MATTEO RENZI: "NESSUN NESSO TRA EUROPEE E GOVERNO"

Redazione

Il mattatore Renzi tira dritto verso il voto alle Europee e continua a bombardare l'ormai retorico Grillo che ripete come fosse un disco rotto, "tutti a casa" senza che gli italiani riescano a capire in che modo riesca un solo partito politico a Governare e soprattutto non capiscono quale sarebbe il nesso tra le elezioni europee e il Governo attualmente guidato dal centrosinistra con il premier Matteo Renzi al timone. Il presidente del consiglio rincara la dose: "L'azione di governo va avanti qualunque sia l'esito delle europee? E' certo. Non c'è mai stato, in nessun Paese europeo, un nesso tra il risultato delle europee ed il governo". 

Poi, non contento, rilancia sugli 80 euro: "nel 2015 anche ai pensionati. E Berlusconi non risparmia pesantissime parole: 'Ha scampato la prigione ma è un assassino. E faceva spettacoli solo se pagato in nero. Le persone che lo votano cercano la vendetta e vogliono il sangue'. Controreplica del comico: 'E' un pover'uomo'.

 




MATTEO RENZI E QUEL PASTICCIACCIO DI SENATO E QUIRINALE

di Emanuel Galea

L’art. 83, titolo II della Costituzione italiana precisa che il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. Con l’abolizione del Senato, che fine farà quest’articolo?  Che valenza avrà, dopo, quella dicitura “ Parlamento in seduta comune”? 

In sostituzione dell’art.57 della Costituzione viene presentato il pasticciaccio di una bozza di disegno di legge costituzionale, datata 12 marzo 2014, con oggetto: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della seconda parte della costituzione”.

Il Senato andrebbe abolito e al suo posto subentrerebbe un nuovo assetto costituzionale con la nomenclatura di “Assemblea delle Autonomie” e avrebbe questa composizione:
 – I Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano,
 – Due membri per ciascuna Regione, eletti con voto limitato, dai Consigli regionali tra i propri componenti
 – Tre Sindaci eletti da un’assemblea dei Sindaci della Regione.
 – Ventuno cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario, a nomina del Presidente della Repubblica.

Il condizionale non è casuale, perché come tutte le riforme, di Matteo Renzi, entrano in Senato “sane e belle” ed escono “brutte ed incerottate”. Per questa riforma in particolare, e non osiamo pronunciarci per la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione, i partiti si sono scatenati e vanno all’arrembaggio. Rischiano di rendere questa “Alta Camera” simile ad un ospedale da campo dove restano ricoverate le proposte di Matteo Renzi.

Contro il giovane premier gioca il tempo e dopo quello perduto in trattative dentro il suo stesso partito, Renzi ora conta e spera di incassare il primo via libera in aula al ddl per la riforma del Senato e del titolo V entro “cinque o sei settimane”, ovvero entro il 10 giugno.
Il risultato non è però scontato. Calderoli è sempre in agguato. Quest’ultimo, infatti, ha chiesto e ottenuto, la convocazione per martedì 13 maggio, della giunta per il regolamento. Il vicepresidente leghista sostiene che il suo ordine del giorno votato in commissione, “rende nulla” l’adozione successiva del ddl del governo come testo base. La tesi di Calderoli non è pellegrina. Di fatti il primo contempla l’elezione diretta, mentre il secondo quella indiretta dei senatori.

Simili imboscate già si sono viste in passato. Allora correva l’anno 2004 e sullo scranno più alto del Senato sedeva Marcello Pera, anche lui agitandosi e facendo cenni ai commessi, gridava: “colleghi è inaccettabile! Togliete quei cartelli!”. Stesse scene già viste nei giorni della Cirami e del lodo Schifani. La riforma anche allora fu affossata a seguito di tre defezioni di An nel voto ai quali si era aggiunto quello dell’ex presidente della repubblica Francesco Cossiga e quello di Fisichella.

Questa non è la riforma che ci si aspettava. Pochi concordano che l’operazione possa portare a dei risparmi reali. La riforma sconvolge tutti. Ci si può otturare il naso per i Presidenti delle giunte regionali autonome, per i sindaci, ma non si può mandare giù i ventuno senatori scelti dal Presidente della Repubblica. Un vero pasticciaccio!

Si può comprendere la fretta di Renzi di fare del tutto per portare quantomeno un’apparenza di riforme nel semestre europeo, ma a forza di correre sta  inciampando in troppi pasticci.
 Il vecchio saggio “chi lascia la strada vecchia per la nuova….” dovrebbe pure aver insegnato qualcosa a Renzi. Forse non sarà per suo demerito, ma quello che s’intravede non è una riforma, è solo un pasticciaccio. Fermiamoci finchè  c’è tempo
 




LE RIFORME IN GIRO PER L'INFERNO

di Emanuel Galea

Nel loro cammin di 17 legislature, languiscono le riforme, smarrite nella selva oscura delle due Camere, raggirate da 963 “beneficiati” che la diritta via hanno smarrito.

