Mussolini annuncia la sospensione da parte di Facebook del suo profilo

“Voglio tranquillizzare tutti: non farò campagna elettorale con fasci littori, saluti romani e fez. Trovo però inaccettabile che Facebook chiuda il mio profilo personale solo perché il mio cognome è Mussolini. Ieri sono stato bloccato fino al giorno 11 di Aprile, pur non avendo scritto nulla. Dopo una giornata di insulto libero contro la mia persona e la mia famiglia. Se poi la policy di Facebook è consentire foto a testa in giù, insulti, minacce di morte e di aggressioni, e al contempo sanzionare una persona solo per il suo cognome, allora siamo messi malissimo. Qui l’unico discriminato sono io. Facebook si comporta come un centro sociale. È inaccettabile. Sto valutando con i miei avvocati se iniziare un’azione legale”. Lo afferma Caio Giulio Cesare Mussolini, candidato di Fratelli d’Italia nella Circoscrizione Sud.




LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELLA CORRUZIONE IN ITALIA – 3° PUNTATA "L'ORIGINE DELLA MAFIA"

di Angelo Parca

Non può pensarsi che la mafia non nasca da una perfetta incapacità dei governanti di soddisfare la propria popolazione. L'antistato si è sempre proposto come concreta alternativa ad un sistema che prima dell'unità d'Italia, tra la fine del '700 e la prima metà dell' '800, ha visto crescere la discrminazione tra i ceti più abbienti e meno, tra i proprietari terrieri e i contadini ai quali non restava nulla in mano dopo aver lavorato per pagare le terre sulle quali lavoravano ai latifondi. E mentre il nord faceva "affari" il sud s'indebitava in nome anche di uno scellerato protezionismo e tasse che si rivelarono più tardi come un letale boomerang. Il termine mafia deriva da màha, che in arabo volgare significava cava di pietra. Le “mafie”erano le cave in cui si erano dati convegno segretamente i garibaldini ed i campieri.
Per questo da allora furono chiamati mafiosi. Se il brigantaggio fu dettato dalla fame, dalla necessità di sottrarsi all’obbligo di leva istituito dal governo Sabaudo e può essere, almeno in parte, addebitato ai “piemontesi”, la mafia percorre altri sentieri. La mafia Diventò un mezzo di crescita sociale, economica e politica. Ad essa si aggregarono i rappresentanti più spregiudicati della borghesia agraria emergente (quella che si era comprata le terre dei feudi o della chiesa) e i rappresentanti più rozzi e conservatori della vecchia nobiltà. Ovviamente furono assoldati, come manovalanza le classi subalterne (contadini e braccianti) accecati dal miraggio di una facile ricchezza. E’ chiaro che l’unità d’Italia non è una causa ma un punto di riferimento temporale per il proliferare sia del brigantaggio che della mafia. Due fenomeni antecedenti a questa storica data del 1861, un periodo in cui è evidente come i piemontesi, impotenti a governare direttamente il territorio, ritennero più semplice mettere a capo dei municipi i "capi-rais" o personaggi indicati da questi favorendo il dilagare della corruzione e della guerra tra bande criminali. E’ proprio dall’Unità d’Italia che comincia a crearsi quell’inestricabile intreccio fra mafia e politica che nessun governo finora ha saputo districare nonostante gli intenti e i non intenti. l'assenza di una classe dirigente valida e ben determinata, che sapesse comprendere e soddisfare le esigenze ed il malcontento del popolo, ha contribuito a far nascere una profonda sfiducia e diffidenza nei confronti dello Stato centrale che ancora oggi è facile percepire. Il nuovo governo piemontese si sovrappose, infatti, ad una struttura sociale meridionale già profondamente radicata nel tessuto sociale, senza riuscire ad interagire positivamente con essa. Nel 1892 in Sicilia i braccianti, i minatori ed alcuni gruppi di operai si organizzarono nei “fasci dei lavoratori” che diedero vita ad una serie di lotte che durò fino all’anno successivo quando fu dichiarato lo stato d’assedio: i fasci furono sciolti e i capi incarcerati.
La distruzione dei “fasci dei Lavoratori” fece ricadere i contadini in quasi pieno Medioevo; lo stato italiano si stava dimostrando peggiore di quello Borbonico. Nelle campagne i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo delle proprietà, sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro. Questo ruolo, anziché affidarlo alla classe borghese imprenditoriale con l’aiuto dallo stato, venne può comodo demandarlo ai "campieri" (perché controllavano i campi) o "gabelloti", in quanto riscuotevano, per conto del padrone, le "gabelle".
Quindi, fin dal principio, la mafia si delinea come un'organizzazione che assume dei ruoli pubblici per eccellenza, che altrove sono di competenza dello Stato. Dopo l’unità d’Italia le squadre furono sciolte, senza concedere loro nessun altro riconoscimento. Ciò spinse i mafiosi a passare sul terreno
dell’illegalità. La mafia nasce dunque nel 1861. Mussolini volle stroncare la mafia
e lo fece attraverso il prefetto Mori con migliaia di arresti e grandi processi, dal 1923 al 1933.
La mafia fu apparentemente sconfitta, ma rimase un fenomeno latente. Gli americani utilizzarono l’aiuto della mafia durante lo sbarco in Sicilia, per cui la favorirono nell’amministrazione provvisoria dell’isola. In un contesto internazionale di guerra fredda la mafia riuscì a rinascere anche perché fu utilizzata per controllare il voto in funzione anticomunista, ed in cambio fu protetta. Nel nuovo contesto di boom economico iniziato alla fine degli anni ’50, si ha il passaggio dalla mafia del latifondo a quella della città. La mafia si arricchisce aggiudicandosi gli appalti pubblici e con speculazioni edilizie. Gli anni ’60 e ’70 furono intensi e prolifici per il dilagare della mafia. Gli eventi mafiosi nella prossima puntata.