IL BOSS SINACORI RACCONTA DI COME LA MAFIA VOLEVA UCCIDERE A ROMA FALCONE, COSTANZO E MARTELLI

Angelo Barraco

Caltanissetta –  Nell’aula bunker di Rebibbia, a Roma, ha deposto il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, ex appartenente al mandamento di Mazara del Vallo. La sua deposizione è avvenuta nell’ambito del processo per la strage di Capaci ed è avvenuta davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. Sinacori ha raccontato che tra l’ottobre e il novembre del 1991 si è tenuto un incontro tra mafiosi a Castelvetrano, in provincia di Trapani, in quell’incontro si è deciso di eliminare il giudice Giovanni Falcone, il ministro di allora Claudio Martelli e Maurizio Costanzo. Sinacori ha raccontato che l’incontro era presieduto da Totò Riina e vi partecipava anche Matteo Messina Denaro e altri mafiosi. Ci sarebbero state anche altre riunioni oltre a quella fatta a Castelvetrano, le altre sarebbero state fatte a casa di Salvatore Biondino, l’autista di Totò Riina e tali riunioni servivano per definire il modus operandi: “Bisognava usare delle armi tradizionali. In caso di attentati bisognava chiedere il permesso a Riina. A Roma, arrivarono con un camion, armi ed esplosivo”. Sinacori racconta che Falcone era il primo a dover essere ucciso perché era considerato un nemico dopo il maxiprocesso, Maurizio Costanzo invece perché era contro Cosa Nostra durante le sue trasmissioni e Martelli perché era stato eletto con i voti di Cosa Nostra, poi però aveva voltato le spalle alla stessa. Il boss racconta anche dei luoghi dove dovevano essere uccisi; Falcone per esempio, racconta Sinacori, doveva essere ucciso in un ristorante a Roma che frequentava spesso, Martelli invece dove c’era la sede del ministero di Grazia e Giustizia. Falcone non fu ucciso a Roma perché il commando d’azione che doveva ucciderlo, nel momento in cui faceva i sopralluoghi, iniziò a fare confusione tra “Il Matriciano” per “La Carbonara”, ristorante dove Falcone era solito andare. Il Pm Stefano Luciano ha chiesto a Sinacori come mai nel 1996 ha deciso di diventare collaboratore di giustizia, Sinacori ha risposto così: “Lo faccio per problemi miei che non intendo riferire. Non ho nessuna spiegazione da dare. Ho fatto questa scelta”.



MAFIA, SEQUESTRATI BENI PER OLTRE 1 MILIONI A 5 BOSS AGRIGENTINI

Duro colpo alla mafia agrigentina. La Direzione investigativa antimafia di Agrigento ha concluso un'indagine che ha portato al sequestro e alla confisca di beni per un valore complessivo di oltre un milione e mezzo di euro, riconducibili a cinque esponenti mafiosi, tutti attualmente detenuti. I provvedimenti sono stati emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, sulla base delle indagini economico-patrimoniali effettuate dalla Dia su delega del procuratore aggiunto Bernardo Petralia.


Beni confiscati.
In particolare a Giuseppe Falsone, 44enne di Campobello di Licata, già capo di Cosa nostra agrigentina ed ex latitante tra i trenta più pericolosi, catturato a Marsiglia nel 2010, è stata confiscata un'impresa a Campobello di Licata per la coltivazione di cereali e allevamento del valore di 35.000 euro. Tredici terreni, 3 fabbricati e 4 conti, per complessivi 870.000, sono stati sequestrati a Simone Capizzi, 71enne, e al figlio Giuseppe, 48enne, elementi di spicco del clan di Ribera, il primo condannato all'ergastolo per l'omicidio del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli del 4 aprile 1992 ad Agrigento; il secondo tratto in arresto nel luglio 2006 e attualmente detenuto a seguito di sentenza definitiva che lo ha condannato a otto anni di reclusione. Poi Damiano Marrella, 67enne, esponente della cosca di Montallegro, cui sono stati sequestrati un immobile, fondi d'investimento e altri rapporti bancari per 300.000 euro. A Pasquale Alaimo, 45enne appartenente al clan di Favara, condannato a 13 anni, sono stati confiscati immobili, automezzi, polizze assicurative, libretti di deposito, fondi comuni d'investimento, un conto corrente bancario per 270.000 euro.




