Milano, costringe il figlio ad aderire al Jihadismo: condannato

E’ stato condannato a 4 anni e 2 mesi di carcere Sayed Fayek Shebl Ahmed, ex mujaheddin egiziano che ha combattuto in Bosnia, residente nel Comasco e ora detenuto a Nuoro, imputato di terrorismo internazionale per aver convinto il figlio Saged, 23 anni, a partire per la Siria nel 2014 e combattere tra le file di un gruppo legato ad Al Nusra, denominato Harakat Nour al-Din al-Zenki.

La sentenza è stata emessa in abbreviato dal gup di Milano Stefania Pepe, a seguito dell’ inchiesta del pm Enrico Pavone e della Digos.

Secondo l’accusa, il 53enne ha organizzato e finanziato il viaggio del figlio (irreperibile), inviandogli compensi mensili da 200 euro.

Il gup gli ha concesso le attenuanti generiche come chiesto dal pm, perché Sayed avrebbe fornito agli investigatori italiani, tramite il figlio Saged, informazioni sul rapimento di Fabrizio Pozzobon, idraulico di Castelfranco Veneto ed ex consigliere comunale leghista che, partito per la Siria con “l’intento di arruolarsi” sarebbe poi stato rapito.




Nuoro, fermato imam algerino: istigava al Jihad nei sermoni

NUORO – Un algerino che si era proclamato imam e che nel corso dei suoi sermoni istigava al jihad, è stato fermato dagli uomini del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria nel carcere di Nuoro. L’indagine è stata coordinata dal pm Danilo Tronci della procura distrettuale di Cagliari.
L’uomo ha 56 anni e si chiama Belgacem Drabilia: proprio questa mattina doveva essere scarcerato dall’istituto di Badu ‘e Carros ma invece di uscire è stato fermato dagli uomini della Penitenziaria al termine di un’indagine finalizzata proprio a contrastare i fenomeni di radicalizzazione e proselitismo all’interno delle carceri.
Dalle indagini è emerso che l’imam, detenuto fino ad una decina di giorni fa nel carcere di Sassari – dove sarebbero avvenuti i fatti – incitava al jihad, inneggiando alla guerra santa ed al martirio, durante le orazioni del venerdì, fomentando l’odio e indottrinando gli altri reclusi con l’obiettivo di spingerli a commettere atti di terrorismo.




ISIS: 17ENNE AUSTRIACA PESTATA A MORTE. TENTAVA LA FUGA DA RAQQA DOPO AVER SOGNATO LA JIHAD

di M.L.S.


Roma
– Era scappata di casa nell'aprile di 2 anni fa, all'età di17 anni, pronta ad arruolarsi tra le fila del sedicente Stato Islamico: dall'Austria alla Siria con l'intento di combattere per Allah. Poi i ripensamenti, l'orrore ed il tentativo di fuga da Raqqa, punito dall'esercito del califfato con un pestaggio a morte. Protagonista dell'assurda vicenda sarebbe Samra Kesinovic, partita nel 2014 alla volta di Raqqa insieme all'amica Sabina Selimovic. La notizia, come spiega il “Daily Mail”, sarebbe stata riportata da alcune testate austriache, mentre da Vienna non sarebbe trapleato alcun commento.

Verso la jihad. Partite da Vienna, le due teenagers erano volate fino ad Ankara, prima di addentrarsi nella regione turca di Adan e scomparire per diverso tempo. Erano riapparse poi sui social network, kalashnikov alla mano insieme ad altri miliziani armati. In breve, avevano rinnegato la civiltà: giusto il tempo di armarsi e sposare 2 bestie, 2 killer che uccidono in nome della jihad. Le due giovani, in seguito, avevano iniziato una convivenza con i loro aguzzini, entrambe nello stesso appartamento. Parlando tramite sms con la redazione del settimanale “Paris Match”, Sabina aveva riferito di essere giunta a Raqqa dopo aver attraversato a piedi il confine con la Turchia. Aveva spiegato anche che si stava divertendo in Siria, finalmente libera di professare la sua religione a Pieno. “Qui sono davvero libera – aveva evidenziato – posso praticare la mia religione, mentre a Vienna non era possibile”.

