La rivelazione ipotizzata da Oreste Ruggiero. La madre di Leonardo da Vinci era una schiava dell’Est!

Il grande Carlo Pedretti, a cui va dato il merito di avere fatto conoscere e amare Leonardo da Vinci dal grande pubblico, e col quale ho avuto l’onore di collaborare e confrontarmi negli ultimi anni della sua vita, mi diceva:

Se trovi la parola “scoperta” in uno dei miei scritti – e ne aveva scritti davvero tanti – pago quello che credi”.

Questo stava a significare il valore attribuito alla ricerca scientifica, fondata su atti certi e documenti di archivio o testimonianze, che caratterizzava senza flessioni la sua immensa bibliografia su Leonardo.

Alberto Angela con Carlo Pedretti

Si può dire che l’amico Pedretti “tollerava” il mio approccio “intuitivo”, comunque frutto di studi e ricerche seppure non probanti, in quanto ero anche architetto, artista e pertanto in qualche modo “dominato” dalla fantasia e dalla creatività; valori che Pedretti ammirava come qualità e di cui era ricco nello spirito e nelle capacità manuali.

Ma, altrettanto, nel profondo, Carlo Pedretti era affascinato dagli studi di iconologia-iconografia, il metodo che individua oltre la tecnica esecutiva (che spesso annoia gli studenti e il grande pubblico), il significato e il messaggio di un’opera (in cui generosamente mi definì “amico e collega particolarmente preparato”), tanto da scrivere un articolo nel 1994 dal titolo emblematico “l’iconografia, o l’iconologia, una disciplina  che è andata eclissandosi durante l’ultimo ventennio”.

Perché dico questo? Perché per anni da chi era vicino a Pedretti, e si reputava suo erede intellettuale (ed erano davvero tanti…) sono stato snobbato perché alla base delle mie ricerche non c’erano documenti “scoperti” in qualche archivio; tanto da indurmi infine a “raccontare” le mie teorie (che venivano definite ‘congetture’, sebbene frutto di studi e confronti, e come tali ignorate dal mondo degli studiosi identificati col metodo scientifico), in forma romanzata.

Oggi mi salta inevitabilmente agli occhi la parola “rivelazione” che accompagna sulla stampa nazionale e internazionale il “romanzo” di Carlo Vecce “Il sorriso di Caterina – La madre di Leonardo” in cui si “scopre e rivela” che la madre di Leonardo, Caterina, era una schiava dei paesi dell’Est, in particolare del Caucaso, rapita da pirati commercianti di schiavi sulle coste del Mar Nero.

Senza nulla togliere a Carlo Vecce come studioso e collaboratore stimato in tanti lavori di Carlo Pedretti, che non è stato citato fra tanti altri nei ringraziamenti in calce al libro, egli basa il suo romanzo su un documento d’archivio in cui il notaio Piero da Vinci, comunemente ritenuto il padre di Leonardo, redigeva l’atto di liberazione dalla schiavitù di Caterina. Da questo ad asserire che quella Caterina fosse la madre di Leonardo e che fosse l’amante (o peggio il sollazzo sessuale come emerge in alcune riviste) del notaio Piero da Vinci, il terreno scivola, nel secondo caso tristemente, dal piano scientifico a quello congetturale.

Allora la parola “rivelazione” per onestà intellettuale dovrebbe essere rivista; ma soprattutto, se siamo nell’ambito della “intuizione”, quella di Carlo Vecce allora non ha la primogenitura.

Perché asserisco questo? Perché la prima ipotesi che la madre di Leonardo dal nome Caterina fosse una schiava risale a Renzo Cianchi, non citato, che in un saggio pubblicato dal figlio Francesco nel 2008, dal titolo inequivocabile “La madre di Leonardo era una schiava?”, ipotizzò questa tesi.

Ma ben oltre10 anni prima del libro di Carlo Vecce, nel 2012, l’ipotesi che la madre di Leonardo fosse una schiava dell’Est, un’ancella del tempio dell’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, proveniente ancora da più lontano e rapita da pirati, appartiene al mio libro “La madre di Leonardo – Schiava e dea”. In quel libro, sempre in chiave romanzata ma non del tutto inattendibile, ipotizzo che il padre Piero non fosse il notaio da Vinci, prestatosi alla copertura del più importante personaggio, ma Piero de’Medici, il padre di Lorenzo il Magnifico (del resto anche Cosimo de’Medici, padre di Piero e nonno di Lorenzo de’ Medici ebbe un figlio proprio da una schiava circassa). Andrebbe maggiormente indagata a riguardo la frase, e il suo significato, che Leonardo, abbandonando Roma deluso da Giuliano de’ Medici e da Papa Leone X Medici, scrisse con amarezza: “I medici mi crearono e mi distrussero…”

Ma, se non bastasse, ho ripreso questa ipotesi nel libro del 2017 “Noi siamo Leonardo?” dove in modo ancora più preciso e anticipatore rispetto alla “rivelazione” di Carlo Vecce ipotizzo la provenienza di Caterina, la madre di Leonardo, dal Caucaso.

