Kosovo, operazione Kfor: CIMIC italiano in “prima linea” anche in agosto

NEPOLJE – Negli ultimi giorni sono state portate a termine due importanti donazioni in favore dei cittadini Kosovari da parte dei militari del 5° Reggimento Alpini, reggimento attualmente impiegato in Kosovo all’interno dell’operazione KFOR.

Il 14 agosto personale del CIMIC italiano (Civilian Military Cooperation) ha donato diversi serbatoi da 1500l che verranno adibiti alla raccolta di acqua potabile e per l’irrigazione in favore della comunità RAE (Rom, Ashkali ed Egiziani) – una minoranza etnica composita presente in Kosovo – di Nepolje/Nepole, che vive una condizione di particolare difficoltà per quanto concerne la disponibilità di acqua corrente, disagio accentuato dalla calura estiva.

Il 15 agosto sono stati invece donati alcuni PC ed un proiettore in favore dei Vigili del Fuoco di Djakovica/Gjakova, al fine di poter attrezzare un aula didattica che verrà utilizzata per l’addestramento e l’aggiornamento del personale del corpo.

Attività come queste ricadono pienamente nel mandato del CIMIC, tanto quelle mirate ad un miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle istituzioni locali, quanto quelle di immediato supporto alla popolazione per il ripristino dei fabbisogni primari.




Missione in Kosovo: Primo Interagency NGOs Meeting al MNBG-W

Continua la cooperazione tra i militari di KFOR e le “Organizzazioni Non Governative”, nell’ambito della missione in Kosovo per il sostegno delle Istituzioni Locali

Belo Polje – 04 Aprile 2018. Si è tenuta oggi, presso la sede di “Villaggio Italia” il primo “Interagency NGOs Meeting” con lo scopo di incrementare la conoscenza reciproca delle capacità e il livello di cooperazione tra le Unità di K-FOR e le “Organizzazioni Non Governative” (NGOs) presenti sul territorio kosovaro.

L’incontro ha avuto per oggetto la possibilità di esplorare soluzioni comuni, da differenti prospettive, nell’ambio della cooperazione civile – militare per il sostegno condiviso alle Istituzioni locali.
Il Comandante del Multinational Battle Group West, Colonnello Ettore Gagliardi, ha chiesto alle NGOs di illustrare la propria missione e gli obiettivi prefissati. Il MNBG-W, in concorso con il Comando di KFOR, ha mostrato i progetti in corso e futuri nel settore della sanità e dell’istruzione, con particolare enfasi ai temi riferiti alla discriminazione femminile a alle prospettive di genere.
L’incontro si è concluso con la visita al Role – 1 (struttura sanitaria militare) della Base, dove lo staff medico, ha evidenziato le potenzialità esprimibili in favore della popolazione locale, attraverso l’utilizzo degli assetti sanitari militari.

Il MNBG-W a guida italiana, su base 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti “Folgore”, secondo quanto stabilito dalla risoluzione delle Nazioni Unite 1244, assicura la liberta di movimento dei cittadini del Kosovo, garantendo un ambiente sicuro e protetto. Nell’ottica dello sviluppo delle Istituzioni locali, attraverso fondi della Difesa Italiana, vengono promossi progetti CI.MI.C. (Cooperazione Civile e Militare) per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione principalmente nel settore della sanità e dell’istruzione.

Alessandro Poggio




Missione Kosovo, “Villaggio Italia”: concluso il primo Smart Meeting on Security

Si è concluso, presso la sede di “Villaggio Italia”, il primo Smart Meeting on Security (SMS) con lo scopo di incrementare il livello di cooperazione tra le Unità di K-FOR e le Forze di Polizia presenti nel settore di competenza del MNBG-West.

Tra gli intervenuti, i Direttori regionali della Kosovo Police, il rappresentante di EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) e i delegati dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) delle città di Peja/Pec.

Il Comandante del Multinational Battle Group West, Colonnello Ettore Gagliardi, ha aperto la discussione evidenziando l’elevatissima qualità della collaborazione instaurata tra MNBG-W e la Kosovo Police. Si tratta ora di condividere un sistema di sicurezza efficiente e esplorare nuove soluzioni operative per una cooperazione “win to win”.

Numerosi gli spunti di riflessione sottolineati durante il dibattito, tra cui il miglioramento dello scambio informativo e la possibilità di effettuare esercitazioni congiunte tese al supporto reciproco in caso di interventi particolari in disastri naturali o di eventi di crisi e all’incremento delle capacità operative.

Il MNBG-W a guida italiana, su base 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti Folgore, secondo quanto stabilito dalla risoluzione delle Nazioni Unite 1244, assicura la liberta di movimento dei cittadini del Kosovo, garantendo un ambiente sicuro e protetto nel pluralismo delle etnie e delle confessioni religiose presenti sul territorio Balcanico.

I militari Italiani, Sloveni, Austriaci e Moldavi che compongono l’Unità, operano con costante impegno (Enduring Commitment) vigilando e proteggendo il Monastero di Decane in qualità di first responder (primo responsabile) e realizzando progetti CI.MI.C. (Cooperazione Civile e Militare), improntati al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.

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KFOR: IL GENERALE FIGLIUOLO INCONTRA IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA ALBANESE


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Redazione

Pristina – Il Comandante della missione multinazionale NATO KFOR, Generale di Divisione Francesco Paolo Figliuolo, ha accolto il Capo di Stato Maggiore della Difesa albanese, Generale Jeronim Bazo, nella base di Film City, sede del Comando NATO a Pristina.
Durante il colloquio i due generali si sono soffermati sulla situazione socio-politica e sullo stato della sicurezza in Kosovo; il Generale Figliuolo ha anche sottolineato l’eccellente collaborazione tra le Forze Armate dell’Albania e KFOR ed ha espresso al Generale Bazo parole di apprezzamento per l’elevata professionalità dimostrata dai militari del contingente albanese impiegato nella missione.

Il Generale Bazo, nel confermare l’impegno delle Forze Armate albanesi a favore di KFOR, ha sottolineato il ruolo cruciale che la missione svolge nel promuovere il progresso e il dialogo come soluzione per la completa stabilizzazione dell’intera area balcanica.
Il Capo di Stato Maggiore albanese e il COMKFOR si erano già incontrati lo scorso settembre a Tirana sempre nell’ambito dei cosiddetti High Level Talks, colloqui con i vertici politico militari dei paesi confinanti con l’area di responsabilità della Kosovo Force. Il colloquio odierno si è conluso con la convinzione che la KFOR è una storia di successo e tale deve rimanere.
 




CONTINGENTE ITALIANO IN KOSOVO: COMPLETATO CON SUCCESSO IMPIEGO OPERATIVO NEL NORD DEL PAESE

Redazione
 
Kosovo
– Il contingente italiano del Multinational Battle Group West, su base reggimento “Lancieri di Montebello”, ha completato con successo un’attività operativa a nord del fiume Ibar dove si concentra lo sforzo principale della missione multinazionale KFOR.
 
