Davide Cervia, dopo 30 anni il caso è ancora irrisolto: la famiglia all’ITT di Viterbo per non dimenticare

VITERBO – All’Istituto Tecnico Tecnologico “Leonardo Da Vinci” di Viterbo si parlerà del caso di Davide Cervia, il sergente della Marina Militare Italiana scomparso misteriosamente il 12 settembre del 1990.

L’incontro con la famiglia di Cervia è fissato per domani alle 11,00

L’intervista a Marisa Gentile (moglie di Davide Cervia) trasmessa a Officina Stampa del 16/11/2017

Oltre a Marisa Gentile, moglie di Davide Cervia, e ai suoi figli, Marco ed Erika Cervia, interverranno Gianluigi Cicinelli giornalista che ha seguito fin dall’inizio il caso e Giulietto Chiesa editore di “Pandora TV”. Modererà l’incontro il giornalista e scrittore Roberto Ragone.

La vicenda di Davide Cervia nel video servizio di Officina Stampa

Il video servizio su Davide Cervia trasmesso a Officina Stampa del 16/11/2017

Il 12 settembre del 1990 Davide Cervia non tornò a casa, dopo una giornata di lavoro presso la Enertecnel Sud di Ariccia, ditta in cui era stato assunto dopo il congedo dalla Marina Militare con il grado di sergente. Le indagini, suffragate da testimonianze oculari, pur in presenza di depistaggi “di Stato”, stabilirono che l’ex sergente della Marina era stato rapito da tre persone che lo avevano caricato su di un’auto verde scuro.

La sua Golf bianca fu fatta ritrovare dopo circa un anno parcheggiata presso la Stazione Termini, a Roma. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa a settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.

Vinta la causa e condannato il Ministero della Difesa, il nuovo ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha voluto rinunciare al ricorso in appello, consegnando anzi, di persona, l’euro chiesto come indennizzo virtuale alla famiglia Cervia. Questi i fatti. Ma tanto ancora c’è da dire su questo caso che nelle trame mostra i suoi segreti.




Velletri, caso Davide Cervia: condannato il Ministero della Difesa

VELLETRI (RM) – Dopo 28 anni, la causa intentata dalla famiglia Cervia – la moglie Marisa Gentile, e i figli Erika e Daniele – contro il Ministero della Difesa, è giunta a sentenza, dopo vari rinvii, una sentenza di condanna per il Ministero, riconosciuto colpevole, a causa dei depistaggi e dei ritardi nelle indagini, a volte addirittura latitanti, di avere ostacolato la ricerca della verità. Il Ministero è stato giudicato colpevole, e condannato a pagare un indennizzo virtuale di un euro, nonostante alla famiglia fosse stata offerta in passato una grossa somma di denaro, regolarmente rifiutata.

Tutte le risultanze successive metteranno in luce l’unica ipotesi plausibile per la sua sparizione, e cioè che elementi non ufficialmente identificati lo avevano prelevato, – cioè rapito – in ordine ad una operazione di ‘vendita’ nei confronti di un paese straniero, acquirente, in modo plausibile, di uno dei sistemi d’arma elettronici di cui il Cervia era esperto. In quegli anni – ricordiamo la strage di Ustica, della quale di recente un marine americano ha rivelato un lato fino ad allora non conosciuto, e cioè che nel momento del transito dell’aereo passeggeri Itavia abbattuto era in corso una battaglia aerea – la situazione sul Mediterraneo non era per nulla tranquilla, e in teatro di guerra generale l’utilizzo di un sistema d’arma sofisticato come quello di cui Cervia era esperto sarebbe risultato decisivo, ma difficile da utilizzare senza qualcuno che lo conoscesse a fondo.

“Finalmente la nostra causa è arrivata a sentenza” dichiara la signora Marisa Gentile “Siamo proprio molto felici di questo momento, perchè abbiamo lottato tantissimo per arrivare a far scrivere quello che noi sosteniamo da ventotto anni”.

