Il nuovo Censimento ISTAT della popolazione e delle abitazioni al nastro di partenza

Da ottobre parte il nuovo censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, che da decennale diventa annuale. Un cambiamento che fornirà informazioni utili per le istituzioni, per le politiche economiche e sociali, per sapere leggere e valutare in modo tempestivo l’evoluzione del nostro Paese e saper guardare al futuro. Il nuovo censimento, infatti, produrrà annualmente i dati di base per comprendere e intervenire più efficacemente sulla soddisfazione dei bisogni degli individui e delle famiglie nelle diverse fasi della vita e per programmare e gestire i servizi sul territorio.

Cambia il censimento e di conseguenza si evolvono l’organizzazione, il questionario, gli attori sul territorio, la rete di rilevazione e la campagna di comunicazione. Innanzitutto sarà basato sia su fonti amministrative che su rilevazioni campionarie e sfrutterà i dati disponibili in modo più efficace. Aumenteranno e miglioreranno le tempistiche del rilascio dei dati, con un sostanziale taglio dei costi della rilevazione per l’amministrazione pubblica. Il censimento annuale, inoltre, non utilizzerà più questionari cartacei: la rilevazione si svolgerà in parte direttamente sul web e in parte e sarà affidata ad un rilevatore con tablet fornito da Istat.

Il programma è stato presentato a Roma presso l’aula magna dell’ISTAT dai massimi responsabili dell’Istituto.

 I numeri del Censimento

Il nuovo Censimento permanente della popolazione interesserà ogni anno un campione di circa un milione e 400 mila famiglie, per un totale di 3,5 milioni di persone residenti in 2.852 comuni italiani. Solo in una parte dei comuni (1.143) parteciperanno ogni anno alle operazioni censuarie. La restante parte dei comuni sarà chiamata a partecipare invece una volta nell’arco di quattro anni In questo modo, entro il 2021, tutti i comuni parteciperanno, almeno una volta, alle rilevazioni censuarie. I dati ottenuti saranno di tipo censuario, quindi riferiti all’intera popolazione italiana: un risultato raggiungibile solo grazie all’integrazione statistica tra le rilevazioni campionarie e i dati di altre fonti amministrative.

“Il censimento annuale rappresenta una sfida per l’Istat che intendiamo vincere grazie alla qualità del nostro personale” afferma il Presidente facente funzioni Maurizio Franzini “L’obiettivo di questo nuovo impianto è quello di fornire in tempi rapidissimi una mappa sempre aggiornata dell’evoluzione che vive la società italiana. Per raggiungere questo traguardo sarà fondamentale una collaborazione a tutti i livelli dei vari attori – istituzionali e non – coinvolti nel processo di rilevazione dei dati. L’Istat è pronto a fare la sua parte”.

 Le domande del Censimento

I dati del censimento restituiscono informazioni sugli individui (genere, età, luogo di nascita, cittadinanza, formazione, titolo di studio, condizione professionale, tipo di lavoro svolto, mobilità) collegandole con quelle familiari (ad esempio numero di componenti, le loro caratteristiche e quelle dell’abitazione in cui vivono) e con quelle relative al territorio (luogo di residenza): dal benessere dei singoli cittadini e delle famiglie dipende il benessere sociale.

Altro importante fattore riguarda la mobilità: le informazioni sugli spostamenti quotidiani per motivi di lavoro e studio permetteranno di operare per migliorare i sistemi di trasporti.

“Il carattere fortemente innovativo dei nuovi censimenti permanenti” – spiega Roberto Monducci, Direttore Dipartimento per la produzione statistica “consiste nella messa a punto di una piattaforma di raccolta dei dati che, nel caso del censimento della popolazione, sfrutta anche il patrimonio informativo su individui, famiglie e abitazioni già in possesso della pubblica amministrazione, riducendo al minimo le indagini dirette sui cittadini. Questo impianto statistico consente di dimezzare i costi tradizionalmente spesi per la realizzazione di un censimento a cadenza decennale, con risparmi di centinaia di milioni di euro»”.

 Quali e quanti vantaggi

Col censimento permanente si potranno ridurre i costi di circa il 50% rispetto al precedente censimento del 2011, contenendo anche in maniera sensibile il disturbo statistico sulle famiglie. Si potrà contribuire al miglioramento sostanziale dei registri anagrafici e al rafforzamento sistematico dell’apparato statistico organizzativo dei comuni. “Diversamente da quanto avveniva in passato,  il nuovo censimento permanente della popolazione si svolgerà d’ora in poi ogni anno e coinvolgerà un grande campione di famiglie utilizzando anche informazioni di fonte amministrativa – sottolinea Vittoria Buratta, Direttore statistiche sociali e censimento della popolazione – Questa nuova modalità comporterà molti vantaggi:  avremo dati più aggiornati sui cambiamenti demografici e sociali nei comuni italiani, dati più tempestivi e quindi più utili per la conoscenza del territorio così come per le policy e la programmazione dei servizi”.

