ALLARME FATTORIE: SCOMPARSI DUE MILIONI DI MUCCHE, MAIALI E PECORE

Redazione

Sos nelle fattorie dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c'e' anche il primato dell'enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall'estero che per carne, salumi, latte formaggi che e' vicina al 40%. E' l'allarme lanciato sulla base dell'analisi Coldiretti nell'ultimi dieci anni, all'inaugurazione della Fieragricola di Verona dove sono presenti 600 animali delle piu' diverse razze sopravvissute. Le norme europee e le distorsioni di mercato dalla stalla allo scaffale stanno provocando la scomparsa dell'allevamento italiano che alimenta un comparto economico che vale 17,3 miliardi di euro e rappresenta il 35 per cento dell'intero agroalimentare nazionale con un impatto rilevante anche dal punto di vista occupazionale con circa 800mila persone al lavoro, secondo il Dossier ""l'Italia in fattoria" presentato dalla Coldiretti. Minacciate di estinzione – sottolinea la Coldiretti – ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione. Ma in pericolo – continua la Coldiretti – sono anche pezzi pregiati dell'enogastronomia nazionale che puo' contare sul primato mondiale con 49 formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) riconosciuti dall'Unione Europea addirittura davanti alla Francia che ne possiede solo 45, ma a rischio ci sono anche i prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma per un totale di 40 salumi Made in Italy tutelati in Europa.(AGI) Bru




CALDO RECORD ANCHE PER LA NATURA: API SOTTO SHOCK E MAIALI CON ARIA CONDIZIONATA

di Christian Montagna

Coldiretti – A fornire questo importante studio è stata la coldiretti che ha effettuato analisi sulle conseguenze dell’anno più caldo di sempre. Gli effetti del caldo record sulla natura sono disastrosi: le api ad esempio, considerate per antonomasia indicatrici di salute della natura, in questi giorni, a causa del caldo, non riescono a volare e restano a terra senza prelevare il polline. Il caldo inoltre, favorendo l'evapotraspirazione nelle piante, aumenta la concentrazione zuccherina rendendo più gustosa la frutta indispensabile per combattere il rischio dei colpi di calore dovuto alla grande afa. Se da una parte contribuisce ad aumentare la concentrazione di zucchero nella frutta, dall’altro, ha causato una richiesta esosa di acqua da parte delle piante. Soprattutto le coltivazioni di mais, necessarie per l’alimentazione animale, risentono maggiormente dell’afa estiva.


Le mucche nelle stalle stressate dalle alte temperature, producono fino al 15 % di latte in meno, rispetto ai circa 30 litri al giorno che vengono munti in periodi normali. Altro pericolo è quello dell’umidità che, come per le persone, aumenta la sensazione di caldo anche per gli animali che soffrono, mangiano poco e bevono molto. Nelle stalle perciò sono state allestite doccette, ventole e condizionatori ed utilizzati integratori specifici a base di sali di potassio nell'alimentazione preparata dagli allevatori. Anche i pollai non se la passano per nulla bene: si sta registrando infatti un calo fra il 5 al 10 % nella deposizione delle uova mentre per i maiali sono stati accesi i condizionatori per evitare che le temperature sfondino la soglia dei 28 gradi oltre la quale gli animali cominciano a soffrire e a mangiare fino al 40 % in meno della razione giornaliera.


Tutti questi accorgimenti presi dagli allevatori, naturalmente, hanno un costo: acqua, energia e sali minerali per gli animali potrebbero dunque influenzare anche i nostri mercati con un lieve innalzamento dei prezzi di carne, uova e miele.




CRISI: NON CI SONO PIU' ANIMALI "NELLA VECCHIA FATTORIA"

Redazione

La crisi mette a rischio la vecchia fattoria in Italia dove in un solo anno sono scomparsi oltre 10 milioni di mucche, maiali, pecore, capre, galline, oche e conigli. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme con il primo dossier sulla scomparsa degli animali dalle stalle italiane, in occasione dell’apertura della Fieragricola di Verona dove è tornata l’“Arca di Noe” con le piu’ rare e curiose razze in pericolo di estinzione. L’iniziativa promossa dalla Coldiretti in collaborazione con Italialleva dell’Associazione italiana allevatori (AIA) nel Padiglione 9 è forse l’ultima occasione per conoscere alcuni animali dal vivo nell’ambito della piu’ grande “stalla” mai aperta al pubblico in città in Italia.

