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Usa, Trump pronto a inviare 15mila soldati al confine col Messico per fermare i migranti

“Un’invasione”: così Donald Trump in un’intervista alla Abc dipinge la carovana di immigrati partita dall’Honduras e in marcia verso il confine tra Messico e Stati Uniti. “Per questo dobbiamo avere un muro di persone che li fermi, ha spiegato il presidente americano motivando la sua intenzione di inviare alla frontiera sud degli Usa fino a 15mila soldati, più di quanti ce ne sono in Afghanistan”.

Trump critica quindi i numeri sulla carovana fatti dai media

“Ci sono carovane in arrivo molto più grandi di quanto viene detto. Io sono molto bravo a stimare l’entità di una folla – ha aggiunto il presidente americano – e vi posso dire che la carovana in arrivo sembra molto più grande di quanto la gente pensi”. Il tycoon spiega quindi che è composta in gran parte da giovani e che “le donne e i bambini inquadrati in tv sono messi lì apposta per le telecamere. Mettono davanti le donne e i bambini, e non va bene”.




Messico: scomparsi tre italiani. L’allarme dei familiari: “Nessuna notizia da 18 giorni”

MESSICO – Tre italiani sono scomparsi nel nulla in una cittadina di 16mila abitanti a settecento chilometri da Città del Messico, dove facevano i venditori ambulanti. La denuncia arriva da una famiglia napoletana che non ha più notizie dei familiari ormai da 18 giorni. Della vicenda è stata informata anche la Farnesina che sta seguendo il caso con l’ambasciata a Città del Messico in stretto raccordo con le autorità locali e in costante contatto con la famiglia. I tre scomparsi sarebbero il sessantenne Raffaele Russo, suo figlio Antonio e suo nipote Vincenzo Cimmino, rispettivamente di 25 e 29 anni.

“Ad oggi non è pervenuta nessuna richiesta di riscatto – dicono i familiari in un comunicato – chiediamo la massima diffusione della notizia e delle foto segnaletiche”. Russo si trovava in Messico da tempo: era a Tecaltitlan, città dello stato di Jalisco, dove vendeva in strada prodotti acquistati a Napoli da commercianti cinesi. Antonio e Vincenzo, invece, erano arrivati soltanto cinque giorni prima della sparizione, anche loro per lavorare. Secondo il racconto dei familiari, le tracce di Raffaele si persono il 31 gennaio scorso attorno alle 15. Il figlio e il nipote provano a chiamarlo ma il cellulare è muto. In Messico ci sono anche altri due figli di Russo, Francesco e Daniele. Ed è quest’ultimo, rientrato in Italia, a raccontare quel che accade dopo “Noi eravamo troppo lontani, così abbiamo chiamato Antonio e Vincenzo e gli abbiamo detto di andare a cercarlo”.

I due partono dal punto nel quale il gps dell’auto noleggiata dal sessantenne segnava la sua ultima posizione. “Quando sono arrivati, non hanno trovato né la macchina né mio padre. Hanno chiesto alla gente, ma nessuno aveva visto nulla”. I due ragazzi, sempre secondo il racconto dei familiari, a quel punto si sarebbero fermati a fare benzina in un distributore. E lì sarebbero stati avvicinati da diversi poliziotti a bordo di due moto e un auto, che hanno intimato loro di seguirli.

“Antonio è riuscito a mandarmi una serie di messaggi con Whatsapp – dice ancora Daniele – ma ad un certo punto anche i loro telefoni sono risultati spenti”. Daniele e il fratello sono tornati cosi in albergo, a Ciudad Guzman e hanno cominciato a contattare la polizia di Tecaltitlan. “In un primo momento – sostiene Daniele – ci hanno detto che Antonio e Vincenzo erano stati arrestati e stavano andando all’ufficio, mentre di Raffaele non sapevano nulla. Ma durante una seconda telefonata questa versione è stata negata dalle autorità messicane”. Da allora non c’è più traccia dei tre. Secondo i familiari, nessuno di loro ha avuto problemi in passato con la giustizia né hanno mai avuto rapporti con narcotrafficanti. “Loro sono solo lì per vendere giacche, non hanno nulla a che fare con la droga” dice Modesta, una cugina, sottolineando che anche ad altri loro conoscenti è capitata una storia simile in passato: “lì funziona così, ti rapiscono e poi chiedono il riscatto. Ma finora nessuno si è fatto sentire”. “E’ già capitato ad altre persone del nostro quartiere – conferma Daniele – speriamo che vogliano solo il riscatto e ci ridiano i nostri cari”.