In entrambi questi volumi non ebbi l’accortezza di citare lo studio di Renzo Cianci, ma si trattava di romanzi puri e non anticipati come “rivelazione” storica, e comunque ebbi modo di scusarmene con la signora Cianchi correndo ai ripari nella mia pubblicazione del 2020 “Il Misticismo di Leonardo da Vinci (uomo senza lettere e fede) dialogo con Carlo Pedretti e altri” dove ripropongo il tema del rapporto formativo fra Leonardo e la madre (la schiava circassa) Caterina.

Perché ho fatto queste precisazioni? Perché quando si sviluppa un romanzo su un tema già scaturito dalla fantasia di altri, magari scrivendolo forse anche meglio e più ricco di particolari, ritengo sia comunque doveroso citare chi ha già trattato l’argomento e il tema che ne costituisce la base o l’essenza creativa: in questo caso che la madre di Leonardo fosse una schiava dell’Est e che avesse avuto, per le sue origini e sapere, una grande influenza, fino ad essere identificata nella Gioconda (come sosteneva Freud) per la grandezza di Leonardo, uomo universale.

Ma soprattutto intendo stavolta, dopo tanti anni di studi, “mettere le mani avanti” per quanto potrà servire…, almeno su altre quattro probabili future “RIVELAZIONI” da parte di altri autori, che elenco di seguito e sulle quali fino ad ora, lo stesso gruppo che ha partecipato al lavoro di Carlo Vecce, ha assunto negli anni uno sprezzante, silenzioso distacco.

Il primo argomento, come scrivo in “L’altro Leonardo – I mostri e la bellezza di Da Vinci” del 2009, è che le principali opere di Leonardo, fra cui La Gioconda e il San Giovanni Battista, se specchiate, contengono al loro interno immagini all’insegna della teoria dell’armonia degli opposti e rispettivamente una Gargoyle (e altro ancora…) e un Bafometto, quali anticipazioni di quelle anamorfosi che, come ricorda Pedretti, Leonardo sviluppò sul finire della vita.

Il secondo argomento è il contenuto del libro “Leonardo da Vinci e il (disegno del) territorio vivente” del 2013, dove sostengo che quel disegno non è una semplice rappresentazione topografica di un paesaggio ma contiene al suo interno un elaborato messaggio frutto di figure nascoste nelle rocce, simile all’antica tecnica cinese, e quindi eseguito, con riflessione e meditazione, in più tempi. Riscontro con soddisfazione che durante il recente restauro dell’opera presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze è emerso che il disegno è stato eseguito in più tempi e con più inchiostri e non è un disegno realizzato, pertanto, durante un viaggio e in pochi minuti come asserivano con determinazione vari studiosi.

 Il terzo argomento, è riferito alla scultura dell’Angelo Annunciante di San Gennaro che Carlo Pedretti nel 1999 attribuì al giovane Leonardo da Vinci. Dopo la scomparsa di Pedretti mi occupai come promotore e coordinatore del restauro dell’opera, generosamente finanziato da comuni amici Russi. All’epoca, era il 2019, fui diffidato  dal “legare” l’opera al nome di Leonardo in quanto dal restauro avrebbe potuto emerge, tratti in inganno da maldestre ridipinture settecentesche, che la scultura fosse di tale epoca con grande conseguente discredito per l’intuizione “errata” di Pedretti. Andai avanti con la mia convinzione, in linea con quella di Pedretti, ed emerse inequivocabilmente dal magistrale restauro eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure che l’opera era quattrocentesca, di ricca finitura ed eseguita da mano esperta e veloce.

L’Angelo annunciante” della Pieve di San Gennaro in Lucchesia

 Questo andava a confermare la mia teoria che l’opera potesse appartenere, andando così oltre Pedretti, a Leonardo in età matura, eseguita durante i suoi sopralluoghi a San Gennaro e dintorni per la realizzazione della mappa (oggi a Windsor) funzionale agli studi per la deviazione del fiume Arno fra il 1503-1504.

Successivamente questa tesi, circa l’appartenenza dell’opera a Leonardo adulto, è stata suffragata da una testimonianza di persona la quale, allora giovanissima, ricordava esattamente e dichiarava che negli anni 40’-50’ la mano destra dell’Angelo, non ricostruita dall’Opificio per mancanza di documentazione scientifica riguardo la postura delle dita mancanti, era con l’indice disteso, ‘tipico’ del gesto nell’arte di Leonardo; esattamente come ipotizzavo nel mio libro “Se fosse un indice che è Leonardo” del 2019.