La squadra dei rilevatori

Come valore aggiunto del nuovo censimento anche la nascita di una rete permanente di rilevatori, una nuova figura professionale con uno stabile percorso di formazione che va a migliorare la qualità dei dati finali. È Saverio Gazzelloni, Direttore centrale per la raccolta dati, a spiegare che “Il Censimento della popolazione si è sempre basato sulla costituzione e sul funzionamento di una fitta rete istituzionale. Istat, Ministero dell’Interno, Regioni, Province, e soprattutto i Comuni hanno sempre interagito per assicurare la buona riuscita delle operazioni censuarie. Il nuovo Censimento permette ai Comuni di creare e gestire una rete permanente di rilevatori sempre più qualificata e di consolidare la funzione statistica nell’ambito delle singole realtà istituzionali.

Una campagna partecipata e innovativa

Tutti i cittadini verranno adeguatamente informati, attraverso una campagna di comunicazione che si articolerà su più fronti a partire da ottobre. Lo slogan “l’Italia ha bisogno di campioni” gioca sul doppio significato, quello statistico e quello propriamente sportivo. L’obiettivo è quello di trasmettere il valore del censimento permanente come fonte continua di informazioni indispensabili per leggere ed interpretare una realtà in continuo movimento come quella italiana. Tra le “forze in campo” anche dei veri e propri web-influencer come i The Jackal, star indiscusse del mondo viral, sono i protagonisti di un’importante iniziativa capace di coinvolgere il grande pubblico in tutto ciò che ancora non sapevano su loro stessi. Come spiega Patrizia Cacioli, Direttore della Comunicazione Istat, la campagna dei censimenti permanenti, on air dal 29 Settembre, sarà: “Unica, cross-mediale e digital oriented. La campagna ha valenza informativa e valoriale, sottolinea l’importanza della partecipazione, non solo come obbligo di legge, ma anche e soprattutto come contributo alla costruzione del futuro del Paese. La rappresentatività è il perno strategico intorno cui si snoda l’impianto creativo e comunicativo: le persone intervistate sono dei campioni ma le loro risposte permettono  di raccontare le caratteristiche e le evoluzioni appunto dell’Italia, giorno dopo giorno che è poi il pay off della campagna”.

Gianfranco Nitti




Tutto pronto per la Notte europea dei ricercatori 2018

Il prossimo 28 settembre si svolge la nuova edizione della Notte europea dei ricercatori, promossa dalla Commissione Europea. L’iniziativa coinvolge ogni anno migliaia di ricercatori e di istituzioni di ricerca di tutti i paesi dell’UE con l’obiettivo di creare occasioni d’incontro tra ricercatori e cittadini per diffondere la cultura scientifica in un contesto informale e coinvolgente.

L’Istat aderisce a 6 progetti finanziati dalla Commissione Europea sul territorio italiano: Sharper, Society, Bright, ERN Apulia, BEES, SUPER SCIENCE ME.

Molteplici incontri, laboratori didattici multimediali,  giochi statistici e iniziative promosse e organizzate a livello locale dalle Sedi territoriali dell’Istat contribuiranno ad avvicinare alla statistica un pubblico di non addetti ai lavori.




Belpaese, paupertas tua vita mea. Codacons avverte: “Se aumenta Iva e accise sarà l’ecatombe”

Il bollettino Istat puntualissimo torna a pubblicare i dati poco confortanti del primo trimestre 2018. L’accumulo di scorte nei magazzini è stato provvidenziale a sostenere la spesa delle famiglie, facendo argine contro la contrazione degli investimenti e dell’esportazione. I redditi rimangono invariati e il mondo del lavoro non segna alcun stimolo. Le ore lavorate registrano un netto calo. All’orizzonte non si annuncia alcuna schiarita. La crescita dello 0,8% diventa sempre più una speranza. “Se scatterà l’aumento dell’Iva e delle accise – dicono dal Codacons – la crescita della spesa registrata nel primo trimestre del 2018 non solo verrà annientata, ma si verificherà una ecatombe”. Il 10 maggio 2018 nel corso di un’audizione sul Def, davanti alle commissioni speciali di Camera e Senato, riunite a Montecitorio, l’Istat ha rivelato che un milione di famiglie senza lavoro sono raddoppiate negli ultimi dieci anni. Aumenta la povertà assoluta e interessa 5 milioni di italiani. Peggiora la capacità di spesa di molte famiglie che sono scese sotto la soglia di povertà. Quattro famiglie su 100 non percepiscono alcun reddito da lavoro. Un milione di famiglie sono senza lavoro.

