Nord in allarme, osservatorio ANBI: dalla siccità all’emergenza idrogeologica

Come in un film già visto, alcune zone del Nord Italia tornano a vivere l’incubo di un paradosso più volte denunciato: passare in pochi giorni dal rischio siccità all’emergenza idrogeologica; i dati dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche confermano i forti apporti pluviometrici, causa di criticità localizzate in Lombardia (straripati i torrenti Trallo, Boesio, Margorabbia, Broveda, Dovrana) ed in Veneto (accanto all’esondazione di alcuni corsi d’acqua minori, è preallarme per il bacino del fiume Livenza). Ne sono esempio il lago di Como, che dopo molte settimane è tornato a superare il dato medio stagionale (oggi è all’86,5% della capacità di riempimento) ed il lago Maggiore (addirittura a rischio esondazione in alcuni punti, essendo al 114,1% della capacità di riempimento); restano abbondantemente sopra la media anche i laghi di Garda (96,4% del riempimento) e d’Iseo (vicino al massimo storico con il 94,3% di riempimento).

“E’ amaro constatare che alla consapevolezza dell’importanza della massa d’acqua contenuta nei laghi debba corrispondere l’amarezza per i danni causati dalla pioggia in altre località. E’ evidente la necessità di un grande piano di sistemazione del territorio anche con la creazione di bacini di espansione, che abbiano la funzione di regolare gli apporti idrici, trattenendo i flussi di piena e trasformandoli da pericolo in riserva idrica per i momenti di necessità” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

L’importanza delle piogge è evidente anche dall’andamento del fiume Po, le cui portate omogeneamente superiori allo scorso anno, sono invece altalenanti rispetto alla media storica, mantenendo comunque un deflusso per ora rassicurante.

In grande ripresa sono i fiumi dell’Emilia Romagna (Savio, Secchia, Taro, Trebbia), tornati sopra la media dopo settimane di sofferenza idrica mentre, in Piemonte, Dora Baltea e Stura di Lanzo restano sotto le portate dell’anno scorso.

In Veneto, resta deficitaria la situazione idrica dei fiumi Adige, ma soprattutto Brenta e Bacchiglione; sulla regione, nel mese di maggio, è caduto il 40% di pioggia in meno rispetto alla media.

Analogo è il trend pluviometrico sull’Umbria dove, con 36.93 millimetri di pioggia, Maggio ha stabilito il record negativo del recente quinquennio.

Al Sud sembra stabilizzarsi la situazione delle riserve idriche calabresi (in media con gli anni scorsi), mentre continuano ad assottigliarsi le disponibilità idriche in Puglia (calate di 2 milioni di metri cubi in una settimana ed oggi a -97,82 milioni rispetto all’anno scorso) e Basilicata (anche qui scese di circa 2 milioni di metri cubi in 7 giorni e con un deficit di circa 78 milioni rispetto al 2019, nonostante siano caduti oltre 35 millimetri di pioggia pochi giorni fa).

“La fotografia, che si ricava da questi dati, è quella di un’Italia sempre più alla mercè della estremizzazione degli eventi atmosferici, causata dai cambiamenti climatici. È quindi indispensabile – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – che il Piano Rilancio preveda investimenti importanti per aumentare la resilienza dei territori. Al Governo offriamo migliaia di progetti definitivi ed esecutivi, redatti dai Consorzi di bonifica ed in attesa di finanziamento, capaci di garantire circa 50.000 posti di lavoro.”




Coppia dell’acido: i genitori di Martina Levato chiedono l’affidamento del nipotino

Si torna a parlare di Alexandeer Boettcher e Martina Levato, la coppia dell’acido che costituiva una vera e propria associazione a delinquere e che si è resa responsabile dell’aggressione ai danni di due persone. Il 28 dicembre scorso la coppia ha aggredito con l’acido Pietro Barbini, cagionando ad egli danni e lesioni gravissime. Martina Levato inoltre è accusata di aver tentato l’evirazione di uno studente della Cattolica con cui avrebbe avuto una breve relazione; l’episodio in questione risale al 19 maggio scorso.  Insieme a loro è stato condannato anche il presunto basista Andrea Magnani. I fatti recenti che li vedono protagonisti nuovamente, però, non riguardano le vicende sopracitate che hanno portato i Giudici a condannarli, bensì il frutto del loro amore malato e perverso, anch’egli vittima inconsapevole di tutto ciò: il loro figlio.

