E LA SVOLTA DI OBAMA?

di Daniele Rizzo

Esattamente una settimana fa parlavamo della presunta svolta di Obama in favore del pacifismo o, forse meglio, del non interventismo nella questione irachena. Sette giorni dopo dobbiamo registrare due nuovi fatti di cronaca: uno segna un punto a favore del nuovo Obama, uno richiama inevitabilmente a quello vecchio.

STOP ALLE MINE ANTIUOMO
Alla Conferenza sulla Convenzione di Ottawa, tenutasi pochi giorni fa in Mozambico, gli Stati Uniti hanno annunciato che si impegneranno affinché siano proibiti l’uso, la produzione e il trasferimento di mine antiuomo. Quest’impegno è stato preso di fronte ai 160 paesi di tutto il mondo che già aderiscono alla Convenzione ed è il risultato di una lunga fase di incubazione che si protraeva dal 2009, anno in cui gli USA avevano già manifestato quest’intenzione salvo poi rimandare la firma. Lo stop alle mine non è che il primo passo, come ha spiegato la Casa Bianca, per attuare una serie di politiche che nel giro di pochi anni potranno portare gli Stati Uniti d’America ad aderire alla convenzione, di cui al momento non sono firmatari insieme a Russia, Cina, India e Pakistan.

500 MILIONI AI RIBELLI SIRIANI
Questo succedeva venerdì 27. Il giorno prima però Obama chiedeva al Congresso l’autorizzazione per lo stanziamento di 500 milioni di dollari per addestrare i ribelli siriani. I fondi, che rientrano in un progetto economico più ampio, servono per stabilizzare la regione attualmente più interessata dai conflitti civili, e cioè quella compresa tra la Turchia e l’Iraq. La richiesta di Obama si spiega quindi prendendo in considerazione il contributo che questi ribelli stanno dando nel contrastare l’avanzata in Siria e in Iraq dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), le milizie sunnite che hanno riaperto i conflitti nei due stati.
Sebbene quindi Obama abbia dichiarato che non invierà truppe nel paese perché non esiste una soluzione militare per stabilizzare l’Iraq (si veda a riguardo il nostro precedente articolo), questo provvedimento sembra fare il paio con l’invio dei 300 consiglieri militari nella capitale irachena. Impossibile non notare una certa stonatura tra ciò che Obama dice e ciò che Obama fa; ci sia consentito dire che mandare consiglieri e fondi ai ribelli invece che i propri militari sul posto risolverà forse la questione morale di Obama, ma non i problemi del paese.

IL CAOS IN IRAQ
Continua infatti l’avanzata delle milizie jihadiste che ormai sono sempre più vicine a Baghdad. Nella giornata di sabato si sono registrati scontri nella città di Tikrit; la città, la cui valenza ideologica è indiscussa visto che ha dato i natali a Saddam Hussein e Saladino, ha anche un valore strategico da non sottovalutare, dal momento che si trova a nemmeno un’ora di macchina dalla capitale dello stato iracheno. Ed è per questo motivo che la televisione irachena si è affrettata a dichiarare che le truppe regolari del paese hanno riconquistato la cittadina, grazie anche all’aiuto dei bombardamenti aerei, resi a loro volta possibili per merito dell’accordo firmato dall’Iraq con Russia e Bielorussia per la fornitura di aerei da guerra. Questo per dimostrare una volta di più (come se ce ne fosse bisogno) che una guerra è fonte inesauribile di guadagno per molte potenze mondiali.