Il quadro apparirebbe più devastante se si dovessero analizzare questi fenomeni per territori, nord e sud

Intanto quanto esposto è già esemplificativo dell’emergenza che incombe. Molti parlano di povertà. Se ne parla a Montecitorio, si organizzano convegni, simposi e conferenze si fanno dibattiti sul web e nei talk show e tanto altro. Ma cos’è veramente la povertà? Treccani viene in aiuto e propone questa definizione: “La povertà è la condizione di singole persone o della collettività umana nel loro complesso che hanno un limitato accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale”. Ebbene, fino a qui è chiaro, la povertà non è una malattia bensì inefficienza amministrativa, malgoverno della cosa pubblica. Non sembra proprio il caso di approfondire ulteriormente l’argomento. La materia è immensa ed addentrarsi nei meandri dell’ indigenza si cade nei solchi profondi del pauperismo, in molti casi frutto della disuguaglianza economica. Molti e svariati sono i costi, sconosciuti i benefici. Basta soffermarsi un attimo a riflettere.

Quanto costa organizzare convegni, conferenze e simposi per dibattere il tema “povertà”?

Quanto viene a costare all’Istat in mezzi e personale per raccogliere i dati, redigere i rapporti, fare stime, proiezioni,distinguere la povertà tra quella assoluta e quella relativa, tra quella reale e quella percepita? Talk show a non finire, palinsesti costruiti ad hoc intorno alla “povertà”con tanto di pubblicità, cronisti in giro per le periferie degradate, opinion leader che di povertà non sanno distinguere l’olezzo , ospiti eleganti e ingioiellati, tutti a cantare le lodi della “sorella povertà”. Quanta filantropia a buon mercato che narcotizza le coscienze! Che tristezza! Oltre ai dati ufficiali, elaborati a grande dispendio dall’Istat, girano intorno alla “voce povertà” decine di agenzie informatiche che anche loro raccolgono dati, redigono rapporti, hanno uffici da mantenere e personale da stipendiare. Nessuno li biasima, tutti hanno famiglia e nessuno fa niente per niente.

Dopo quanto detto, della povertà si sa quasi tutto

Molti sono soddisfatti dopo avere raccolto i dati, per avere organizzato conferenze e convegni e grazie ai quali ora stanno meglio. Rimane un fatto triste e incontestabile, e cioè, la povertà assoluta continua ad interessare 5 milioni di italiani, oggi come ieri, prima dei convegni e delle conferenze. Per l’indigente, per il senza reddito, lo sforzo di questi filantropi non è giunto.

Infiltrazione dei parassiti tra i filantropi

Parassita , secondo il dizionario Treccani può essere chiunque , individui o categorie o anche organismi, enti e similari che, pur essendo improduttivi si impongono come necessari vivendo a spese delle categorie veramente attive. Tutto il contrario è il filantropo. E’ colui che si adopera altruisticamente per aiutare i bisognosi. Da un’indagine fatta risulta che in Italia gli enti no profit iscritti a Filantropia Istituzionale ,che si occupano di persone a rischio povertà sono decine di decine. Da una prima esamina del listone degli iscritti ne emerge un quadro tutt’altro diverso da quello che ci si aspettava di leggere. Fra tutte le associazioni ce ne sono alcune che veramente si occupano attivamente per sollevare il disagio degli indigenti, dei “veri poveri”, mentre la maggior parte delle associazioni iscritte veri e propri benefici alle persone in povertà non ne portano alcuna.Diverse di queste associazioni aiutano le persone in difficoltà nella crescita professionale. Altre associazioni iscritte offrono le loro attività per la crescita morale e culturale dei cittadini. Qualcuna di queste associazioni si avvicina verso lo scopo e offre trasporti in ambulanza per anziani e disabili. La lista è lunga ma la storia è sempre la stessa. Quanto costano questi enti per mantenere le strutture, uffici, personale, pubblicità ed eventuali? Quanti poveri, grazie a queste, riescono ad uscire dal tunnel dell’indigenza? Un aforisma dell’astrologo serbo Zoran S.Stanojevic suggerisce una risposta: “I poveri pagano per tutti. Non sappiamo proprio dove abbiano preso tutto questo denaro”. Ci sarà un giorno chi lo spiegherà!