Dopo aver chiesto grazia al sommo poeta nazionale, mi sento affrancato e accordato ad andare oltre. Parlare di riforme vuol dire certificare un logorio della “costituzione più bella del mondo”, un suo invecchiamento, ammettere che non accompagna più le esigenze del tempo. Non per niente non esiste partito, uomo politico oppure politologo che non ne ha parlato. Se mi è consentito dire che le riforme sono come la sòra Camilla che “ tutti la vònno e nisuno se la piglia”.

L’ultimo a provarci è stato Matteo Renzi. Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 31 marzo 2014, su proposta del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi, ha approvato lo schema di disegno di legge costituzionale.

Uno schema molto ambizioso, tant' è che lo stesso presidente Matteo Renzi rischia di perdere la sua reputazione politica e oserei dire la sua carriera, tutto dipende dall’esito di queste riforme.

Elenchiamo in ordine le cinque riforme dello schema:

1 – "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,

2 – la riduzione del numero dei parlamentari,

3 – il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni,

4 – la soppressione del Cnel

5 – la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione".

Un’impresa titanica se poi a questa aggiungiamo la madre di tutte le riforme e cioè la legge elettorale che guarda agli interessi dei cittadini e non dei partiti.

Questo schema è datato marzo 2014. Proviamo a curiosare cosa ne è rimasto dal progetto originale.

Tutti vorrebbero sapere che ne è stato dell' Italicum. A quest’ora Renzi avrebbe dovuto ammettere che non sono le idee che mancano, bensì la buona volontà e così la legge elettorale, alias Porcellum II, tanto osannata si è vista cavalcata e messa in fondo alla lista.

Prima delusione!

Si è tanto parlato dell’abolizione del Senato. Questo è stato uno dei cavalli di battaglia del ex sindaco. Ahimè, strada facendo si è visto accomodare a miti consigli. Non è più abolizione ma un semplice maquillage, una completa operazione cosmetica, tanto fumo e poco arrosto.

Seconda delusione!

Chi può dire di non aver sentito parlare di spending review? Non importa che tanti non conoscono il significato, ma di questo hanno fortemente discusso nei bar, dal barbiere, in piazza, in metropolitana e a casa con amici. Cosa vuol dire? Non so, l’ha detto Renzi e con quella spending review abbasserà le tasse ai meno abietti e darà 80 euro in più in busta al mese, per sempre.

Intanto oggi si sa che la copertura per gli 80 euro è assicurata solamente per il 2014 e per gli anni a venire incrociamo le dita. Per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica, risulta che quest’ultima è al contrario in aumento. L’abolizione delle province, poi, è tutta da discutere.

Terza delusione!

Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) ha come competenze proprie la legislazione economica e sociale La sua soppressione difficilmente abbasserà il mastodontico debito pubblico, pietra d’inciampo di qualsiasi ripresa.

Non dimentichiamo il Jobs Act di Renzi , oggi rivisto e corretto, cucito e tagliato , stravolto e tanto discusso.

Concludendo il giro dell’inferno delle riforme , oggi , al posto della tanto sbandierata “riforma al mese”, giacciono in discussione, e a rischio tenuta della maggioranza, lo stesso decreto di lavoro Poletti, la famigerata già menzionata riforma del Senato e, dulcis in fundo la revisione del Titolo V della seconda parte della Costituzione.

Riuscirà il nostro Caronte fiorentino a traghettare queste riforme indenne lungo le acque paludose dell’Ade del Senato?




LA CAMPAGNA ELETTORALE SUGLI SPALTI DI UNO STADIO

di Maurizio Costa

I fattacci avvenuti allo Stadio Olimpico in occasione della finale di Coppa Italia hanno scatenato un putiferio all'interno della politica italiana. Tutti i maggiori leader del Bel Paese, che proprio in questi giorni stanno portando avanti le loro campagne elettorali, hanno colto al volo l'occasione e stanno cercando in tutti i modi di far pendere la bilancia dei favori del popolo italiano dalla loro parte. Genny 'a Carogna, che avrebbe dato il permesso ai capi alti del calcio italiano e della Digos di giocare la partita, Ciro Esposito, che è in condizioni critiche in ospedale e Daniele De Santis che avrebbe sparato allo stesso tifoso napoletano, sono i nomi che i politici in questi giorni stanno pronunciando per cercare di denunciare lo scandalo delle tifoserie violente, come se prima di questi fatti nessuno se ne fosse accorto.