Ma anche desidero anticipare la possibile “futura rivelazione” che l’Angelo Annunciante attribuito a Leonardo appartenga ad un gruppo scultoreo dell’Annunciazione, come ho ipotizzato nel mio libro “L’enigmatica Madonna del Parto di San Gennaro – Una singolare Annunciazione fra Leonardo e Piero della Francesca” del 2021, e come emerse da documenti di archivio del 1646 e del 1933, quest’ultimi da me ritrovati nella Pieve di San Gennaro, assieme al Parroco Don Cyprien Mwiseneza.

Il quarto argomento è il rapporto fra Leonardo da Vinci e la religione. Diceva Carlo Pedretti: «I grandi interpreti del pensiero e dell’indole di Leonardo, che si sono avvicendati negli ultimi centocinquant’anni, hanno sempre evitato di prendere di petto il problema del rapporto di Leonardo e della sua arte con la religione. É un problema abbastanza scomodo, per non dire spinoso…». Qualcosa a riguardo ho detto nel libro “IDEA dopo ‘Li omini grossi’ “, sperando in un mondo che possa andare oltre la grettezza degli uomini “di tristi costumi”, come li definiva Leonardo, cioè senza anima. Uno stato collettivo di frenesia, indolenza e rabbia, esploso violentemente dopo i melensi “cinguettii” e abbracci virtuali durante il periodo pandemico.

Alla fine di questo exursus, consapevole di avere poco promosso il mio lavoro, trascinato sempre da nuove curiosità e dall’impegno anche in altre attività, come la rappresentazione artistica di questi studi, per cui continuo ad essere grato a Pedretti per la sue esaltanti parole a riguardo; spero di poter scongiurare che prossimamente mi possa ancora trovare di fronte a “rivelazioni” circa: 1_opere presenti nella Gioconda e nel San Giovanni Battista in ossequio alla teoria rinascimentale dell’armonia degli opposti; 2_scoperta di figure presenti nelle rocce del disegno del paesaggio di Leonardo del 1473 (a riguardo qualcuno ha “scoperto” recentemente la presenza del volto di un leone al centro del disegno che illustrai anni e anni fa all’Istituto di Cultura dell’Ambasciata italiana di cultura a Vienna; 3_che la scultura dell’Angelo di San Gennaro è di Leonardo da Vinci e  soprattutto di Leonardo maturo, come ho ipotizzato; 4_ che è opportuno occuparsi, con conseguente annuncio alla stampa internazionale, del rapporto fra Leonardo e la religione.

Ma ancora di più mi preme, senza nulla togliere alla riconoscenza per chi fa ricerche di archivio, preziose per le successive riflessioni (non dogmi: ai miei studenti ricordavo che spesso il mito è più veritiero della storia), che venga riconosciuto, accompagnato da profondi studi, il valore del metodo intuitivo. A riguardo cito Einstein quando affermava: “La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servo fedele. Abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono”

Desidero terminare dedicando ai passati e futuri “scopritori di idee altrui” quanto di loro scriveva Leonardo da Vinci, definendoli ‘trombetti’ con evidente rammarico e un pizzico di risentimento:

«Costoro vanno sconfiati e pomposi, vestiti e ornati non delle loro, ma delle altrui fatiche, e le mie a me medesimo non concedano; e se me inventore disprezzeranno, quanto maggiormente loro, non inventori ma trombetti e recitatori delle altrui opere, potranno essere biasimati.»

Ma prendo ancora un piccolo spazio per manifestare la preoccupazione che anche nei confronti del mio prossimo libro, che amplia i temi del precedente e uscirà a giorni, dal titolo “Leonardo da Vinci ‘omo’ postmoderno – Il vero volto di Leonardo?” avvenga che qualche “trombetto” possa scoprire, facendo sua l’idea del libro rivisitata, il valore della “filosofia” di Leonardo (non quella comunemente intesa) e quanto essa possa essere oggi utile come una sorta di eredità per il genere umano o antidoto “anti-nichilismo”.  Vorrei invece che qualcuno, magari con maggiore merito su quei temi, potesse poi approfondire e migliorare lealmente, o anche criticare, ma con onestà intellettuale, quanto attraverso quell’opera mi prefiggo di dire e raccontare.

Oreste Ruggiero, marzo 2023




Leonardo Da Vinci: l’omaggio degli insigniti dell’ANCRI e degli Amici dei Musei

Gli insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica (ANCRI) e Gli Amici dei Musei e Monumenti Pisani rendono omaggio a Leonardo da Vinci.
L’ Arcangelo Annunciante di San Gennaro in Lucchesia e gli Skyline – le Città di Leonardo realizzate da Oreste Ruggiero in mostra al Centro Espositivo Leo-Lev di Vinci.

