MORTE MARCELLO LONZI: UN INCREDIBILE ITER GIUDIZIARIO

 

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di Christian Montagna
Nemmeno dopo la morte trova pace il giovane Marcello Lonzi vittima della mala giustizia italiana, e con lui la giovane madre Maria Ciuffi che da anni lotta per la verità. Come abbiamo già detto e come testimonia il caso di Stefano Cucchi, siamo di fronte ad un assurdo caso dove le prove restano occultate ed i colpevoli se la spassano beatamente.

Nell'articolo pubblicato in precedenza introduttivo al caso ricco di colpi di scena e assurdità, Maria ci ha raccontato del suo arrivo al cimitero e della tremenda scoperta. Marcello ha del sangue sulla camicia, il volto gonfio con la bocca socchiusa e alcuni denti rotti, tre tagli sul lato sinistro del viso, sul labbro, sul sopracciglio e sulla fronte fino all'attaccatura dei capelli. Come potete immaginare, trovare un corpo in queste condizioni non è possibile in caso di morte naturale. Eppure, per ben due volte il caso è stato archiviato come tale. L'iter giudiziario di questa vicenda ha dell'incredibile: testimoni non presi in considerazione, guardie penitenziarie non interrogate, insomma, sembra proprio che quando si parli di Stato resti impossibile arrivare ad una soddisfacente verità processuale.

Nel settembre 2003, il pubblico ministero di Livorno Roberto Pennisi apre un fascicolo contro ignoti per l'omicidio di Marcello Lonzi. Sembra dunque che il caso stia prendendo la piega giusta e qualche mese dopo vengono richieste le foto del corpo del giovane e consegnate al Pm. Ci sono tre persone testimoni, due detenuti e una guardia penitenziaria che hanno visto per l'ultima volta in vita Marcello. Uno dei due detenuti dichiara di dormire e di non essersi accorto dell'accaduto ma di aver soltanto trovato Lonzi disteso a terra in una pozza di sangue con la testa vicino all'inferriata; il poliziotto invece dichiara di averlo lasciato in buone condizioni di salute. Dopo aver sentito Maria che è riuscita a contattare il detenuto in cella con Marcello, pare che le versioni fornite dallo stesso al telefono e in Procura siano totalmente diverse. Il poliziotto, dopo aver visto Lonzi per terra, dice di aver lanciato l'allarme e cercato invano di rianimarlo. Le indiscrezioni che però trapelano nel penitenziario e giungono all'orecchio di Maria sembrano essere discordi con questa versione dei fatti: si diffonde la voce che Marcello sia stato picchiato dalle guardie nelle celle di isolamento. Nonostante questo non fosse il primo caso di violenza nelle carceri italiane, il Pm pare non credere a questa versione e affida la consulenza medico legale al dott. Alessandro Bassi Luciani. La perizia fornita dallo stesso però si scoprirà essere scarna e carente, troppi elementi visibili ad occhio nudo vengono sottaciuti e non riportati. Secondo Luciani dunque la morte di questo ragazzo potrebbe essere stata causata da un arresto cardiaco. Nel 2004 il Pm Pennisi chiede la chiusura delle indagini con una richiesta di archiviazione poiché nulla di rilevante era apparso per poter iscrivere qualche elemento nel registro degli indagati. Il giudice Rinaldo Merani accoglie la richiesta e chiude il caso.

Maria non ci sta e intraprende una serie di battaglie che la portano a vedersi archiviato il caso più e più volte. Diffonde le foto di suo figlio al momento della morte; protesta contro le Procure che a tutti i costi vogliono coprire gli autori di questo efferato omicidio e il 12 Gennaio 2005 presenta una denuncia contro il Pm Pennisi, il medico legale Bassi Luciani e un'agente di polizia penitenziaria. Viene dunque riaperto il caso affidato stavolta al Pm Antonio Giaconi di Livorno che autorizza finalmente la riesumazione del cadavere indicando un nuovo medico legale, Francesco De Ferrari, che evidenzia le carenze della relazione precedente. Le costole rotte sono 8 e non una e lo sterno è fratturato. Pare essere dunque vicini ad una svolta ma in seguito agli esami tossicologici eseguiti sul sangue di Lonzi, anche De Ferrari scrive che i passati problemi di tossicodipendenza di Lonzi non possono non aver influito sulla morte ma, anzi, hanno accelerato l’insorgere del problema cardiaco; che il decesso è avvenuto per un forte stress emozionale e che l’aggressione da parte di terzi è poco probabile per mancanza di segni esterni visibili. Anche per questo medico dunque le cause della morte sono da attribuirsi ad una acuta insufficienza cardio-circolatoria. La consulenza chiamata dalla signora Ciuffi invece continua ad evidenziare delle anomalie. Nel 2008 Giaconi chiede la terza ed ultima consulenza medico legale a L.Vannuccini e F. Monciotti dalla quale fuoriesce un nuovo particolare: la denuncia di Marcello di aver subito un pestaggio al momento dell'arresto. Ma nemmeno questo dettaglio servirà a granché. Secondo la terza perizia medico legale, le lesioni sul suo corpo sarebbero state la conseguenza dell'urto contro un oggetto tagliente. Ma anche in questa perizia, il medico legale chiamato da Maria Ciuffi sottolinea le lacune e fa notare come in una fotografia scattata durante la riesumazione del cadavere, si veda un frammento di colore blu nella ferita sul sopracciglio di Lonzi.La perizia però giunge troppo tardi e nel 2010 il pm Giaconi deposita la richiesta di archiviazione accettata poi dal capo della Procura di Livorno, Francesco De Leo che respinge anche il ricorso in Cassazione nel 2011.

Maria non molla e si appella alla Corte Europea dei diritti dell'uomo che però nel 2012 dichiara non valido il suo ricorso. Nel 2013 allora presenta una nuova denuncia contro i due medici del carcere che hanno effettuato i primi soccorsi e contro il medico legale Bassi Luciani, per gli errori commessi durante l’esame autoptico. Si decide nel 2014 di poter svolgere ulteriori indagini e a breve, il 13 Marzo 2015 si terrà l'udienza conclusiva ma Maria continua a ripetere che " non si può morire quando si è in custodia dello Stato".