MARINO, ECOVILLAGE: TUTTE LE STRANEZZE DI UN PROGRAMMA ASSURDO

di Daniele Rizzo

Marino (RM) – Martedì 15 luglio ci siamo recati all’incontro con la stampa organizzato da A.D.A. (Argine via del Divino Amore) per farci spiegare le ragioni che spingono parte della popolazione marinese (e non solo) ad opporsi al progetto di cementificazione nell’area circostante Via del Divino Amore. L’incontro, patrocinato da Italia Nostra, ha visto l’alternarsi di diversi relatori, ognuno con le proprie ragioni per contrastare il progetto. Ma partiamo dall’inizio.
 

L’AREA
In principio era un parco. E non un parco qualsiasi. L’area interessata dal progetto denominato “Ecovillage” rappresenta il collegamento naturale tra il Parco dell’Appia Antica ed il Parco dei Castelli Romani. L’area infatti è quella di Bovillae e Mugillae, due aree abitate sin dall’epoca latina, che rappresentavano due importantissimi centri abitativi per chi veniva da Roma e percorreva l’Appia. Oggi per Bovillae si intende Frattocchie e difatti, per intenderci, l’area del progetto è proprio quella di Frattocchie, località facente riferimento amministrativo a Marino ma che dista dalla cittadina qualche kilometro. Percorrendo Via del Divino Amore e Via della Falcognana in direzione Ardeatina è possibile vedere a destra e sinistra una grande quantità di campi liberi dal cemento, proprio perché sino a pochi anni fa si è cercato di proteggere l’aria nel modo più consono possibile. In quest’ottica rientra la proposta avanzata qualche anno fa da Bonelli (all’epoca assessore all’ambiente della regione Lazio) di far rientrare questa zona nel parco dell’Appia Antica.
 

IL PROGRAMMA
Il 3 agosto 2011 però il consiglio comunale di Marino approva la delibera n.137 che prevede un “Programma Integrato di Intervento e di riqualificazione urbanistica della Località Divino Amore in Variante al PRG vigente”, proposto dalla società Ecovillage srl. La società, che rappresenta un certo numero di proprietari terrieri della zona, chiede con questo Programma Integrato (PRINT) di poter costruire un insediamento abitativo (già ribattezzato Marino 2) di circa 15.000 persone (pari ad 1 milione di metri cubi di cemento) nel territorio che si apre a nord e sud di via del Divino Amore/della Falcognana, al confine con Santa Maria delle Mole e Frattocchie.
La domanda all’epoca sorse spontanea: l’area dei Castelli Romani, seconda area urbanizzata del Lazio, con 16 comuni e circa 300 mila persone e in particolare Marino (poco meno di 1600 abitanti per km^2), ha bisogno di questo incremento abitativo? La risposta, che tutti conosciamo, arrivava però anche dalla legge regionale n.72/75, che fissa il tetto massimo d’espansione dei comuni al 30% dei residenti, quindi a 12.500 abitanti nel caso di Marino. Ora, premesso che da 12.000 a 15.000 abitanti il passo non è così breve come i numeri vorrebbero far pensare e che questo incremento era stato già raggiunto con lottizzazioni diverse da quelle del Divino Amore, Marino ha davvero bisogno di questo incremento? Certamente no. Il Prof. Enrico Del Vescovo, di Italia Nostra Castelli Romani, e l’Ing. Mario Dibello hanno cercato di spiegare il perché.
 

IL PROBLEMA DEI VINCOLI PAESAGGISTICI
Del Vescovo ha difatti esordito raccontando di quante centinaia di palazzine siano attualmente inabitate a Marino, a testimonianza del fatto che il carico antropico previsto dal programma è assolutamente inutile ma anche deleterio per l’ambiente. L’area in cui dovrebbe sorgere l’insediamento, ha continuato Dibello, è stretta tra le due arterie Ardeatina e Appia: la prima versa in uno stato pietoso visto anche l’eccessivo passaggio di mezzi pesanti che giornalmente rovinano la strada, la seconda è costantemente martoriata dal traffico. L’assetto viario dunque non sarebbe in grado di reggere l’urto che porterebbero 15.000 persone nella zona.
Oltre all’assetto viario preoccupa anche quello infrastrutturale, imprescindibile invece nel momento in cui si programmano nuovi insediamenti, che siano essi commerciali, produttivi o abitativi. Inoltre, come detto, l’area è di enorme interesse archeologico e paesaggistico, proprio perché culla della civiltà latina; non a caso sulla zona insistono dei vincoli paesaggistici e archeologici testimoniati anche dalla tavola B del PTPR (Piano territoriale paesistico regionale), vincoli che subordinano qualsiasi programma ad un parere di conformità paesaggistico e alla V.A.S. (valutazione ambientale strategica). Inutile dire che né l’uno né l’altra siano mai pervenuti. Del Vescovo chiudendo ha poi ricordato che alla base della battaglia che stanno conducendo ci sono dei motivi sacrosanti che poggiano sull’errata interpretazione di crescita sostenuta dai comuni.
 