Terremoto in Messico: 150 vittime. Crolla una scuola e muoiono 22 bambini

MESSICO – Una capitale, e un intero Paese, sotto shock. Nella prima notte dopo il fortissimo terremoto di ieri, Città del Messico conta i morti, mentre i soccorsi cercano disperatamente di salvare chi è rimasto sotto le macerie. Ma non c’è stato niente da fare per otto bambini e una maestra rimasti intrappolati dentro una scuola. Il bilancio della mega-scossa di magnitudo 7.1 è tragico e nel corso della notte non ha mai smesso di aggravarsi. Di ora in ora, gli aggiornamenti sono state costanti: l’ultimo è di 149 morti, gran parte dei quali nello stato di Morelas e a Città del Messico, oltre che a Puebla e negli stati del Messico e di Guererro. Sui tanti fronti dell’emergenza, l’aspetto centrale è quello di salvare chi è rimasto sotto i detriti dei tanti crolli in città: una quarantina, ha precisato il presidente Enrique Pena Nieto, tra i quali quello nella scuola ‘Enrique Rebasamen’ dove sono rimasti intrappolati anche dei bambini. Otto di loro sono morti insieme ad una maestra del collegio dal quale, riferiscono i media locali, una piccola di sei anni ancora intrappolata è riuscita a entrare in contatto via Whatsapp con i soccorritori. A sottolineare la lotta contro il tempo per scavare tra i detriti alla ricerca dei sopravvissuti è stato tra gli altri il sindaco Miguel Angel Mancera, che ha disposto lo ‘stato d’emergenza’ in tutta la città. Oltre agli uomini delle forze di sicurezza – tra i quali 3 mila miliari – tantissimi volontari hanno preso parte alle operazioni di soccorso fin da subito dopo la mega-scossa di ieri alle 13,14 (ore locali). La megalopoli-capitale, dove 49 persone che hanno perso la vita, è rimasta profondamente ferita dal terremoto. Il rientro a casa di migliaia e migliaia di persone si è svolto in mezzo a numerose difficoltà e un clima caotico, tra l’altro per le fughe di gas e strade chiuse, molte delle quali senza semafori a causa dei black out, soprattutto nell’area del centro e del sud della capitale: in totale, circa 3,8 milioni di persone sono rimaste senza elettricità, 2 milioni a Città del Messico.

 

“Ero in un bar prendendo un caffè nella zona di Prados de Coyoacan, è arrivata la scossa e sono stato letteralmente scaraventato fuori. In genere sono io a mantenere i nervi saldi, ma questa volta ho avuto tanta paura, sono stato confortato da chi mi stava vicino per strada”, racconta all’ANSA Marcos Martinez. I commenti di tutti in città sono soprattutto due e mettono in luce i tratti fondamentali della scossa: ieri, la terra ha tremato in modo ancora più violento sia del devastante sisma del 1985 (10 mila morti, anche questo un 19 settembre) sia di quello dello scorso 7 settembre, che ha avuto un’intensità maggiore (8,2) e nel quale hanno perso la vita 100 persone.




Messico, terremoto di 8.2: sale il numero dei morti. 64 le vittime

E’ salito a 65 il bilancio dei morti nel terremoto in Messico: lo ha reso noto il presidente Enrique Pena Nieto, precisando che del totale delle persone decedute, 46 hanno perso la vita a Oaxaca (delle quali 37 nella città di Juchitan), 15 nel Chiapas e 4 a Tabasco. Tre giorni di lutto nazionale in onore delle vittime del terremoto sono stati predisposti per il Paese dal presidente del Messico durante una visita a Oaxaca, nella quale ha ribadito l’appello alla popolazione a “stare all’erta” per l’eventualità di una nuova forte replica.

Si è trattato della scossa “più forte e di maggior magnitudo degli ultimi cento anni”, ha precisato il presidente messicano Enrique Pena Nieto. Quello che preoccupa in queste ore sono le “repliche” – che finora sono state 65 – più che l’allerta tsunami, ha aggiunto il presidente parlando dalla sede della protezione civile nella capitale. “E’ stato un sisma molto lungo, tutti noi qui lo abbiamo sentito”, ha aggiunto.

Il governatore dello Stato di Tabasco, Arturo Nunez, ha detto che uno dei bambini e’ morto in seguito al crollo di un muro, mentre l’altro era un bebe’ deceduto in ospedale quando e’ mancata l’elettricità. Il neonato era collegato al respiratore automatico.

Gran parte di Città del Messico è rimasta senza luce. Scuole chiuse “per poter precedere ad una revisione delle infrastrutture” dopo la forte scossa. L’epicentro del sisma è stato registrato a 165 chilometri da Tapachula, al largo delle coste dello stato meridionale del Chiapas, ad una profondità di 35 chilometri. Anche se distante dalla capitale, numerose persone hanno abbandonato le case e sono scese in strada al buio.

