MC DONALD'S E LA GUERRA DEL PANINO

di Simonetta D’Onofrio

Guerra del panino o solo una semplice schermaglia? Ancora è troppo presto per arrivare ad una conclusione definitiva su quanto sta accadendo a Mosca in questi giorni, dove la famosa catena dei panini e hamburger “McDonald’s” ha dovuto chiudere quattro esercizi, al centro della capitale, tra cui il più noto, il primo ad aver aperto quando ancora il dissolvimento dell’Impero non aveva consumato il primo distacco importante: l’indipendenza della Lituania (avvenuto due mesi dopo, nel marzo del ‘90). La motivazione, fornita dalle autorità russe, in seguito a un’ispezione, è la presenza di irregolarità sanitarie.

Motivazione che non convince la comunità internazionale. La chiusura di uno dei punti strategici del maggior investitore straniero in Russia (la catena ha oltre 400 punti vendita con decine di migliaia di addetti) è una chiara risposta alle misure economiche prese contro Putin, in seguito al conflitto ucraino e al suo appoggio ai separatisti russi.

McDonald’s non è soltanto il simbolo dell’alimentazione globalizzata a basso costo, per molti è il simulacro dell’invadenza americana nelle altre culture.

Fu il segretario del partito PCUS, Michail Sergeevic Gorbaciov ad aprire per primo il dialogo “distensivo”, non solo sul piano prettamente politico, ma anche sui costumi, sul modo di vivere e di mangiare degli Stati Uniti. Un’apertura che era in linea con la nuova visione che avrebbe avvicinato le due superpotenze, divise allora su tutto.

Fu proprio lui, con i suoi modi gentili e colti, a colloquiare con gli americani e gli stati europei, a definire nuovi accordi commerciali con le altre super potenze, che fino ad allora legavano l’URSS solo alle Grandi Purghe del 1935-1936, all'eliminazione dei kulaki e ai campi di concentramento sovietici, come i Gulag. Un fervore inimmaginabile proveniva da un popolo che stava provando il gusto per il consumismo, un amore verso i prodotti internazionali, rimasti fino a quel momento icone irraggiungibili. In pochissimo tempo fu possibile farsi vedere agli occhi dell’Occidente e della Grande Mela non più come “l’impero del male”.

Il primo McDonald’s aprì in Russia il 31 gennaio 1990 (nell’ottobre dello stesso anno venne aperto anche in Cina), data questa pubblicizzata con caratteri molto grandi anche sul sito web della casa americana, che ci fa capire come sia stato per la catena di ristoranti più rappresentativa nel mondo un momento ricco di soddisfazione, dove viene propagandato anche la diffusione dei Golden Arches a Mosca.

L’inaugurazione del primo locale americano, fu considerato un evento straordinario, tanto desiderato da sembrare irreale, unico che vide la città che allora stava uscendo dal regime comunista, impazzire. La fila fuori dal fast food, disciplinata come era logico immaginare in un paese che viveva da decenni in un regime il quale lasciava poco spazio alla fantasia dei singoli, era lunga centinaia di metri.

Migliaia di persone in fila in Piazza Pushkin per ore e ore, esplodevano di gioia pur di accaparrarsi i simboli americani per eccellenza, hamburger e coca-cola.

McDonald’s non è stato il primo simbolo occidentale ad essere colpito dalle repressioni economiche russe. Iniziative simili sono state portate a termine in diverse occasioni. Tutte mirate a condannare il nemico di turno, mal visto dall’attuale governo. Qualche mese fa interruppe l’importazione delle mele polacche. Nel 2013 vietò l’ingresso dei prodotti caseari provenienti dalla Lituania. Nel 2006 mirò al vino esportato dalla Georgia e dalla Moldavia. Ma non sono solo questi ad essere stati presi di mira, la lista è lunga.

Non resta altro a questo punto che attendere l’evoluzione delle azioni commerciali, e soprattutto del loro motivo scatenante, il conflitto tra il governo ucraino, sostenuto dagli Stati Uniti e dell’Unione Europea, e i separatisti supportati da Mosca. Se non si trova una soluzione diplomatica efficace (e le premesse non sono certo concilianti), non è difficile immaginare altre repressioni su prodotti europei. L’Italia, ad esempio, è un partner commerciale strategico per la Russia, il terzo per valore dell’interscambio nell’Unione Europea, anche noi potremmo subire conseguenze non piacevoli.