MARIA ELENA BOSCHI: “LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

di Roberto Ragone

Nel decimo capitolo della vita di Giulio Cesare Plutarco ci riferisce che, in occasione di una festa esclusivamente femminile, dedicata alla dea Bona, Pompea, moglie di Cesare, introdusse nella sua abitazione un certo Clodio, suo spasimante, travestito da donna. L’inghippo fu scoperto, Clodio trascinato in tribunale e Cesare citato come testimone. Alle domande del Pubblico Ministero, l’Imperatore rispose che non conosceva Clodio e che nulla sapeva dei suoi inganni. Il magistrato, non soddisfatto dalla risposta, lo pregò di essere più chiaro. A questa domanda Cesare rispose che la moglie dell’Imperatore doveva essere al di sopra di ogni sospetto, privilegiando l’apparenza piuttosto che la realtà dei fatti.

La vicenda del ministro, anzi della ‘ministra’ – pessimo neologismo – Maria Elena Boschi, sembra ricalcare proprio la vicenda narrata da Plutarco nelle sue ‘Vite’. La mozione di sfiducia presentata in Parlamento e poi al Senato è stata respinta per chiari motivi di opportunità politica, essendo la ‘ministra’ uno dei cardini del mai eletto governo Renzi.

La vicenda della Banca Etruria in altri tempi avrebbe travolto non solo la ‘ministra’, ma anche il governo in carica. Oggi invece la resistenza a queste faccende rasenta l’arroganza del Marchese del Grillo, con la sua famosa frase: “Io so’ io e voi nun sete un c…”  Insomma chi comanda è don Matteo, da non confondere con il gentile personaggio della televisione. Che la mozione di sfiducia sarebbe stata respinta erano tutti ben coscienti, sia nel PD che nei suoi comprimari, convocati alla conta dei voti con frenesia. Fatto sta che la faccenda è stata volutamente ingarbugliata, tanto da non capirci più nulla probabilmente neanche loro. Non vogliamo qui fare la conta degli elementi che porterebbero a condannare Maria Elena Boschi, c’è già chi se n’è occupato. La nostra è una questione di etica. Un pubblico funzionario non dovrebbe solo essere onesto, ma anche tale apparire.

Le dimissioni, in attesa di chiarimenti da parte della Magistratura, dovrebbero essere doverose: ma già, questo è un governo speciale, quello che cambierà l’Italia, e staremo a vedere come. L’impressione che se ne ricava è che tutta la polvere che viene sollevata serva a nascondere le vere intenzioni non solo del governo, ma di chi lo guida. Ricordiamo perfettamente come egli sia arrivato dopo Monti e Letta – durato meno di Giovanni Paolo I^ – incaricato dall’Internazionale che fa capo a Rockfeller e alle banche americane e non, tramite una Merkel che oggi si è sentita rinnegare. Delirio di onnipotenza, o ripicca per non essere stato invitato all’ultimo consesso politico? Forse il Pierino della situazione era scomodo, e comunque ricordiamo benissimo quando e come è arrivato al potere. Un giorno – erano i primi tempi – tutti rimanemmo piacevolmente impressionati, –  ancora non conoscevamo le potenzialità dell’ex sindaco, –  disse che ‘sulla questione della Salerno-Reggio Calabria ci metto la faccia’. Meno male che ci ha messo solo quella.

Ora, è da tempo davanti agli occhi di tutti la situazione di vitalizio mafioso di quella superstrada, veramente super, visto come vanno le cose. Quindi, a rigor di logica o di etica, la Boschi avrebbe già dovuto dimettersi per allontanare da sé ogni sospetto di colpa nella situazione di banca Etruria, che vede coinvolto il padre della Boschi, suo fratello, sua cognata e lei stessa come azionista; si è invece preferito resistere e andare avanti. Abbiamo in questo un illustre precedente del giudice Paolo Borsellino, del quale voglio riportare per intero uno scritto. Prendiamo esempio da queste persone, lui come il giudice Falcone, loro sì, persone veramente al di sopra di ogni sospetto. Per non creare equivoci, dico subito che nessuno vuole accusare nessuno d’esser mafioso o vicino ai mafiosi. La lezione che ne dobbiamo trarre è quella di cui sopra: non bisogna solo essere onesti, bisogna anche apparire onesti. In ossequio a quella trasparenza di cui tanto grida in Parlamento Matteo Renzi.

 “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati." Paolo Borsellino.
 




