Regione siciliana: indagato il neo eletto Luigi Genovese per riciclaggio

Indagato Luigi Genovese, neoeletto di Forza Italia in Sicilia. Il suo nome appare nell’ordinanza di sequestro della Guardia di Finanza per beni di valore pari a 100 milioni di euro: azioni, beni mobili ed immobili, società di capitali e conti correnti. ”Sto’ già valutando insieme al mio legale di fiducia le iniziative da assumere in sede giudiziaria. – ha detto Genovese dopo aver appreso la notizia dell’inchiesta coordinata dal procuratore De Lucia e dall’aggiunto Ardita – Certo di dimostrare la linearità e la regolarità della condotta mia e dei miei congiunti, – ha proseguito Genovese – nella gestione dei beni di famiglia. Anche se la tempistica di questo provvedimento può apparire sospetta, voglio credere che non vi sia alcuna connessione con la mia recente elezione all’Assemblea Regionale Siciliana. Non consentirò nessuna eventuale strumentalizzazione in chiave politica”.

Le accuse promosse dai giudici del tribunale di Messina sono precise

Luigi Genovese “è il prestanome e beneficiario dell’operazione del padre compiuta per sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi e sul valore aggiunto” da addizionarsi agli “interessi e sanzioni amministrative comminate dalla commissione Tributaria”. È infatti allo studente ventunenne Luigi che il padre Francantonio ha intestato parte del suo patrimonio. Sotto il torchio giudiziario anche la moglie, Chiara Schirò, già condannata qualche mese fa a 2 anni e due mesi nell’ambito dello scandalo per la formazione professionale, il nipote Marco Lampuri e la figlia Rosalia.

La nuova famiglia Malavoglia però si regge salda all’operato di Padron ‘Ntoni (Francantonio), primo segretario Pd in Sicilia, deputato del partito renziano e approdato finalmente a Forza Italia solo dopo essere stato condannato in primo grado per associazione per delinquere, riciclaggio, truffa, frode fiscale, peculato inverso la Regione Sicilia tramite enti gestiti personalmente o dai suoi famigliari. È da inserirsi in questa truffa da 20 milioni di euro, la messa in accusa del figlio Luigi.

 

Lo storico naufragio che ha dato il via alla catastrofe è iniziato quando le autorità hanno chiesto al fisco elvetico i nominativi degli italiani con polizze assicurative sospette

La Guardia di Finanza di Milano, proprio nell’analizzare i documenti di provenienza svizzera, sono incappati in 16 milioni di fondi esteri schermati da una polizza accesa attraverso un conto presso la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd. Il parlamentare è perciò accusato di aver riportato nella penisola 6 milioni di euro in modo da non essere rintracciabili.

Dal 2016 gli Genovese vengono inseguiti dall’Agenzia delle Entrate al fine di verificare le discrepanze tra redditi e patrimonio, svelando così una complessa attività di riciclaggio per eludere e frodare il fisco. Ciò è stato orchestrato servendosi di enti a loro correlati i quali hanno realizzato operazioni di trasferimenti immobiliari e finanziari per aggirare la rete del fisco con lo scopo di allontanare dal vortice del ciclone i 16 milioni e per sottrarsi al versamento delle imposte e delle sanzioni amministrative di 25 milioni di euro, nate dallo scandalo della formazione professionale.

 

Subito dopo Luigi si rende complice del padre per rendere nullo il pignoramento effettuato da Riscossione Sicilia sulle quote di Francantonio che nel mentre si era sbarazzato di tutto il patrimonio finanziario per sfuggire all’aggressione dell’Agenzia delle Entrate. Il deputato ha partecipato come custode delle quote alle assemblee dove si è deciso di azzerare il valore delle proprie azione (svariati milioni) e il subentro del figlio Luigi nella società Gefin con la sottoscrizione di aumenti di capitale, resi possibili con un versamento di denaro bonificatogli nei giorni precedenti dal padre, a dimostrazione delle finalità illegittime ed illecite.

 

I giudici così riassumono l’accaduto: “Dapprima artificiosamente (gli indagati N.D.A.) determinavano un aumento di capitale, rispetto al quale Francantonio Genovese rinunciava a sottoscrivere le quote, affinché in esisto ad esso il figlio, benché privo di risorse economiche proprie sottoscrivesse i nuovi titoli acquisendo il 51,61 per cento del capitale”. In ultimo i giudici fanno riferimento ad indizi gravi, plurimi e convergenti sottolineando il rischio di una possibile correlazione con somme sparite ed a successivi introiti da ricercare nel passato della famiglia.

 

Questa serie di politici immischiati nei putridi olezzi del malaffare non si concludono qui. Purtroppo, finora, i Genovese occupano il quarto posto a livello cronologico in Sicilia. A 18 giorni dalle elezioni del 5 novembre in Sicilia, erano finiti indagati Riccardo Savano (FI) accusato di truffa e appropriazione indebita, Edy Tamajo (Sicilia Futura) per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e Cateno De Luca (Udc) per evasione fiscale. Se il futuro della Sicilia dovrà ancora scontrarsi con le magagne giudiziarie di chi la governa, non resterà nemmeno più la speranza, rinomata per essere l’ultima a morire, dei giovani siciliani. L’Italia tutta necessiterebbe di una rivoluzione di chiarezza e trasparenza, le basi di una democrazia salda e potente.

 

Gianpaolo Plini