 

I genitori di Martina hanno chiesto l’affidamento del nipotino, venuto al mondo nell’agosto del 2015; il sostituto procuratore generale della Cassazione Francesca Ceriani, nella requisitoria scrive: “La legge contempla l’affidamento quando ci sono rapporti significativi e nel caso del figlio di Alexandeer Boettcher e Martina Levato occorre dare rilievo al fatto che i nonni materni hanno avuto con lui 46 incontri, senza mancare mai ad un appuntamento tutte le volte che era loro consentito, e chiaramente la significatività del rapporto deve essere calibrata rispetto al fatto che si tratta di un neonato”. Se la Cassazione dovesse accogliere la tesi del PG e il ricorso dei genitori di Martina, si annullerebbe la decisione di adottarlo presa dal Tribunale di Milano. Il PG della Cassazione ha chiesto l’affido ai nonni materni con questi precisando che “I figli non si tolgono nemmeno ai mafiosi perchè ogni bambino ha diritto a crescere nella famiglia dove è nato, e anche se Alexander Boettcher e Martina Levato sono responsabili di crimini raccapriccianti, dare in adozione il loro figlio equivarrebbe a una non consentita operazione di genetica familiare, come se il piccolo fosse nato con una macchia. I nonni materni sono idonei a crescerlo e ne hanno diritto”.

 

Anche il Comune di Milano ha preso una posizione in questa torbida vicenda, costituitosi come tutore del piccolo e chiedendo alla Suprema Corte il respingimento della richiesta dei familiari: “rispettiamo le figure di questi nonni ma l’impegno che vogliono assumersi è sproporzionato alle loro forze, al divario di età, alla durata pesante della pena alla quale sono stati condannati i genitori del bambino che non potranno quindi subentrare presto ai nonni, e al fatto che le aggressioni con l’acido che hanno compiuto denotano un totale deficit di senso civico che può certo essere colmato, ma solo attraverso un processo lungo e dall’esito incerto”. Ma la collocazione del piccolo all’interno della famiglia può ritenersi una scelta corretta? Alla luce dei gravissimi fatti compiuti dai rispettivi genitori, potrebbe esserci il rischio che taluni episodi possano influenzare la crescita del piccolo? Ricordiamo che il secondo comma dell’articolo 31 della Costituzione recita che lo Stato: “Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

 

Rimanendo sempre in tema di leggi, l’articolo 30 della Costituzione Italiana recita: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”. Nel caso sopracitato le parti in causa mirano a colmare il vuoto affettivo e l’inadempienza dei genitori con un’azione palliativa quanto più possibile risolutiva, ma è sempre così? C’è una coppia di Monferrato che lotta da anni per poter riabbracciare la propria bambina: si tratta di Gabriella Carsano, 57 anni e il marito Luigi Deambrosis di 69 anni. Sono stati ritenuti troppo anziani per crescere e accudire la loro bambina avuta in tarda età, così dopo essere stati accusati di aver abbandonato la loro piccola in macchina per quattro minuti la loro piccola è stata adottata. Anche in questo caso il Pg della Cassazione è Francesca Ceriani e dice a gran voce che la piccola deve tornare dai genitori biologici, sostenendo che l’adozione è una situazione “la cui genesi non è legale” e che la famiglia adottiva dovrà collaborare al reintegro della piccola nella casa dei veri genitori per attutire il trauma. La Corte di Cassazione deciderà tra un mese. Un calvario a cui la piccola è stata sottoposta tra comunità e famiglie adottive e che oggi, dopo sette anni, è giunta l’ora che torni tra le braccia dei genitori naturali. Nel marzo scorso la Corte di Torino aveva confermato l’adottabilità della piccola ma i contatti con i genitori naturali si sono interrotti nel 2013. Ripercorriamo la vicenda: la piccola nacque nell’aprile del 2010 ed è stata amata e coccolata dalla sua famiglia per diciotto intensi giorni fino a quando piombarono su di loro le accuse di aver abbandonato la piccola in auto, motivo? Il padre aveva lasciato la piccola che dormiva in auto davanti casa ed era entrato a scaldare il latte. Una vicina aveva chiamato i Carabinieri; la piccola è stata allontanata, i genitori denunciati per abbandono di minore, accusa da cui furono assolti. In seguito ci furono incontri prestabiliti  e in luoghi protetti, fino al 2012, quando la Corte d’Appello dichiara la piccola adottabile e successivamente la Cassazione conferma.