Una compagnia italiana è stata rischierata infatti, a fine luglio, nell’area nord della regione, equipaggiata per la prima volta con i VTLM “Lince”, veicolo tattico già ampiamente impiegato con successo in Afghanistan e in Libano per le sue caratteristiche di flessibilità d’impiego e adattabilità ai diversi ambienti operativi.
 
I soldati italiani, affiancati dai loro colleghi moldavi, hanno svolto attività di pattugliamento e check point nelle aree più sensibili nel nord del Kosovo in supporto alle locali forze di polizia, contribuendo al mantenimento del clima di generale sicurezza e di libertà di movimento.
 
Il Comandante di KFOR, Generale di Divisione Salvatore Farina, ha più volte incontrato i nostri militari in azione e si è congratulato per la professionalità e l’imparzialità dimostrata.
 
Tale attività, normale implementazione del cosiddetto concetto di Kosovo wide, per cui tutte le unità  KFOR possono essere impiegate nell’intera area di operazione, rappresenta un elemento di novità per il Multinational Battle Group West, finora impiegato prevalentemente nel settore occidentale della regione a sorveglianza del Monastero di Decane e nel controllo della propria area di responsabilità.
 




KFOR: CONCLUSA SENZA INCIDENTI LA CELEBRAZIONE ORTODOSSA SERBA DEL GIORNO DI "SAN VITO".

Redazione

Pristina –  Si sono concluse senza incidenti a Gazimestan, una piccola località nelle vicinanze di Pristina, le celebrazioni del giorno di “San Vito”, ricorrenza religiosa con cui la Chiesa Ortodossa serba celebra ogni 28 di giugno (secondo il calendario Gregoriano, e 15 giugno secondo quello giuliano) la memoria del martirio di San Vito. Nella stessa data la comunità serba ricorda la battaglia nella piana di Kosovo Polje quando nel 1389 l’esercito ottomano sconfinse l’alleanza balcania guidata dal principe Lazar.

Per l’occasione migliaia di persone provenienti sia dal Kosovo che dalla Serbia si sono radunate durante lo scorso week end a Gazimestan attorno all’obelisco eretto in ricordo della battaglia.

La manifestazione è stata preceduta da una funzione religiosa che si è tenuta nel monastero di Gracanica nel corso della quale sono stati comemmorati i combattenti serbi caduti. Numerosi gli eventi culturali che si sono svolti in diverse località. 
L’assenza di incidenti nel corso di questo importante evento, che per la comunità serba è molto di più di una ricorrenza religiosa, rappresenta come anche la rimozione nei giorni scorsi delle barricate che dividevano la citta’di Mitrovica, un altro importante positivo segnale nel senso della convivenza e della integrazione.
“L’importante dispositivo di sicurezza dispiegato con un low profile ci ha consentito di rassicurare I cittadini e di prevenire eventuali scontri inter – etnici pertanto anche questa giornata si può archiviare come un altro successo delle organizzazioni internazionali e locali responsabili della sicurezza: KFOR, Kosovo Police ed EULEX”, ha detto il Generale Farina al termine delle operazioni.

“Questi tre principali protagonisti in Kosovo”, ha sottolineato il Generale nel ringraziare la Kosovo Police, EULEX e tutto il personale di KFOR per la professionalità dimostrata nello svolgere il proprio ruolo rispettivamente di primo, secondo e terzo responsabile della sicurezza, “nel riconoscere il diritto e la libertà di tutte le persone a celebrare la loro eredità culturale e religiosa hanno operato affinchè l’evento si svolgesse in modo pacifico e ordinato”.
“Abbiamo di nuovo lavorato gomito a gomito in stretto coordinamento sia nella fase di pianificazione che durante il dispiegamento delle unità sul terreno al fine di garantire un ambiente sicuro, effettuando il monitoraggio dell’evento pronti a intervenire qualora fosse stato necessario”.
“In kosovo, in questi 15 anni di presenza, KFOR ha sempre agito in maniera imparziale, vigile, prudente ma ferma e decisa quando necessario ottenendo la stima ed il rispetto di tutti i cittadini a prescindere dall’etnia di apparetnenza. Il fine ultimo è quello di promuovere il dialogo, la riconciliazione, i valori democratici che sono il fondamento di una convivenza multietnica, pacifica e del progresso. Un piccolo passo avanti verso la vera graduale lenta normalizzazione di questa parte dell’Europa”, ha concluso in Generale Farina.

Note storiche e curiosità
Vidovdan, il giorno di “San Vito”, è la ricorrenza religiosa in cui ricorre la memoria del martirio di San Vito osservato dalla Chiesa ortodossa serba e da quella bulgara nel giorno del 15 giugno del Calendario giuliano e che corrisponde al nostro 28 giugno del Calendario gregoriano.
Il Vidovdan è anche data di rilevante importanza storica:
–          il 28 giugno 1389, la tradizione religiosa e nazionale commemora la Battaglia di Kosovo Polje che i Serbi hanno combattuto contro l'Impero Ottomano nella;
–          il 28 giugno 1914, l' assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Austria erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico e di sua moglie la Duchessa Sofia a Sarajevo è la miccia che farà scoppiare la prima guerra mondiale;
–          il 28 giugno 1919, viene firmato il Trattato di Versailles mettendo fine alla prima guerra mondiale;
–          il 28 giugno 1989, nel 600º anniversario della Battaglia di Kosovo Polje, il leader serbo Slobodan Milošević tiene il famoso discorso sull'origine serba del luogo dove è stata combattuta la storica battaglia.
 




ESERCITO ITALIANO, 30 ANNI DI MISSIONI ALL'ESTERO.

Le missioni ancora in corso fuori dal territorio Italiano: Missione “KFOR” – KOSOVO (dal 12 giugno 1999 ad oggi) / Missione “ISAF” – AFGHANISTAN (dal dicembre 2001 ad oggi) /  Missione “LEONTE” – LIBANO (dal 1 novembre 2006 ad oggi)

 

Redazione

Roma – Lo scorso giovedì 29 novembre si è svolto in Campidoglio, nella sala della Protomoteca, il convegno sul tema "1982 – 2012. Trent'anni di missioni all'estero", presentato dal Generale Franco Angioni.

Il Generale Angioni, Comandante della missione italiana ITALCON in Libano nel 1982, ha raccontato con efficacia quello che era il clima dentro e fuori il nostro paese in quegli anni, descrivendo quelli che sono stati gli inizi delle missioni militari all'estero: “Era il 23 settembre 1982, quando iniziò la missione in Libano che si concluse il 19 febbraio 1984” ha raccontato il Generale Angioni “per il contingente italiano furono mesi intensi, carichi di tensione e di pericoli, con molta soddisfazione dei singoli e delle forze armate. L’Italia da un punto di vista internazionale sembrava uscita dal letargo”.