La mostra dell’Angelo restaurato, allestita per celebrare l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, e le altre collaterali sui temi leonardiani, saranno visibili a Vinci presso il Centro Espositivo Leo-Lev in Piazza Carlo Pedretti 1 fino al 20 aprile 2020 Si tratta delle scultura in terracotta policroma dell’Arcangelo Annunciante di San Gennaro in Lucchesia (attribuita alla Scuola del Verrocchio e da Carlo Pedretti a Leonardo da Vinci giovane, restaurata prima della mostra dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze) e degli Skyline-Le Città di Leonardo, realizzati da Oreste Ruggiero e dedicati ai luoghi che hanno accompagnato il percorso di vita del genio di Vinci.
L’architetto, artista e saggista, Oreste Ruggiero, già docente presso la Facoltà di Architettura di Firenze nel Master “Valorizzazione e gestione in rete dei beni culturali e ambientali”, è un convinto sostenitore che l’artista non si debba fermare alla tecnica esecutiva ma deve costituire una sorta di antenna ricettiva degli umori, dei cambiamenti, dei sentimenti e delle necessità dell’uomo. Inoltre che l’architettura, di nuovo unita all’arte, deve prefigurare il futuro e soddisfare lo spirito, l’intelletto, oltre la fisicità.
Con questo spirito l’artista, in vista delle celebrazioni dei 500 anni di Leonardo, ha condiviso con l’allora Questore di Firenze Francesco Tagliente, sin dal 2008, di avviare il progetto per la realizzazione degli Skyline delle città interessate dal Genio toscano partendo da Firenze per proseguire poi anche nella Questura di Roma e nella Prefettura di Pisa, sedi delle successive fasi di servizio del Prefetto, senza abbandonare l’idea di fare omaggio anche ad altre Città legate a Leonardo: Milano e Napoli.
Ruggiero, condividendo con Tagliente i sentimenti e l’esigenza di valorizzare gli edifici storici, che ospitano le Questure e la Prefettura, ha realizzato l’opera Firenze Skyline sulla parete della sala Convegni della Questura nello storico Palazzo Bonifacio; Roma Skyline nella Sala conferenze al primo piano del Palazzo San Vitale sede della Questura di Roma e, con il coinvolgimento degli Amici dei Musei e Monumenti Pisani, ha creato Pisa Skyline, nel Palazzo Medici sede della Prefettura di Pisa. Tre Opere di straordinaria bellezza artistica e architettonica tanto che un bozzetto del profilo Roma Skyline è stato donato al Papa Benedetto XVI, dal Prefetto Tagliente, nel corso di una Udienza speciale riservata alla Questura di Roma.
Per i suoi meriti artistici e culturali l’Architetto Ruggiero, nel 2017, è stato insignito della benemerenza di Commendatore della Repubblica dal Presidente della Repubblica.
Le affinità della vocazione sociale, culturale dell’Architetto con le finalità statutarie dell’Associazione Nazionale Insigniti dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana (ANCRI) hanno alimentato in lui la condivisione del “Viaggio tra i valori e i simboli della Repubblica” che il Sodalizio sta percorrendo da tempo. Fra le finalità statutarie dell’ANCRI infatti rientra la “promozione dei principi su cui si fonda lo Stato democratico e pluralista delineato dalla Costituzione repubblicana e la valorizzazione di tutte le espressioni della cultura, della ricerca e del sapere. La mattina del 16 marzo, compatibilmente con l’evoluzione nei prossimi giorni dell’epidemia di coronavirus, un gruppo di soci Ancri in rappresentanza delle 75 delegazioni italiane e 18 estere, guidati dal presidente Tommaso Bove e e un gruppo di Amici dei Musei e dei Monumenti Pisani guidati dal Presidente Piera Orvietani si riuniranno a Vinci presso il Centro Espositivo Leo-Lev, per rendere omaggio a Leonardo.
Ad accoglierli, oltre a Oreste Ruggiero, nella veste di presidente Centro Espositivo, ci saranno il Sindaco di Vinci Giuseppe Torchia e le altre Autorità del territorio. Per l’occasione sarà allestita un’ulteriore sala con nuovi temi sul rapporto Skyline & Leonardo, che costituiranno un’anteprima di quelli da sviluppare per le città di Milano e Napoli. La mostra sarà accompagnata da un catalogo a cura di O.R.A.D. Editore dal titolo Skyline & Coincidenze con le città di Leonardo.
La visita alle mostre allestite al Centro Espositivo Leo-Lev di Vinci si è concluderà con uno spettacolo teatrale dell’attore Stefano de Majo che renderà omaggio al Genio toscano con la recita di un frammento di un suo spettacolo teatrale: Leonardo. L’ultimo segreto.




Anno Leonardiano, Francesco Guadagnuolo presenta due sculture

L’artista italiano Francesco Guadagnuolo rievoca Leonardo Da Vinci con due sculture “Leonardo adolescente: dal volo degli uccelli all’aeroplano” e l’altra “Il vero ritratto di Leonardo da vecchio”.