Angelo Barraco

 




IMPRESE NEL 2012 MILLE CHIUSURE AL GIORNO, MINIMO STORICO PER LE APERTURE. GRAZIE PROFESSORE!

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Redazione

La Unioncamere pubblica dei dati allarmanti. Sono 383.883 le imprese nate nel 2012 (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011), a fronte delle quali 364.972 – mille ogni giorno – sono quelle che hanno chiuso i battenti (+24mila unità rispetto all’anno precedente). Come conseguenza, il saldo tra entrate e uscite si è attestato sul valore di 18.911 imprese, il secondo peggior risultato del periodo considerato e vicino – dopo due anni consecutivi di recupero – a quello del 2009, l’anno peggiore dall’inizio della crisi. Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31 dicembre dello scorso anno lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158 unità.

Si restringe ulteriormente (-6.515 imprese) il tessuto imprenditoriale dell’industria manifatturiera – trascinato dalla forte contrazione dell’artigianato, che chiude l’anno con 20.319 imprese in meno – quello delle costruzioni (-7.427) e dell’agricoltura (-16.791). Il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che – Lombardia esclusa – perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) nel solo Nord-Est. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito a mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane (+0,3% contro il +0,5 del 2011).

Questi i dati ufficiali sulla natalità e mortalità  delle imprese risultante dal Registro delle imprese diffusi oggi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere, la società di informatica delle Camere di Commercio italiane. Tutti i dati, come di consueto, sono disponibili online all’indirizzo www.infocamere.it

 

“In questi anni – ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – le imprese italiane hanno fatto letteralmente dei miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l’hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro, per non  parlare di competenze e tradizioni importanti. Ora però il tempo è scaduto, tra poco la politica avrà di nuovo in mano le sorti del Paese e deve sapere che l’obiettivo primo e urgente della sua agenda deve essere quello di rimettere al centro dell’azione politica l’impresa, da cui dipende il lavoro, riducendo su entrambi i fronti la pressione fiscale in linea con le più competitive economie europee. La ripresa può venire solo dal mercato e dunque serve favorire la nascita di nuove imprese ad elevato contenuto occupazionale e tecnologico, dando priorità al Mezzogiorno, ai giovani, alle donne e all’imprenditoria sociale”.

Il Quadro Generale

Nel 2012 il sistema delle imprese italiane ha conseguito complessivamente una faticosa tenuta, in un quadro di ridotta vitalità in entrata di nuove imprese e di accelerazione in uscita di quelle esistenti, con una particolare accentuazione per il comparto artigiano. In generale, i dati della serie storica degli utlimi otto anni sembrano suggerire che le crisi incidano in modo differenziato sui flussi di entrata e di uscita dal sistema imprenditoriale. Come a voler indicare che la voglia d’impresa è difficile da scoraggiare, mentre la resistenza di chi è già sul mercato viene più facilmente messa in crisi dal prolungato peggioramento del clima degli affari.

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Discorso a parte merita l’universo delle imprese artigiane. A causa della maggiore concentrazione di queste imprese nel settore manifatturiero – il più esposto in questi anni alle trasformazioni imposte dalla globalizzazione dei mercati – la crisi sembra aver prodotto una contrazione strutturale e non ancora stabilizzata del tessuto imprenditoriale artigiano che, per il quarto anno consecutivo, chiude con un bilancio anagrafico in rosso: -20.319 unità (-1,39%), il calo più rilevante degli ultimi otto anni. A determinarlo sono stati, da un lato, l’ulteriore riduzione delle iscrizioni (-4mila unità rispetto al 2011 che, a sua volta, aveva già registrato una riduzione di oltre 5mila entrate rispetto al 2010), ed un aumento di quasi 10mila cessazioni (dopo il breve rallentamento registrato nel biennio 2010-2011).