Il primo a cogliere la palla al balzo è stato Matteo Renzi. Il premier era presente allo stadio durante la contestazione e anche quando il pubblico fischiava durante l'Inno d'Italia, ma non ha mosso ciglio. Il bello è venuto dopo: "Facciamo finire la campagna elettorale e il campionato e poi riuniamo tutte le autorità e interveniamo in modo serio – ha detto il Primo Ministro – il calcio non lo lasceremo a quelle persone, non lo lasceremo ai vari Genny 'a Carogna. Lo ridaremo alle famiglie e a chi vuole partecipare con gioia ad un evento sportivo." Parole al miele, che sanno molto di tessere elettorali.

Non è stato da meno neanche Angelino Alfano, leader del Nuovo Centrodestra. L'ex alleato di Berlusconi, infatti, il giorno dopo la partita, ha attaccato e denunciato subito questi comportamenti: "Il pallone è nostro e ce lo riprenderemo. Lo toglieremo ai Genny carogna per ridarlo alle famiglie e ai bambini." Con una consecutio temporum basata sull'anteriorità del futuro, il Ministro dell'Interno non si fa sfuggire un telegiornale per portare avanti la sua campagna elettorale, che, ricordiamo, trae spunto da un ragazzo in fin di vita e da un capo ultrà: "Stiamo lavorando anche su Daspo preventivo e sulla recidiva. Nel senso che chi è già colpito da provvedimento e continua a delinquere, potrà essere allontanato fino a otto-dieci anni dagli stadi." Un vero e proprio comizio quello del Ministro.

Passiamo a Beppe Grillo, l'anti-tutto, che però questa volta prende la scia dei suoi nemici e tocca l'argomento della sicurezza negli stadi: "Io già vedo che Genny la carogna sarà invitato al Nazareno da Renzi il bastardo per fare la legge sugli stadi. Il mondo sta andando in un modo che non è più capibile." Soliti modi gentili del leader del Movimento 5 Stelle. Grillo ha anche spostato la campagna elettorale su un fatto di musica e di Inni: "La povera Alessandra Amoroso ha cantato l’inno e fatto un tributo alla politica ed è stata fischiata. C’erano i politici schierati sull’attenti e poi sono fuggiti con le loro auto blu."

Anche Silvio Berlusconi ha voluto tirare acqua al suo mulino: "L'inasprimento dei Daspo è utile ma va applicato ai tifosi che lo meritano." Una cosa abbastanza scontata. Da Presidente del Milan, il Cavaliere ha poi aggiunto: "Non è utile e possibile che la sicurezza sia affidata alle società di calcio. Tutte presentano bilanci difficili, molti in deficit, non potrebbero permetterselo e mai avrebbero la competenza necessaria." Se lo dice lui.

Forse siamo talmente poveri di idee e iniziative che per dare vita ad una campagna elettorale prendiamo spunto da casi ignobili e disdicevoli, che non fanno altro che infangare la poca dignità che ci rimane nei confronti degli altri Paesi europei.




BERLUSCONI: ERANO I TEMPI DEL GIAGUARO!

di Angelo Parca

Non so, questo Silvio Berlusconi in Tv prorio non mi convince. Ha perso la grinta è meno imprevedibile e più pacato. E’ meno Cav. Sì pare proprio che rinunciando al titolo avesse rinunciato ad un’armatura. Lo smalto e l’ironia di quando ha spolverato la sedia a Travaglio sembra un lontano ricordo. Adesso c’è un vecchietto di 77 anni che, volenti o nolenti, ha fatto un pezzo di storia della politica italiana ed ha finito la sua carriera ai servizi sociali. Il suo tempo è terminato. Purtroppo, quello che spaventa è che all’orizzonte non c’è nulla di nuovo e tutto il vecchio che avanza è pronto a fagocitarsi i “buoni” propositi di Matteo Renzi, una matricola al Governo, cui presto faranno capire che bisogna chinare il capo.

Del resto il fiorentino lo ha detto che o gli fanno fare ciò che vuole o torna da dove è venuto. Forse già rimpiange la fascia da primo cittadino, certo fare il capo del Governo è altra storia perché certi parassiti in poltrona sono difficili da scrostare via. A dare la notizia al premier che non passerà nulla al sentato riguardo la riforma dello stesso è proprio l’ex senatore Silvio, sì proprio lui, il pregiudicato che aspetta giustizia dall’Europa.