Stalle, pollai e ovili si sono svuotati nel corso del 2013 con la Fattoria Italia che ha perso in un anno – sottolinea la Coldiretti – circa 7 milioni di polli e galline, 750mila tacchini. 700mila conigli e circa mezzo milione tra faraone, oche ed anatre. All’appello – continua la Coldiretti – sono venuti a mancare anche gli animali piu’ grandi: circa un milione di pecore, agnelli e capre, 650mila maiali, 45mila manze e 25mila bufali. Un crollo che – continua la Coldiretti – rischia di compromettere anche la straordinaria biodiversità degli allevamenti italiani dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale dell’ultima programmazione.

Se dell’asino romagnolo noto per il suo temperamento vivace – sottolinea la Coldiretti – sono rimasti solo 570 esemplari impegnati nella produzione di latte uso pediatrico e per l’onoterapia, della capra Girgentana dalle lunghe corna a forma di cavaturacciolo si contano circa 400 capi per la produzione di latte destinato alla Tuma ammucchiata (formaggio nascosto) stagionata in fessure di muro in gesso e/o pietra, che in passato venivano murate per nasconderle ai briganti. Ma ci sono anche – continua la Coldiretti – la gallina di Polverara, ritratta con il caratteristico ciuffo fin dal 1400 in quadri e opere conservati anche nei Musei vaticani, la Mora romagnola una curiosa razza di maiale dal mantello nerastro, con tinte dell’addome più chiare, i bovini di razza Garfagnina con mantello brinato e pelle di colore ardesia che annovera una popolazione di appena 145 capi o quelli di razza Pontremolese che sono rimasti appena in 46. Piu’ numerose le pecore della razza Brogna con un gregge di qualche migliaio di animali che si caratterizzano dalle macchie rossastre più o meno estese che punteggiano la testa, le orecchie e gli arti mentre la pecora di razza Alpagota, originaria dallo storico altopiano di Alpago da cui prende il nome, puo’ contare oggi su 3363 capi.

A rischio non c’è pero’ solo la biodiversità, ma anche un importante comparto economico con l’allevamento italiano che vale 17,3 miliardi di euro e rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale con un impatto rilevante anche dal punto di vista occupazionale con circa 800mila persone al lavoro. La scomparsa della Fattoria Italia fa aumentare la dipendenza dall’estero che ha già raggiunto livelli preoccupanti: l’Italia importa il 42 per cento del latte che consuma, il 40 per cento della carne di maiale, il 30 per cento di quella ovicaprina e il 10 per cento della carne coniglio.

Sotto accusa per la Coldiretti è la mancanza di trasparenza nell’informazione ai consumatori che favorisce la concorrenza sleale di latte e carne a basso prezzo importati dall’estero. “Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere”, ha denunciato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel chiedere “la piena attuazione della legge sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti come richiesto peraltro dalla recente mozione approvata all'unanimità dall'Aula della Camera sull'etichettatura dei prodotti alimentari all’inizio dell’anno”.

Attualmente, infatti, in Italia non è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza del latte a lunga conservazione in vendita e neanche l’origine del latte di mucca, pecora o capra impiegato nei formaggi. La mancanza di trasparenza in etichetta sulla reale origine colpisce anche la carne di coniglio, pecora, capra o maiale in vendita come fresca o anche trasformata. Le importazioni di carne dall’estero per realizzare falsi salumi italiani di bassa qualità fanno concorrenza sleale ai prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma, con 615mila maiali “sfrattati” dall’Italia solo nell’ultimo anno.

In Italia sono state importate 57 milioni di cosce di maiali dall’estero destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto italiano, a fronte di una produzione nazionale di 24,5 milioni nel 2012, mentre a fronte di un consumo di 2,05 milioni di tonnellate di latte a lunga conservazione solo mezzo milione è di provenienza italiana mentre il resto è stato semplicemente confezionato in Italia o addirittura è arrivato già confezionato, con un impatto negativo sul lavoro e sull’economia del Pese. Ma ad essere importati – conclude la Coldiretti – sono anche semilavorati come le cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati che vengono utilizzati per produrre, all’insaputa del consumatore, formaggi di fatto senza latte.