ACIREALE: IL COMUNE CHIEDE L'ASSEGNAZIONE DI 4 IMMOBILI CONFISCATI ALLA MAFIA

Angelo Barraco

Acireale (CT) –  L’amministrazione comunale di Acireale, durante la presentazione del regolamento comunale per la concessione dei beni immobili confiscati alla criminalità che è stato approvato nei giorni scorsi dal sindaco, dal vescovo e dal deputato regionale, ha annunciato che farà una richiesta ufficiale per l’assegnazione di ben quattro beni immobili confiscati alla mafia. I beni in questione sono: una villa nella zona di Pozzillo e tre appartamenti nella zona di Santa Maria Ammalati. Tali beni, dopo saranno acquisiti dal comune, saranno incamerati nel patrimonio comunale. Il Sindaco da detto: “Abbiamo voluto presentare il regolamento alla città, alla stampa e abbiamo voluto farlo insieme con il vescovo e alla presenza delle forze dell'ordine perché riteniamo che questo sia un ulteriore passo in avanti del Comune di Acireale verso la legalità. Sappiamo che nel territorio comunale ci sono quattro immobili confiscati. Vogliamo che non siano più in possesso della criminalità e siano devoluti alla comunità. Non sappiamo in cosa li trasformeremo, ma mi piacerebbe destinarli ad associazioni che si occupano di disabili e meno abbienti”. Il deputato regionale ha detto: “E' un altro tassello del percorso intrapreso in questa città di ripristino di regole e comportamenti improntati alla legalità e all'uguaglianza. E' un regolamento che disciplina la gestione di beni confiscati ai delinquenti che hanno fatto investimenti nella nostra città. Anche questo sarà un segnale che non piacerà a qualcuno: spogliare dei mafiosi di beni che verranno destinati al bene della comunità per riparare in parte alle ingiustizie che hanno commesso. Di recente ci sono stati segnali precisi di presenze che vorrebbero controllare questo territorio e questo deve farci reagire con l'impegno deciso di ciascuno nel quotidiano”.



MAFIA: I TESTIMONI DI GIUSTIZIA SARANNO ASSUNTI DALLA REGIONE SICILIA

di Angelo Barraco

Palermo – Il Presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, ha dichiarato che i testimoni di giustizia siciliani saranno assunti dalla Regione, 13 prenderanno servizio tra pochi giorni e altri 35 nel mese di maggio dopo l’approvazione della Finanziaria. Crocetta dice: “E' un piano certo con un preciso crono-programma, siamo l'unica regione d'Europa, che ha varato una norma sui testimoni di giustizia e siamo un esempio per tutto il Paese. Per evitare tra l'altro problemi ad alcuni testimoni che vivono in località protetta e che non possono rientrare in Sicilia, sulla base delle valutazioni del ministero dell'Interno, si è svolto un incontro con il viceministro Bubbico e il presidente della Conferenza delle regioni Chiamparino, per potere destinare in comando in altre regioni – a spese della Regione Siciliana – i nuovi assunti“. Ricordiamo che il collaboratore di giustizia, non avendo commesso reati, decide di collaborare con lo Stato dando informazioni utili per le indagini sui casi e mette a rischio la sua vita.  Il Testimone di giustizia, non essendo responsabile di reati, compromette la sua vita e quella della sua vita. Crocetta continua dicendo: “L'istruttoria ovviamente ha richiesto circa 6 mesi, che non ci sembrano proprio tempi lunghi, in considerazione del fatto che per ogni testimone va accertato da parte del Ministero l'effettivo contributo dato alla giustizia, la necessità di protezione dell'anonimato, la scelta del luogo dove possono svolgere il servizio in considerazione della necessità di tutela dei medesimi. Siamo orgogliosi di avere fatto, grazie anche all'apporto di tutta l'Ars, e siamo gli unici in Europa, una legge che sostiene le vittime innocenti del racket delle estorsioni e della mafia che si sono ribellate. Ovviamente la necessità di assumerli in due tranche, dipende dalle previsioni di bilancio, ma in ogni caso per l'assunzione viene rispettato l'ordine cronologico di presentazione delle domande. Comunque ribadisco, entro maggio saranno assunti tutti". Il Presidente dell’associazione nazionale testimoni di giustizia, Ignazio Cutrò, è soddisfatto di ciò e afferma: “Si scrive così un'importante pagina di storia umana e politica di lotta alle mafie e di sostegno a coloro che denunciano“. 