E se da un lato in maniera se vogliamo paranoica, nostalgica e autolesionista si prende coscienza di quanto Silvio sia ormai giunto al capolinea, dall’altro non rimangono che poche stringate riflessioni con un contorno di zero idee e zero carisma e zero democrazia.

Angelino Alfano dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere. Non piace alla massa e non sarà in grado di cavalcare l’onda senza aggrapparsi ad una tavola da surf più grande del suo salvagente: quello che gli tirò Letta quando Silvio sperò fino all’ultimo di non aver perso il suo fido delfino.

Su Renzi è già detto, l’unica speranza è che riesca a far saltare il sistema. La domanda è: fino a che punto vuole che salti?

Poi c’è Grillo che aldilà dei buonissimi prpositi e impegno civico dei militanti Cinque Stelle che ci credono, dovrebbe iniziare davvero ad “uscire dal blog” cercando fuori quella democrazia che ben poco è riuscito a conseguire dentro il web, nella cosidetta rete. Ho paura che la rivoluzione che tanto sbandiera si possa rivelare come una grande bolla di sapone: quando scoppia non rimane nulla, tranne che le speranze infrante degli italiani e dei militanti che l’hanno seguito. Vorrei tanto sbagliarmi. Grillo comunque prenderà consensi alle Europee.

giorgia Meloni non sarà una forza politica capace di camminare con le proprie gambe. Idem Ncd. Forza Italia darà ancora un discreto risultato, ben lontano dagli anni d’oro perché ormai non ci crede quasi più nessuno. Renzi rimarrà ancora in piedi con una buona scia di fans. Fino a quando non lo decideranno loro… loro chi? I Matusa. 




MATTEO RENZI: SOGNO, MIRAGGIO O SPERANZA?

di Emanuel Galea

Matteo Renzi, irrompe sulla scena con la verve e la spregiudicatezza dell’inesperienza nell’istante che la gente spera che si conduca in porto alcune delle riforme da anni promesse e mai mantenute. L’ex sindaco fiorentino si affaccia su un’Italia e trova il lavoro che manca. Gli si materializza la disperazione d’intere generazioni prive di dignità, di diritti e di futuro.

A dargli il benvenuto trova una generazione senza un domani. Ad aspettarlo ci stanno la negazione dei diritti sociali e quelli civili, promesse deluse di un processo di sviluppo del Paese mai avverato. Trova una generazione smarrita, davanti a lui lo sfaldamento delle ragioni fondatrici della Costituzione, lo sfibramento del tessuto sociale. Il temerario incosciente affronta una classe dirigente che ama rivolgersi a una “società che non esiste”. Davanti al nominato Presidente si affaccia un vuoto tombale di contenuti, di sostanza, d’idee, di proposte, di quel minimo di entusiasmo e di pensiero ideologico necessario per risollevarsi, per tornare a vivere, a sperare, a sognare. Su quali alleati può contare Renzi per sollevare dal degrado un Paese in costante declino?

Rimodulare una scuola resa oggetto di proselitismo da parte di minoranze asservite a lobby internazionali che vedono nell’educazione giovanile la propagazione delle loro ideologie. Progressivamente e inesauribilmente si sono prosciugate non solo le risorse economiche ma anche quelle morali. Assieme ai posti di lavoro scarseggia l’ingegno, la creatività, la gioia di vivere. I cittadini sognano una giustizia sociale, libertà di pensiero e di espressione. Proprio in questi giorni si discute in commissione una legge restrittiva di dette libertà. Della Costituzione “più bella del mondo” rabberciata, ferita e ricucita, accorciata e dilatata, osannata e calpestata, ormai poco è rimasto.

E’ stata stravolta da mille pagine di rimandi, d’interpretazioni, convincimenti e ahimè, talvolta, da improvvisazioni. Si sta facendo dominare dal pensiero unico, a volte dettato da istituzioni internazionali.  Si è, infatti, costretti ad ammettere che, ha vinto alla grande il pensiero liberista che, oltre a calpestare il senso di comunità e, di conseguenza, i diritti, la dignità e le speranze di quegli stessi individui che afferma di voler esaltare, ha inquinato il sistema politico al punto che oramai sono del tutto svalutati i partiti. Le idee dell’estravagante “uomo della provvidenza” sono destinate a fallire nell’’attimo che si scontrano con i gruppi parlamentari riottosi e animati da un inconfessabile spirito di rivalsa contro tutto e tutti in odore di novità, di riforme.

Il cittadino guarda sbigottito e Matteo Renzi rimane un enigma del domani. Sarà un sogno? Un miraggio? Al momento rimane  solo una speranza.
 




