Lavoro, Jobs Act: ecco i dati che smentiscono Renzi

 
di Angelo Barraco
 
“Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l'Istat certifica più di 599 mila posti di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il Jobs Act” è quanto scriveva su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi a fine luglio, prospettando un quadro sicuro in merito agli effetti del Jobs Act, concretizzato con i dati oggettivi da lui prospettati e una la continua e incessante volontà di evidenziare quanto sia in crescita il mercato del lavoro.

Ma quadro il prospettato da Renzi si è rivelato tutto fumo e poco arrosto poichè il la situazione lavorativa in Italia è al collasso e lo dimostrano in modo chiaro e nitido i dati relativi al secondo trimestre del 2016. Dati concreti dove tutto è ben diverso rispetto ai fantasiosi quanto utopici messaggi lanciato dal premier agli italiani nel corso dell’anno con frasi e richiami in riferimento ad un concreto miglioramento. Messaggi del tipo “Dare una mano al ceto medio e alle famiglie: è un'assoluta priorità” oppure “stiamo discutendo se le aliquote Irpef o altro” risuonano come campane stonate a mezzanotte, stessa cosa vale per i messaggi a reti unificate in cui veniva enunciato un concreto miglioramento con il Jobs Act. I dati dimostrano altro poiché i contratti a tempo indeterminato un numero nettamente inferiore rispetto all’anno scorso, solamente il 29,4%, ovvero 392.043 (-163.099). “L'Italia sta tornando, saremo in grado di rimettere in moto il nostro Paese” aveva dichiarato Renzi nel febbraio del 2016, aggiungendo inoltre che “per mesi ci hanno detto che il Jobs Act era una prevaricazione, una violenza, un'imposizione.

Oggi scopriamo che nel 2015 grazie al Jobs Act ci sono stati 764.000 contratti a tempo indeterminato in più (fonte INPS). Avanti tutta, con coraggio e determinazione”. Tale affermazione suona oggi come un boomerang che sfugge dalle mani e bruscamente sbatte sulla faccia del lanciatore poiché dai dati ufficiale emerge che o contratti stabili hanno subito un calo del -29% e i licenziamenti invece sono aumentati del +7%.
 
Sempre dai dati ufficiali emerge inoltre che nel secondo trimestre del 2016 sono state registrate 2,45 milioni di attivazioni di contratto, che però non si discostano quanto dovrebbero dal numero di cessazioni, che invece hanno raggiunto i 2,19 milioni. In merito ai licenziamenti sopracitati, i dati ufficiali riportano che sono stati 221.186 i licenziati, ovvero 15.264 in più rispetto al secondo trimestre del 2015. Diminuite invece le chiusure di contratto dovute alla cessazione dell’attività lavorativa e hanno raggiunto il -10,3%. Un calo considerevole è stato registrato per le dimissioni, che hanno raggiunto il -23.9% (293.814) e i pensionamenti, che hanno raggiunto il -41,4%, ovvero 13.924. Crollati i pensionamenti per le donne, che hanno raggiunto il -47%. Renzi intanto mantiene i toni alti e sui grandi schermi pensa ad un paese migliore volto ad futuro e alla crescita “Sul referendum abbiamo cercato di togliere dal campo tutte le questioni problematiche, hanno detto Renzi ha sbagliato a personalizzare, non ne parlo piu', dico a tutti il referendum non e' sul futuro del Governo, e' sul futuro del Paese. Mi hanno detto apri sulla legge elettorale, mettiamoci a lavorare, questa legge elettorale non piace, cambiamola, discutiamo, cerchiamo di farne una che sia migliore di questa, non accetteremo un cambiamento che peggiori la situazione ma siamo disponibili a discutere, e' un'apertura vera, sincera” in merito all’Italicum. “Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo” disse Winston Churchill.