WHY NOT, LUIGI DE MAGISTRIS ASSOLTO

Redazione

Assolto perché il fatto non costituisce reato. È la motivazione con cui i giudici della Corte d'Appello di Roma, hanno assolto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris dall'accusa di abuso d'ufficio per la vicenda legata all'inchiesta calabrese «Why Not». La stessa decisione riguarda Gioacchino Genchi, che insieme a De Magistris era stati condannato a un anno e tre mesi in primo grado. In primo grado de Magistris e Genchi furono condannati a un anno e tre mesi per abuso d'ufficio per le intercettazioni riferite alle utenze di alcuni parlamentari acquisite senza le relative autorizzazioni nel 2006, quando l'attuale sindaco di Napoli era pm a Catanzaro e titolare dell'inchiesta.

Il sostituto pg Pietro Catalani aveva chiesto l'assoluzione dei due imputati per due episodi legati ai casi dei parlamentari Pisanu e Pittelli e la dichiarazione di prescrizione, riferita agli altri sei episodi che avevano riguardato i politici Sandro Gozi, Romano Prodi, Clemente Mastella, Antonio Gentile, Domenico Minniti e Francesco Rutelli. Ai giudici della terza Corte d'appello, presieduti da Ernesto Mineo, è bastata un'ora scarsa di camera di consiglio per chiudere la vicenda con una doppia assoluzione.

"Per me è la fine di una profonda sofferenza". Collegato al telefono, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha commentato così con il suo difensore, l'avvocato Massimo Ciardullo, la notizia dell'assoluzione. "Sono convinto di avere svolto il mio mestiere di magistrato nel pieno rispetto della Costituzione e della legge", ha detto De Magistris, molto emozionato

L'inchiesta Why Not Il nome Why Not deriva da quello di una società di outsourcing la cui attività rappresenta uno dei filoni principali dell'indagine. L'inchiesta registra un momento di svolta il 18 giugno 2007 quando il pm de Magistris fa eseguire dai carabinieri 26 perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati. Tra loro vi è anche Pietro Scarpellini, consulente "non pagato", come precisò all'epoca Palazzo Chigi, della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nell'inchiesta risultano indagati, inoltre, Luigi Bisignani, consulente della Ilte spa, e Giancarlo Pittelli, senatore di Forza Italia. Un ruolo centrale nella vicenda sarebbe stato svolto dall'imprenditore Antonio Saladino, allora presidente della Compagnia delle Opere della Calabria. L'inchiesta ruota attorno anche a presunti contatti tra Saladino e l'allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi, poi smentiti dalle inchieste. Negli atti dell'inchiesta figurano anche alcune intercettazioni telefoniche riguardanti colloqui tra Antonio Saladino e il ministro della giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata successivamente archiviata per insussistenza dei fatti.

Durante l'indagine si registra l'iniziativa di Clemente Mastella che chiede al Consiglio superiore della magistratura il trasferimento di de Magistris: il CSM ha dapprima rimandato la decisione a dicembre 2007. Alla fine, sia de Magistris che i suoi collaboratori sono stati rimossi dall'inchiesta. La vicenda ha creato un grave conflitto, senza precedenti, tra le Procure di Salerno e Catanzaro, creando un caso nazionale che ha visto anche l'intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il pm de Magistris e il ministro Mastella, per motivi opposti, sono stati entrambi oggetto di minacce.

Altri indagati nell'inchiesta sono il generale Paolo Poletti, capo di stato maggiore della Guardia di Finanza, Nicola Adamo (Ds), in quella fase vicepresidente della Regione Calabria, Mario Pirillo (ex-Margherita, poi Partito Democratico Meridionale), assessore regionale all'agricoltura, e un consigliere regionale dei Ds, Antonio Acri. Il 19 ottobre 2007, la procura di Catanzaro, nella persona di Dolcino Favi (avvocato generale dello Stato e procuratore generale reggente a Catanzaro), ha avocato a sé l'inchiesta, sottraendola a de Magistris per presunta incompatibilità. Il Pg facente funzioni ha inoltre disposto che la notizia venisse ufficialmente comunicata al P.M. solo il 22 ottobre. In un'intervista a la Repubblica, de Magistris dichiarerà, infatti, di esserne venuto a conoscenza da notizie di stampa.

Per completezza d'informazione, bisogna aggiungere che Favi già nel 1989 era stato oggetto di attenzioni da parte del CSM e della Camera dei deputati per «essere dedito a sistematiche violazioni di norme, in particolare di quelle poste a presidio dei diritti fondamentali dell'individuo» e che egli avocò "Why Not" giusto una settimana prima che scadesse la sua carica a procuratore e quando il CSM aveva già nominato il procuratore titolare, attuando l'avocazione in una forma particolarmente aggressiva (facendo, cioè, aprire la cassaforte dell'ufficio all'insaputa del PM e prelevandone tutti gli atti d'inchiesta).

Infine, anche la presunta incompatibilità sostenuta da Favi (riguardante l'iscrizione sul registro degli indagati del ministro Mastella, che aveva chiesto il trasferimento di de Magistris), si è rivelata inesistente poiché Mastella era stato iscritto come senatore, mentre le intercettazioni disposte dalla procura (come risulterà, a febbraio 2009, ai giudici di Salerno) erano perfettamente legittime poiché non vi era modo di associare preventivamente l'utenza usata anche da Mastella a un parlamentare. Il 21 gennaio 2012 il GUP di Roma Barbara Callari rinvia a giudizio Luigi de Magistris e Gioacchino Genchi con l'accusa di aver acquisito in modo illegittimo, nel 2009, i tabulati telefonici di alcuni parlamentari. De Magistris ha definito l'inchiesta "infondata"