione dell'istituto.

 In particolare, al vaglio ci sarebbero due bonifici, rispettivamente da 2,5 miliardi e da 123,3 milioni, a favore di Abbey National Treasury Service Plc di Londra. Potrebbe trattarsi di cifre che, secondo fonti vicine alle indagini, sarebbero successivamente rientrate in Italia, usufruendo dello scudo fiscale

Oltre alle operazioni sui derivati, i magistrati senesi Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell’inchiesta, avranno presto le carte di due verifiche fiscali che hanno interessato altrettante operazioni fatte dal Monte.

La prima, che secondo quanto si apprende sarebbe appena iniziata, riguarderebbe la vendita portata a termine nell'autunno 2011 di Palazzo dei Normanni a Roma, l'ex sede delle esattorie non lontana dal Colosseo e che sorge su un'area di circa 6000 metri quadrati, con una superficie di 36 mila metri quadri. Un affare chiuso a 142 milioni anziché i 130 sempre sbandierati. L'edificio venne ceduto dal Monte a un fondo immobiliare gestito da Mittel. La verifica si concentrerebbe anche sulla velocita' con cui venne chiusa la trattativa con l'acquirente direttamente dai vertici del Monte.

La seconda verifica fiscale, già conclusa nel 2012, avrebbe invece interessato una plusvalenza di 120 milioni scaturita dal rastrellamento, nel 2005, da parte di Mps di azioni Unipol, quando il gruppo assicurativo era impegnato nella scalata alla Bnl, poi non andata in porto.

Tra le ipotesi, che sarebbero al vaglio degli inquirenti, anche quella direttamente collegata al bilancio della banca che, grazie alla vendita 'veloce', venne chiuso in utile. Senza contare che Immobiliare Sansedoni, societa' partecipata del Monte e incaricata della vendita, avrebbe avuto in mano offerte migliori ma le cui trattative rischiavano di protrarsi per le lunghe. Vero e' che anche il mercato immobiliare, in quel periodo, era già quasi ai minimi e da tempo il Monte aveva messo in vendita il palazzo senza riuscire a trovare un acquirente.