Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin, un’avventura incredibile

Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin è finalmente uscito su Nintendo Switch e PC, al fine di far vestire i panni dei cosiddetti Rider sia alle nuove generazioni che ai fortunati possessori del primo episodio su Nintendo 3DS. Prima di iniziare a parlare del titolo in maniera approfondita ci teniamo a fare una sottolineatura importante: a partire dal sistema di combattimento, che nel filone Stories è a turni, il prodotto ha davvero poco in comune con le incarnazioni del franchise principale, ragion per cui i neofiti di questa saga spin-off potrebbero ritrovarsi inizialmente spiazzati e confusi., ma col passare delle ore siamo certi che chiunque potrà apprezzare ciò che questo titolo ha da offrire. Scopriamo il perché. Il protagonista di questa nuova avventura è un giovane (o una giovane in quanto il personaggio lo si crea all’inizio della partita) Rider del villaggio di Mahana che eredita dal defunto nonno uno strano cucciolo di Rathalos. In quella che è una specie di stravagante rivisitazione di E.T., il protagonista dovrà dimostrare, insieme a una coraggiosa Wyverniana di nome Ena e al bizzarro Felyne che si fa chiamare Navirou, che il Ratha tagliente è innocuo e non è certo il mostro profetizzato che causerà una catastrofe con le sue famigerate Ali della Distruzione, sebbene ogni indizio suggerisca il contrario. Ci teniamo a precisare che non è necessario aver giocato il primo Monster Hunter Stories per comprendere la trama di questo sequel, ma certamente l’averlo fatto aiuta. Man mano che si prosegue nel gioco, infatti, i riferimenti si fanno sempre più frequenti e tornano molti personaggi del passato, compresi alcuni che Capcom non ha fatto vedere neppure di striscio nei suoi trailer per non rovinare la sorpresa. Fortunatamente il titolo è pensato così bene che la trama non farà mai pesare i collegamenti col passato ma, anzi, qualche volta saranno i personaggi stessi a raccontare i retroscena attraverso dialoghi o flashback. Il titolo Capcom non vincerà certo un Nobel per la letteratura, ma è scritto decisamente molto bene e, soprattutto, caratterizza con cura e delicatezza i personaggi intorno al protagonista muto, senza scadere nei consueti stereotipi dell’animazione nipponica. Ha solo un problema: la struttura della campagna tende a diluire la narrativa in blocchi di missioni che in qualche momento sembrano solo voler prendere tempo. Ogni volta che si raggiunge una nuova città hub, bisognerà risolvere una serie di incarichi che porteranno il giocatore a esplorare tutte le zone più rilevanti della regione prima della svolta nella storia che condurrà il protagonista alla città successiva, in cui ricomincerà da capo questo ciclo.

Come vi accorgerete giocando a Monster Hunter Stories 2, la quotidianità dei Rider si distingue molto da quella dei Cacciatori, ma non è del tutto differente. Procediamo però con ordine, spiegando innanzitutto che i primi vivono in luoghi isolati e si addentrano quotidianamente nelle cosiddette Tane di Mostro, al fine di impossessarsi di qualche uovo. Una volta tornati al villaggio con la refurtiva, infatti, i possessori della mistica Pietra del Legame hanno la capacità di entrare in simbiosi e instaurare un reciproco legame di fiducia con i mostri usciti dalle uova, per poi allevarli sino all’età adulta e abituarle alla coesistenza con gli esseri umani. Un autentico privilegio che permette ai cosiddetti “Monstie” di percepire i sentimenti e le intenzioni dei propri Rider e, di conseguenza, di lottare al loro fianco contro qualsiasi pericolo possa minacciare la vita pacifica della comunità. Pertanto, ogni giorno i fantini e i loro partner setacciano scrupolosamente i dintorni dei rispettivi villaggi, sia per racimolare quante più uova possibili, sia per assicurarsi che nessun mostro feroce possa