Per la prima scultura di Guadagnuolo “Leonardo adolescente: dal volo degli uccelli all’aeroplano” è ispirata all’adolescenza di Leonardo vissuto a Vinci (FI), attendo all’osservazione della natura della campagna circostante dove egli trova straordinario il creato delle piante, delle rocce, degli animali e degli uccelli, con questo si comprende, la tanta importanza che ciò ha avuto nella formazione di Leonardo.

La parola “conoscere” dall’adolescenza in poi è stato il suo interesse principale. Leonardo scriveva sui suoi quaderni: “Io domando”, investigare sul mistero del mondo era la sua priorità. Da sempre attratto dal volo degli uccelli cui si è dedicato a lungo, fabbricò una macchina a loro immagine e somiglianza, anticipando genialmente quello che secoli dopo hanno chiamato “aeroplano”. Leonardo, ricorderà, come segno premonitore, che un uccello gli batté il becco sulle labbra. Volare, è stato da sempre il sogno dell’uomo e Leonardo apprese del volo concetto e meccanica, natura e ingegneria; la contaminazione delle arti e delle scienze sono state da sempre nello spirito di Leonardo tanto da far scrivere al Vasari “Dovunque, l’animo volse alle cose difficili”.

L’installazione-scultura transrealista “Leonardo adolescente: dal volo degli uccelli all’aeroplano” di Francesco Guadagnuolo realizzata per l’Anniversario dei Cinquecento anni dalla morte di Leonardo, unisce e fonde tempi diversi che dialogano tra loro e vuole indicare la strada di Leonardo come sin dall’adolescenza si era impegnato nell’osservare la natura ed era affascinato dal volo degli uccelli premonizione dell’aereo futuro. Questo vuole dirci Guadagnuolo del genio leonardesco: essere riuscito a pensare una macchina che potesse volare imitando sia nell’aspetto sia nella funzionalità i volatili. Tramite l’esperienza, Leonardo arrivò alla comunicazione della legge della meccanica, come a qualunque azione ne coincide una contraria. Leonardo sosteneva essere necessaria una parte trainante (di un motore) che aiutasse alla sua invenzione la sua macchina volante per giungere alla concretizzazione di un volo lungo e duraturo.

Nell’installazione di Guadagnuolo l’aeroplano viene inserito addirittura sopra la testa come geniale intuizione, mentre il volatile nell’attimo che vola sul torso andando a colpire Leonardo sulle labbra, come narra lui stesso. In basso è installato un libro Enciclopedia del sapere, simbolo della genialità leonardesca. Sopra il libro, una provetta che prende la sembianza della Terra con all’interno un veliero come viaggio simbolico di colui che si è interessato su tutto ciò che comprende lo scibile umano. Le predilezioni di Leonardo erano: comprendere l’anatomia Umana e le energie disciplinanti le leggi dell’Universo. Nella scultura-installazione di Guadagnuolo si nota la Terra disegnata sull’ampolla, simbolo di osservazione e sperimentazione, “Non è vera scientia se non addimandata alle matematiche dimostrazioni” ebbe a scrivere Leonardo, interrogandosi su tutto, preannunciando Galileo e Bacone. Da siffatto livello intellettivo scaturisce l’importanza dei suoi studi, dei suoi progetti e dei calcoli matematici. L’opera di Guadagnuolo, è tutta posta su tre simboli: il volo degli uccelli, l’aeroplano e la provetta delle sperimentazioni è su queste caratteristiche che l’artista fa concentrare lo sguardo; dunque passato e presente si fondono per creare un nuovo transreale connubio artistico.

Descrivendo la seconda scultura di Guadagnuolo “Il vero ritratto di Leonardo da vecchio”, l’artista vorrebbe mostrare il vero ritratto da vecchio di Leonardo Da Vinci. Dopo un’attenta analisi, il Mº Guadagnuolo è arrivato a questo ritratto avendo percorso diverse strade di studio che sono state portate avanti, da alti esperti con diverse interpretazioni del suo vero ritratto. Guadagnuolo lo concepisce all’interno di una valigia custode della memoria della vita di Leonardo, sopra la valigia, il ritrovamento ipotetico del suo teschio. Come detto, diversi studi sono stati compiuti per rilevare il vero aspetto di Leonardo Da Vinci e sono pubbliche poche opere ritraenti un uomo con barba che viene visto da alcuni studiosi come Leonardo Da Vinci.

Il ritratto più noto è quello custodito nella Biblioteca Reale di Torino, ed è stato realizzato attorno al 1500, quando Leonardo aveva più di 60 anni. Secondo taluni esperti, il disegno a sanguigna non raffigura Leonardo Da Vinci ma il volto di un vecchio, calvo sulla fronte, con barba e lunghi capelli, certamente disegnato da Leonardo ma pare che non è il suo autoritratto. Infatti, secondo testimonianze dell’epoca, la sembianza reale di Leonardo era differente.