MAFIA: DOVE FINISCONO I BENI SEQUESTRATI?

di Christian Montagna
Tutti almeno una volta nella vita si saranno chiesti dove vanno a finire i beni sequestrati alla mafia. Enormi distese di terre, appezzamenti, lussuose ville stile hollywoodiano, ingenti quantità di denaro e tante altre attività, sono state nel corso degli anni oggetto di sequestri in seguito agli arresti dei capi mafiosi o dello smantellamento di interi clan. Il tesoro finora racimolato ammonta a tre miliardi e mezzo di euro che, se fossero investiti intelligentemente potrebbero fruttare molto. La cifra incassata dallo Stato in seguito a sequestri penali e amministrativi di beni mafiosi a quanto pare però non viene correttamente spesa. In tempi come questi di profonda crisi e di tagli ai bilanci, pare veramente un enorme spreco. Il tesoro incassato dal Fug ( Fondo unico di giustizia) potrebbe indubbiamente essere di aiuto alle numerose attività vittime della feroce spending review.

Nei processi di confisca dei beni, si incontrano diverse dimensioni: quella investigativa e giudiziaria di competenza della magistratura e delle forze di polizia; quella politica ed una economica che consiste nella valorizzazione territoriale delle risorse sottratte con la violenza; sociale, culturale ed educativa che punta alla dimostrazione della non invincibilità delle mafie. Attualmente, i beni confiscati in via definitiva sono 11.238 concentrati per il 90% in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lombardia. Ad essi fanno capo attività finanziarie, attività immobiliari, commerciali, aziende alberghiere e della ristorazione. Eppure, nella maggioranza dei casi tutte queste strutture non riescono ad essere riutilizzate. Soltanto dal 1991 al 2011, la Direzione investigativa antimafia, ha sequestrato oltre due miliardi tra case e capitali. In molti casi, L' Agenzia dei beni sequestrati che si occupa della riassegnazione degli immobili, si inceppa e i beni restano vuoti e inutilizzati. Soltanto poche delle terre che un tempo appartenevano alla mafia alla 'ndrangheta e alla camorra sono state coltivate da giovani imprenditori. Al momento, nessun piano dal governo è stato emanato per recuperare l' immenso tesoro a disposizione eppure, attualmente la stragrande maggioranza dei lavoratori è in cassa integrazione straordinaria senza salario. I sindacalisti incalzano, gli operai si disperano ma l'unico proprietario di questo tesoro continua ad essere sempre e solo lo Stato.




BOLOGNA: IN CENTINAIA IN MARCIA CONTRO LA MAFIA

di Angelo Barraco

Bologna – A Bologna sono in centinaia che hanno marciato in ricordo delle vittime della mafia e della criminalità. La marcia è stata organizzata da Libera, è partita dallo stadio ed è diretta al centro e vi partecipano i familiari delle vittime di mafia che supportano la marcia. Vi è anche il fondatore della rete antimafia, don Luigi Ciotti che in merito alla manifestazione avrebbe dichiarato: “Oggi Bologna è la capitale dell'antimafia, ma anche di un no deciso alla criminalità organizzata e alla corruzione”. Degli attivisti dei Giovani comunisti-Prc di Bologna ha innescato una protesta contro Giuliano Poletti, ministro del Lavoro. La scritta dice: “Aemilia? Questo è il sistema Pd, antimafia è anticapitalismo”. Giuliano Poletti dice: “Il Governo deve continuare a fare il lavoro che ha fatto sul piano della lotta alla corruzione, fare il proprio mestiere sul piano dell'assunzione delle responsabilità e delle decisioni che deve prendere, essere coerente da questo punto di vista, migliorare la normativa sui beni sequestrati e fare questo percorso insieme a tutta la società civile. Oggi sono qui come c'ero un anno fa,  due anni e cinque anni fa. Hanno fatto una scelta giusta, perchè Bologna è una città che ha sempre dato un grande apporto alla libertà, alla democrazia e alla lotta alle mafie. In merito ai beni confiscati il ministro dice: “Bisogna combattere tutti i fenomeni criminali, dobbiamo farlo mettendo a posto le leggi, ad esempio migliorando quella sulla gestione dei beni confiscati che vede un problema di burocratizzazione e rende difficile l'uso dei beni”



MAFIA: 30 ARRESTI A PALERMO, C'E' ANCHE UN CONSIGLIERE COMUNALE

Redazione

Palermo – Duro colpo alla mafia di Palermo, dove ad essere colpite sono anche le istituzioni. E non è una novità. Mafia, estorsioni, rapine sono i reati contestati a una trentina di persone arrestate a Palermo nell'ambito dell'operazione "Apocalisse 2", condotta dai militari del Nucleo investigativo dei carabinieri e del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza e da agenti della Squadra Mobile di Palermo. Numerose le vittime che sono uscite dall'omerta' e hanno ammesso di essere state costrette a pagare il "pizzo". Tra gli arrestati anche un consigliere del Comune di Palermo, che deve rispondere di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. L'indagine e' il frutto di sviluppi investigativi del primo segmento dell'operazione "Apocalisse", che il 23 giugno scorso aveva portato a 95 arresti, con la scoperta dei capi e degli affiliati dei mandamenti di Tommaso Natale e di San Lorenzo. Tra i boss arrestati allora, Girolamo Biondino, fratello di Salvatore, autista di Toto' Riina, e Vito Galatolo. Quest'ultimo si era subito pentito e aveva iniziato a collaborare con gli inquirenti. E' lui che ha parlato del progetto di attentato contro Nino Di Matteo, uno dei Pm del processo per la trattativa Stato-mafia.




MAFIA: EX SENATORE NANIA MEMBRO DI LOGGIA MASSONICA OCCULTA

Redazione

Grazie ai collaboratori di giustizia che si possono aggiungere molti tasselli alla carta geografica di questo cancro tutto italiano chiamato mafia. L'ex vice presidente del Senato Domenico Nania, prima di An e poi del Pdl, avrebbe fatto parte di una loggia massonica occulta di grosse dimensioni e attiva tra la Calabria e la Sicilia. Lo ha sostenuto il collaboratore di giustizia Carmelo D'Amico, sentito oggi a Messina nell'udienza del processo d'appello "Gotha3", in cui tra gli altri e' imputato l'avvocato Rosario Pio Cattafi, accusato di essere un boss mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto. Collegato in videoconferenza, il pentito ha sostenuto che nelle posizioni di vertice della loggia ci sarebbero stati Nania e Cattafi, senza specificare pero' quale ruolo i due avrebbero ricoperto.
  D'Amico ha detto di averlo saputo da una confidenza dal presunto mafioso italo-canadese Sam Di Salvo. "Parlavamo di Cattafi -ha detto D'Amico- che apparteneva a questa loggia massonica occulta insieme al senatore Nania". Su queste dichiarazioni c'e' stata una breve schermaglia tra le parti: i pubblici ministeri Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo hanno ricordato che erano state coperte da omissis nei verbali di D'Amico finora resi pubblici.




MAFIA: 4 MILIONI CONFISCATI A BOSS TRAPANESE

Redazione

Trapani – Due aziende agricole e di allevamento, 25 terreni coltivati a vigneti e disponibilita' finanziarIe, per un valore complessivo di 4 milioni e 190 mila euro sono stati confiscati dalla Guardia di finanza a Antonino Bonafede, 79 anni, di, in esecuzione di un provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani.
  Bonafede, di Marsala, gia' sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno dal 1999 al 2004 e condannato definitivamente nel 2000 dalla Corte di Appello di Palermo a sei anni di reclusione per associazione mafiosa, in quanto considerato "uomo d'onore" della famiglia mafiosa marsalese.
  Coinvolto poi nell'operazione "Peronospera II" del maggio 2003, e' stato condannato dalla Corte di Appello nel 2007 ad un anno di reclusione, "in continuazione" con la precedente condanna, per associazione di stampo mafioso, in relazione a precedenti condotte poste in essere fino al 1997, per avere avuto un ruolo di primo piano nell'organizzazione del racket del "pizzo".
  Infine, nel marzo 2010, e' stato coinvolto nell'operazione "Golem 2", con cui fu smantellata la rete dei presunti fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro. L'anziano boss e' il padre di colui che viene considerato il capo della locale cellula di Cosa Nostra marsalese, attualmente in carcere. Gia' a maggio del 2012, nell'ambito di un'inchiesta del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani, il Gip di Marsala aveva disposto a suo carico il sequestro di due appartamenti e di alcuni terreni agricoli, per omessa segnalazione di variazioni patrimoniali, come previsto dalla normativa antimafia.