Inghiottite dall'Isis. La morte della 17enne Samra Kesinovic, secondo il “The Local”, è stata definita da una donna tunisina che aveva diviso l'abitazione di Raqqa con le due giovani, prima di riuscire a sfuggire dalla città. Le sorti della coetanea e compagna di viaggio, invece, erano già state rese note da David Scharia, membro del comitato contro il terrorismo del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che aveva riferito di aver: ”Ricevuto da poco delle informazioni riguardo due ragazze 15enni, di origine bosniaca, che hanno lasciato l'Austria. Tutti, sia i servizi dell'intelligence sia i familiari le stanno cercando. Entrambe sono state reclutate dal sedicente Stato Islamico. Una di loro (Sabina, ndr) è morta durante un conflitto in Siria, mentre dell'altra si sono perse le tracce”.

Bagnate nel fondamentalismo. Secondo gli inquirenti, dietro la radicalizzazione delle due ragazze vi sarebbe la figura di Mirsad O., predicatore dell'Islam di origine bosniaca di stanza a Vienna. L'uomo, secondo gli inquirenti, avrebbe plagiato le due giovani di origini bosniache affinchè sposassero la barbara causa dell'Isis. Arrestato nei giorni scorsi per aver fatto parte di una presunta organizzazione con sede in Austria, accusata di fornire sostegno economico all'Isis tramite una fitta rete di finanziamenti, nega di aver avvicinato le due ragazze per indurle all'estremizzazione. Le due ragazze, però, non sono le sole ad essere partite dall'Austria. Sarebbero 130, infatti, le persone che hanno deciso di schierarsi al fianco degli jihadisti. Stando alle parole spese dal portavoce del ministro degli Interni austriaco, Alexander Marakovits, sono soprattutto i giovani a decidere di lasciare il paese per fare la guerra al fianco dei terroristi. “Se riusciamo a prenderli prima che lascino il paese abbiamo una possibilità di aiutarli – ha detto Marakovits – ma una volta partiti, anche se cambiano idea, è quasi impossibile che riescano a tornare indietro”. 




ROMA, ATTACCO HACKER: SCRITTE IN ARABO SUI SITI DI TRE RADIO CAPITOLINE

di M.L.S.

Roma – Lunedì mattina, i siti web di 3 radio romane sono stati invasi da scritte arabe e musica medio-orientale. Le emittenti radiofoniche, potenzialmente finite nel mirino dei pirati informatici sono: Dimensione Suono Roma, Dimensione Suono 2 e Ram Power, tutte appartenenti al gruppo capitolino di RDS.

“Hacked c. jihed”. Sulle pagine web in questione è comparsa la scritta: "hacked c. jihed", una foto accompagnata da musica araba. I contenuti inusuali ha attirato subito l'attenzione di alcuni ascoltatori affezionati che hanno chiesto spiegazioni alle diverse emittenti. Queste, con l'aiuto dei tecnici, si sono immediatamente prodigate per il ripristino dei siti internet. Ancora da appurare la natura dell'intromissione informatica, frutto, forse, di uno scherzo di cattivo gusto. Rimane aperta, intanto, la pista dell'attacco Hacker riconducibile alla famigerata “Cyber Jihad”. 




PISA, ISTIGAZIONE ALLA JIHAD: ARRESTATO GIOVANE MAROCCHINO

di Angelo Barraco
 
Pisa – E’ in corso un’operazione di contrasto al terrorismo internazionale. La Polizia di Stato di Pisa ha compiuto un Blitz, sotto le direttive della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. Quel che emerge è che un uomo del Marocco è stato arrestato per reati specifici di propaganda ed istigazione alla Jihad. 
 