Trent’anni fa, in Libano, l’Esercito Italiano iniziava, infatti, la sua nuova storia, diventava un esercito moderno e da allora i militari italiani, ieri di leva e oggi professionisti, sono presenti con impegno e dedizione in tutti i teatri internazionali di operazione. Il convegno non è stato soltanto un’occasione per ricordare l’ingresso delle forze armate italiane nelle operazioni complesse delle nazioni unite ma anche un momento di riflessione su quelle che sono le sfide presenti e future che il nostro Paese, così come la comunità internazionale, si prepara ad affrontare.

Tra i partecipanti alla prima sessione, incentrata sull’evoluzione dello scenario geopolitico, sono intervenuti, tra gli altri, l'ambasciatore d'Italia alla Santa sede sui rapporti “estero e difesa” sottolineando quanto “le missioni militari all'estero sono la chiave di lettura per l'azione esterna dell'Italia, del pensiero politico e delle tendenze dell'opinione pubblica” e il prof. Parsi che ha trattato la crisi mediorientale e gli sviluppi futuri: “il conflitto arabo israeliano, attraverso una serie di guerre infinite, continua a essere il principale elemento di permanenza nel quadro strategico militare”, ha poi continuato il prof. Parsi, “viviamo in un mondo in cui l’utilizzo della forza militare è sempre più necessario, sempre più indispensabile”.

L’Esercito Italiano è sempre stato presente nei grandi teatri operativi internazionali: Libano, Namibia, Kurdistan, Somalia, Mozambico, Ruanda, Bosnia, Albania, Macedonia, Kosovo, Timor Est, Afghanistan, Iraq, Bosnia, Sudan, Pakistan, Libano, Ciad e Repubblica Centro Africa, Georgia, Haiti.
In chiusura della prima parte del convegno, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Claudio Graziano, che ha comandato il battaglione il Mozambico nel 1992, la Multinational Brigade Kabul di ISAF in Afghanistan e la missione UNIFIL in Libano dal 2007 al 2010, ha testimoniato, attraverso la sua esperienza sul campo, l'importante passaggio dall’esercito di leva a quello di professionisti, illustrando l’impiego dell’Esercito nell'attuale contesto geopolitico e strategico.
Nella seconda sessione, dedicata alla cooperazione e sviluppo, il professor Luttwak, che è stato consulente dello US National Security Conuncil, del Chief of Staff della Casa Bianca, è intervenuto sui mutamenti dello scenario geopolitico e le prospettive future: Luttwak, ha sottolineato che nel Suo incarico di consulente del Segretario per la Difesa degli USA, in Afghanistan," non ho mai dovuto fornire pareri sulle forze armate italiane in quanto queste non hanno mai avuto problemi”, ha poi continuato ribadendo che “in Afghanistan, comunque vadano le cose l’Italia avrá vinto. E' entrata con delle Forze Armate composte da personale semi-professionista, e ne è uscita con un esercito di professionisti”.

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, nel suo saluto di benvenuto ai partecipanti ha sottolineato quanto: “la credibilità di una nazione e della sua politica è frutto della preparazione ed efficacia delle sue Forze Armate. L’Italia in questi 30 anni è cresciuta”.
Sono circa 5000 i militari dell’esercito impiegati all’estero, di cui 4000 in Afghanistan (80% dell’impegno totale), e 4600 i militari impiegati su tutto il territorio nazionale nell’operazione “Strade Sicure” e nella vigilanza di siti e installazioni. L’Esercito e tutte le Forze Armate concorrono inoltre alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di straordinaria necessità e urgenza. L’Esercito, da sempre, contribuisce alle attività in caso di pubbliche calamità, solo per citare gli episodi di maggior rilievo: terremoto in Abruzzo (2009), alluvione in Sicilia (2011), emergenza neve nel centro – nord Italia (2012) e terremoto in Emilia Romagna (2012).

IMPIEGHI DELL’ESERCITO ITALIANO IN OPERAZIONI FUORI DAL TERRITORIO NAZIONALE DAL 1982 AD OGGI

MISSIONI CONCLUSE

1.    Missione “LIBANO 1” (23 agosto – 11 settembre 1982)
Su richiesta del Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri del Governo libanese, fu disposto dal Governo italiano l'invio di un battaglione con lo scopo di assicurare l'incolumità fisica del personale palestinese in partenza da Beirut e degli abitanti della regione di Beirut stessa e favorire il ristabilimento della sovranità e delle autorità del Governo libanese.
La missione, comandata dall'allora Tenente Colonnello Bruno TOSETTI, fu svolta nel periodo dal 23 agosto all'11 settembre 1982 e affidata al 2° battaglione bersaglieri "Governolo", composto da 1 Compagnia Comando, 2 Compagnie meccanizzate, 1 plotone genio e 1 plotone carabinieri, per un totale di 519 uomini (40 Ufficiali, 81 Sottufficiali e 389 militari di truppa) con al seguito circa 200 mezzi tra ruotati e cingolati.

2.    Missione “LIBANO 2” (24 settembre 1982 – 6 marzo 1984)
A seguito dei tragici avvenimenti accaduti nei campi palestinesi di Sabra e Chatila, alla periferia ovest di Beirut e alle consultazioni tra il Governo libanese ed il Segretario Generale delle Nazioni Unite, in applicazione della Risoluzione 521 del Consiglio di Sicurezza, il Governo libanese chiese ad alcuni Paesi, tra cui l'Italia, una Forza multinazionale da interporre in località concordate. Ciò al fine di assicurare il ristabilimento della sovranità e dell'autorità del Governo libanese nell'area di Beirut e, nel contempo, garantire l'incolumità della popolazione. La missione italiana, comandata dall'allora Generale di Brigata Franco ANGIONI e denominata ITALCON, si svolse dal 24 settembre 1982 al 6 marzo 1984. La forza media del contingente fu di circa 2.300 uomini di cui 1.550 destinati alle attività operative e 750 a quelle logistiche. L'impegno complessivo fu di 8.345 persone di cui 595 Ufficiali, 1.150 Sottufficiali, 6.470 militari di leva e 130 Infermiere volontarie.