LAVORO DL MATTEO RENZI: SCORAGGIA GLI IMPRENDITORI AD ASSUMERE

Redazione

“Il provvedimento di Renzi è poco chiaro, farraginoso e altalenante: sembra dettato parola per parola dalla Cgil”. Così affermano in una nota congiunta Francesco Aracri, senatore di Forza Italia, e Fabio Armeni, ex vicepresidente della Regione Lazio e candidato di Forza Italia al Parlamento europeo nel collegio Italia centrale. “Le novità introdotte rischiano di creare una paralisi ancor più pesante di quella attuale e di inasprire maggiormente la rigidità del mercato del lavoro. La cosa ancor più grave, però, è che il dl non libera affatto le imprese dai vincoli della creazione di nuova occupazione” continuano gli esponenti di Forza Italia, che aggiungono: “Gli imprenditori in questo modo saranno ancora più scoraggiati ad assumere rispetto a prima”. “Non sarà questa la misura, tanto sbandierata da Renzi nel corso degli ultimi mesi, a risollevare la situazione occupazionale del Paese (la disoccupazione supera il 42% a livello giovanile) proprio perché l'incertezza normativa è troppa. Chi cerca lavoro, dunque, può star tranquillo: per il momento non se ne parla. Torniamo a ripetere: che fine ha fatto il coraggio di Renzi?” concludono.




USTICA, PIAZZA FONTANA, BOLOGNA, GIOIA TAURO: MATTEO RENZI RIVELA I SEGRETI SULLE STRAGI

Redazione

Un atto tanto atteso dalle vittime delle stragi terroristiche e di mafia. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha firmato la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904. "Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo è proprio quello della trasparenza e della apertura" sottolinea Renzi nella nota che annuncia la decisione presa dal governo. "In questa direzione va la decisione di oggi – prosegue – che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune", dice ancora Renzi.  La direttiva è stata firmata a palazzo Chigi alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza della Repubblica, Marco Minniti, e del direttore del Dipartimento per la sicurezza Giampiero Massolo. Secondo quanto stabilito nel CISR di venerdì scorso, consente il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato che rappresentano un importante contributo alla memoria storica del Paese. I documenti verranno versati secondo un criterio cronologico (dal più antico ai tempi più recenti), superando l'ostacolo posto dal limite minimo dei 40 anni previsti dalla legge (fatto che vale per tutte le Amministrazioni) prima di poter destinare una unità archivistica all'Archivio Centrale.

Strage di Ustica

La strage di Ustica fu un disastro aereo avvenuto nella sera di venerdì 27 giugno 1980, quando un aereo di linea Douglas DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia, decollato dall'Aeroporto di Bologna e diretto all'Aeroporto di Palermo, si squarciò in volo all'improvviso e cadde nel braccio di mare compreso tra le isole tirreniche di Ustica e Ponza. Nell'evento persero la vita tutti gli 81 occupanti dell'aereo.

Molti aspetti di questo disastro, a partire dalle cause stesse, non sono ancora stati chiariti. Nel corso degli anni sulla strage di Ustica si sono dibattute principalmente le ipotesi di un coinvolgimento internazionale (in particolare francese, libico e statunitense), di un cedimento strutturale o di un attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo).

Nel 2007 l'ex-presidente della Repubblica Cossiga, all'epoca della strage presidente del Consiglio, ha attribuito la responsabilità del disastro a un missile francese «a risonanza e non ad impatto» destinato ad abbattere l'aereo su cui si sarebbe trovato il dittatore libico Gheddafi. Tesi analoga è alla base della conferma, da parte della Corte di Cassazione, della condanna al pagamento di un risarcimento ai familiari delle vittime inflitta in sede civile ai ministeri dei trasporti e della difesa dal Tribunale di Palermo.

Strage di Peteano

La strage di Peteano è un atto terroristico avvenuto il 31 maggio 1972 a Peteano, frazione del comune di Sagrado. in provincia di Gorizia. Fu compiuta dal reo confesso Vincenzo Vinciguerra e da Carlo Cicuttini, neofascisti aderenti ad Ordine Nuovo.

La strage, definita anche trappola di Peteano per le modalità con cui si svolse[senza fonte], provocò la morte di tre uomini dell'Arma dei Carabinieri: il brigadiere Antonio Ferraro di 31 anni e i carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni di 33 e 23 anni. Rimasero gravemente feriti il tenente Angelo Tagliari e il brigadiere Giuseppe Zazzaro.