attaccare all’improvviso il centro abitato e seminare il panico tra i paciosi paesani. L’esplorazione gioca quindi un ruolo primario nell’economia del gameplay, anche perché il titolo presenta delle mappe gigantesche e coloratissime, nonché traboccanti di fiere e materie prime da recuperare e combinare, così da generare pozioni, esplosivi e tutti gli altri strumenti che nel mezzo delle battaglie tornano puntualmente utili. Tuttavia, dal momento che in Monster Hunter Stories 2 armi, armature e consumabili possono essere craftati alla vecchia maniera, ossia rivolgendosi al fabbro o alla voce “combina” nel menu di pausa, Wings of Ruin fatica a giustificare il recupero dei tanti forzieri disseminati in giro e che appunto sono soliti contenere piccole scorte di oggetti già realizzabili e reperibili in quantità industriale. Prima di addentrarci nell’analisi del sistema di combattimento, che anche in questo episodio, come già detto all’inizio, ha conservato il meccanismo a turni dell’originale, occorre sottolineare che i Rider portano con sé un massimo di sei Monstie, i quali sono suddivisi in tre categorie diverse: Potenza, Tecnica e Velocità. Regolamentate dal classico sistema della morra cinese, resistenze e debolezze delle suddette spalancano quindi le porte a una deliziosa componente strategica, costringendo il giocatore a formare una squadra quanto più bilanciata possibile. Tutti i mostri in eccesso, in ogni caso, vengono destinati alle scuderie nei vari villaggi, in attesa di essere portati in missione. Dato l’elevato numero di creature presenti nel bestiario, il ricambio è insomma una costante di Wings of Ruin, ragion per cui i punti esperienza ottenuti al termine di una battaglia vengono equamente divisi tra il Rider e tutte le bestie nella sua squadra. Se da una parte questa scelta impedisce di creare in poco tempo una singola unità spaventosamente forte e sbilanciata, dall’altra facilita non poco la preparazione delle bestie destinate a sostituire i titolari del party. Tra l’altro, nel caso in cui il giocatore non sia intenzionato a “conservare” tutti i Monstie precedentemente schierati in campo, la meccanica del Rituale Sciamanico permette di modificare il patrimonio genetico dei Monstie e trasferire abilità e poteri da una creatura all’altra. Ognuno di essi, difatti, presenta un massimo di nove slot, alcuni dei quali sono occupati sin dalla schiusa delle uova, mentre altri si sbloccano salendo di livello. Ciascun gene corrisponde appunto a un’abilità o a bonus, che il giocatore può modificare o rafforzare donando alla creatura dei geni simili e assicurandosi di allineare orizzontalmente, verticalmente o in diagonale quelli dello stesso colore: in questo modo, il Monstie ottiene un bonus bingo che lo rende ancora più potente e competitivo.

Laddove nel primo episodio del filone di Monster Hunter Stories il gene donato conservava lo slot originale, con nostra grande sorpresa abbiamo scoperto che in Wings of Ruin è invece l’utente a scegliere quale slot rimpiazzare, semplificando non poco l’intera operazione e la realizzazione di file simili. Il Rituale Sciamanico è in definitiva una meccanica essenziale per personalizzare il party, ma che comunque va utilizzata con accortezza e lungimiranza, in quanto il mostro “donatore” scompare al termine della procedura e una volta perso non può essere recuperato in nessun modo. Una ragione valida per segnare tra i “preferiti” tutti i partner da conservare, in quanto questi non possono essere selezionati come donatori. Per quanto concerne il sistema di combattimento vero e proprio, ci duole ammettere che questo è stato ritoccato meno di quanto a nostro avviso avesse bisogno: non solo appare estremamente derivativo, ma ha ereditato sia i pregi che alcuni storici “difetti” dell’originale. Andando per gradi, è bene precisare anzitutto che alle battaglie partecipano il Rider e il suo compagno