MAFIA, COGNATO DI MATTEO MESSINA DENARO: "MAI FATTO PARTE DI COSA NOSTRA!"

Redazione

"Non ho mai fatto parte di Cosa Nostra. Non ho mai portato 'pizzini' per conto di Matteo Messina Denaro". Lo ha detto Vincenzo Panicola, marito di Patrizia Messina Denaro, sorella del boss latitante Matteo, durante l'ultima udienza del processo nato dall'operazione "Eden" del dicembre 2013 in corso al Tribunale di Marsala (Trapani). Tra gli imputati oltre alla sorella del capomafia figura anche il nipote Francesco Guttadauro. In aula Panicola ha ricostruito le sue attivita' e i diversi incarichi ricevuti nel settore delle imprese di pulizie. "Non ho mai ottenuto nessun profitto dalla vicinanza con Giuseppe Grigoli (l'ex proprietario della 6Gdo, esclusivista in Sicilia del marchio Despar e ritenuto prestanome del boss, ndr), nonostante il rapporto di parentela che ci univa". I magistrati hanno contestato anche un'intercettazione ambientale captata in carcere nella quale Panicola, durante un colloquio con la moglie, parlava di Grigoli e della possibilita' di realizzare una spedizione punitiva. Le contestazioni hanno riguardato un eventuale comunicazione interposta, attraverso la sorella, del latitante. Panicola ha negato.




MAFIA, NDRANGHETA, CAMORRA E… ROMA CITTA' METROPOLITANA!

di Emanuel Galea

Roma – Amleto avrebbe esclamato: essere o non essere, questo è il problema? Che sia mafia, 'ndrangheta, la Santa o Picciotteria, pulirebbe l’onta che umilia l’area metropolitana?

Ore a non finire di trasmissioni televisive a disquisire se sia più nobile d’animo e conveniente chiamarla semplicemente corruzione, collusione oppure adoperare un linguaggio vile e sprezzante e usare definizioni come tangenti, infiltrazioni della malavita, e prendere coraggio contro il dilagare del fenomeno e combattendo disperderlo, annientarlo.

Oziare, spoltronire, fare da spettatori, non esiste nulla di più odioso. D’altro canto non è che con l’inasprire delle pene si può certo dire di debellare la rogna che affligge l'area di Roma metropolitana e non solo. La guerra si vince con la pace e la corruzione con l’onestà civile.

Il leader di Solidarnosc, il timido intellettuale Vaclav Havel, l’uomo simbolo della rivoluzione di velluto, indica la via d’uscita dalla rassegnazione e dalla sottomissione alla menzogna del totalitarismo, della prepotenza, della corruttela: “un’esistenza autentica, una vita nella verità, perché il cambiamento delle strutture deve partire dal rinnovamento dell’io”.

Julie Tingwall, sostituto procuratore dello Stato della Florida, riferendosi all’organizzazione malavitosa della capitale, diceva : « È invisibile, come l'altra faccia della Luna. »,

L’area metropolitana capitolina è tutta un cunicolo.
E’ la Roma sotterranea, la Roma nascosta. Più che scavare, occorre scovare tutto ciò che è sotterraneo, oscuro, profondo,  che genera mistero, misfatto, trasgressione, perversione, corruttele.