Emanuel Galea




Istat, l’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo

Italiani più vecchi e soli. La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo di quasi 100mila persone rispetto al precedente: al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni, con 5,6 milioni di stranieri (8,4%). Così il rapporto Istat secondo cui l’Italia è il secondo paese più vecchio del mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. Il Paese appare anche più fragile rispetto all’Ue: il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno sociale. Gli anziani che vivono soli passano oltre 10 ore senza interazioni.

Ascensore sociale bloccato. La dote familiare in termini di beni economici ma anche di titoli di studio e attività dei genitori è ”determinante” per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. La cerchia di parenti e amici è anche decisiva nel trovare e non solo nel cercare un impiego: lavora grazie a questo ”canale informale” il 47,3% (50,6% al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto tramite annunci, datori di lavoro agenzie, concorsi.

“Il Mezzogiorno rimane l’unica ripartizione geografica con un saldo occupazionale negativo rispetto al 2008 (-310 mila, -4,8%)”. Si legge nel Rapporto annuale dell’Istat. Quindi il Sud non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi. E ancora, al Mezzogiorno la quota di giovani 15-29enni che non studiano e non lavorano, conosciuti con l’acronimo inglese di Neet, è più che doppia rispetto a quella dell’Italia settentrionale. I Neet seppure in calo, a 2,2 milioni nel 2017, sono ancora il 24,1%, dal 16,7% del Nord al 34,4% del Sud.

In un decennio la mappa del lavoro è cambiata e il lavoro manuale segna una decisa contrazione: tra il 2008 e il 2017 sono scesi di un milione gli occupati classificati come “operai e artigiani” mentre si contano oltre 860 mila unità in più per le “professioni esecutive nel commercio e nei servizi”, in cui rientrano gli impiegati con bassa qualifica che potrebbero essere ribattezzati come i ‘nuovi collettivi bianchi’. Lo rileva l’Istat. E ancora, se nell’industria si sono perse 895mila unità nei servizi se ne sono guadagnate 810mila.

In Italia il trasporto pubblico locale appare sottoutilizzato: gli utenti abituali di autobus, filobus e tram sono l’11 dei residenti dai 14 anni in su. Nel 2016, quasi quattro italiani su cinque si sostano giornalmente utilizzando mezzi propri per un tasso di motorizzazione di 625 auto ogni 1.000 abitanti. Un dato largamente superiore a quello registrato nei maggiori Paesi europei (555 in Germania, 492 in Spagna, 479 in Francia, 469 nel Regno Unito). Nel biennio 2015-16 l’offerta del trasporto pubblico locale ha recuperato una parte della flessione registrata nel quadriennio precedente, ma è ancora inferiore del 2,2% rispetto a quella del 2011. Tra il 2011 e il 2016 si poi modificata anche la ripartizione dell’offerta. Nei capoluoghi o città metropolitane l’offerta di autobus e filobus è diminuita del 12,6%, quella del tram è aumentata del 3,7%, così come quella della metropolitana (+18,1%).

“Nel 2017 il benessere degli italiani misurato nel Def mostra un deciso miglioramento in cinque dei dodici indicatori considerati e un arretramento nei rimanenti sette”. “In positivo” la riduzione della criminalità predatoria (scippi e rapine), il miglioramento della partecipazione al mercato del lavoro e la diminuzione della durata delle cause civili. Invece, risultano “in negativo” l’aumento delle disuguaglianze e della povertà assoluta, che, come rivelato già in audizione sul Def, nel 2017 secondo le stime preliminari interesserebbe l’8,3% dei residenti (circa 5 milioni) contro il 7,9% nel 2016. Inoltre, fa presente l’Istat, “gli indicatori disponibili per i primi mesi del 2018 segnalano la prosecuzione del recupero della crescita dell’economia italiana, pur se a ritmi moderati”.

Nell’anno scolastico 2016-2017 nelle scuole del primo ciclo, statali e non, gli alunni con disabilità sono quasi 160 mila, il 3,5% del totale. Solo il 34% degli edifici scolastici del primo ciclo è accessibile e privo di barriere. Lo certifica Istat nel Rapporto annuale 2018. In circa la metà dei fabbricati non accessibili mancano ascensori a norma, servoscala o rampe. Meno carenti sono servizi igienici scale o porte a norma. La normativa prevede un insegnante di sostegno ogni due alunni disabili: in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno si riscontra un rapporto vicino a un insegnante per ogni alunno con disabilità mentre nel centro e nel nord il rapporti si avvicina a quello previsto dalle norme. La situazione è capovolta per la presenza degli assistenti dell’autonomia e della comunicazione, figura finanziata dagli Enti locali: nel Mezzogiorno l’offerta è molto ridotta.