3.    Missione “UNOCA” AFGHANISTAN (30 marzo 1989 – 14 ottobre 1990)
Sul finire del 1988 il Governo Italiano approvava la partecipazione all'iniziativa internazionale promossa dall'ONU, nel più vasto programma di aiuti all'Afghanistan (UNOCA, United Nations Office for Coordinating Relief in Afghanistan, "Operation Salaam") per bonificare quel territorio dalla presenza di circa cinquanta milioni di mine lasciate sul terreno in circa 10 anni di attività bellica. Il 30 marzo 1989 furono inviati otto Ufficiali del genio dell’Esercito con il compito di addestrare istruttori e personale in grado a loro volta di formare altro personale capace di disattivare e far brillare le mine in condizioni di sicurezza. L'Italia ha partecipato a questa attività dal 30 marzo al 14 ottobre 1989. La missione italiana è rientrata in patria il 15 ottobre 1989. Una seconda missione è iniziata il 1° maggio 1990 e si è conclusa il 14 ottobre 1990 nel campo di addestramento di Quetta (Pakistan) con le stesse finalità della prima ed era composta da quattro Ufficiali e due Sottufficiali del genio che hanno costituito due teams addestrativi con lo status di "esperti dell'ONU quali consulenti civili in servizio temporaneo".

4.    Missione “UNTAG – HELITALY”- NAMIBIA (30 marzo 1989 – 07 aprile 1990)
Il 13 dicembre 1988 dopo lunghe trattative, i governi di Pretoria, Luanda e l'Avana sottoscrivevano un accordo per il ritiro dei cubani dall'Angola, la successiva smilitarizzazione della Namibia da parte dei sudafricani e la proclamazione dell'indipendenza dello Stato.
Nel quadro della risoluzione dell'ONU n. 435/78, l'Italia è intervenuta nell'ambito dell'UNTAG (United Nations Temporary Assistance Group) con uno squadrone elicotteri dell’Esercito denominato "Helitaly". I compiti affidati allo squadrone riguardavano lo sgombero sanitario della popolazione, la ricerca ed il soccorso, il trasporto di personale e materiali ed il collegamento fra il comando centrale e quelli periferici.

5.    Missione “AIRONE”- KURDISTAN (3 maggio – 1 agosto 1991)
Il 5 aprile 1991 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la Risoluzione n. 688, aveva intimato all'Iraq di cessare la repressione in atto e di agevolare gli interventi di organizzazioni umanitarie internazionali ovunque necessario. Il Governo italiano formalizza la partecipazione a "Provide Comfort" il 2 maggio ed i primi reparti partono da Livorno e dagli aeroporti di Pisa e Caselle il 3 e 4 maggio del '91. Il contingente – composto da 170 Ufficiali, 370 Sottufficiali e 950 soldati, cui si aggiungono 8 Ufficiali e 13 Sottufficiali dell'Aeronautica Militare ed 8 Infermiere volontarie della CRI – completa il rischiaramento il 16 maggio, con il trasporo di 1.400 militari, 400 autoveicoli, 8 elicotteri e 1.300 tonnellate di materiali. Per la sicurezza del settore, incursori e paracadutisti effettuano pattugliamenti e posti di blocco, controllando un territorio ampio fino a 1.400 kmq e tutto il tratto della rotabile Zakho-Kirkuk-Baghdad incidente nel proprio settore. Le forze operative hanno garantito la cintura difensiva del contingente e contribuito a creare quella cornice di sicurezza che è stata fattore determinante per il rientro dei profughi. A partire dal 9 luglio inizia il disimpegno delle unità con la cessione dell'ospedale da campo all'ospedale civile di Zakho. Quando tutte le forze multinazionali lasciano l'Iraq, presso i "campi di transito" non vi sono più di 15.000 curdi. Il 17 luglio l'ultima aliquota del contingente Airone rientra in Patria.

6.    Missione “PELLICANO”- ALBANIA (16 settembre 1991 – 3 dicembre 1993)
Le grandi difficoltà economiche e sociali che attraversavano lo stato balcanico, diedero il via ad un esodo che, nel 1991 rischiava di assumere proporzioni bibliche; i 30.000 profughi già in Italia, erano solo l'avanguardia del "grosso", pronto a salpare non appena fosse stato giudicato conveniente e possibile. Il Governo italiano, allora, decise di portare in Albania i primi soccorsi umanitari per scoraggiare l'immigrazione e rimpatriare quanti illegalmente avevano raggiunto le coste italiane. Compito della missione era quindi quello di distribuire ai magazzini di Stato albanesi gli aiuti di emergenza inviati dall'Italia dai porti di Durazzo e di Valona e l'assicurazione dell' assistenza sanitaria generica nonchè‚ la distribuzione di farmaci alla popolazione albanese delle due città. Nella prima fase di svolgimento (settembre 1991- marzo 1992), i mezzi dell'Operazione "Pellicano" hanno assicurato il trasporto di 90.659 ton. di generi vari inviati dall'Italia. La seconda fase della missione è consistita nella distribuzione di aiuti inviati dalla Comunità Economica Europea (marzo-settembre 1993), seguiti da una ulteriore tranche di aiuti italiani (Pellicano 3 settembre-dicembre 1993). Alla missione, condotta da unità logistiche dell’Esercito, hanno preso parte:  Battaglione Logistico "Carso"  Battaglione Logistico "Acqui".

7.    Missione “UNOSOM – IBIS” – SOMALIA (13 dicembre 1992 –  21 marzo 1994)
In risposta alla richiesta avanzata dall'ONU che in precedenza aveva già disposto l'avvio di UNOSOM I (United Nations Operation in Somalia) per tentare di fronteggiare la situazione nel Paese del Corno d'Africa stremato da anni di guerra civile, di carestia e di pestilenze, il 13 Dicembre, nell'ambito dell'operazione umanitaria multinazionale "Restore Hope", i primi reparti italiani iniziarono ad affluire in Somalia. Denominato ITALFOR-IBIS" e posto al comando del Generale di Divisione Giampiero Rossi, il contingente italiano era incentrato sulla Brigata Paracadutisti "Folgore" e comprendeva anche personale della Marina e dell'Aeronautica. A partire dal 4 maggio 1993, la missione multinazionale "Restore Hope" assumeva la fisionomia di missione ONU e le forze schierate venivano poste sotto il controllo operativo del Comando UNOSOM 1. Lo stesso giorno, il Generale Rossi cedeva la responsabilità di comando del Contingente italiano al Generale Bruno Loi. Il 6 Settembre 1993, la Brigata Paracadutisti"Folgore" veniva avvicendata dalla Brigata meccanizzata "Legnano" comandata dal Generale Carmine Fiore. Il 16 gennaio 1994 iniziava il ripiegamento del nostro Contingente, con la graduale cessione dei settori di reponsabilità. L'operazione si concludeva il 21 marzo 1994. Le unità dell'Esercito impiegate nell'operazione "IBIS" operarono in un settore di responsabilità profondo circa 360 Km e largo 150 Km: in pratica da Mogadiscio fino al confine con l'Etiopia. Esse assolsero il compito loro assegnato nel pieno rispetto dello spirito del mandato delle Nazioni Unite. Durante la missione persero la vita undici militari italiani, una infermiera volontaria delle Croce Rossa e due giornalisti della Rai.