Nella scultura che ritrae Leonardo Da Vinci del Mº Guadagnuolo, la testa non è calva, ma mostra capelli lunghi che partono dal capo, secondo le testimonianze dell’epoca, ed un viso di un uomo anziano con barba lunga. Lo sguardo è disteso, dall’espressione seria, i particolari del volto indicano un atteggiamento forte e deciso. Le linee del volto, sono evidenti e quindi segnano il tempo trascorso che esibisce rugosità sulla faccia, vicino agli occhi, sopra la bocca e sulle guance. Lo sguardo è particolare, sembra che osservi ed appare mutevole, enigmatico. L’artista ha trasfuso uno stato d’animo malinconico, chiuso in un certo mistero. I contorni del volto non sono perfettamente rappresentati, ma consentono la forma, come se sparisse nell’ombra. Questo riporta una certa vitalità alla configurazione: come solerte ad avanzare, quasi a parlare. Per la realizzazione della capigliatura di Leonardo l’artista ha seguito e si è avvalso della collaborazione professionale dell’acconciatrice Lucia Coppola.

L’opera di Guadagnuolo respira un’aria metafisica, osservandola si rimane impressionati, il ritratto di Leonardo sembra uscire da una dimensione impenetrabile nonostante si tratta di un’opera transrealista, che dialoga con il suo teschio idealmente ritrovato. La pelle del volto biancastra, segnata dal tempo, come rinvenuta da un utopistico sepolcro il cui volto di Leonardo da Vinci prende vita nella scultura di Guadagnuolo. La valigia è stata in questi cinquecento anni custode del suo testamento e della memoria leonardesca, grazie alla conservazione del suo amico allievo Francesco Melzi. Infatti, ereditate tutte le opere e i manoscritti artistici e scientifici di Leonardo Da Vinci, li traslocò a Vaprio d’Adda nell’abitazione famigliare e furono custoditi fino alla sua morte.

Leonardo è morto in Francia ad Amboise, il 2 maggio del 1519. Qualche settimana prima della morte, compilò il suo testamento, firmandolo di fronte al notaio Guglielmo Boreau, alcuni testimoni e al suo amico Francesco Melzi. Nella dichiarazione desiderava dopo la morte essere sepolto nella Chiesa di Saint-Florentin. Infatti, dopo la sua morte, fu seppellito nella Chiesa che purtroppo, dopo qualche tempo, fu demolita. La sepoltura venne dispersa negli scontri tra ugonotti (protestanti francesi) e cattolici. Anche se nel 1874 alcuni resti trovati vennero sepolti nella Cappella del Castello di Saint-Hubert ad Amboise, nessuno può dire che quei resti presenti nella Chiesa di Saint-Florentin appartengano a Leonardo Da Vinci, permane l’enigma della sua sepoltura.




Napoli, “La Scapiliata” di Leonardo Da Vinci ospite illustre alle Gallerie d’Italia

NAPOLI – Nell’ambito della rassegna ‘L’Ospite Illustre’ alle Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli sede museale di Intesa Sanpaolo è in esposizione la celebre opera di Leonardo da Vinci dal titolo ‘La Scapiliata’ dal 6 luglio al 2 settembre 2018. L’exhibition Leonardesca collocata nel maestoso salone al piano terra è curata da Marco Carminati, la mostra segna la settima edizione della rassegna ‘L’Ospite Illustre’, l’esibizione riporta il celebre maestro toscano dopo trent’anni nel capoluogo partenopeo in occasione della grande mostra ” Leonardo e il leonardismo” a Roma e a Napoli al Museo e Real Bosco di Capodimonte. La presentazione dell’opera è avvenuta in occasione della conferenza stampa il 5 luglio a Palazzo Zevallos: sono intervenuti Michele Coppola, Direttore Arte, Cultura e beni Storici Intesa Sanpaolo, Marco Carminati, Curatore mostra, Chiara Travisonni Storico dell’Arte, Complesso Monumentale della Pillotta Parma.

L’opera di Leonardo da Vinci è chiamata anche ‘Testa di Donna’ ed è dipinta in terra d’ombra, ambra inverdita e biacca su legno in 27 centimetri per 21, datata con molta probabilità come concordano gli studiosi tra il 1504 – 1508, è un’opera di rilievo in prestito temporaneo proveniente dal Complesso Monumentale della Pillotta di Parma, l’esposizione anticipa le celebrazioni per i 500 anni dalla morte del genio fiorentino previste per il prossimo anno.