Gli effetti della propaganda. L’Isis fa paura poiché uccide, dove passano le bandiere c’è solo morte e distruzione di villaggi e città un tempo popolate e produttive, ma l’Isis attrae, affascina e cambia radicalmente la vita di una persona; è esattamente ciò che è accaduto ad una donna australiana che ha deciso di abbandonare i figli per unirsi all’Isis. La donna si chiama  Jasmina Milovanov ed ha 26 anni, la donna si era convertita all’Islam, la donna improvvisamente ha lasciato i suoi due figli di 5 e 7 anni ad una babysitter e non si è più fatta vedere né sentire, il governo di Canberra si dice “disturbato” dalla vicenda. Inoltre la donna avrebbe inviato un messaggio al suo ex marito dove gli ha detto di trovarsi in Siria. L’uomo ha dichiarato: “Non posso credere che abbia abbandonato questi due meravigliosi bambini”, gli amici invece dicono che la donna aveva manifestato l’intento di voler sposare un combattente jihadista. 
 
Storia di crudeltà e propaganda. Un video mostra un ragazzino di appena 14 anni, di origine siriana che viene pestato e torturato senza pietà. Il video è stato girato con un telefonino ed è stato pubblicato dalla BBC che, per vie trasverse, lo ha ottenuto. La vittima si chiama Ahmed, bendata e legata e appesa ai polsi al soffitto di una stanza con i piedi che non poggiano per terra. Affianco a lui vi sono due uomini vestiti totalmente di nero e incappucciati che lo frustano violentemente. Il ragazzino è riuscito a scappare e successivamente ha raccontato a un giornalista in Turchia che è stato sottoposto anche a scariche elettriche nel momento in cui lui si metteva a gridare per invocare il nome della madre, il tutto aveva un fine, ovvero farlo confessare per aver cospirato all’eliminazione di un gruppo di loro complici. Il ragazzino scampato alla morte ha raccontato al giornalista “Ero convinto che sarei morto, che avrei lasciato dietro di me loro, i miei fratelli e i miei amici. E cosi' ho detto tutto quello che volevano”. Le torture sono durate per ben due giorni, dopo i due giorni il giovane è stato messo in prigione e condannato a morte. La sua libertà è stata resa possibile grazie ad un carceriere che si è impietosito e che gli ha permesso l’evasione. Il giovane viveva ad Al-Raqqah, città della Siria del nord-orientale diventata capitale del califfato nel 2014. In quel periodo il ragazzo fu attirato in una trappola perché volevano scoprire se fosse un pericolo o meno, due uomini si presentarono con una borsa piena di esplosivo e gle la diedero per fargli fare un attentato, il giovane stava per fare l’attentato ma fu subito arrestato. Subì numerose sevizie e dice in merito jihadisti “Quelli fanno finta di essere religiosi, ma sono solo infedeli, pretendono di seguire le regole proprie dei musulmani, ma non lo fanno. Fumavano sempre. Anzi, picchiano le persone e le uccidono”. 



ATTENTATO LIONE: IL TERRORISTA ERA GIA' UN PERICOLO PER LA NAZIONE

di M.L.S.


Francia –  La mano che nella giornata di venerdì ha terrorizzato l'intera Francia, provocando esplosioni e morte nell'azienda di gas di Saint-Quentin-Fallaviern, è quella di Yassin Shali, 35enne residente a Saint Priest, nella periferia di Lione.

L'uomo, primo imputato per la decapitazione del suo datore di lavoro, il 54enne Hervè Cornara, aveva deciso di non parlare con gli investigatori nella giornata di sabato. Nella notte tra sabato e domenica, però, secondo BFM TV che cita una fonte prossima alle indagini, l'uomo avrebbe iniziato :”A raccontare come si sono svolti i fatti”. Il 35enne, nella giornata di domenica sarà trasferito nella sede parigina dell'antiterrorismo mentre, dal Canada, stanno collaborando con gli investigatori francesi per riuscire a scoprire a chi appartiene il numero di cellulare a cui l'uomo ha inviato il selfie scattato insieme alla testa mozzata mediante WhatsApp.