L’area metropolitana, caratterizzata dall'integrazione delle funzioni e dall'intensità dei rapporti che si realizzano al suo interno, fu ideata per promuovere le attività economiche, i servizi sociali essenziali alle comunità partecipanti nonché l’inter-scambio culturale tra gli stessi residenti dei suoi territori. Ahinoi, si assiste a tutto un altro scambio.  Paesini che fino ad ora godevano di una relativa pace civile, associandosi all’area metropolitana rischiano di vedere svilire quella poca tranquillità goduta fino ad oggi.

I tristi eventi di questi ultimi giorni hanno portato alla luce, alcune aziende, sotto sequestro e di imprenditori, molti dei quali finiti agli arresti. A questi, a suo tempo furono affidati degli appalti da parte di qualche Comune. Questi stessi Comuni oggi vengono a conoscenza, solo a mezzo della stampa e ai telegiornali, di indagini giudiziarie in corso.

La domanda che sorge spontanea è, come faranno, d’ora in avanti, questi Comuni che si sono legati corpo e anima all’”area metropolitana”? Quelli che si sono legati all’area metropolitana di Roma, a seguire tutte le operazioni che possano avere delle ricadute sulla loro piccola “comunità”  Un piccolo comune è più facilmente controllabile che un “mare magnum” come lo è l’area metropolitana dove nuotano tanto i pesci piccoli che gli squali. E’ veramente conveniente traslocare verso Roma Città Metropolitana o forse sarebbe più saggio ponderare meglio , attendere ancora, aspettare che saltino tutti i coperchi delle fogne che stanno fermentando nel sottosuolo della capitale d'Italia?

Non è soltanto a livello locale che personaggi politici finiscono nelle carte degli inquirenti.
Ormai si confondono i gossip con le vere indagini. In mezzo ci finisceanche  uno scorcio del mondo vip. Il commercialista della banda dichiara di essere stato lui a creare la fondazione della Melandri. Quest’ultima s’indigna e promette battaglia ed annuncia querela. Gira la voce di un fantomatico deputato ed una tangente misteriosa. Nei guai è finito un capitano di corvetta e un primo maresciallo. Non si esclude l’apparizione nell’inchiesta di altri marescialli. Inchiesta piena di suspence, di colpi di scena, di letame putrido che sta ammorbando l’aria del Belpaese.

La rete sembra arrivare ovunque. Tanto che, nelle ultime ore, è stato indagato anche un collaboratore dell'ex ministro all'Integrazione e il Prefetto promette altre sorprese.

Il lato tragico si confonde con il faceto. Personaggi che coprono ruoli e cariche di una certa responsabilità, stanno rilasciando dichiarazioni che somigliano a degli stracci sporchi abbandonati nelle periferie degradate. Tanti cercano di scrollarsi d’addosso la vergogna, estraniarsi dal fattaccio. Il terreno gli cede da sotto i piedi. Si difendono dicendo che la mafia non c’entra. Oggi, però, si sa, c’entra e come, la 'ndrangheta. Qual è la differenza tra un ladro mafioso e un altro camorrista oppure della ndrangheta?
Le differenze tra mafia, ndrangheta, camorra e delinquenza comune sono tecnicismi che vanno bene per le aule del tribunale. E’ tutta materia per magistrati e uomini di legge. Politicamente parlando, la corruzione è corruzione, il ladrocinio è ladrocinio, la collusione è collusione. Ci sta poco da disquisire, caro “homo politicus”.
 
Tanti cercano l’acquasantiera per purificarsi. Ognuno cerca di metterci una pezza. Questa storia somiglia tanto al letame nelle stalle, più lo rivolti e più puzza. A forza di mettere toppe si squadrano le regole.

Il caso strano, unico, molto strano del PM, promosso ad assessore dal sindaco Ignazio Marino, la dice lunga. Le votazioni, la manifesta volontà cittadina espressa dai votanti durante le ultime elezioni Comunali 2013, con quest’atto imperio è cancellata. Ed ecco un'altra fetta di democrazia che viene scippata, non dal Mondo di Mezzo ma dalle Istituzioni.

Diceva Quinto Orazio Flacco: “Sole divino (…) possa tu non vedere nulla più grande di Roma”. Si sa che Orazio fu un poeta satirico e la satira, ci dice la Treccani: è una composizione poetica che rivela e colpisce con lo scherno e con il ridicolo. Se questo fu il suo proposito, Orazio Flacco, ha colto in pieno il segno.