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Il bilancio dei territori

A livello di macro-ripartizione territoriale, il conto più salato del 2012 lo pagano le imprese del Nord che – Lombardia esclusa – complessivamente perdono circa 6.600 unità, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) concentrate nelle regioni del Nord-Est. Tutte e quattro le circoscrizioni, tuttavia, nel 2012 hanno visto ridursi il proprio tasso di crescita rispetto all’anno precedente, mentre una sola, il Centro, ha fatto registrare sia nel 2011 che nel 2012 un tasso di crescita superiore a quello medio nazionale. Come accennato, il dato più significativo in senso negativo appare quello relativo al Nord-Est che (unica fra le quattro circoscrizioni), fra il 2011 e il 2012 è passato da un saldo positivo (+0,51%) ad uno negativo   (-0,41%). Quello più positivo riguarda il Centro che, da solo, determina oltre la metà (il 55,5%)  di tutto il saldo nazionale dello scorso anno. Decisamente positivo anche il contributo al saldo nazionale che viene dal Mezzogiorno (49,5%).

A livello regionale, mentre nel 2011 solo tre regioni su venti – Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Basilicata – facevano registrare un tasso di crescita negativo, nel 2012 le regioni con tasso di crescita negativo sono salite a sette: è uscita la Valle d’Aosta, ma si sono aggiunte Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Molise. Una sola regione (l’Umbria) ha visto aumentare, sia pur di poco, il proprio tasso di crescita, passato dallo 0,17% allo 0,21%; una (la Valle d’Aosta) è passata da un valore negativo (-0,32%) a un valore positivo (0,07%) ed una, (la Basilicata), ha visto ridursi il valore negativo del proprio tasso di crescita passando da -0,43% a -0,15%. Tutte le altre diciassette regioni hanno fatto registrare una diminuzione del proprio tasso di crescita: di queste, in cinque casi (come detto Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Molise) la situazione si è rovesciata rispetto al 2011, passando da un tasso di crescita positivo ad uno negativo.

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Il Bilancio delle Forme Giuridiche

Con la sola esclusione delle cosiddette “Altre Forme” (sostanzialmente costituite da cooperative e consorzi), tutte le forme giuridiche in cui Movimprese classifica le imprese italiane hanno evidenziato, nell’anno da poco concluso, un tasso di crescita inferiore a quello del 2011 ed una (le ditte individuali) è passata dal segno “più” al segno “meno”. Le Società di capitali sono scese dal 3,15% al 2,45%; le Società di persone sono scese dal -0,03% al -0.32% e le Ditte individuali dallo 0,10% al -0,51%. Come detto, solo le “Altre forme” hanno messo a segno un risultato migliore rispetto al 2011, passando da una crescita del 2,19% ad una del 2,77% (con un +2,4% per le sole cooperative).

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Mentre il declino delle Ditte individuali è un fenomeno emerso da più di tre decenni e procede lentamente – contrastato unicamente dalla crescente rilevanza delle imprese di stranieri –  il rallentamento del tasso di crescita delle Società di capitali è un frutto più recente. Resta il fatto che, pure in un anno così difficile come il 2012, il saldo attivo delle Società di capitali non solo copre i saldi negativi delle Società di persone e delle Ditte individuali,  ma spiega da solo il 69,4% di tutto il saldo complessivo.

Il Bilancio dei Settori

I macro-settori che hanno chiuso il 2012 con un saldo negativo sono solamente quattro che, sommati insieme, rappresentano il 38,1% delle imprese esistenti: Agricoltura (-16.791 pari ad una riduzione dello stock del 2%), Costruzioni (-7.427, corrispondente ad una contrazione del numero di imprese dello 0,82%), Attività manifatturiere  (-6.515, pari al -1,05% in termini relativi) ed Estrazione di minerali da cave e miniere (-112, che equivale ad una riduzione dello stock di questo settore, fortemente connesso con l’edilizia, del 2,3%).