IL PROBLEMA DELLE FALDE ACQUIFERE
Il Prof. Ing. Franco Medici, dell’Università Sapienza di Roma, ha invece esposto il risultato di alcuni studi condotti sul sistema idrico della zona. L’area del bacino Colli Albani (che interessa sì i Castelli Romani ma anche Ardea e Pomezia) ha un fabbisogno idrico stimabile in 65 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. L’attuale fornitura è invece di 47 milioni di metri cubi l’anno; solo 39 milioni di questi 47 inoltre sono soddisfatti da una fornitura interna (quindi falde acquifere, laghi o fossi): il restante 8 proviene dalla rete romana, quindi da ACEA. E’ evidente dunque che il fabbisogno idrico dell’area non è compensato, e che un ulteriore sviluppo abitativo metterebbe in forte crisi tutto il sistema, tanto più che un eventuale insediamento nella zona attingerebbe direttamente tramite i pozzi alle falde acquifere. Non a caso il Piano di tutela quantitativa del sistema idrogeologico regionale dice che gli strumenti urbanistici devono tenere conto delle esigenze idriche, ma questo non è stato fatto.
 

ACEA E USL
L’Avv. Prof. Giorgio Marino ha poi mostrato due lettere inviate al comune di Marino. La prima, da parte di ACEA, fa presente al comune che alla data 12/06/2012 la segreteria tecnico operativa della società ha riscontrato che il futuro insediamento non sarebbe in grado di conferire al depuratore “Santa Maria delle Mole”, e quindi la società stava predisponendo un progetto preliminare (con relativo preventivo) per le spese di progetto. Perché allora il comune di Marino prima di approvare la delibera non ha aspettato il parere di ACEA?
La USL di Albano, con una lettera indirizzata al Comune di Marino e quello di Ciampino il 14/08/2013, esprime il parere negativo riguardo “i numerosi piani di lottizzazione relativi ad insediamenti abitativi e produttivi” nei suddetti comuni, viste le numerose criticità che interessano le due aree (presenza dell’aeroporto, presenza di gas pericolosi emessi dal sottosuolo, la natura vulcanica dei Castelli Romani, l’alto consumo delle acqua dei pozzi, la difficoltà nello smaltimento dei rifiuti). Anche questo avviso sembra però essere caduto nell’oblio amministrativo, sia a Marino che a Ciampino (dove impunemente è stato presentato il ricorso sul vincolo della zona 167, ma questa è un’altra storia).
 

STRANEZZE PROCEDURALI
Tutte queste anomalie ne racchiudono una più politica. L’On. Giulio Santarelli, già sindaco di Marino, ha infatti raccontato di come Comune, Provincia e Regione si stiano facendo la guerra su questo progetto. La delibera dell’agosto 2011, approvata in barba alle leggi regionali 72/75 e 24/98, doveva essere annullata vista anche l’irricevibilità della richiesta della Ecovillage: la destinazione urbanistica dei suoli è competenza del comune, e per nessuna ragione può essere richiesta da una società privata. Inoltre, il 12 febbraio 2013, giorno in cui la giunta Polverini ha approvato in Regione la delibera, già erano pervenute le dimissione della stessa giunta e quindi poteva occuparsi solo di ordinaria amministrazione: non a caso Zingaretti in campagna elettorale aveva annunciato che in caso di sua elezione avrebbe annullato tutte quelle delibere approvate dalla Polverini in quel periodo di tempo. Ad oggi la delibera non è stata ancora annullata.
 

CHI CI GUADAGNA?
Insomma, il Comune fa la delibera, la Provincia esprime parere contrario, la Regione (nonostante abbia fatto lei stessa le leggi che impediscono alla delibera di prendere atto) approva a sua volta la delibera anche se non aveva più il potere per farlo. Una lotta di tutti contro tutti che però vede come unico perdente i cittadini, costretti a subire l’ennesimo abuso di potere. Ma tutto questo a chi giova? In tutta questa storia gli unici vincitori non sono però, come invece potrebbe sembrare, né la Regione né il Comune, che ne escono delegittimati agli occhi dei cittadini, bensì i proprietari terrieri, questi costruttori che hanno sfruttato i buchi dell’impianto legislativo per promuovere un progetto lecito ai loro occhi. Quando la legge non difende il territorio e con esso i cittadini c’è da riflettere. Casi come questi sono comunque all’ordine del giorno nel nostro territorio, come dimostra anche la vicenda delle 167 a Ciampino o la questione del PRINT Xa2 Ciampino. Per questo motivo è essenziale che tutti i cittadini, le associazioni, o quei poteri politici che ne hanno la forza, continuino quest’opera di presidio territoriale che tanti casi anomali sta portando alla luce.