NOTIZIE IN BREVE DALLA NAPOLI VIOLENTA – QUARTO APPUNTAMENTO

di Christian Montagna

Giunti al quarto appuntamento con la rubrica settimanale, volevo analizzare il problema che sta attanagliando in questi mesi tutta l’Italia e nello specifico anche Napoli è cioè la gestione dei rom e degli immigrati. Regolari o non che siano, vanno assolutamente integrati in qualche modo. A Napoli, si sono suddivisi ai margini delle periferie dando vita a veri e propri agglomerati urbani. Non pagano le tasse, non collaborano al miglioramento della società e non sono accettati dalla popolazione campana. E’ inutile che si parli di non accettazione dovuta alla delinquenza; la matrice è quella razzista. La paura che i napoletani hanno verso il prossimo e verso il diverso è enorme. Ma la causa di questa intolleranza va attribuita alle istituzioni che non hanno favorito in alcun modo l’inserimento nella comunità cittadina. Non c’è napoletano che non provi fastidio verso un rom; che non sia contro i campi rom. L’intolleranza maggiore è soprattutto verso i rom che hanno occupato in maniera irruenta numerose zone pubbliche usufruendo di acqua potabile e corrente elettrica ai danni dei cittadini. I numeri parlano chiaro: 160 mila rom che vivono in Italia di cui cento mila non censiti e la metà ha meno di quattordici anni. Provenienti dalla ex Jugoslavia, dalla Romania e dai Balcani, si sono suddivisi in maniera non uniforme in tutte le regioni dello stivale. A Napoli, sono stati creati dei campi per accoglierli poi però, sono stati abbandonati a se stessi. Tra abusivi e non, i campi in Campania sono così dislocati: Il campo abusivo di via Cupa Perillo a Scampìa nel quale risiedono oltre 700 persone quasi tutti dasikhanè, in abitazioni costruite con materiali di risulta e roulottes prive di servizi igienici ed elettricità; il villaggio comunale attrezzato di Secondigliano che ospita 450 Rom dasikhanè di provenienza serba sistemati in moduli abitativi con bagni in muratura; il campo abusivo di Poggioreale nei pressi del cimitero che ospita 250 Rom rumeni in baracche fatiscenti; il campo di viale Maddalena e di Barra a Santa Maria del Pozzo dove risiedono complessivamente oltre 400 Rom rumeni; il centro d’accoglienza comunale “Deledda” di Soccavo nonché ex scuola in cui vivono circa 130 Rom rumeni sostenuti dalle associazioni; il villaggio comunale attrezzato di Caivano costituito da container dotati di servizi con una popolazione di circa 120 Rom korakhanè di provenienza montenegrina. Altri campi sono quelli di Giugliano con circa 600 Rom khorakhanè di provenienza bosniaca, di Casoria con 200 Rom dasikhanè di provenienza serba, di Afragola con 200 Rom rumeni e di Acerra con 150 rom dasikhanè di provenienza serba. Tutti questi campi risultano essere privi di servizi e sommersi di rifiuti con condizioni di vita estremamente precarie. Con una condizione simile, non può non scattare la rivolta! E’ accaduto infatti con quello di Scampia, che attualmente registra gravi pericoli per l’incolumità dei residenti e dei rom derivanti dal degrado estremo della zona e dai fumi tossici emessi dalle costruzioni abusive in muratura. Dopo anni e anni di proteste, si arriva poi al cosiddetto punto di non ritorno. Gli abitanti che quotidianamente sono costretti a fare i conti con il degrado, sono stanchi e sono scesi in piazza a manifestare. La verità, è che nei campi rom si bruciano rifiuti velenosi, si costruiscono abusivamente case e baracche, si compiono atti illegali. Altro fenomeno che differenzia il contatto dei rom con la popolazione è che, qui, sono riusciti ad entrare in comunicazione con la criminalità organizzata. Assoldati come manovalanza economica, ai più vengono affidate le piazze di spaccio, i reati di piccolo conto o anche gli omicidi su commissione. La prova evidente di quanto detto, è il comune di CastelVolturno diventata ormai la terra di nessuno. La presenza ingente di africani e marocchini che ha monopolizzato l’intera zona non ha lasciato più spazio ai cittadini italiani che in quelle zone vivevano dalla nascita. Di conseguenza, gli italiani si sono spostati, il degrado è aumentato, i prezzi delle abitazioni sono calate e quei pochi rimasti sono costretti a vivere un incubo. Spesso, cercano addirittura di affrontare le organizzazioni criminali locali creando dei distaccamenti privati ma poi accade l’inevitabile: lo scorso anno una strage di neri ha messo fine alla guerra tra camorra e scissionisti non italiani e ristabilito le gerarchie . Ma si sa, la camorra non perdona nulla. Per tentare una risoluzione al problema, bisognerebbe ricominciare dalle radici, sensibilizzando i cittadini e regolarizzando tutti gli immigrati. In una regione come questa, che arranca a soddisfare le esigenze dei suoi cittadini, non si può pensare di ospitarne altri esterni e se lo si fa in altre parti d’Europa, pazienza, lasciamolo fare a chi è più competente nella gestione delle emergenze, perché noi proprio non ne siamo in grado!