8.    Missione “ONUMOZ -ALBATROS” – MOZAMBICO (1 marzo 1993 –  1 aprile 1994)
Gli Accordi di Pace, siglati a Roma il 4 ottobre 1992 tra il Governo del Mozambico e la RENAMO (Resistenza Nazionale Mozambicana), sancirono che la supervisione ed il controllo dell'attuazione delle clausole del trattato venissero affidate alle Nazioni Unite. Il 16 dicembre, il Consiglio di Sicurezza autorizzò l'Operazione ONUMOZ (United Nations Operations in Mozambique), con il fine di favorire il processo di pacificazione. In particolare, la componente militare della missione ricevette il mandato di monitorare e verificare il cessate il fuoco, la separazione e la concentrazione delle forze contrapposte, la loro smobilitazione e la raccolta, stoccaggio e distruzione delle armi; inoltre, il completo ripiegamento fuori dei confini delle forze militari staniere e la smobilitazione dei militari e dei gruppi armati irregolari; attuare misure di sicurezza in favore di infrastrutture e servizi vitali, fornire sicurezza alle attività svolte dalle Nazioni Unite e dalle altre organizzazioni internazionali a sostegno del processo di pace, con particolare riguardo ai corridoi di collegamento tra il mare ed il confine del Paese. L'Italia contribuì alla missione sino all'aprile 1994 con un Contingente di 1.030 uomini, fornito dalle Brigate "Taurinense" prima e "Julia" poi. L'Unità a livello Reggimento, articolata su un battaglione di fanteria alpina, un battaglione logistico, un gruppo squadroni dell'Aviazione dell'Esercito ed un Reparto di Sanità, diede inizio allo spiegamento nel marzo 1993, assumendo la responsabilità operativa del Corridoio di Beira nei primi giorni di aprile. In tal senso, ed in ragione sia della vitale importanza del corridoio – via di collegamento principale tra lo Zimbawe ed il mare, servita da una rotabile, da una ferrovia e da un oleodotto – sia del livello di efficienza operativa e logistica dell'Unità, il Contingente Italiano assunse il ruolo di "forza di riferimento", con funzioni di supporto logistico e sanitario a favore di tutte le Forze ONU presenti nella regione. Dal 2 maggio 1994, concluso il ripiegamento della maggior parte dei reparti, il Contingente, forte di 230 uomini uomini e formato dal Reparto di Sanità e da un'Unità di sostegno, assunse il nome di "Albatros 2" ed e fu ridislocato a Beira con il compito di continuare ad assicurare il sostegno sanitario a favore del personale ONU operante nella Regione Centro nonchè delle popolazioni locali.

9.    Missione “IPPOCAMPO” – RUANDA  (10  –  20 marzo 1994)
Nella primavera del 1994 esplode la conflittualità ormai endemica tra le due maggiori etnie (Tutsi e Hutu) del Ruanda. Gli scontri dilagano, rischiando di coinvolgere anche i cittadini stranieri residenti nel Paese.Dopo una serie di consultazioni a livello internazionale viene varata l'operazione di recupero "Silver Back". All'operazione partecipa anche l'Italia con un contingente formato da 112 uomini della "Folgore", 65 uomini del Comando Subacquei Incursori "Teseo Tesei" della Marina e 3 velivoli da trasporto della 46^ Brigata Aerea. Il 10 marzo 1994 il nostro contingente atterra all'aeroporto di Kigali. Inizia così l'operazione "Ippocampo Ruanda". Le forze italiane si trovano ad operare congiuntamente con i reparti francesi, americani e belgi, appositamente giunti nel quadro della "Silver Back", e con le forze dell'UNAMIR già presenti in Ruanda.

10.    Missione “IFOR/SFOR” – BOSNIA  (dicembre 1995 –  dicembre 2004)
Missione condotta per l’applicazione degli accordi di Dayton assicurando nel contempo la libertà di movimento della popolazione civile. Il 15 dicembre 1995, il Governo italiano disponeva la partecipazione di un Contingente dell'Esercito alla Forza di Attuazione del Piano (Implementation Force – IFOR), incentrato sulla brigata "Garibaldi". Il 20 dicembre 1996, IFOR viene riconfigurata in Stabilization Force – SFOR allo scopo di stabilizzare gli effetti del Piano di Pace, prevenire l’insorgere di nuovi focolai di tensione, ripristinare le condizioni minime di convivenza sociale e favorire la ricostituzione delle Istituzioni civili del Paese. Il 9 luglio 2004 la Risoluzione 1551 delle NU autorizzava la prosecuzione di SFOR per ulteriori sei mesi ed accogliendo la decisione della NATO di concludere SFOR entro la fine del 2004. Toccherà all’UE avviare in Bosnia, da dicembre 2004, una missione comprensiva anche di una componente militare.

11.    Missione “ALBA” – ALBANIA (13 aprile – 12 agosto 1997)
La missione "Alba" è stata la prima forma di intervento multinazionale (con Francia, Turchia, Grecia, Spagna, Romania, Austria e Danimarca) promossa e guidata dall'Italia. Sollecitata dall'OSCE e dall'ONU e approvata il 9 aprile 1997 dal Parlamento malgrado il voto contrario di una parte della maggioranza di Governo, si è svolta dal 13 aprile al 12 agosto, ufficialmente per consentire la distribuzione di aiuti umanitari ma in realtà per impedire la guerra civile e consentire di avviare a soluzione la crisi politica albanese. La presenza dei militari ha consentito di raffreddare la situazione albanese, degenerata all'inizio del 1997 principalmente a causa del fallimento di società di investimento che avevano di fatto bruciato i risparmi di molti cittadini. Composta da 7.000 uomini di 11 Paesi, fra i quali circa 3.000 italiani, la Forza Multinazionale di Protezione (FMP) ha effettuato in quattro mesi di attività circa 1.700 azioni operative, in massima parte per la scorta a convogli che hanno consentito alle Organizzazioni umanitarie di distribuire oltre 5.700 t di viveri, medicinali, sementi e vestiario. Per i turni elettorali del 29 giugno e del 6 luglio sono state inoltre effettuate 674 missioni di sicurezza a favore degli osservatori OSCE, con un impiego di 2.500 uomini. L'Esercito italiano ha contribuito con 2.800 uomini, dei quali circa 1.800 di truppa (in massima parte VFB, affiancati da 400 giovani in servizio di leva che hanno espresso la propria disponibilità a partecipare alla missione e ai quali sono stati affidati in prevalenza compiti tecnico-logistici), schierati a Tirana, Durazzo,Valona e Fier. Fra i reparti coinvolti, oltre alla Brigata meccanizzata "Friuli" al comando del Gen. B. Girolamo Giglio, in prima linea quelli su base volontaria come il 18° Rgt. bersaglieri della Brigata "Garibaldi", il 187° paracadutisti della "Folgore" e il 151° Rgt. fanteria della "Sassari", affiancati dagli Incursori del "Col Moschin" e dagli specialisti dell'AVES, Genio, Sanità e Trasmissioni.