principale, che all’occorrenza può essere sostituito una volta per turno, sia per adattare la strategia alla natura dell’avversario, sia per evitare di perdere dei preziosi cuori. Difatti, quando i punti vita di un fantino o del suo partner scendono a zero, il giocatore perde uno dei tre cuori a sua disposizione e una volta a secco viene decretata la sua sconfitta. Pertanto, durante la lotta è molto importante valutare se curare il Monstie in campo o se rimpiazzarlo del tutto, elaborando di conseguenza una strategia alternativa. Come accennato poc’anzi, esistono tre tipi di attacco, ognuno dei quali ha un punto forte e uno debole: Potenza batte Tecnica, Tecnica vince Velocità, e Velocità supera Potenza. Selezionando il giusto tipo ad ogni turno fa sì che il personaggio controllato vinca il “Testa a testa” con l’avversario, ossia una situazione in cui entrambe le parti portano a segno un attacco e ricevono dei danni proporzionati al risultato della morra cinese. Tutti e due, quindi, riportano delle ferite, ma qualora sia il giocatore a prevalere, la vittoria riempirà in modo significativo la barra legame. Peccato soltanto che l’utente non possa in alcun modo influenzare la tipologia di attacco scelta dal proprio Monstie, che pertanto è affidata invece alla carente intelligenza artificiale: il risultato non è sempre piacevole. Certo, sostituire il mostro in prima linea con una creatura specializzata nella categoria desiderata incrementa le possibilità che questa ricorra alla tipologia necessaria, ma il risultato non è affatto garantito, in quanto anche i Mostri sono liberi di decidere sul momento il tipo di attacco da sferrare. Quella di conservare tale caratteristica è insomma una scelta opinabile. Fortunatamente una volta riempita la barra legame si verifica l’esatto contrario, in quanto il Rider è libero di salire in sella al Monstie e di sferrare un unico attacco dal potere distruttivo incrementato. Una volta in groppa al partner, infatti, non solo i Punti Vita del fantino vengono ripristinati, ma la coppia gode di un sostanzioso bonus in termini di attacco e difesa, e oltretutto ha accesso alle portentose Abilità Legame: vere e proprie mosse speciali che innescano spettacolari sequenze animate e che, in base al livello di carica, tendono a semplificare la rottura delle parti del corpo nemiche. Durante la battaglia, poi, capita di tanto in tanto che il Monstie e l’avversario si affrontino nei cosiddetti “Scontri Finali”, ovvero sequenze in cui il giocatore è chiamato a premere velocemente il tasto indicato, alternare quelli dorsali o far roteare in una direzione specifica la levetta analogica destra. Un espediente a nostro avviso molto divertente, che per di più infligge gravi danni e contribuisce a ricaricare la barra legame. Mettendo da parte gli attacchi doppi, ossia gli assalti combinati che si innescano quando Rider e Monstie selezionano lo stesso tipo di attacco, le vere novità del sequel vanno ricercate nelle armi extra a disposizione degli avatar e nella presenza di un secondo Rider con tanto di Mostie al suo seguito. Come ricorderà chiunque abbia giocato il primo Monster Hunter Stories su Nintendo 3DS, al tempo i fantini potevano equipaggiare soltanto quattro tipi di armi (spadone, spada e scudo, martello e corno da caccia), mentre a questo giro gli sviluppatori hanno ben pensato di portare il totale a sei e di introdurre anche l’arco e la lancia-fucile. Al pari del primo capitolo della serie, Monster Hunter Stories 2 presenta anche una nutrita componente multiplayer, che tra le altre cose ha visto il ritorno dei tornei in cui cimentarsi contro i Rider provenienti da ogni parte del globo. In questo caso, però, le attività multigiocatore consentono di affrontare anche in coppia le varie sfide e partire per le cosiddette “missioni in collaborazione”, alle quali possono appunto partecipare un massimo di quattro giocatori.