Il forte terremoto avvertito a Città del Messico ha scosso anche l’Angelo dell’indipendenza, lo storico monumento che si trova sul ‘Paseo de la Reforma’ nella capitale, della quale è uno dei simboli. La colonna, che è stata eretta nel 1910, è crollata durante il terremoto del 1957. Lo ricordano i media locali.

ll terremoto è avvenuto alle 6:49 italiane nell’oceano Pacifico, lungo le coste del Messico nella zona vicina al Chiapas. La profondità è stimata in 72 chilometri, abbastanza da provocare effetti in superficie, come uno tsunami. Il meccanismo che ha generato questo terremoto, ha osservato il sismologo Alessandro Amato, dell’Ingv, è legato alla placca oceanica che spinge sotto quella continentale americana.

 




Messico, estradato negli Usa El Chapo, l’ex boss dei narcos

MESSICO – Joaquin ‘El Chapo’ Guzman, ex signore della droga messicano, è stato estradato verso gli Usa dove deve rispondere di accuse legate al narcotraffico. Il boss della droga è arrivato a New York. L’aereo con a bordo El Chapo è atterrato in un aeroporto di periferia, dove lo aspettava una colonna di suv per portarlo via. Passerà la notte in una prigione di New York, prima della comparizione in un tribunale federale di Brooklyn.

Joaquin ‘Chapo’ Guzman, fondatore del cartello di Sinaloa e uno dei narcoboss più temuti e potenti del Messico,era ricercato negli Usa dalla giustizia di almeno due stati e potrebbe perfino rischiare la pena di morte. ‘El Chapo’ era stato catturato in Messico l’8 gennaio del 2016, e ora il superboss affronta ora la più temuta delle sue vicende giudiziarie. E’ riuscito a scappare ben due volte dalle prigioni messicane, ma ora sarò processato – e sicuramente condannato – in California e in Texas. E in quest’ultimo Stato è ancora in vigore la pena di morte. Il governo del presidente messicano Enrique Pena Nieto, può tirare un sospiro di sollievo: la fuga del ‘Chapo’ dal carcere di massima sicurezza di El Altiplano, nel luglio del 2015, lo aveva posto in forte imbarazzo, a causa delle evidenti complicità sulle quali aveva contato per una evasione rocambolesca, attraverso un tunnel sotterraneo lungo un chilometro e mezzo. A questo si aggiunge il fatto che, malgrado le manovre dilatorie degli avvocati del superboss – che sono arrivati a denunciare che le guardie che controllavano il ‘Chapo’ lo sottoponevano a molestie sessuali -, la richiesta di estradizione della giustizia americana è andata avanti senza intoppi e nei tempi previsti.

 




Messico, spara in discoteca durante un festival: 4 morti tra cui un italiano

 

MESSICO – Il bilancio ufficiale dell'attacco contro la discoteca Blue Parrot di Playa del Carmen è di 5 morti – fra i quali l'italiano Daniele Pessina – e 15 feriti, dei quali almeno uno si trova in condizioni gravi. Lo ha indicato alla stampa il comandante della polizia di Quintana Roo, lo stato messicano dove si trova Playa del Carmen, Rodolfo Del Angel, aggiungendo che finora tutto indica che è stato un solo uomo a sparare davanti alla discoteca, dove si stava svolgendo la festa di chiusura del festival di musica tecno Bpm, che si organizza ogni anno nella nota località dello Yucatan messicano. Del Angel non è entrato nei dettagli dell'attacco, ma ha detto che tutto è partito da "una discussione fra persone che si incontravano all'interno del locale".

Un uomo armato ha fatto irruzione in un club a Playa del Carmen, località turistica messicana sull'oceano Atlantico. Il procuratore generale dello stato di Quintana Roo, Angel Pech Cen, ha confermato la vittima italiana dell'attacco armato. Tra le vittime della sparatoria, ha riferito il procuratore, sono quattro: due canadesi – probabilmente membri della sicurezza del locale – un italiano e un colombiano.

Le autorità messicane escludono il terrorismo per la sparatoria nella discoteca di Playa del Carmen che ha causato la morte di almeno 4 persone, tra le quali l'italiano Daniel Pessina. La pista è quella di un regolamento di conti tra criminali.