12.    Missione “FYROM – JOINT GUARANTOR” – MACEDONIA (9 dicembre 1998 – 1 marzo 1999)
Il contributo italiano all'Operazione NATO in Macedonia (FYROM) ha avuto inizio il 9 dicembre 1998. La forza multinazionale, inquadrata nell'operazione NATO "Joint Guarantor" aveva il compito di evacuare i verificatori dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dal Kosovo, qualora imposto dalle condizioni di sicurezza. L'Esercito italiano ha contribuito alla costituzione di tale Forza (Extraction Force), con un proprio Gruppo Tattico, costituito principalmente dai militari dell'8° Reggimento Bersaglieri della Brigata "Garibaldi". Elevati, per esigenze dettate dalla crescente tensione, per gradi successivi, fino alla consistenza di circa 2.700 uomini, avevano avuto il compito iniziale di provvedere all'eventuale evacuazione dei verificatori dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) della Missione KVM (Kosovo Verification Mission) dispiegati in Kosovo prima dell'intervento NATO. A seguito della sottoscrizione dell'accordo tecnico-militare (Military Technical Agreement – MTA) fra i rappresentanti NATO e la delegazione serba, il Consiglio del Nord Atlantico (NAC) ha autorizzato il rischieramento in Kosovo di una forza NATO (KFOR) per verificare e, se necessario, imporre i termini del MTA, in previsione di un accordo di pace (Peace Settlement – PS). Dalle basi macedoni infatti prese via il dispiegamento della forza in Kosovo.

13.    Missione “ALLIED HARBOUR” – ALBANIA (1 aprile  – 31 agosto 1999)
Dalla fine del 1998 l'Albania è interessata da un continuo flusso di profughi dal Kosovo, in seguito alla repressione messa in atto dai Serbi. A fronte di questa tragedia umana, la Comunità Internazionale in generale, e l'Italia in particolare, si sono mosse per fornire solidarietà ed assistenza. In questo quadro, il Consiglio Atlantico ha formalmente approvato la costituzione di un contingente militare da rischierare in Albania con prevalenti compiti di soccorso umanitario.
L'Operazione “Allied Harbour” ha visto l'impiego di una forza multinazionale denominata ALBANIAN FORCE (AFOR) di circa 8.000 uomini rischierati in Albania. Ad essa l'Italia ha fornito un contributo molto significativo di forze di circa 2.300 uomini, basato essenzialmente sulle unità della Brigata Alpina Taurinense (1.800 uomini). Il dispiegamento delle Forze NATO in Kosovo, con il successivo e conseguente rientro dei profughi Kosovari-Albanesi, hanno determinato la fine della missione "Allied Harbour" il 31 agosto 1999.

14.    Missione “STABILISE” – TIMOR EST (22 settembre 1999 – 17 febbraio 2000)
L'Organizzazione delle Nazioni Unite, attraverso la risoluzione n. 1264 del 15 settembre 1999, autorizzava la costituzione di una "Forza Multinazionale" – denominata INTERFET (International Force in East Timor) –  al fine di ristabilire le condizioni di convivenza pacifica e di sicurezza della popolazione,  facilitare le operazioni di assistenza umanitaria e supportare la precedente missione UNAMET (United Nation Mission in East-Timor). Il 15 settembre 1999, il Ministro della Difesa autorizzava la pianificazione e l'attuazione delle attività esecutive di predisposizione, necessarie per la partecipazione di Unità italiane all'operazione (Operation Stabilise) nell'ambito della "Forza Multinazionale", dispondendo l’invio di un contingente dell’Esercito.

15.    Missione “FYROM – ESSENTIAL HARVEST, AMBER FOX e ALLIED ARMONY” – MACEDONIA (22 agosto 2001 – 31 agosto 2003)
A seguito del grave peggioramento della situazione interna alla FYROM (Former Yugoslavian Republic of Macedonia), legato al movimento di guerriglia filo albanese denominatosi UCK, il 15 agosto 2001 veniva siglata l'intesa fra NATO e FYROM ed autorizzato l'invio dei primi contingenti denominati "Task Force Harvest". La Forza, configurata sulla base della 16^ Brigata Aeromobile britannica, era composta da circa 3500 uomini, suddivisa in quattro battaglioni multinazionali, a guida francese (con contributo tedesco e spagnolo), greca, britannica (con contributo olandese) ed italiana, comprendente una unità turca. La componente nazionale venne costituita sulla base del 152° Reggimento fanteria "Sassari", cui si affiancò uno squadrone blindo del Reggimento "Savoia Cavalleria" ed elementi minori del Genio delle Trasmissioni .
Il passaggio di competenze fra l'Operazione "Essential Harvest" e l'Operazione "Amber Fox" avvenne il 4 ottobre 2001. Le Forze nazionali impiegate nella nuova operazione furono  tratte principalmente da quelle già presenti nella repubblica macedone. Amber fox fu una missione di monitoraggio internazionale, condotta dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e dall'Unione Europea (UE). L'Esercito Italiano ebbe il compito di "concorrere, con altri paesi della NATO, al supporto agli osservatori internazionali operanti sul territorio al fine di contribuire al mantenimento della stabilità politica in FYROM". Strutturata su di un comando a livello brigata l'operazione ha visto la partecipazione di personale italiano, schierato principalmente a Petrovec, del 3° reggimento alpini, del reggimento lancieri di "Novara"(5°), del 183° reggimento paracadutisti "Nembo", del 66° reggimento aeromobile "Friuli".
Terminata l'operazione “Amber Fox”, il 15 dicembre 2002, il giorno successivo, ebbe inizio l'Operazione "Allied Harmony", continuazione della precedente missione, cui l'Italia partecipa con un plotone blindo dei "Lancieri di Novara", un’ unità EOD (bonifica ordigni esplosivi) ed un nucleo di personale di staff.
Allied Harmony è terminata il 31 marzo 2003, sostituita dalla prima missione militare dell'Unione Europea denominata "EUFOR CONCORDIA".