Nel 2015 la spesa per protezione sociale è stata in Italia pari al 30% del Pil. Un dato superiore a quello registrato nei Paesi dell’Unione Europea che hanno speso mediamente il 28,5% del Pil. Spiega sempre il rapporto annuale dell’Istat. Le prestazioni sociali in denaro predominano su quelle in natura, con l’Italia che presenta il valore più elevato (il 22% del Pil).

La ripresa del mercato del lavoro iniziata nel 2014 “è andata consolidandosi nel 2017” con un aumento di occupati stimati nella contabilità nazionale di 284.000 unità sul 2016 a fronte dei 324.000 in più registrati nell’anno precedente. Il monte ore lavorate nel 2017 ha raggiunto quota 10,8 miliardi di ore, ormai vicino al recupero del livello pre-crisi (11,5 miliardi nel 2017). La dinamica salariale invece è rimasta contenuta con le retribuzioni contrattuali per dipendente cresciute solo dello 0,6% in linea con il minimo storico registrato nel 2016.

Se si sommano le persone che nel 2017 erano disoccupate con le forze lavoro potenziali, ovvero coloro che sono disposti a lavorare ma non cercano attivamente impiego o non sono immediatamente disponibili, si arriva a poco più di sei milioni di individui, in calo rispetto ai 6,4 milioni del 2016. Lo sottolinea sempre l’Istat nel suo rapporto. Le persone in cerca di occupazione nel 2017 erano 2,9 milioni con un calo di 105.000 unità sul 2016 (tasso all’11,2%). Le forze lavoro potenziali nell’anno erano 3,13 milioni con un calo di 213.000 unità sul 2016.

Nel tradizionale rapporto annuale, l’Istat ha messo a confronto la struttura delle disuguaglianze urbane in tre delle principali città italiane, Milano, Roma e Napoli, evidenziando come ci sia comunque quasi sempre un netto distacco tra il centro e la periferia. Il capoluogo lombardo ha una struttura radiale, a cerchi concentrici. Le aree più benestanti coincidono con quelle con i più alti valori immobiliari e si addensano soprattutto nelle zone centrali della città mentre le zone ad alta vulnerabilità si trovano tutte in periferia. Più complessa, invece, la situazione nella Capitale, dove emergono sia gli sviluppi borghesi di ‘Roma Nord’, sia i più recenti cambiamenti socio-economici di alcuni quartieri popolari dovuti al trasferimento di segmenti della popolazione benestante. Le zone più vulnerabili sono presenti anche in alcune aree centrali, anche se la loro concentrazione massima si registra nelle zone a ridosso del Raccordo Anulare, a Nord-ovest come ad est. Napoli, infine, presenta un evidente contrasto da Ovest, dove si trovano le zone più benestanti e meno vulnerabili, a Est (e all’estremo Nord) dove accade il contrario.




Istat: in aumento i nuovi italiani

Sono sempre più numerosi i cittadini stranieri non comunitari che ogni anno acquisiscono la cittadinanza italiana: 184.638 nel 2016, da meno di 50 mila del 2011, come rileva l’Istat in un nuovo report. Il numero maggiore di nuove cittadinanze nel 2016 riguarda albanesi (36.920) e marocchini (35.212), che insieme coprono oltre il 39%. L’incremento ha riguardato soprattutto i giovanissimi: gli under 20 rappresentano il 41,2% di coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2016, gli under 30 sono stati il 51,3%. Tra il 2012 e il 2016 sono oltre 541 mila i cittadini extra Ue divenuti italiani. Di questi circa 24 mila si sono poi trasferiti all’estero nello stesso periodo. L’Istat rileva anche come le migrazioni siano sempre meno per motivi di lavoro e sempre più motivate da ricerca di asilo o protezione umanitaria. Durante il 2016 sono stati rilasciati 226.934 nuovi permessi di soggiorno, e quelli per lavoro sono diminuiti del 41% rispetto al 2015

 




L’economia italiana è in crescita

In  un quadro  internazionale  caratterizzato  dalla  crescita dell’economia statunitense e dell’area euro, l’economia italiana accelera sostenuta da una  crescita    diffusa    tra    i    settori    produttivi   e  dall’aumento dell’occupazione. L’indicatore anticipatore mantiene un’intonazione positiva segnando un rafforzamento delle prospettive di crescita.