Secondo quanto riferito da una sua cugina, Pessina aveva aperto in Messico un ristorante-pizzeria insieme a Giusy, la sua compagna italiana. Anche il fratello maggiore di Pessina gestisce una pizzeria a Milano in zona San Siro, dove abitano anche i loro genitori. Il locale aperto nella piazza principale di Sayulita si chiamava 'Gusto' e proponeva numerosi piatti italiani, compresa la pizza, ma in rete si trova un annuncio di vendita dell'attività in cui lo chef Daniel Pessina spiega di avere "anni di esperienza per aver lavorato in alcuni ristoranti a Milano e aver imparato numerose tradizionali ricette italiane da sua nonna".

Ancora incerta la dinamica dell'attacco armato. Angel Pech Cen, procuratore dello stato di Quintana Roo – dove si trova Playa del Carmen- ha escluso che si sia trattato di un attacco terroristico, mentre Cristina Torres, sindaco della località, ha detto alla stampa che la polizia ha fermato quattro persone nelle ore seguenti alla sparatoria. Torres ha sottolineato che una delle ipotesi esaminata dai responsabili dell'inchiesta è che si sia trattato di un cliente del Blue Parrot che ha sparato nel locale dopo essersi rifiutato di pagare il conto, ma non si esclude la possibilità di un legame con reti del narcotraffico.




Messico, esplode un mercato di fuochi d'artificio: decine di morti e feriti


Redazione


MESSICO – Almeno 29 morti, 72 feriti e decine di dispersi tra i quali bambini e donne: è il bilancio delle sei esplosioni a catena che hanno fatto saltare in aria il mercato di fuochi d'artificio di Tultepec, cittadina di 100 mila abitanti 50 km a nord di Città del Messico, noto in tutto il Paese come 'la mecca della pirotecnia'.
Ora del mercato, composto da circa 300 locali, non rimane quasi nulla: molti dei negozi sono esplosi, come se ci fosse stato un bombardamento, precisano i media locali. Nel tracciare un primo bilancio della tragedia, il governatore dello Stato del Messico, Eruviel Avila, ha precisato che delle 29 vittime 26 sono decedute sul luogo della sciagura e le altre tre dopo essere state ricoverate. Tra i 72 feriti ci sono dieci minorenni e 25 donne e, viene precisato, tre dei bambini ricoverati hanno riportato bruciature nel 70% del corpo. Per ora non si conoscono le cause della tragedia, sulle quali sta indagando la procura.




MESSICO: UNA SCOPERTA SORPRENDENTE SOTTO LA PIRAMIDE DI KUKULKAN

Redazione

Messico – Qualcosa di meraviglioso da scoprire: un’immensa caverna è stata scoperta in Messico sotto uno dei maggiori monumenti precolombiani del paese: la Piramide di Kukulcan. I Maya avevano disegnato e scavato un pozzo sacro, di un diametro di 35 metri e una profondità di 20. L’antropologa Denisse Argote, ha spiegato il perché i Maya abbiano costruito questa piramide esattamente sulla penisola dello Yucatan, al sud est del paese: “Questo tipo di terreno carsico è circondato e attraversato da fiumi sotterranei. Bisogna legare il concetto della cavità materna con l’origine del mondo e l’acqua come fonte di vita. Elementi fondamentali nel mondo dei Maya”. Il prossimo ottobre un gruppo di esperti inizieranno una seconda tappa di indagini che avrà come obiettivo la ricostruzione dell’interno della piramide

 




MESSICO, SCONTRI TRA NARCOS E POLIZIA: 43 MORTI

di Angelo Barraco

Messico – I Narcos in Messico controllano vaste aree, e nel momento in cui notano agenti o scrutano possibili contaminazioni nel loro percorso di dominio e di controllo agiscono senza pietà, proprio come è accaduto venerdì in una delle zone rosse del Messico, precisamente nel nord dello Stato di Michoacan dove sarebbero morte 43 persone. La ricostruzione degli eventi colloca l’inizio della strage la mattina di quel venerdì, dove tutto ebbe inizio a Tinaja de Vargas, quando agenti federali videro un veicolo sospetto per strada. I poliziotti si sono imbattuti però in un veicolo di civili armati che li ha prontamente attaccati, i poliziotti hanno subito chiesto rinforzi ed è scoppiata una sparatoria che è durata ben 40 minuti. Le fonti governative tendono a precisare che il numero delle vittime è approssimativo ovvero 43 è un numero ufficioso, vi sarebbe un agente federale caduto durante il sanguinoso scontro, altre fonti invece riferiscono invece che gli agenti federali morti sono 2. Tahualco si trova vicino a La Barca, dove è stata fatta un’inquietante scoperta tempo fa, una fossa comune con più di 70 corpi, vittime del cartello. 
 