MARIA ELENA BOSCHI: LA CAMERA SALVA IL GOVERNO E RESPINGE LA MOZIONE DI SFIDUCIA

Redazione

La Camera, come era ampiamente prevedibile, ha respinto la mozione di sfiducia, presentata dai pentastellati, nei confronti del ministro delle riforme e dei rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi, con 129 sì e 373 no. A favore hanno votato M5s, Si-Sel, Lega nord, Fdi-An. Contrari Pd, Area popolare, Conservatori e riformisti, Ala, Scelta civica, Pi-Cd, Psi, Minoranze linguistiche. Forza Italia non ha partecipato al voto
 
 
L'arringa di Boschi Sicuramente certa dei numeri, la difesa del ministro delle Riforme è stata piena di precisazioni, orgoglio e anche un pizzico di punzecchiature rispetto al trattamento riservatole dagli "invidiosi" della sua posizione e giovane età.  La ministra ha parlato di suo padre a testa alta: "Se mio padre fosse stato davvero favorito – ha detto – sarei la prima a dimettermi. Ma sono state dette un sacco di falsità: è in corso un attacco politico contro il governo e la mia famiglia". "Sono orgogliosa di far parte di un governo – ha detto in Aula – che esprime un concetto molto semplice: chi sbaglia deve pagare, chiunque sia, senza differenze e favoritismi. Se mio padre ha sbagliato deve pagare. Non c'è spazio per doppie misure e favoritismi. Non è mia intenzione – ha aggiunto – esprimere valutazioni per la campagna contro la mia famiglia e contro il governo".
Chiudendo il suo intervento alla Camera ha scagliato una lancia contro i suoi avversari politici: "La realtà dei fatti – ha aggiunto -è molto più forte del qualunquismo, della demagogia e del populismo che dice che alcuni non sono uguali davanti alla legge. Nella nostra Italia siamo tutti uguali davanti alla legge e questo è dimostrato. Auguro a tutti voi di giudicare i fatti, che sono più forti della demagogia. A chi pensa così di indebolire il governo, dico: lasciate perdere". "Il Governo è attrezzato per respingere attacchi e portare avanti la nostra azione. Non ci fermeranno le bugie, ma andremo avanti per dare all'Italia una nuova opportunità", ha concluso. Boschi lancia la "sfida" ai "colleghi" che hanno firmato la mozione di sfiducia. "Io sono dalla parte delle istituzioni e non ho mai favorito familiari o amici, non c'è nessun conflitto di interessi", ha detto chiamando il giudizio della Camera sul fatto se abbia o no tratto "vantaggi" dalla vicenda Banca Etruria. "I colleghi sono liberi di pensare quello che vogliono ma dico che le maldicenze, le invidie e i chiacchiericci che mi hanno coinvolto non mi fanno paura, anche perché ho avuto attestati di stima ed amicizia non solo da parte dei colleghi ma anche di cittadini che mi incoraggiano ad andare avanti".
 




CASO MARIA ELENA BOSCHI: SECONDO PADOAN "NE USCIRA' ALLA GRANDE"

di Angelo Barraco

Roma – Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha parlato a Radio Anch’io, esprimendo la sua vicinanza al ministro Maria Elena Boschi. Padoan ha puntualizzato a Radio Anch’io che la Boschi ne “uscirà alla grande, non ha nulla da nascondere”, Padoan aggiunge inoltre “Le istituzioni sono solidali e forti. Piena fiducia a Bankitalia e Consob”. Secondo Padoan è ancora presto per parlare di soglia poiché stanno attivando un meccanismo arbitrato, rispondendo alla domanda in merito alla soglia per i rimborsi ai risparmiatori coinvolti nel caso delle obbligazioni subordinate. Roberto Nicastro precisa che il problema che ha coinvolto le quattro banche è acuto ma molto più circoscritto e precisa che ci sono circa un migliaio di casi molto delicati. Nicastro ha parlato a Radio Anch’io riferendo che ci sono 8.000 risparmiatori che hanno visto un coinvolgimento del proprio patrimonio tra l’1% e il 29% aggiungendo che è “E' umano sviluppare la preoccupazione” ma comunque si reputa sereno per il semplice motivo che “sono state costituite quattro nuove banche fortissime per servire al meglio i propri clienti e i territori” e perché il problema riguarda l’1% dei clienti di cui il 10% si trova in una situazione molto delicata. 
 
Quattro banche italiane erano sull’orlo del crac ovvero: Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti. Unicredit ed Intesa erano pronte ad aiutare gli istituti per evitare il crollo ma il commissario Ue ai servizi finanziari, Jonathan Hill, ha precisato che devono essere rispettate le regole sugli aiuti di Stato previste nell’Unione. Bruxelles attribuisce invece la responsabilità del salvataggio al governo italiano puntualizzando che ne è alla guida e quindi ne ha la responsabilità. Le crisi delle banche portano anche a conseguenze irreparabili come il suicidio di Lugino D’Angelo, pensionato di Civitavecchia che aveva investito i suoi risparmi –per un totale di 110mila euro- nei bond subordinati di Banca Etruria. Le quattro banche sono state “salvate” e sono tornate operative con 300 milione tra nuove erogazioni e rinnovi fidi a 1.500 Pmi. “I casi più esposti delle 4 banche sono stimati in 1.010 piccoli risparmiatori (persone con meno di 100 mila euro di risparmi presso la banca) con una concentrazione di bond subordinati superiore alla metà del proprio patrimonio. Il controvalore di tali obbligazioni è pari a 27 mln. il fondo di solidarietà è idoneo per capienza a coprire queste situazioni, che saranno valutate caso per caso.”
 