16.    Missione “ENDURING FREEDOM – NIBBIO” – AFGHANISTAN (15 marzo  – 15 settembre 2003)
Nel quadro di una vasta campagna contro il terrorismo internazionale, gli Stati Uniti  d’America hanno dato avvio, nel mese di ottobre 2001, all’operazione Enduring Freedom in Afghanistan, nell’intento di creare un ambiente stabile e sicuro attraverso l’eliminazione delle persistenti sacche di resistenza di AL QAEDA e TALIBAN e l’interdizione della libertà di manovra alle formazioni armate tuttora operanti sul territorio, con particolare riguardo alle aree di confine con il PAKISTAN. Nel quadro dell’avvicendamento dei reparti terrestri, nell’estate del 2002, gli Stati Uniti chiedevano all’Italia di rendere disponibile un Gruppo Tattico di fanteria, da integrare nel dispositivo della Coalizione. Il 2 ottobre  2002, il Parlamento Italiano autorizzava la partecipazione, a  partire dal 15 marzo 2003  e con mandato di 6 mesi scadente il 15 settembre 2003, di un contingente militare di 1000 soldati. Prendeva cosi l’avvio la Missione della Task Force “ NIBBIO”, inizialmente costituita sulla base del 9° Reggimento alpini della B. “Taurinense”, avvicendato il 15 giugno 2003 dal 187° Reggimento paracadutisti della Brigata “Folgore”. La “NIBBIO” può essere a ragione considerata una delle più complesse e rischiose missioni compiute dalle Forze Armate Italiane dalla 2^ seconda  Guerra Mondiale.

17.    Missione “ANTICA BABILONIA” (15 giugno 2003 – 1 dicembre 2006)
Nel quadro della lotta internazionale al terrorismo, nel marzo 2003, una coalizione guidata dagli USA aveva intrapreso l'Operazione "Iraqi Freedom" in Iraq per il rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 22 maggio 2003 aveva approvato la Risoluzione n. 1483 con la quale sollecitava la Comunità Internazionale a contribuire alla stabilità ed alla sicurezza del Paese iracheno. L'Italia aderiva con un proprio Contingente Militare interforze schierato nella regione meridionale dell'Iraq sotto la responsabilità della Divisione Multinazionale a guida Inglese. Il contingente si componeva complessivamente di circa 3.000 unità, di cui 1900 appartenenti all’ Esercito. Dall’inizio delle operazioni, iniziatesi, “Antica Babilonia”, operazione durata oltre 3 anni, ha visto l’avvicendarsi di circa 30.000 soldati italiani, con un impegno massimo di 3200 uomini per turno schierati nella provincia del Dhi Qar.

18.    Missione “NATO TRAINING MISSION (NTM-I)” – IRAQ (14 agosto 2004 – 31 dicembre 2011)
L’obiettivo della missione era quello di  provvedere, con il governo transitorio iracheno, alla formazione dei Quadri, all’addestramento e al supporto tecnico dell’Iraqi Security Force (ISF), allo scopo di agevolare l’Iraq nel processo di democratizzazione e nel raggiungimento di uno stato di sicurezza efficace e durevole. L’Italia ha partecipato alla missione con 69 ufficiali di cui 24 dell'Esercito.

19.    Missione “EUFOR -ALTHEA” – BOSNIA (dal 2 dicembre 2004 – 21 dicembre 2010)
Missione a guida UE, volta alla stabilizzazione della Nazione bosniaca, nonché al supporto dell’attività dell’Alto Rappresentante della UE nel Paese. In tale occasione, SFOR viene riconfigurata nella European Force – EUFOR. L'Operazione EUFOR "Althea" ha avuto il 2 dicembre 2004 su mandato delle Nazioni Unite (UNSCR 1551 del 9 lug. 2004). Nelle prime fasi l'operazione contava circa 6.000 militari, una consistenza che si è progressivamente ridotta con il generale e costante miglioramento del livello di sicurezza e della capacità delle Autorità locali di operare per il mantenimento delle condizioni di pace e stabilità. Dal dicembre 2005 al dicembre 2006 e dal  dicembre 2008 al dicembre 2009, il comando dell'Operazione ALTHEA è stato ricoperto dall'Italia  con i Generali di Divisione dell'Esercito Gian Marco Chiarini e Stefano Castagnotto. La partecipazione nazionale, costituita prevalentemente da personale dell'Esercito, alimentava lo staff del Headquarters (HQ) di Camp Butmir, nella periferia di Sarajevo, vari assetti specialistici e i LOTs (Liaison and Observation Team) di Sarajevo, Sokolac, Visegrad e Pale, che avevano il compito di inserirsi a diretto contatto con la popolazione.

20.    Missione “UNMIS – Nilo” – SUDAN (dal 9 gennaio – 20 dicembre 2005)
Il 9 gennaio 2005 il Governo Sudanese e il Movimento Popolare per la Liberazione del Sudan firmarono a Nairobi in Kenia un accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement – CPA) che stabiliva le norme per la divisione del potere tra il Nord ed il Sud del Sudan. A seguito del mancato rispetto degli accordi previsti dal CPA, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite emanava il 24 marzo 2005 la Risoluzione 1590 che prevedeva, tra l'altro, l'impiego di una forza militare multinazionale, autorizzata ad avviare la missione UNMIS "United Nation Mission in Sudan". La scopo della missione di UNMIS era quello di  supportare l'implementazione del CPA e assistere il Governo Sudanese e il SPLM/A nell'applicazione del CPA. L'Italia partecipò alla missione UNMIS – denominata in ambito nazionale Operazione "NILO"-  con un Contingente Nazionale a livello Battaglione, su base 183° reggimento paracadutisti "Nembo" denominato Task Force "LEONE", con il compito di concorrere alla costituzione della componente militare della missione.

21.    Missione “INDUS” – PAKISTAN (7 novembre – 31 dicembre 2005)
Nel quadro degli aiuti forniti al Pakistan dall’Alleanza Atlantica (Euro Atlantic Disaster Response Coordination Center), il 7 novembre 2005 salpò dal porto di Civitavecchia un contingente di 250 militari dell’Esercito Italiano per una missione di soccorso e di supporto alla ricostruzione in favore delle popolazioni del Pakistan, colpite l’8 ottobre 2005 da un violento terremoto che interessò il sud-est asiatico. Il contingente italiano, nell’ambito dell’operazione “Indus” partecipò alle operazioni di soccorso e alla  ricostruzione nell’area di Bagh, città di 100.000 abitanti situata circa 100 chilometri a nord-est di Islamabad, nel Kashmir, completamente rasa al suolo dal sisma.

22.    Missione “EUFOR – NICOLE” – CIAD/RCA (25 settembre 2007 – 15 marzo 2009)
Il Consiglio di Sicurezza (SC) delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 1778, del 25 settembre 2007, autorizzava il dispiegamento nella Repubblica Centro Africana (RCA) e nella Repubblica del CIAD di un Contingente militare a guida Unione Europea (EUFOR) in supporto alla missione delle Nazioni Unite (MINURCAT). Il pacchetto di Forze dell'UE previste per l'assolvimento della missione era di circa 4000 uomini. In tale quadro, le Autorità politiche nazionali, allo scopo di concorrere alle attività di supporto alla Missione UE, autorizzavano l'impiego di una Task Force nazionale (TF "Ippocrate"), nell'ambito dell'Operazione "Nicole", dispositivo sanitario campale, per un totale di 97 unità delle quali 93 dell'Esercito.