 

La congiuntura italiana                                                                                                                                                                                                                                                                               Nel secondo trimestre 2017, il prodotto interno lordo in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, ha segnato un aumento dello 0,4% sul trimestre precedente, registrando la crescita tendenziale  più  alta  degli  ultimi  sei  anni  (+1,5%  rispetto  al  secondo  trimestre 2016)

 

Nell’area euro si consolida la crescita: la revisione della stima preliminare del Pil relativa al secondo trimestre ha confermato l’accelerazione rispetto al trimestre precedente (+0,6% rispetto al +0,5% del primo trimestre) sostenuta dall’ espansione in Spagna (+0,9%) e in Austri a (+0,8%).
Gli indicatori anticipatori e coincidenti del ciclo economico continuano a mostrare un andamento positivo.
Nel mese di agosto l’Economic Sentiment Indicator ha segnato un aumento rispetto al mese precedente.
Il clima di fiducia è migliorato sia nella manifattura, trainato dalle attese sulla produzione futura, sia nei servizi.
Anche la fiducia dei consumatori ha mostrato un’evoluzione positiva sostenuta dalle aspettative sulla situazione finanziaria futura. Ad agosto l’indicatore euro – Coin si è rafforzato condizionato positivamente dal ciclo economico dell’industria e da un maggior ottimismo dei mercati solo in parte contro bilanciato dagli effetti negativi dell’apprezzamento del cambio.
Negli ultimi giorni di agosto il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro ha raggiunto il valore massimo dall’inizio dell’anno di 1,2; in media la variazione rispetto al mese precedente è stata pari al +2,5%.



PIL, trimestre 2017: lieve aumento dei consumi delle famiglie. La domanda estera è nulla

Nel secondo trimestre del 2017 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% nei confronti del secondo trimestre del 2016.

Sia la crescita congiunturale del PIL, sia quella tendenziale sono rimaste invariate rispetto alle stime preliminari diffuse il 16 agosto scorso.

Il secondo trimestre del 2017 ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due in meno rispetto al secondo trimestre del 2016.

La variazione acquisita per il 2017 è pari a +1,2%.

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano aumenti, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dello 0,7% gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono cresciute, rispettivamente, dello 0,7% e dello 0,6%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per 0,3 punti percentuali alla crescita del PIL (+0,2 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, +0,1 gli investimenti fissi lordi e contributo nullo della spesa della Pubblica Amministrazione, PA). Anche la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del PIL (+0,1 punti percentuali), mentre il contributo della domanda estera netta è risultato nullo.

Si registrano andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto dell’industria (+0,6%) e dei servizi (+0,4%), mentre il valore aggiunto dell’agricoltura è diminuito del 2,2%.

Il prossimo 3 ottobre l’Istat diffonderà le nuove serie dei conti economici trimestrali coerenti con la revisione dei conti economici annuali che verrà pubblicata il 22 settembre e che riguarderà essenzialmente le stime annuali relative al 2015 e 2016.




Lavoro, a luglio 59 mila occupati in più rispetto a giugno. Donne in calo

A luglio 2017 la stima degli occupati cresce dello 0,3% rispetto a giugno (+59 mila), confermando la persistenza della fase di espansione occupazionale. Negli ultimi due mesi il numero di occupati ha superato il livello di 23 milioni di unità, soglia oltrepassata solo nel 2008, prima dell’inizio della lunga crisi. Il tasso di occupazione sale al 58,0% (+0,1 punti percentuali).

La crescita congiunturale dell’occupazione interessa tutte le classi di età ad eccezione dei 35-49enni ed è interamente dovuta alla componente maschile, mentre per le donne, dopo l’incremento del mese precedente, si registra un calo. Aumentano sia i lavoratori dipendenti sia gli indipendenti.

Nel periodo maggio-luglio si registra una crescita degli occupati rispetto al trimestre precedente (+0,3%, +65 mila), determinata dall’aumento dei dipendenti, sia permanenti sia, in misura prevalente, a termine. L’aumento riguarda entrambe le componenti di genere e si concentra esclusivamente tra gli over 50.

Dopo il calo di giugno, la stima delle persone in cerca di occupazione a luglio cresce del 2,1% (+61 mila). L’aumento della disoccupazione è attribuibile esclusivamente alla componente femminile e interessa tutte le classi di età, mentre si registra una stabilità tra gli uomini. Il tasso di disoccupazione sale all’11,3% (+0,2 punti percentuali), quello giovanile si attesta al 35,5% (+0,3 punti).

La stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a luglio è in forte calo (-0,9%, -115 mila), confermando la tendenza in atto da metà 2013. La diminuzione nell’ultimo mese interessa principalmente gli uomini e in misura minore le donne, distribuendosi tra tutte le classi di età. Il tasso di inattività si attesta al 34,4%, in calo di 0,3 punti percentuali rispetto a giugno.

Nel trimestre maggio-luglio, rispetto ai tre mesi precedenti, alla crescita degli occupati si accompagna il calo sia dei disoccupati (-1,2%, -35 mila) sia degli inattivi (-0,3%, -35 mila).

Su base annua si conferma la tendenza all’aumento del numero di occupati (+1,3%, +294 mila). La crescita interessa uomini e donne e riguarda i lavoratori dipendenti (+378 mila, di cui +286 mila a termine e +92 mila permanenti), mentre calano gli indipendenti (-84 mila). A crescere sono gli occupati ultracinquantenni (+371 mila) e i 15-24enni (+47 mila), a fronte di un calo nelle classi di età centrali (-124 mila). Nello stesso periodo diminuiscono sia i disoccupati (-0,6%, -17 mila) sia, soprattutto, gli inattivi (-2,4%, -322 mila).

Al netto dell’effetto della componente demografica, su base annua cresce l’incidenza degli occupati sulla popolazione in tutte le classi di età.




Palermo, in ripresa il mercato dell’auto: immatricolazioni in crescita dell’11,8%

PALERMO – Il 2016 ha confermato i segnali di ripresa del mercato dell’auto a Palermo. Le immatricolazioni di nuove autovetture sono infatti cresciute dell’11,8% rispetto al 2015, che già aveva fatto registrare un incremento del 15,5% rispetto al 2014, dopo ben sette anni di continue diminuzioni. Il numero di autovetture immatricolate (11.275) è però ancora decisamente più basso rispetto a quelle immatricolate cinque o dieci anni prima.

Anche i motocicli hanno consolidato i segnali positivi registrati già a partire dal 2014: sono stati immatricolati 3.257 motocicli, con un incremento del 15,9% rispetto al 2015. Nonostante i tre incrementi consecutivi nelle immatricolazioni, rispetto al 2006 si registra ancora una diminuzione del 68,5%.

Con riferimento alle normative europee antinquinamento, il 5,7% delle autovetture circolanti è conforme alla direttiva Euro 6; il 14,7% alla direttiva Euro 5; il 31,6% alla direttiva Euro 4; il 17,3% alla direttiva Euro 3; il 13,4% alla direttiva Euro 2; il 3,7% alla direttiva Euro 1; e infine il 13,5% è stato immatricolato prima dell’entrata in vigore delle direttive europee antinquinamento.

Con riferimento ai motocicli, l’1% è conforme alla direttiva Euro 4; il 39,5%  alla direttiva Euro 3; il 20,6% alla direttiva Euro 2; il 20,1% alla direttiva Euro 1; e infine il 18,8% è stato immatricolato prima dell’entrata in vigore delle direttive europee antinquinamento.




Istat, Italia: meno residenti, più stranieri e calo delle nascite

 

Al 31 dicembre 2016 risiedono in Italia 60.589.445 persone, di cui più di 5 milioni di cittadinanza straniera, pari all’8,3% dei residenti a livello nazionale (10,6% al Centro-nord, 4,0% nel Mezzogiorno). Lo rende noto l'Istat in un comunicato. In Italia alla fine del 2016 ci sono circa 200 nazionalità: nella metà dei casi si tratta di cittadini europei (oltre 2,6 milioni). La cittadinanza maggiormente rappresentata è quella rumena (23,2%) seguita da quella albanese (8,9%). Prosegue nel 2016 la diminuzione dei residenti già riscontrata l’anno precedente.
 
Il saldo complessivo è negativo per 76.106 unità, determinato dalla flessione della popolazione di cittadinanza italiana (96.976 residenti in meno) mentre la popolazione straniera aumenta di 20.870 unità. Tuttavia, all’interno della popolazione straniera la componente femminile diminuisce per la prima volta dagli anni Novanta quando l’Italia è diventata Paese di immigrazione. Il movimento naturale della popolazione ha registrato un saldo (nati meno morti) negativo per quasi 142mila unità. Il saldo naturale è positivo per i cittadini stranieri (quasi 63mila unità), mentre per i residenti italiani il deficit è molto ampio e pari a 204.675 unità. I decessi sono stati oltre 615mila, circa 32mila in meno rispetto al 2015, anno record della mortalità, ma in linea con il trend di crescita degli anni precedenti, dovuto all’invecchiamento della popolazione.
 