La notte del 31 maggio, alle ore 22.35, una telefonata anonima giunse al centralino del pronto intervento della Stazione dei Carabinieri di Gorizia: a riceverla e a registrarla fu il centralinista di turno Domenico La Malfa. Il testo della comunicazione in lingua dialettale è il seguente:

« Senta, vorrei dirle che xè una machina che la gà due busi sul parabreza. La xè una cinquecento bianca, visin la ferovia, sula strada per Savogna. »
Sul posto segnalato giunsero tre gazzelle dei carabinieri, che rinvennero la Fiat 500 bianca con i due buchi sul parabrezza, così come aveva comunicato in dialetto l'anonimo informatore. La prima pattuglia che viene inviata è quella dei carabinieri di Gradisca, con l'appuntato Mango e il carabiniere Dongiovanni. Dieci minuti dopo i due sono sul posto e trovano la Cinquecento targata GO 45902. È visibile in un viottolo di terra battuta, subito dopo una curva, al chilometro 5. Mango decide di chiamare il suo ufficiale, il tenente Tagliari, che parte anche lui accompagnato dal brigadiere Antonio Ferraro e dal carabiniere Donato Poveromo e arrivano sul posto con una seconda gazzella alle 23.05, poi raggiunta da una terza pattuglia da Gorizia.

I carabinieri Antonio Ferrero, Donato Poveromo e Franco Dongiovanni tentarono di aprire il cofano del mezzo, provocando l'esplosione dell'auto e rimanendo uccisi, mentre altri due rimasero gravemente feriti.

 

Strage dell'Italicus

La strage dell'Italicus fu un attentato terroristico compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.Una bomba ad alto potenziale esplose alle 1:23 nella vettura 5 dell'espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero. Nell'attentato morirono 12 persone e altre 48 rimasero ferite.

Strage di Piazza Fontana

La strage di piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico compiuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano. Viene da molti ritenuta, convenzionalmente, l'inizio del periodo passato alla storia in Italia come strategia della tensione.

Le indagini si susseguiranno nel corso degli anni, con imputazioni a carico di vari esponenti anarchici e di destra; tuttavia alla fine tutti gli accusati saranno sempre assolti in sede giudiziaria (peraltro alcuni verranno condannati per altre stragi, e altri si gioveranno della prescrizione).

 

Strage di piazza della Loggia

La strage di piazza della Loggia è stato un attentato terroristico compiuto il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza del sindacalista della CISL Franco Castrezzati, dell'on. del PCI Adelio Terraroli e del segretario della camera del lavoro di Brescia Gianni Panella. L'attentato provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue

 

Strage di Gioia Tauro

Con strage di Gioia Tauro si indica comunemente la conseguenza del procurato deragliamento al treno direttissimo Palermo-Torino (detto treno del Sole) del 22 luglio del 1970, avvenuto a poche centinaia di metri dalla stazione di Gioia Tauro.

Le cause non vennero mai accertate ma nelle conclusioni della relazione del giudice istruttore del tribunale di Palmi si legge che l'attentato dinamitardo sia l'ipotesi più probabile.

 

Strage di Bologna

La strage di Bologna, compiuta la mattina di sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra, da molti indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione.

Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai NAR, tra cui Giuseppe Valerio Fioravanti.

Nell'attentato rimasero uccise 85 persone ed oltre 200 rimasero ferite.

 

Strage rapido 904

La strage del Rapido 904 o strage di Natale è il nome attribuito ad un attentato dinamitardo avvenuto il 23 dicembre 1984 presso la Grande galleria dell'Appennino, ai danni del treno rapido n. 904 proveniente da Napoli e diretto a Milano.

L'attentato è avvenuto nei pressi del punto in cui poco più di dieci anni prima era avvenuta la strage dell'Italicus. Per le modalità organizzative ed esecutive, e per i personaggi coinvolti, è stato indicato dalla Commissione Stragi come l'inizio dell'epoca della guerra di mafia dei primi anni novanta del XX secolo.




GENZANO, PULIZIA SCUOLE E SALARIO COOPERATIVE: 30 LAVORATORI CON SALARIO E ORE DI LAVORO DIMEZZATE

Redazione

Genzano di Roma – “Signor presidente, mi permetto di disturbarla per metterla al corrente di una situazione penosa nel Comune che amministro e che riguarda le ditte e cooperative che svolgono il servizio di pulizia nelle scuole”: inizia così la lettera che il sindaco di Genzano, Flavio Gabbarini, ha scritto al presidente del Consiglio Matteo Renzi per sottoporgli la questione dei lavoratori impiegati per le pulizie negli istituti scolastici.
La lettera, inviata anche al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, fa seguito alla delibera del consiglio comunale 11 del 27 marzo 2014 con la quale si sollecita il sindaco e la giunta a farsi carico presso le istituzioni della situazione di questi lavoratori. Si tratta di trenta operatori con contratto part-time che lavorano in regime di terziarizzazione, ovvero impiegati in cooperative e ditte che dopo la proroga condivisa con sindacati e ministero del Lavoro si sono visti dimezzare l’orario di lavoro e, di conseguenza, il salario nonostante ci fosse la copertura finanziaria.
“Conosco il suo impegno nei confronti dei lavoratori, in special modo quelli precari e poco retribuiti – scrive ancora il sindaco –. Le chiedo quindi di intervenire affinché vengano rese disponibili adeguate risorse a favore degli istituti comprensivi, così da garantire un servizio di pulizia adeguato nelle scuole e dare ai lavoratori la certezza di un salario dignitoso”. 