Ho visto che lei va anche nelle scuole, per raccontare ciò che è successo a suo marito, e che, anzi, in una occasione le hanno anche tagliato un copertone.
Ormai questa è diventata una questione politica, e a questo punto solo la politica può intervenire per chiarire perchè le Istituzioni hanno mentito. Giudiziariamente noi non possiamo fare più niente, anche perchè l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta i Ministeri, ci ha fatto firmare davanti al giudice un documento con il quale ci saremmo impegnati a non proporre più azioni giudiziarie penali o civili nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche, quindi ci hanno proprio legato le mani. Quello però che possiamo fare comunque è un lavoro di memoria, perchè io non voglio che questa storia venga dimenticata, per cui quello che stiamo facendo, appunto, sono gli incontri nelle scuole, perchè i ragazzi giovani non la conoscono proprio, quindi secondo me ha molta importanza diffondere questa storia.

L’avvocato Licia D’Amico ha seguito la famiglia Cervia fin dal 1992, e oggi è giustamente soddisfatta della sentenza. Avvocato, può darci qualche impressione a caldo per questo risultato?
Stiamo per diffondere un comunicato stampa congiunto, degli avvocati e della famiglia, che focalizza quelli che sono i punti nodali di questa lunga sentenza. In particolare il riconoscimento, dell’esistenza, nel nostro ordinamento, di un diritto alla verità. In questa sentenza c’è una novità assoluta, cioè il riconoscimento del fatto che il Ministero della Difesa ha violato questo diritto, e per questo viene condannato; che la famiglia Cervia è l’unica che in questi anni si è battuta per conoscere la verità, quindi nient’affatto ostacolando la difesa della verità, come l’Avvocatura dello Stato, e quindi il Ministero aveva detto praticamente fino a ieri, e da ultimo confermando che Cervia era un tecnico assolutamente specializzato, e che le sue competenze erano talmente preziose e talmente significative, che costituiscono la ragione per la quale è scomparso.

Lei ha seguito il caso fin dall’inizio?
No, da qualche anno dopo, ma praticamente da quasi subito, forse dal ’92. Fin dall’inizio comunque era chiara quella verità che poi è emersa. Noi eravamo convintissimi che le cose stessero nei termini più volte detti, che Cervia fosse stato rapito per le sue particolari competenze, soprattutto in un momento storico in cui nel bacino del Mediterraneo stava accadendo quello che stava accadendo. La situazione appariva molto chiara, ma purtroppo le indagini avevano preso tutt’altra piega; anzi, per la verità non avevano preso nessuna piega, perchè il problema è stato quello dell’inerzia. Oggi arriva questa sentenza che dice queste tre cose che noi diciamo da ventotto anni, ma le dice una sentenza, e questa è la cosa importante. Non so quante altre volte sia accaduto che una Istituzione dello Stato, un Ministero, sia stato condannato a risarcire un danno ad una famiglia per aver nascosto la verità, insomma, non è poca cosa.

Come studio vi siete occupati anche della vicenda di Ustica?
Sì, certo, il diritto alla verità per la prima volta si affaccia sulla scena processuale italiana nella vicenda di Ustica. Ora, naturalmente, fare un paragone diretto fra la vicenda di Ustica, e il rapimento di Cervia, non è facilissimo, perchè le implicazioni sono infinite, ma, per la prima volta, lì si dice che esiste un diritto alla verità, e qui oggi è la seconda volta sostanzialmente nel nostro ordinamento in cui un Ministero viene condannato per aver violato il diritto alla verità di una famiglia.