L’intera rassegna è una sinergia di istituzioni tra ente privato e il pubblico, una fusion con l’intento di voler far conoscere il grande patrimonio artistico italiano culturale al pubblico, l’intera rassegna è nata con la volontà di voler condividere con la cittadinanza un nucleo di opere tratte dalle proprie collezioni d’arte di Intesa Sanpaolo. L’opera del genio di origine di Anchiano, ossia la ‘La Scapiliata’ è assolutamente da non perdere perché oltre che è bellissima ed emoziona fruirla è anche interessante ed affascinante tutta la storia dell’opera stessa da quando è stata creata e poi acquistata nei secoli. ‘La Scapiliata’ nata forse perché Leonardo da Vinci stava eseguendo uno studio preparatorio per dipingere con molta probabilità una Madonna, ‘Testa di Donna’ è una riscoperta di quella “normalità” del genio e la colloca tra le opere immortali appartenenti all’intera umanità. L’opera in esposizione era già ben nota già fin dal 1627 come testimonia la citazione negli inventari di Federico Gonzaga, “ un quadro dipintovi la testa di una donna scapigliata bozzata… opera di Leonardo da Vinci”.

Il dipinto ‘La Scapiliata’ è l’esempio di arte che arriva al cuore e coinvolge tutti i sensi, il suo tratto delicato, la luce che investe gli zigomi, gli occhi socchiusi e la “morbidezza” dei colori escono con forza prepotentemente fuori dalla piccola tavoletta di legno, larga e alta poco più di una spanna e danno al fruitore l’impressione di trovarsi di fronte ad una altorilievo e quindi ad una tridimensionalità scultorea che solo un genio può fare. L’opera di Leonardo ha la capacità di interloquire con il visitatore suggerendo ad egli tutta la serenità che Leonardo aveva per i soggetti femminili. “ Testa di Donna” forse incompiuta oppure il genio toscano ha voluta lasciarla così?… è un’opera tutt’ora avvolta nel mistero e sarà messa a confronto dal 7 luglio fino al 21 con il volto si Sant’ Orsola raffigurata nel “Martirio” di Caravaggio – capolavoro delle collezioni Intesa Sanpaolo ospitato alle Gallerie di Napoli, tale confronto consentirà di approfondire le tecniche e il linguaggio di questi due maestri appartenenti all’arte italiana.

Accanto alla Scapiliata di Leonardo da Vinci – un altro sorprendente esempio di genialità italica – sarà esposta una riproduzione digitale di Salomè con la testa del Battista di Bernardino Luini. L’intento di questo collocazione tra l’opera di Leonardo e di Luini che quest’ultima è datata al 1525 circa conservata agli Uffizi dal 1763, è di straordinaria importanza storica, la sorprendente somiglianza tra la Testa di Donna del genio fiorentino e la protagonista femminile del dipinto olio su tavola del pittore lombardo contribuisce a collocare a Milano il prototipo leonardesco almeno fino 1530, incidendo ancora fortemente l’influenza che il maestro toscano continuava sui più giovani artisti che si erano formati o perfezionati alla sua bottega. Questo dialogo tra i volti del capolavoro di Leonardo e l’artista Luini e reso possibile grazie all’esposizione di quest’ultimo sotto forma di DAW – DIGITAL ART WORK, copia digitale riprodotta in serie limitata, numerata e certificata in scala 1:1 in tutto fedele all’originale, realizzata dall’azienda Cinello in accordo con la Galleria degli Uffizi utilizzando un’innovativa tecnologia brevettata. L’iniziativa è promossa da Save the Artistic Heritage.

Michele Coppola, Direttore Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, ha affermato: “ Valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio artistico nazionale è una delle ragioni che dà vita al ‘Progetto Cultura’ della nostra Banca e ‘L’Ospite Illustre’ è una testimonianza – ed ha inoltre proseguito Coppola – dopo Antonello da Messina, Picasso, Caravaggio, presentati alle Gallerie d’Italia a Napoli grazie al dialogo con importanti musei italiani e internazionali, ospitiamo oggi uno straordinario dipinto di Leonardo dalla Galleria Nazionale di Parma. Ma accanto alla celebrazione di grandi capolavori, non vogliamo dimenticare le originali iniziative espositive di Palazzo Zevallos Stigliano dedicate a studiare, riscoprire e raccontare artisti e opere meno noti, ma significativi per l’identità e la storia dell’arte italiana.”

Giuseppina Ercole




" MONNALISA DIPINTA DA LEONARDO DI CAPRIO". ECCO LA GAFFE DI UN GIORNALISTA AMERICANO

Redazione
 
Sulla Monna Lisa si è detto di tutto in questi anni, si sono scritti libri, studi di psicoanalisi, studi sull’emblematico sorriso e persino film ma mai nessuno aveva tolto la paternità del dipinto a Leonardo Da Vinci. In America invece è successo tutto ciò. Il giornalista di Fox News, Shepard Smith, in diretta tv ha attribuito il dipinto a Leonardo Di Caprio invece che a Leonardo Da Vinci, non ha corretto il grave errore commesso ed è passato alla notizia successiva. La notizia ha fatto scalpore e il giro del mondo, su Twitter non c’è stato perdono per il giornalista distratto che ha subito attacchi e critiche. 
 