RENZI – MENARINI: QUELLA STRANA COPPIA DI FIRENZE DALLA MERKEL

di Cinzia Marchegiani

L’hanno nominata la delegazione degli undici, quella convocata dal premier Matteo Renzi che lo corso 17 marzo ha incontrato la cancelliera Angela Merkel.

Appuntamento importante per il destino di tanti italiani, obiettivo primario per Matteo Renzi era quello di convincere la cancelliera tedesca riguardo la proposta di alzare di un 0,3/0,4 percento il rapporto tra deficit e pil, anche se in questo contesto sarà compito esclusivo del Parlamento Europeo e della Commissione la responsabilità e la variazione in merito.

Nella squadra italiana al summit tedesco oltre i politici dell’attuale governo Pier Carlo Padoan ministro dell’economia,  Federica Mogherini Ministro degli Affari Esteri , Federica Guidi Ministro dello Sviluppo Economico, Roberta Pinotti Ministro della Difesa, Giuliano Poletti Ministro del Lavoro e Maurizio Lupi  Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti l’enfant prodige, rottamatore del Partito Democratico e ora anche del Senato, si è giocato anche la carta dei big del patrimonio industriale nostrano. I titolari di questa maglia: Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria, Fulvio Conti dell'Enel, Mario Greco delle Generali e ultimo inserimento, gioco forza dei legami con il gruppo farmaceutico Menarini con la città di Firenze, Lucia Aleotti.

Ricordiamo che proprio lo scorso gennaio il Gruppo Menarini aveva consegnato tre alloggi di edilizia popolare assieme al primo cittadino alla città di Firenze, l’azienda farmaceutica aveva ristrutturato gli appartamenti di proprietà comunale mettendo a norma impianti elettrici, meccanici e termo-sanitari, sostituendo i rivestimenti nelle cucine e revisionando e sostituendo infissi, impegnadosi a contribuire ad un tetto confortevole per le famiglie fiorentine colpite dalla crisi economica (cui sono assegnati in base alla graduatoria sociale del Comune di Firenze).

Scelta coraggiosa per Matteo Renzi portare in Europa un colosso farmaceutico italiano sotto l’occhio del ciclone della Magistratura da diversi anni e che proprio in questi giorni la Procura di Firenze, ha aperto un’altra inchiesta a carico sempre della famiglia Aleotti.

Ora l’indagine mira a verificare l’ipotesi di riciclaggio o reimpiego di denaro da provenienza illecita in attività economiche e finanziarie, con cui la stessa Menarini ha acquistato il 4 percento del capitale della banca Monte Paschi di Siena MPS.

Si legge che per i PM Ettore Squillace Greco e Luca Turco le somme utilizzate proverrebbero da parte dei fondi accumulati dal Alberto Aleotti (padre di Lucia, ora Vicepresidente del Gruppo Menarini e Alberto Giovanni, Consigliere della MPS dal 28 aprile 2012) che proprio nell’aprile scorso è stato  ritenuto incapace di partecipare al processo per la truffa sui principi attivi dei farmaci al Servizio Sanitario Nazionale. Il capostipite, per le sue condizioni di salute non può essere processato per la truffa cui si sono dichiarati parte civile la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Salute e quasi tutte le Regioni e le Asl d'Italia.

Ma la nuova bufera della Magistratura partita appena lo scorso 24 marzo ha aperto il dibattimento del processo per riciclaggio e frode fiscale a carico dei figli Lucia e Alberto Giovanni. L’attuale vicenda giudiziaria si articola sulle operazioni con cui la Menarini ha riportato i suddetti capitali tramite Scudo Fiscale e depositati tramite la Banca USB da cui avrebbe preso 178 milioni di euro necessari alle manovre per acquisire le azioni MPS. La prossima udienza è in agenda  per il prossimo 5 maggio.