Il rapimento

Il 12 settembre del 1990, dopo una giornata di lavoro presso la ditta in cui lavorava dopo essersi congedato dalla Marina Militare, dove aveva acquisito particolari competenze nell’ambito di sofisticati e segreti armamenti, mostrando una perizia ed una capacità non comuni – qualità all’inizio negate dallo Stesso Ministero della Marina – l’ex sergente Davide Cervia, classificato ‘Esperto in guerra elettronica’, imbarcato a suo tempo sulla fregata missilistica Maestrale, viene rapito sulla strada del ritorno alla sua abitazione da tre persone che lo fanno salire – a detta di un testimone oculare – su di un’auto verde, che si allontana velocemente, mentre una quarta si mette al volante della sua Volkswagen Golf bianca, che verrà poi ritrovata successivamente, abbandonata. Fin da subito è apparso chiaro alla moglie Marisa Gentile e ai due figli, Erika e Daniele Cervia, che era in atto un depistaggio proprio da parte degli organi che avrebbero dovuto fare chiarezza sulla vicenda. Infatti, nonostante la testimonianza oculare del guardiano di una villa di fronte a quella di Davide Cervia, – che aveva riferito che Davide Cervia era stato forzato a salire sull’auto verde, e che i segni che gli aveva indirizzato non erano saluti, ma richieste di aiuto – e nonostante tale testimonianza fosse stata confermata da quella di un autista della COTRAL – transitato in quell’ora nei pressi del luogo del rapimento, e costretto ad una brusca frenata a causa delle due auto giunte a velocità sostenuta, che gli avevano tagliato la strada, – le indagini venivano subito orientate in direzione dell’allontanamento volontario da parte dei Carabinieri. Davide Cervia non verrà più ritrovato.

Roberto Ragone




VELLETRI CASO SEQUESTRO DAVIDE CERVIA, SLITTA AD APRILE LA CAUSA CONTRO I MINISTERI DELLA MARINA E DI GIUSTIZIA

Redazione

Velletri (RM) – Per una improvvisa indisponibilità del giudice Eugenio Curatola, della seconda sezione civile del tribunale di Roma, è slittata al 30 aprile 2013 l'inizio della causa intentata contro i ministeri della Marina Militare e della Giustizia dai familiari di Davide Cervia. Un sit-in, cui hanno preso parte familiari, amici e conoscenti di Cervia, si e' tenuto davanti l'ingresso di viale Giulio Cesare per "chiedere verità" sulla sorte di Cervia. "Ho paura che la gente dimentichi – ha detto la moglie Marisa Gentile – quanto avvenuto a mio marito deve avere una risposta". Alla base della citazione a giudizio dei due dicasteri i "ritardi – sottolineano i familiari – i depistaggi e le omissioni'' che hanno impedito di accertare la sorte del loro congiunto soprattutto alla luce del decreto di archiviazione del 5 aprile 2000 nella quale si parla di sequestro dell'esperto elettronico.

Davide Cervia è stato sequestrato. Non ci sono dubbi: era un esperto di armi elettroniche, talmente bravo che faceva gola a quanti hanno bisogno di addestratori. Il giorno della sua scomparsa il vicino di casa vide alcuni uomini caricare Davide a bordo di un’auto, ma non fu creduto: aveva problemi di vista ed era un anziano. La moglie e la figlia di Cervia hanno lanciato  un appello al pubblico di “Chi l’ha visto?”. E si è fatto avanti un altro testimone. Dopo 23 anni si riaprirà il caso di Davide Cervia?

Davide Cervia, nato a Sanremo (Imperia) nel 1959, sposato con Marisa, dalla quale ha avuto due figli, viveva con la famiglia a Velletri (Roma). La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d'ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia. L’1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all'età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Un precedente, ignoto fino a quel momento alla famiglia, sul quale è stata basata l’ipotesi del possibile movente di un rapimento alla vigilia della prima Guerra del Golfo, la prima guerra elettronica. Le lettere anonime che la famiglia di Davide Cervia ha ricevuto nei messi successivi alla sua scomparsa, sembrano portare in quella direzione. In una chi scrive indica Davide Cervia come vittima di un bombardamento a Baghdad. In un’altra si dice invece che è vivo, prigioniero in Libia o in Arabia Saudita. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa la settembre del 2102 hanno citato a giudizio i ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.