Era già sotto controllo. Padre di 3 figli di età compresa tra i 6 e i 9 anni, a Saint Priest, periferia di Lione, i vicini lo definiscono un uomo discreto e che non da confidenza. Appaiono importanti, però, gli elementi giunti a galla per quanto riguarda la fedina penale di Yassin Shali, musulmano senza precedenti ma con due informative dei servizi segreti alle spalle. Reputato pericoloso per la sicurezza nazionale negli anni 2013 e 2014,Yassin, insieme a due sue amici compariva nelle informative dei servizi segreti come “musulmano hard”, che voleva dare vita ad un istituto islamico a Besancon, dove era domiciliato prima del trasferimento nei sobborghi di Lione. Inoltre, nelle segnalazioni dei servizi, allertati anche perchè l'uomo era vicino al movimento salafita, indizi di radicalizzazione erano posti in esssere dalle :”Assenze regolari e per lunghi periodi di circa 2-3 mesi senza dire dove andava”.  Sempre a Besancon, Shali era solito riunirsi con un gruppo di uomini vestiti da militari e, nelle loro conversazioni, a volte intraprese sul pianerottolo, spesso si usavano le parole jhiad e Mali. Altro elemento considerato importante dai servizi, il “brutale” cambiamento nell'aspetto fisico del 35enne, che aveva rasato la barba e si era dimagrito. Dunque, l'uomo era stato inserito nella lista delle persone da tenere sotto controllo, ma, a distanza di un anno, nessuna sorveglianza rafforzata. Ora, gli investigatori si domandano se Shali sia stato un caso isolato, oppure se altre minacce sono a piede libero in Francia. 


Le reazioni. Se ai margini dell'attentato, dal summit a Bruxelles, Francois Hollande dichiarava :“Non bisogna cedere alla paura”, quasi a voler sorvolare il rogo ancora acceso dentro casa propria, è stato successivamente il premier Manuel Valls a spiegare con un commento esplosivo lo stato reale delle cose, lasciando trasparire velatamente la totale impotenza francese ed europea nei confronti delle “dimostrazioni” provenienti dalla fascia più estrema della religione islamica, i jhiadisti dell'Isis. Valls, infatti, ha evidenziato come la Francia debba imparare a convivere con la minaccia costante di attacchi terroristici, azione di singoli come quella di ieri vicino a Lione o come la strage parigina di inizio anno.

In balia del terrore.”È difficile per una società vivere per anni sotto la minaccia di un attacco. Ma ormai la domanda non è se ci sarà un altro attacco, ma quando questo avverrà”, così il premier Valls ha incalzato sull'impossibilità di arginare il problema Isis, in attesa che la palla di questo torni a rimbalzare oltralpe dando vita ad una nuova tragedia.

Hollande rassicura. Il capo dell'Eliseo, da dal canto suo, ha invece esortato il popolo francese a rimanere unito difronte alla minaccia jhiadista, facendo leva sulla grandezza del dispositivo di sicurezza che, messo in campo da decenni, copre l'intero paese con il livello massimo di allerta. “Non ci sono dubbi sulle capacità di difendersi del nostro Paese, senza cadere in situazioni affrettate e improvvisazioni. Dobbiamo fare il necessario per proteggere i nostri cittadini e rispettare le nostre libertà”, ha continuato Hollande, prima di annunciare come le ultime leggi antiterrorismo francesi vadano proprio in questa direzione.
 




ISLAMICI LEGATI A JIHAD IN ITALIA NEL MIRINO DELLA PROCURA DI ROMA

Redazione

Indagini a tutto campo per cercare di identificare possibili cellule terroristiche. Una decina di islamici residenti in Italia e sospettati di avere legami con la Jihad e' finita nel mirino della procura di Roma che ha aperto una inchiesta per associazione sovversiva con finalita' di terrorismo.
All'attenzione del procuratore Giuseppe Pignatone e dell'aggiunto Giancarlo Capaldo ci sono gli ambienti ritenuti piu' sensibili alla propaganda del fanatismo islamico. Si indaga, in particolare, sul contenuto di alcune conversazioni via web e sugli accessi ai siti internet ritenuti piu' sospetti.

Intento il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha convocato per oggi una riunione a Roma con i principali procuratori italiani per valutare "la struttura migliore per realizzare il coordinamento, che e' sicuramente l'obiettivo da raggiungere". "Potenzialmente le carceri possono essere incubatori" di un certo estremismo islamico, quindi occorre "grande cautela" ha detto Orlando, parlando a Napoli a margine di un incontro organizzato all'interno del penitenziario di Poggioreale.