Il movimento migratorio con l’estero fa registrare un saldo positivo di circa 144mila unità, in lieve aumento rispetto all’anno precedente. Aumentano leggermente le iscrizioni dall’estero: poco più di 300mila di cui il 90% riferite a stranieri. Allo stesso modo le cancellazioni per l’estero superano le 114mila unità per gli italiani, di nascita e naturalizzati, (+12mila rispetto al 2015) mentre sono quasi 43 mila per gli stranieri. Continua il calo delle nascite in atto in Italia dal 2008. Per il secondo anno consecutivo, rileva l'Istat, i nati a fine 2016 sono meno di mezzo milione (473.438, -12mila sul 2015), di cui più di 69mila stranieri (14,7% del totale), anch’essi in diminuzione. I decessi sono stati oltre 615mila, circa 32mila in meno rispetto al 2015, anno record della mortalità, ma in linea con il trend di crescita degli anni precedenti, dovuto all’invecchiamento della popolazione.



Istat, l'economia italiana decelera

 

"In Italia i segnali di dinamicità provenienti dal lato dell’offerta e dal commercio estero stentano a rafforzarsi. L’occupazione è in una fase di stabilizzazione mentre i prezzi registrano un nuovo aumento. L'indicatore anticipatore rimane positivo ma evidenzia una decelerazione". Lo afferma l'Istat nella Nota mensile sull'andamento dell'economia. L'Istat ricorda che a febbraio il settore manifatturiero ha registrato variazioni positive dell’indice di produzione e di fatturato dopo la caduta segnata a gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio la produzione industriale è aumentata dello 0,7% su trimestre, trainata dall’andamento positivo dell’energia e dei beni intermedi (+2,7% e +1,3% rispettivamente.
 
Il fatturato dell’industria a dicembre-febbraio ha segnato +2,6%, con variazioni positive per tutti i comparti tranne i beni di consumo (-0,2%). Nello stesso periodo si rileva una forte crescita per la componente estera degli ordinativi (+6,1%) e un aumento più contenuto di quella interna (+3,5%). Prosegue inoltre il miglioramento degli scambi con l’estero: le esportazioni hanno segnato +3,7% e le importazioni +5,6%. Le esportazioni a febbraio sono diminuite dopo quattro mesi di continua espansione. A marzo è proseguita la crescita dei flussi commerciali con i paesi extra Ue, con un incremento più marcato per le esportazioni (+6,5%) rispetto alle importazioni (+0,5%). I beni strumentali hanno mostrato un aumento significativo (+15,1%), caratterizzato dalla vendita di mezzi di navigazione marittima. Il settore delle costruzioni mostra ancora difficoltà nell’avvio della fase di ripresa.
 
A febbraio la produzione nelle costruzioni ha segnato un aumento del 4,6% rispetto al mese precedente in recupero dopo la flessione di gennaio (-4,0%). Nella media del trimestre dicembre-febbraio la produzione è migliorata rispetto ai tre mesi precedenti (+1,0%). A febbraio il volume delle vendite al dettaglio ha registrato una diminuzione dello 0,7%, determinata da una marcata riduzione per i beni alimentari (-2,0%) e da una variazione nulla per quelli non alimentari. Nella media del trimestre dicembre-febbraio il volume è risultato in diminuzione dello 0,2%. Quanto al mercato del lavoro in Italia, secondo i dati della rilevazione sulle forze di lavoro la crescita dell’occupazione, nel primo trimestre 2017, è proseguita anche se in misura moderata (+0,2%, 35 mila occupati in più rispetto al quarto trimestre).
 
In particolare, prosegue la crescita degli occupati dipendenti a tempo indeterminato (+0,3%, 40 mila unità in più) e i dipendenti a termine (+1,3%, +33 mila individui). Gli occupati indipendenti hanno, invece, subito una diminuzione (-0,7%, 38 mila unità in meno). A marzo il tasso di disoccupazione si è attestato all’11,7%, valore distante da quello dell’area dell’euro (9,5%). Nella media del primo trimestre, l’indicatore segnala una lieve diminuzione (un decimo di punto rispetto al trimestre precedente). Nello stesso periodo sono aumentati i disoccupati con 50 anni e più (+5,9% a fronte di una diminuzione di inattivi di 50-64 anni), mentre si sono contratti i disoccupati 15-24-enni (-11,9% a fronte, in questo caso, di una crescita di inattivi).