MASSIMO D'ALEMA, RENZI: "UNA VECCHIA GLORIA DEL WRESTLING"

Redazione

Matteo Renzi respinge l'accusa di essere "arrogante" rivoltagli ieri da Massimo D'Alema, che, replica il premier in una intervista a Repubblica, "ha utilizzato un lessico che non mi appartiene. Espressioni che stanno bene in bocca a una vecchia gloria del wrestling, più che a un ex primo ministro".
Così il presidente del Consiglio si lascia andare anche ad una battuta calcistica: "Credo (che D'alema noto tifoso giallorosso) fosse arrabbiato per Roma-Fiorentina: ha capito che il vero giglio magico è sceso in campo all'Olimpico… Compito del Pd è cambiare l'Italia, sia che D'Alema voglia sia che D'Alema non voglia. E noi lo faremo". In ogni caso il premier scommette "che non ci sarà alcuna scissione. Il Pd è un luogo aperto al confronto.

Nessuno puo' pretendere di avere la verità in tasca. La mia proposta è quella di discutere e confrontarsi sul modello di partito, sull'identità della sinistra che cambia in Europa e in Italia. Cuperlo ha picchiato duro su di me ma ho apprezzato la sua analisi. Il dibattito ha bisogno di tutti. Non cacciamo nessuno. Da qui al congresso del 2017 abbiamo due anni per discutere di come irrobustire il Pd uscendo dalla logica dei talk e dei tweet e gustando la fatica di ascoltarsi".

Per Renzi il problema è che "una parte della minoranza ha questa simpatica abitudine di trattarci come usurpatori, come se fossimo entrati nottetempo al Nazareno scassinandolo. Prima o poi accetteranno il fatto che se ci siamo noi, e non più loro, è perché ci hanno scelto gli iscritti, ci hanno votato gli elettori alle primarie e ci hanno sostenuto gli italiani con una percentuale di consensi che non si vedeva dal 1958".

Renzi ha escluso anche che dopo le dimissioni di Maurizio Lupi tocchi ora ai sottosegretari indagati lasciare l'incarico. "Ho sempre detto che non ci si dimette per un avviso di garanzia". "Per me un cittadino è innocente finché la sentenza non passa in giudicato. Del resto, è scritto nella Costituzione". "Quindi perché dovrebbe dimettersi un politico indagato? Le condanne si fanno nei tribunali, non sui giornali". E respinge le accuse di 'doppiopesismo' tra Lupi e i sottosegretari: "ho chiesto le dimissioni a Orsoni quando, patteggiando, si è dichiarato colpevole. Ho commissariato per motivi di opportunità politica il Pd di Roma nonostante il segretario locale fosse estraneo alle indagini. A suo tempo avevo auspicato il passo indietro della Cancellieri sempre con una motivazione strettamente politica. Altro che due pesi e due misure: le dimissioni si danno per una motivazione politica o morale, non per un avviso di garanzia".