Si presume che ad attaccare i federali fossero forze armate appartenenti al cartello Jalisco Nueva Generacion, un’organizzazione che sta prendendo piede in tutto il paese e che è diventata la più forte. Inoltre, successivamente allo scontro, sono stati arrestati dalla polizia federale 5 persone e sono state sequestrate delle armi. Sempre in Messico, ma a Cidada Juarez, pochi giorni fa un bambino di sei anni è stato torturato, lapidato, accoltellato e sepolto vivo, l’omicidio è stato compiuto da 5 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 15 anni. L’omicidio è avvenuto a Ciudad Juarez, capitale dello Stato di Chihuahua. Il rinvenimento del cadavere della povera vittima è avvenuta grazie ai serrati interrogatori della polizia agli assassini, tra i killer vi sono anche due ragazzine di 13 anni. La vittima era loro vicina di casa scelto come obiettivo di un tragico gioco. Gli aguzzini lo hanno prelevato dalla sua abitazione e secondo le prime ipotesi pare che si stesse simulando un gioco: il sequestro dunque sarebbe la conseguenza di un piano che dall'irrealtà è sfociato nella tragica realtà. Un numero sempre crescente di ragazzini americani perlopiù 13 enni, residenti in genere in Texas, vengono presi sotto l’ala dei narcotrafficanti messicani e assoldati come killer. Gli omicidi avvengono sia negli USA che in Messico e i ragazzini ricevono un contributo pari a 500 dollari a settimana e per omicidio ricevono persino 50 dollari.
 
Un caso eclatante ai rigori della cronaca mondiale è quello di Rosario Reta di 13 anni che nel 2003 fu assoldato dal boss Miguel Trevino del cartello della droga. Il giovane rimase 6 mesi in un campo di addestramento, quando uscì dal campo di addestramento uccise la sua prima vittima e nel 2006 fu arrestato e fece una dichiarazione sconvolgete, dichiarò di aver commesso circa 30 omicidi. Ecco quanto allora dichiarò: “Mi fa sentire come Superman o come James Bond”. I ragazzini killer che lavorano per il cartello della droga e compiono omicidi, se sono fortunati continuano a vivere sotto la tirannia dei loro capi, macchiando la loro coscienza e mettendo a rischio la propria vita; altrimenti finiscono per essere uccisi e della loro vita non si saprà mai più nulla.



MESSICO: BAMBINO DI 6 ANNI TORTURATO, ACCOLTELLATO E SEPOLTO VIVO

di Angelo Barraco
 
Cidada Juarez (Messico)– In Messico l’ombra dei narcotrafficanti fa paura e lascia il segno, un segno che si chiama morte e che lascia la sua firma nel deserto. Un bambino di sei anni è stato torturato, lapidato, accoltellato e sepolto vivo, l’omicidio è stato compiuto da 5 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 15 anni. L’omicidio è avvenuto a Ciudad Juarez, capitale dello Stato di Chihuahua. Il rinvenimento del cadavere della povera vittima è avvenuta grazie ai serrati interrogatori della polizia agli assassini, tra i killer vi sono anche due ragazzine di 13 anni. La vittima era loro vicina di casa scelto come obiettivo di un tragico gioco. Gli aguzzini lo hanno prelevato dalla sua abitazione e secondo le prime ipotesi pare che si stesse simulando un gioco: il sequestro dunque sarebbe la conseguenza di un piano che dall'irrealtà è sfociato nella tragica realtà.
 
Un numero sempre crescente di ragazzini americani perlopiù 13 enni, residenti in genere in Texas, vengono presi sotto l’ala dei narcotrafficanti messicani e assoldati come killer. Gli omicidi avvengono sia negli USA che in Messico e i ragazzini ricevono un contributo pari a 500 dollari a settimana e per omicidio ricevono persino 50 dollari. Un caso eclatante ai rigori della cronaca mondiale è quello di Rosario Reta di 13 anni che nel 2003 fu assoldato dal boss Miguel Trevino del cartello della droga. Il giovane rimase 6 mesi in un campo di addestramento, quando uscì dal campo di addestramento uccise la sua prima vittima e nel 2006 fu arrestato e fece una dichiarazione sconvolgete, dichiarò di aver commesso circa 30 omicidi. Ecco quanto allora dichiarò: “Mi fa sentire come Superman o come James Bond”. I ragazzini killer che lavorano per il cartello della droga e compiono omicidi, se sono fortunati continuano a vivere sotto la tirannia dei loro capi, macchiando la loro coscienza e mettendo a rischio la propria vita; altrimenti finiscono per essere uccisi e della loro vita non si saprà mai più nulla.