23.    Missione “EUROPEAN UNION MONITOR MISSION (EUMM)” – GEORGIA (1° ottobre 2008 – 30 dicembre 2011)
L'Unione Europea, in seguito all'Azione Comune del Consiglio UE n.736 del 15 settembre 2008, aveva disposto il dispiegamento in Georgia, nelle zone adiacenti l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, di una missione denominata European Union Monitoring Mission (EUMM) con HQ a Tbilisi, finalizzata a garantire il monitoraggio di quanto previsto dagli accordi UE – Russia del 12 agosto e dell'8 settembre 2008. L'EUMM ha operato in stretto coordinamento con le missioni già attivate nel Paese dall'OSCE e dall'ONU (United Nations Observer Mission in Georgia – UNOMG). Il totale del personale della missione, iniziata il 1° ottobre 2008, ammontava a 320 effettivi di 26 Paesi membri dell'Unione Europea. Il 30 dicembre 2011, tutto il personale italiano impiegato nell'operazione ha fatto rientro in Patria ed è terminato il contributo nazionale.

24.    Missione “WHITE CRANE” – HAITI (19 gennaio – 14 apr. 2010)
In seguito all'evento sismico verificatosi il 12 gennaio 2010 nella Repubblica di Haiti è stato predisposto l'impegno di un contingente militare interforze da inviare nell'area del sisma per concorrere alle attività di ricostruzione e di soccorso delle popolazioni delle zone colpite dal sisma. Per l'operazione "White Crane" è stata autorizzata la partecipazione di circa 900 militari italiani. In particolare l’Esercito ha fornito una Task Force genio di livello compagnia, un plotone di Force Protection, un plotone trasmissioni, 15 mezzi ruotati e cingolati (per il movimento terra) , 20 autoribaltabili, 5 autogru e personale sanitario.

MISSIONI IN CORSO

25.    Missione “KFOR” – KOSOVO (dal 12 giugno 1999 ad oggi)
L’operazione della Kosovo Force (KFOR) ha avuto inizio all’alba del 12 giugno 1999, quando il contingente dell’Esercito Italiano entrava in Kosovo alla mezzanotte dello stesso giorno, raggiungendo Pec il mattino del 14 giugno. La missione della Forza schierata dall’Alleanza era finalizzata a  mantenere un ambiente sicuro (garantendo il rispetto dei confini in caso di ripresa delle ostilità), garantire l’applicazione della risoluzione ONU n. 1244 e sostenere l’implementazione delle istituzioni civili e di un sistema indipendente di giustizia. Alla fine del 2004, in occasione del termine dell'operazione in Bosnia Erzegovina, con il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), le autorità NATO decisero di raggruppare tutte le operazioni condotte dalla NATO nell'area balcanica in un unico contesto operativo, dando origine il 5 aprile 2005 all'Operazione "Joint Enterprise" che comprendeva le attività di KFOR, l'interazione NATO-UE, e i NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo. In relazione agli sviluppi di situazione connessi con la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, proclamata unilateralmente il 17 febbraio 2008, e la successiva entrata in vigore della relativa Costituzione il 15 giugno 2008, la presenza delle forze NATO è stata incrementata. In virtù della graduale cessione di responsabilità e attraverso la graduale riduzione delle forze in Teatro, all’operazione “Joint Enterprise” in Kosovo partecipano attualmente 31 Paesi, con un impegno complessivo di forze che oggi ammonta a circa 5500 unità. Il dispositivo di KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di cui uno a conduzione italiana nel settore ovest che vede la partecipazione di circa 500 militari italiani.

26.    Missione “ISAF” – AFGHANISTAN (dal dicembre 2001 ad oggi)
A seguito degli sviluppi della situazione politico-militare in Afghanistan, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato in data 20 dicembre 2001 la Risoluzione n. 1386 con la quale ha autorizzato il dispiegamento nella città di Kabul ed aree limitrofe, sotto il Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite, di una Forza multinazionale denominata International Security Assistance Force (ISAF), con il compito di assistere le istituzioni politiche provvisorie afgane a mantenere un ambiente sicuro, nel quadro degli Accordi di Bonn del 5 dicembre 2001. L'11 agosto 2003 è avvenuta l'assunzione di responsabilità della condotta dell'operazione da parte della NATO. Nell'ambito della rotazione dei Comandi NATO per la condotta di ISAF, l'Italia, a partire dal 4 agosto 2005 e per nove mesi, ha avuto la leadership dell'ISAF VIII, schierando in Afghanistan il Comando NRDC-IT (NATO Rapid Deployable Corps-Italy) al comando del Generale di Corpo d'Armata Mauro Del Vecchio. L'ISAF, che opera sulla base di un Military Technical Agreement (MTA) siglato dalle Autorità provvisorie afgane, comprende al momento militari appartenenti a 38 Nazioni. L'Italia ha assunto la responsabilità di uno dei cinque settori regionali, il Regional Command West, in cui l'Afghanistan è stato suddiviso. Inoltre, nell'ambito del Comando Regionale Ovest opera il Provincial Reconstruction Team (PRT), su base italiana, che ha il compito di supportare la governance e di sostenere il processo di ricostruzione e sviluppo congiuntamente a una componente civile rappresentata da un Consigliere del Ministero Affari Esteri. Le due componenti lavorano insieme a favore della ricostruzione, incentivando l'occupazione locale, lo sviluppo economico dell'area e la fiducia verso le istituzioni politiche locali. Per l'Afghanistan è autorizzata la partecipazione di 4.200 militari italiani, di cui la gran parte è costituita da personale dell’Esercito.

27.    Missione “LEONTE” – LIBANO (dal 1 novembre 2006 ad oggi)
La missione UNIFIL è nata con la Risoluzione 425 adottata in data 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell'invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive Risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. Con la Risoluzione n. 1701 dell'11 agosto 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha previsto il potenziamento del contingente militare UNIFIL fino a un massimo di 15.000 uomini, da schierare in Libano in fasi successive, espandendo l'area di operazioni a tutto il territorio libanese a sud del fiume Litani (in italiano Leonte). In tale contesto le unità di UNIFIL, su richiesta del Governo libanese, agiscono come "forze cuscinetto" tra i contendenti. L'Italia, allo scopo di contribuire all'incremento del pacchetto di forze a disposizione di UNIFIL, partecipa alla missione internazionale – denominata in ambito nazionale Operazione "Leonte" – con un contingente militare di circa 1100 militari. Il Generale di Brigata dell'Esercito Gaetano Zauner è dal 9 maggio 2012 al Comando del Settore Ovest di UNIFIL (United Nation Interim Force in Lebanon) e del Contingente nazionale (National Contingent Command – NCC Shama) composto da militari della 132^ Brigata Corazzata "Ariete" – in Italia di stanza a Pordenone – che costituisce la Joint Task Force italiana in Libano (JTF -L).