Ma cosa c’entra la Boschi con la vicenda? Dal 2011 all’11 febbraio 2015, Pierluigi Boschi, padre del Ministro, faceva parte del Cda Etruria. Nel momento in cui la figlia divenne ministro lui divenne vicepresidente della Banca. Inoltre il ministro Boschi è azionista della banca e il fratello invece è dipendente. Nel mese di febbraio del 2015 la banca Etruria viene commissariata per un buco di 3 miliardi. Intanto Bankitalia fa una multa di 2.5 milioni di euro al cda della Banca. Pierluigi Boschi viene multato per 144 mila euro per “Carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. Dal mese di ottobre 2014 a gennaio 2015 ci sono stati dei movimenti strani all’interno della Banca Etruria poiché la banca è in crisi, ma all’improvviso vengono comprate azioni nella convinzione che varranno qualcosa.  Motivo? Il 20 gennaio 2015 il governo Renzi trasforma le banche popolari con 8 miliardi di attivo in SPA. A guadagnarci è proprio la Banca Etruria che in borsa raggiunge +62.5%. Henry Ford diceva "Meno male che la popolazione non capisca il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione".



LE RIFORME IN GIRO PER L'INFERNO

di Emanuel Galea

Nel loro cammin di 17 legislature, languiscono le riforme, smarrite nella selva oscura delle due Camere, raggirate da 963 “beneficiati” che la diritta via hanno smarrito.

Dopo aver chiesto grazia al sommo poeta nazionale, mi sento affrancato e accordato ad andare oltre. Parlare di riforme vuol dire certificare un logorio della “costituzione più bella del mondo”, un suo invecchiamento, ammettere che non accompagna più le esigenze del tempo. Non per niente non esiste partito, uomo politico oppure politologo che non ne ha parlato. Se mi è consentito dire che le riforme sono come la sòra Camilla che “ tutti la vònno e nisuno se la piglia”.

L’ultimo a provarci è stato Matteo Renzi. Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 31 marzo 2014, su proposta del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi, ha approvato lo schema di disegno di legge costituzionale.

Uno schema molto ambizioso, tant' è che lo stesso presidente Matteo Renzi rischia di perdere la sua reputazione politica e oserei dire la sua carriera, tutto dipende dall’esito di queste riforme.

Elenchiamo in ordine le cinque riforme dello schema:

1 – "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,

2 – la riduzione del numero dei parlamentari,

3 – il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni,

4 – la soppressione del Cnel

5 – la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione".

Un’impresa titanica se poi a questa aggiungiamo la madre di tutte le riforme e cioè la legge elettorale che guarda agli interessi dei cittadini e non dei partiti.

Questo schema è datato marzo 2014. Proviamo a curiosare cosa ne è rimasto dal progetto originale.

Tutti vorrebbero sapere che ne è stato dell' Italicum. A quest’ora Renzi avrebbe dovuto ammettere che non sono le idee che mancano, bensì la buona volontà e così la legge elettorale, alias Porcellum II, tanto osannata si è vista cavalcata e messa in fondo alla lista.

Prima delusione!

Si è tanto parlato dell’abolizione del Senato. Questo è stato uno dei cavalli di battaglia del ex sindaco. Ahimè, strada facendo si è visto accomodare a miti consigli. Non è più abolizione ma un semplice maquillage, una completa operazione cosmetica, tanto fumo e poco arrosto.

Seconda delusione!

Chi può dire di non aver sentito parlare di spending review? Non importa che tanti non conoscono il significato, ma di questo hanno fortemente discusso nei bar, dal barbiere, in piazza, in metropolitana e a casa con amici. Cosa vuol dire? Non so, l’ha detto Renzi e con quella spending review abbasserà le tasse ai meno abietti e darà 80 euro in più in busta al mese, per sempre.

Intanto oggi si sa che la copertura per gli 80 euro è assicurata solamente per il 2014 e per gli anni a venire incrociamo le dita. Per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica, risulta che quest’ultima è al contrario in aumento. L’abolizione delle province, poi, è tutta da discutere.

Terza delusione!

Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) ha come competenze proprie la legislazione economica e sociale La sua soppressione difficilmente abbasserà il mastodontico debito pubblico, pietra d’inciampo di qualsiasi ripresa.

Non dimentichiamo il Jobs Act di Renzi , oggi rivisto e corretto, cucito e tagliato , stravolto e tanto discusso.

Concludendo il giro dell’inferno delle riforme , oggi , al posto della tanto sbandierata “riforma al mese”, giacciono in discussione, e a rischio tenuta della maggioranza, lo stesso decreto di lavoro Poletti, la famigerata già menzionata riforma del Senato e, dulcis in fundo la revisione del Titolo V della seconda parte della Costituzione.

Riuscirà il nostro Caronte fiorentino a traghettare queste riforme indenne lungo le acque paludose dell’Ade del Senato?