Un’inchiesta che riapre voragini immense, conflitti  e crepe mostruose dove le lobby del farmaco hanno spesso legami troppo profondi con le quotazioni in borsa, società estere usate spesso come scatole cinesi… un sistema economico, che offre chance ghiotte, che nulla ha a che fare con la scienza medica,  e quindi è lecito sempre ricordare che l’industria del farmaco è un’azienda  tesa al profitto.

Renzi – Menarini una strana coppia che farà parlare, si auspica solo per questioni positive.

I legami tra il PD con la Banca Monte Paschi di Siena, si moltiplicano ora con il gruppo Menarini, che oltre ad avere Alberto Giovanni Aleotti nel Consiglio di Amministrazione della banca, ha acquistato il 4% del capitale della stessa MPS che nei mesi precedenti è stata definita la grande banca italiana a essere ancora controllata da un azionista di maggioranza «politico». Si legge: La Fondazione MPS, presieduta da Antonella Mansi, è governata da un consiglio di 14 componenti, dei quali la metà è nominata da Comune (4 membri), Provincia (2) e Regione (1) e il resto dalle istituzioni locali che – eccetto la Diocesi – alla politica fanno capo. A Siena la «politica» fa rima con Pd.”

In merito alle affermazioni che il premier Matteo Renzi ha fatto in visita dalla Merkel: «L’UE non causa problemi, ma è la soluzione… occorre restituire ai cittadini la possibilità di credere che l’UE non è la causa ma la soluzione dei problemi. Quei partiti che lo dicono sbagliano», sarebbe lecito chiedersi se il nostro premier ha acquisito il ruolo predominante dell’UE e della sua responsabilità in questa crisi poiché il sospetto scatta automatico soprattutto dopo che il Parlamento Europeo ha condannato aspramente le condizioni imposte dalla TROIKA in cambio dell'assistenza finanziaria responsabili di aver messo in pericolo gli obiettivi sociali dell'unione europea, e ha consegnato un  verdetto  inconfondibile: “La disoccupazione è aumentata, in particolare tra i giovani (e ciò porta alla loro emigrazione) e molte piccole imprese hanno fallito. I tassi di povertà sono aumentati, anche tra la classe media.”

L’importante ora è capire se si è consapevoli del danno perpetrato in tutti questi anni dall’azione e la cecità dei funzionari europei…e dai meccanismi di un’Europa che invece di attivarsi per una giustizia sociale né è diventata la causa del suo fallimento!
 




MATTEO RENZI SENATO: "O RIFORME O ME NE VADO, BISOGNA AGIRE PER LA GENTE E NON PER LA CASTA"

Redazione

Più chiari di così si muore. Che cosa ci si poteva aspettare dal premier Matteo Renzi se non una puntata di piedi rispetto le proposte – accuse del presidente Pietro Grasso?  A Rtl 102.5, il presidente del Consiglio torna a parlare della questione Senato e avverte: "Se la classe politica dice che non bisogna cambiare, faranno a meno di me e magari saranno anche più contenti". E ancora: "Su questa cosa non mollo di mezzo centimetro, andiamo diritto. Voglio che anche chi non ci crede ed è sfiduciato possa vedere che stavolta il risultato lo otteniamo". "Nessun bluff, i parlamentari vanno ridotti" – "Per ridurre i parlamentari – riprende -, evitare il ping pong delle leggi, semplificare il quadro, facciamo del Senato, come in tanti Paesi, il luogo dove siedono, senza indennità, sindaci e presidenti di Regione. Si tratta di vedere se questa volta si bluffa o si fa sul serio, perché si chiede ai senatori di superare il Senato. Non è mica facile, lo so. Ma è una questione di dignità verso i cittadini. "Basta con i professoroni. Sono trent'anni che ci sono commissioni e superprofessoroni che discutono di riforma del bicameralismo". E Pietro Grasso non crede si possa riuscire? "No, non è proprio d'accordo" con la riforma, replica Renzi.
Il premier lancia anche un avvertimento chiaro e forte ai suoi: "Provo curiosità: voglio vedere se davvero non votano. I parlamentari del mio partito che non vogliono votare" il ddl costituzionale sul Senato "dovrebbero ricordare che" quella proposta "l'ho portato alle primarie" ed è stata "votata dai nostri elettori". E che è stata vagliata "due volte dalla direzione" del Pd. "Paradossalmente per creare lavoro bisogna rimettere innanzitutto a posto le regole istituzionali: superare il Senato, eliminare i politici dalle province e l'autentica vergogna delle rimborsopoli delle Regioni cui metteremo un freno per sempre", continua, sottolineando che le riforme istituzionali non servono "solo agli addetti ai lavori ma sono anche il presupposto per poter chiedere agli imprenditori internazionali di tornare a investire in Italia, con un sistema Paese che è più capace di creare lavoro".