Nel mondo di gioco di Monster Hunter Stories 2 sono essenzialmente disponibili tre tipi di aree esplorabili, fuori dalle città. Le regioni sono macro aree all’aperto che collegano ogni altro tipo di mappa: solitamente si diramano in una moltitudine di uscite che conducono a zone più contenute, praticamente quelli che in un JRPG comune sono i dungeon. Ci sono poi le tane, che si dividono in due tipi. Le tane di mostro comuni e rare sono completamente procedurali: compaiono a caso nelle mappe e sono costituite da una combinazione casuale di stanze che vanno a formare una grotta nella quale si trovano mostri, forzieri e materiali collezionabili random. Le tane nominate sono invece caratterizzate da un ingresso rettangolare e sono predefinite sia nella posizione sulla mappa, sia nella struttura interna. In questi dungeon ci sono i forzieri che contengono i Tappi di bottiglia, una valuta da scambiare in oggetti, equipaggiamento e utili bonus come gli spazi extra nella stalla della città. Mentre gli altri dungeon si esplorano obbligatoriamente per proseguire nella storia, e spesso si concludono con un boss specifico da sconfiggere, le tane sono completamente facoltative. Al loro interno è sempre presente un nido dal quale poter rubare almeno un uovo: contraddistinto da un odore e da un peso che determinano la qualità del mostro al suo interno, l’uovo può essere poi schiuso in seguito nella stalla cittadina. I Monstie non servono solo a combattere, infatti, ma anche a esplorare a fondo le diverse mappe. La maggior parte delle specie ha una o due abilità sul campo che permettono di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili: gli anfibi come lo Zamtrios o il Ludroth, per esempio, possono superare gli specchi d’acqua a nuoto, mentre i mostri più agili come il Velocidrome o lo Zinogre possono compiere balzi prodigiosi e raggiungere piattaforme distanti. Il Tigrex, il Kecha-Wacha e altri possono arrampicarsi su specifiche pareti rocciose, mentre la famiglia dei Diablos può scavare una buca in punti specifici per ricomparire da un’altra parte, facendoci raggiungere forzieri e altri collezionabili. Formare una squadra bilanciata di mostri non significa solo sceglierli in base ai tipi di attacchi, ma anche all’utilità che possono avere durante l’esplorazione. Considerando che potrete portare con voi soltanto sei mostri, e uno di questi è obbligatoriamente il Ratha tagliente per quasi tutto il gioco, vi capiterà senz’altro di dover tornare nei dungeon coi Monstie giusti per aprire tutti i forzieri che non siete riusciti a raggiungere. Fortunatamente, Monster Hunter Stories 2 si appoggia a un sistema di spostamento rapido comodissimo. In ogni mappa troverete sempre una o più Gattovane che vi permetteranno di salvare la partita e cambiare il momento della giornata tra pomeriggio e sera, alterando così anche i mostri che gironzolano nei dintorni. Soprattutto, dopo aver sbloccato una Gattovana, la si potrà raggiungere in qualsiasi momento semplicemente aprendo la mappa di gioco e scegliendola dall’elenco di quelle che già scoperte. Spostarsi da un capo all’altro del mondo è quindi molto semplice, anche se non proprio velocissimo visto che è sempre necessario caricare ogni nuova zona. Tirando le somme, Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin si conferma un solido e dilettevole JRPG, nonché uno spin-off rispettoso nei confronti della serie principale da cui è tratto. Il prodotto vanta al proprio arco di frecce una varietà incredibile, una storia sicuramente più coinvolgente dell’originale e soprattutto una resa visiva accattivante e meno infantile. Tuttavia, pur riconoscendo la validità dei piccoli accorgimenti apportati al sistema di combattimento, in primis l’introduzione di nuove armi o del compagno extra, non condividiamo la decisione di lasciare libertà di azione ai Monstie, che ancora oggi nelle fasi di battaglia sono manovrati da un’intelligenza artificiale poco sviluppata. Che si ami o meno il brand, in ogni caso, il titolo saprà travolgere chiunque con le sue tinte incantevoli e tenere incollati i giocatori allo schermo per più di 50 ore. A nostro avviso ogni possessore della console di casa Nintendo dovrebbe giocarlo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8

Longevità: 9

Gameplay: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise