Sale la paura: l’Isis rivendica l’attacco ai militari italiani in Iraq

L’Isis ha rivendicato su Site l’attacco ai militari italiani in Iraq. Nell’attentato esplosivo cinque i feriti, di cui tre in gravi condizioni.

“Abbiamo seguito con grande preoccupazione l’attacco ai militari italiani in Iraq e seguiamo da vicino gli sviluppi”. Così l’Alto rappresentante dell’Ue Federica Mogherini esprimendo vicinanza alle autorità italiane, al suo arrivo alla riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue.

L’attentato, riferisce lo Stato maggiore della Difesa, è avvenuto la mattina di domenica 10 novembre quando un Ied, un ordigno esplosivo rudimentale, è detonato al passaggio di un team misto di Forze speciali italiane in Iraq. Il team stava svolgendo attività di addestramento (“mentoring and training”) in favore delle forze di sicurezza irachene impegnate nella lotta all’Isis. L’attentato è avvenuto intorno alle 11 locali, nella zona di Suleymania, nel Kurdistan iracheno. Ad essere coinvolti sono stati i commandos della task force presente in quell’area, che stava svolgendo un’attività di supporto ad una unità di forze speciali dei Peshmerga. I cinque feriti, sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, sono tre incursori della Marina (appartenenti al Goi, il Gruppo operativo incursori) e due dell’Esercito (9/o Col Moschin). I cinque militari coinvolti dall’esplosione sono stati subito soccorsi, evacuati con elicotteri USA facenti parte della coalizione e trasportati in un ospedale “Role 3” dove stanno ricevendo le cure del caso.

Tre dei cinque militari sono in condizioni gravi, ma non sarebbero in pericolo di vita. I tre militari sono tutti in prognosi riservata ed attualmente ricoverati in un ospedale militare a Baghdad. Dei tre il più grave ha riportato un’emorragia interna; un altro ha perso alcune dita di un piede e il terzo ha gravissime lesioni a entrambe le gambe, che sono state parzialmente amputate. Gli altri due militari coinvolti nell’esplosione, invece, hanno riportato solo micro fratture e lesioni minori.

Attentato con finalità di terrorismo e lesioni gravissime, reati per i quali procede la Procura di Roma che ha aperto un fascicolo di indagine. Le indagini sono state affidate dal pm Sergio Colaiocco ai carabinieri del Ros.

L’attentato in Iraq ai militari italiani è “il rischio” che corre chi “opera sul campo”: perché l’addestramento “non si fa in una caserma ma sul terreno”. Lo dice il generale Marco Bartolini, ex comandante della Folgore e del contingente italiano in Afghanistan ma soprattutto ex capo delle forze speciali italiane. “I militari che operano sul campo sono persone preparate, che sanno quello che fanno e lo fanno con passione – dice il generale – Ma in quelle situazioni, e soprattutto contro gli Ied, non esiste una contromisura che garantisca la sicurezza assoluta”.




USA, L'ALLARME DEI SERVIZI SEGRETI: "CELLULE DELL'ISIS IN GRAN BRETAGNA, GERMANIA E ITALIA"

Redazione
 
Usa – Il terrorismo islamico fa paura, soprattutto alla luce dei recenti attentati che hanno cagionato la vita a povere vittime innocenti. Ma questa volta di parla di terrorismo in modo concreto e a farlo è James R. Clapper, direttore della National Intelligence americana. In un’intervista al New York Times ha riferito che vi sono cellule terroristiche in Gran Bretagna, Germania e Italia, analoghe a quelle che hanno portato a termine gli attentati a Parigi e Bruxelles. Gli è stato chiesto inoltre se l’Isis stia svolgendo attività clandestine nei paesi sopracitate, la sua risposta è stata affermativa e ha sottolineato che tale situazione è fonte di preoccupazione “per noi e per i nostri alleati europei. Continuiamo a riscontrare prove di complotti da parte dell'Isis nei paesi che avete nominato”. Oltre a Clapper, anche funzionari dell’antiterrorismo in Europa affermano che sotto il mirino dell’Isis ci sarebbero Gran Bretagna, Germania e Italia. Ma a confutare tale tesi è proprio lo Stato Islamico, che minaccia e ha minacciato i paesi sopracitati. La preoccupazione è alta in Gran Bretagna e in Germania, ma anche in Francia e in Belgio la paura non si è placata. Secondo l’ex funzionario dell’intelligence francese, Claude Moniquet, il calcolo dei fattori di rischio si fa in base al numero di soggetti di cui dispone lo Stato Islamico in un paese. Bisogna considerare i Jihadisti partiti da uno Stato per andare a combattere in Iraq o Siria. Si calcola che il numero sia circa il 20/30%. In merito all’Italia c’è da dire che ha meno combattenti ma nel giornale si legge –che cita la senatrice francese Nathalie Goulet- che una delle ragioni legate all’Italia come potenziale bersaglio potrebbe essere la presenza del Papa. 



ISIS IN ITALIA: ARRUOLAVA JIHADISTI, MACEDONE FERMATO A VENEZIA-MESTRE

Redazione

A Venezia-Mestre i carabinieri del Ros stanno notificando ed eseguendo decreti di fermo e di perquisizione domiciliare emessi dalla Procura della Repubblica di Venezia nei confronti di un cittadino macedone indagato per arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale.

Il provvedimento scaturisce dagli elementi raccolti nell'ambito dell'attività investigativa svolta dal Ros per il contrasto del radicalismo di matrice islamista. In particolare, "il monitoraggio del cittadino fermato ha consentito di verificare come lo stesso – spiega una nota dei Carabinieri – fosse dedito alla selezione ed al reclutamento, in territorio italiano, di aspiranti mujaheddin da sottoporre ad un imam bosniaco per le successive attività di radicalizzazione, arruolamento nell'organizzazione terroristica Is ed instradamento verso i teatri di guerra mediorientali".

L'attività investigativa ha documentato anche la partenza dall'Italia, verso la Siria, di tre cittadini macedoni e bosniaci, due dei quali deceduti combattendo nelle fila dell'Is tra il 2013 e il 2014 e il terzo tuttora impegnato nei combattimenti.

Da tale contesto investigativo – prosegue la nota – sono scaturiti anche gli elementi informativi che hanno originato i decreti di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo emessi dal ministro dell’Interno nei confronti di due cittadini macedoni e di un cittadino marocchino, quest’ultimo non eseguito in quanto si trova in Marocco