Per l’Agricoltura, la perdita di unità produttive rappresenta un trend di lungo periodo, coincidente – negli ultimi decenni – con una crescente utilizzazione del suolo agricolo per destinazioni turistiche, commerciali, industriali o logistiche. Nell’industria manifatturiera, solo tre comparti – Alimentare, Bevande e Riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature  – fanno segnalare saldi positivi nel 2012. I primi due hanno totalizzato insieme un saldo di 445 imprese in più rispetto all’anno precedente, la metà delle quali al Sud; il terzo ha visto aumentare il suo stock di 1.490 imprese (+5,71%), con tassi superiori al 5% in tutte le circoscrizioni territoriali.

Tra gli altri settori, quelli che mostrano i saldi in valore assoluto più positivi sono, nell’ordine: le Attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+11.438 imprese, pari ad un tasso di crescita annua del 2,92%), il Commercio (+8.005 unità, +0,52% in termini relativi), Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+5.505 unità il saldo, +3,51% il tasso di crescita), le Attività professionali, scientifiche e tecniche (+4.576, ovvero +2,37% sull’anno precedente). Analizzando la composizione dei saldi per singolo comparto, i dati evidenziano come la crescita dei servizi di alloggio (+985 attività) sia praticamente tutta legata all’apertura di Bed & Breakfast, agriturismi e villaggi turistici (+930); mentre nella ristorazione, l’espansione è legata fortemente all’aumento dei Bar (6.532 attività in più), il 61% di tutto il saldo del settore, seguiti da tavole calde (+1.862 attività, +5,9%) e da gelaterie e pasticcerie (+606 attività, il 3,1% in più rispetto al 2011).

Nel commercio, il saldo positivo è determinato per il 66,8% dalle attività al dettaglio, cresciute di 5.349 unità. A crescere sono state soprattutto le attività degli ambulanti (+6.406 unità, pari ad una crescita del 5,2%), del commercio via Internet (+1.524, +12,9% in termini relativi) e di quello effettuato da venditori porta a porta e tramite distributori automatici (+952, pari al +6,9%). Le riduzioni più consistenti hanno invece riguardato il commercio al dettaglio di confezioni e di filati (dove hanno chiuso i battenti 2.554 attività, pari al 2,1% dello stock), e le macellerie (-490 unità, l’1,6% in meno di quelle esistenti alla fine del 2011).

Quanto agli altri comparti in crescita nel 2012, nell’ambto delle Attività professionali, scientifiche e tecniche meritano di essere segnalate quelle di direzione aziendale e consulenza gestionale (2.471 unità in più, corrispondenti ad una crescita del 4,86% su base annua); mentre, tra quelle di supporto alle imprese, si segnalano le Attività di servizi per edifici e paesaggio (ovvero manutenzione e riqualificazione), cresciute di 3.093 unità (+5,29%).

 

 

Giovani, donne e immigrati aiutano a mantenere un saldo positivo

 

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A dare il contributo più significativo al saldo, con un bilancio attivo di 70.473 imprese, sono state le imprese giovanili, seguite da quelle gestite da stranieri (24.329). Dati ancora più significativi se si confronta il peso relativo di questi aggregati rispetto al totale delle imprese esistenti in Italia a fine 2012: solo l’11,1% per quello che riguarda gli under 35 e il 7,8% per gli stranieri. Relativamente più modesto (+3.211 unità) il contributo al saldo offerto dall’imprenditoria femminile che resta comunque – tra i ‘driver’ della tenuta del tessuto imprenditoriale – il raggruppamento con l’incidenza maggiore sul totale delle imprese (oltre 1,4 milioni di imprese, pari al 23,5% di tutto lo stock di imprese esistenti in Italia alla fine del 2012).

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Nel confronto con il 2011 – anch’esso chiuso con valori significativamente positivi per tutti e tre questi insiemi di imprese – a reggere meglio di fronte al persistere della crisi sono state le imprese degli under 35, il cui saldo si è ridotto di sole 6mila unità (il 7,9% in meno). Più marcata è stata la frenata delle imprese di stranieri, il cui saldo positivo si è ridotto del 18,6% e quello delle imprese femminili, che hanno visto ridursi di oltre due terzi (-77,2%)  il saldo del 2011.