La Monna Lisa, famoso dipinto olio su tavola di Leonardo Da Vinci sebbene fosse di piccole dimensioni, ha da sempre affascinato il mondo per il velo di mistero che si cela dietro. L’opera, databile al 1503-1506 circa, attualmente è conservata presso il museo del Louvre a Parigi. Opera che da sempre ha affascinato, suggestionato e emozionato, ha fatto parlare di se tantissimi critici d'arte. Mai nessuno però la aveva attribuita a Leonardo di Caprio!
 
Il segreto sulla donna ritratta nell'opera, ha scosso per interi decenni la curiosità di critici e studiosi che tuttora non riescono ad essere concordi nell'attribuzione del ritratto. C’è chi dice che sia lo stesso Leonardo, chi invece pensa a Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo (quindi “Gioconda”). Ma, caro collega americano, stai ben sicuro che non si tratta assolutamente della compagna di Leonardo Di Caprio! 



LEONARDO DA VINCI RIESCE ANCORA A SORPRENDERCI: PRIMA DELLA GIOCONDA REALIZZO' “LA BELLA PRINCIPESSA”

I ricercatori della Sheffield Hallam University hanno scoperto un secondo sorriso enigmatico in un ritratto da poco accertato essere del maestro Leonardo da Vinci. Ne "La Bella Principessa" esiste lo stesso effetto visivo che riesce a creare l'impressione di un sorriso sfuggente che è chiamato “il sorriso imprendibile”

di Cinzia Marchegiani

Regno Unito – La Gioconda ha affascinato l’umanità per secoli, perché ha il sorriso sfuggente, ma soprattutto perché in base all’angolazione dell’osservatore, il volto della Monna Lisa sembra sorridere, ma quando si guardano direttamente le labbra, quel sorriso sembra appiattirsi. E’davvero un trucco visivo intelligente dell’eccelso Leonardo da Vinci il quale è riuscito grazie a sottili miscelazioni dei colori sfruttare la visione periferica dello spettatore. Il sorriso della Gioconda ha affascinato e confuso non solo gli spettatori ma anche gli scienziati allo stesso modo e da secoli. A seconda della propria osservazione e di come gli occhi si concentrano sul quadro, il capolavoro di Leonardo da Vinci mostra un volto differente. Secondo i ricercatori Sheffield Hallam University, la tecnica artistica che ha creato quel famoso sorriso può ritrovarsi in un quadro intitolato "La bella principessa". Solo di recente infatti è stato confermato che il ritratto "La Bella Principessa" fu dipinto da Leonardo da Vinci.

La scoperta e lo studio. Alessandro Soranzo e Michael Newberry della Sheffield Hallam University, i coautori della scoperta arte scientifica, hanno esaminato il quadro La Bella Principessa. Lo studio, pubblicato su Vision Research , ha determinato che le qualità enigmatiche del sorriso sono stati eseguiti con gli stessi principi espressi nel sorriso della Monna Lisa. Gli scienziati che hanno fatto questa scoperta sostengono che proprio il sorriso enigmatico di Monna Lisa è stato dipinto dopo La Bella Principessa, quindi non è stato un colpo di fortuna esser riuscito a cristallizzare in quelle forme e colori quel sorriso enigmatico, ma una caratteristica intenzionale della maestria di Leonardo nell’esprimere le emozioni sottili.

Scoperta straordinaria. Questa scoperta è duplicemente straordinaria, dimostra che prima della Gioconda Da Vinci aveva già realizzato “La bella Principessa”, e quella straordinaria capacità di realizzare un sorriso enigmatico non è stato frutto di alcuna improvvisazione del pittore. Entrambe le opere d’arte ora acquisiscono un incommensurabile valore.

La ragazza nel ritratto “La Bella Principessa” è Bianca, la figlia illegittima di Ludovico Sforza, che governò Milano durante i 1490. Suo padre  commissionò il dipinto nel 1496, in onore del prossimo matrimonio di Bianca con un comandante dell'esercito milanese. Lei aveva 13 anni. Il ritratto di Bianca trasmette tutta la tensione e la complessità della sua situazione. Visti da lontano, Bianca sembra sorridere. Ma da vicino, la sua bocca sembra inclinarsi verso il basso,  attribuendole uni sguardo malinconico. E come la Gioconda, il sorriso di Bianca appare più facilmente nella visione periferica telespettatori, e sfuma quando gli spettatori guardano direttamente le labbra.

I ricercatori Alessandro Soranzo e Michelle Newberry di Sheffield Hallam University hanno scritto nel documento scientifico pubblicato sulla rivista Vision Research :"Come il sorriso scompare non appena lo spettatore cerca di 'prenderlo', abbiamo chiamato questa illusione ottica il 'sorriso imprendibile'". Ora quel sorriso impercettibile della Gioconda, col suo alone di mistero, che ha ispirato tantissime pagine di critica, di letteratura, di opere di immaginazione, di studi anche psicoanalitici, ha una gemella.