"Con i ministri della Giustizia dell'Ue – ricorda – abbiamo discusso durante il semestre europeo dell'esecuzione della pena per fronteggiare questo tipo di fenomeno, perche' isolare queste cellule e' fondamentale, per evitare cio' che e' avvenuto in passato con altre forme di terrorismo". Per il Guardasigilli occorre quindi "evitare che l'esecuzione penale diventi addirittura un momento che rafforzi l'organismo che si vuole contrastare" e quindi, "anche nell'emanazione della normativa antiterrosimo, bisognera' tenere conto di questo aspetto".

"Siamo in guerra con il terrorismo" ha detto il premier francese Manuel Valls nell'intervento all'Assemblea Nazionale.
  "La Francia e' in guerra contro gli jihadisti, contro i radicalismo, ma non contro una religione", ha detto Valss, aggiungendo che "la Francia proteggera' i fedeli (di qualsiasi credo) cosi' come chi non ha alcuna fede. La Repubblica dara' la risposta piu' dura possibile contro il terrorismo. In una una situazione eccezionale debbono essere date risposte eccezionali. Risponderemo a i gruppi che ci minacciano".

Lasciare l'Unione europea renderebbe il Regno Unito "piu' debole" nella lotta al terrorismo, ha affermato il leader del Labour, Ed Miliband, parlando a un evento pubblico a Stevenage, non lontano dalla capitale. Il capo dell'opposizione, di ritorno da Parigi dove ha presenziato alla marcia di risposta agli attacchi nella capitale francese, ha aggiunto che "siamo molto meglio nella lotta al terrorismo quando lavoriamo con altri Paesi". Le dichiarazioni di Miliband hanno subito attirato le ire dell'Ukip, la formazione euroscettica guidata da Nigel Farage, e di molti politici conservatori che auspicano, insieme al premier David Cameron, una rinegoziazione dei rapporti con Bruxelles.




IRAQ: COS’È L’ISIL E PERCHÉ SI RISCHIA UN NUOVO CONFLITTO

di Maurizio Costa

Baghdad – Dieci persone sono morte in un attentato a Baghdad, mentre altre 8 vittime si contano nel quartiere di Karrada, colpevoli solamente di frequentare una moschea sciita.

I mandanti di questi ed altri atroci delitti sono i nuovi adepti dello "Stato Islamico", un’istituzione non riconosciuta fondata dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi, che ha proclamato l’indipendenza dall'Iraq a gennaio. L’obiettivo di questo “Stato nello Stato” è quello di estendere il proprio dominio non solo in Iraq ma anche in Siria, Giordania, Israele, Palestina, Libano, Kuwait e Cipro.

Facendo ricorso alla jihad, che significa il “massimo sforzo”, azione che può portare anche ad una guerra santa, il califfo e i suoi discepoli vogliono distruggere e uccidere chiunque si metta sul proprio cammino di conquista.

Il 25 luglio, l’Isis distrugge la Moschea di Giona a Mosul, perché frequentata anche da cristiani. L’unico modo di salvarsi per i perseguitati è quello di abbandonare la zona oppure pagare una tassa ai terroristi.

La situazione è diventata talmente grave che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha deciso di bombardare le zone calde nel nord dell’Iraq per cercare di disperdere l’Isis. Non si esclude un intervento terrestre.

Intanto le atrocità non si sono fermate. L’ isil ha segregato sui Monti del Sinjar oltre 40mila Yazidi, una minoranza che si trovava d’intralcio nell’avanzata dei jihadisti nel nord dell’Iraq. Più di 20mila tra uomini, donne e bambini sono riusciti a scappare, ma il resto è ancora sotto mira dell’Isis. I jihadisti hanno perpetrato un vero e proprio massacro: più di 500 Yazidi sono stati uccisi e sepolti, alcuni mentre erano ancora in vita. Un crimine contro l’umanità inaccettabile. Inoltre, quasi 300 donne sono state rapite per essere ridotte in schiave, agli ordini dell’Isis.

Intanto, continuano i raid degli Usa, che, insieme all’Ue, hanno intenzione di rifornire di armi i Curdi per cercare di arginare l’emergenza procurata dall’Isis.