Bari, messa al boss: un plauso all'arcivescovo che ha fermato il parroco


di Vincenzo Giardino


BARI – L'arcivescovo di Bari, Monsignor Cacucci, merita un plauso per essersi espresso ed opposto con fermezza nei confronti del parroco della chiesa Santa Maria Assunta di Grumo Appula, Don Michele Delle Foglie, il quale avrebbe dovuto officiare una messa pubblica a suffragio di un presunto boss della 'ndrangheta, Rocco Sollecito, ucciso in Canada.

Il sentire comune della società civile dovrebbe indurre ad aborrire qualunque manifestazione, simbolismo o linguaggio, riconducibile alla cultura mafiosa e chi rappresenta le istituzioni non può esimersi dal prendere posizioni nette ed inequivocabili, senza opporre teoremi artefatti per dare giustificazioni ad eventuali azioni o affermazioni che generano delle interpretazioni ambigue.

Sul manifesto funerario si legge testualmente: – Il Parroco Don Michele Delle Foglie, spiritualmente unito ai familiari residenti in Canada e con il figlio Franco, venuto in visita nella nostra cittadina, invita la comunità dei fedeli alla celebrazione di un Santa Messa in memoria del loro congiunto.- Sembra che il suddetto parroco abbia polemizzato energicamente sul polverone che ha suscitato questa vicenda e che addirittura si aspetterebbe una udienza dal Santo Padre.

Questo episodio conduce inevitabilmente al ricordo di un altro tipo di parroci, che per la loro posizione nei confronti delle mafie hanno addirittura immolato la propria vita.
Don Giuseppe Diana e Don Pino Puglisi non potevano essere privi di carità cristiana e non avrebbero sicuramente rifiutato i sacramenti neanche al peggiore dei peccatori, ma non si sarebbero sottratti dal giudicare con severità coloro che nella loro vita hanno seminato paura e morte.

L'appello sul manifesto funerario di Don Michele Delle Foglie risulta essere quantomeno acritico nei confronti di un personaggio giudicato sia dalla legge che dalla pubblica opinione. La sua decisione di celebrare la messa pubblica avrebbe dovuto essere illuminata dal buon senso e non dalla coercizione della gerarchia ecclesiastica.

Purtroppo il numero di parroci ancora tolleranti e silenti in analoghe situazioni è ancora diffusa in molte zone del sud Italia. Non è raro, soprattutto nei piccoli paesini, assistere al fatidico inchino nelle processioni del santo patrono davanti alla casa del boss locale.

Il parroco di una comunità cattolica rappresenta l'autorità religiosa e non può subordinare l'etica e il giudizio della società civile.

Sarebbe auspicabile che anche in futuro ci siano sempre delle posizioni ferme da parte delle autorità ecclesiastiche nei confronti di quei parroci che si rendono protagonisti di episodi analoghi, al fine di definire un confine netto tra il bene e il male sia in chiave cristiana che in quella giudiziaria.