La politica “chiagne e fotte” formula vincente dei giorni nostri

Sarebbe sconveniente e non politicamente corretto fare uso del dialetto nella prosa moderna. Scandalizza, inorridisce taluni e fa arricciare il naso ad alcuni. Ciò nondimeno, nessun’altra espressione idiomatica riesce a spiegare meglio il concetto che spesso si vuole esprimere.

Il detto della tradizione partenopea “Chiagne e fotte” si addice meglio di quant’altro alla politica

La recente storia politica italiana è ricca di lacrime che scendono copiose sui visi dei politici. E quanto siano sinceri, lo lasciamo giudicare ai lettori. Ci sono lacrime di gioia, lacrime di dolore, lacrime di rimpianto, di disperazione, lacrime di coccodrillo. Passa alla storia quel pianto struggente di Elsa Fornero, quando nel dicembre 2011, nel corso della conferenza stampa, con accanto l’allora presidente del Consiglio Mario Monti, presentavano la nuova manovra finanziaria tutta lacrime e sangue. Piangeva la Fornero per quello che stavano progettando e Monti, tutto scandalizzato la guardava sbalordito. Forse pensava fra sé e sé: la signora non ha imparato che in politica vige il principio del suindicato detto della tradizione partenopea. La Fornero, confessò più tardi: “Io sanguinavo, mi colpivano ovunque. E intanto Mario Monti faceva campagna elettorale” Quando poi durante il Consiglio dei ministri Monti e i Grillini avevano detto no allo stanziamento dei fondi per i malati di Sla, la Fornero pianse un’altra volta.

 

Meno conosciuto ma non per questo è meno famoso il pianto di Renzi

Il 4 dicembre per Matteo fu peggio delle Idi di marzo. Per il rottamatore Matteo fu un vero cesaricidio. Colto dallo sconforto lo sfogo con i suoi “Adesso sarà la palude – Pur di disfarsi di me, (il Pd) sono pronti di consegnare l’Italia a Grillo”. Saranno state lacrime di coccodrillo però mai pronostico fu mai così indovinato. Il 14 dicembre passa definitivamente la legge del biotestamento con 180 si, 71 no e 6 astenuti. Il risultato è stato accompagnato da un applauso dai presenti favorevoli. Mentre fuori aula, una larga schiera del paese si dichiarava critica alla legge, nei primi banchi del Senato, seduti una accanto all’altra, sedevano Emma Bonino, Mina Welby, Filomena Gallo e gli altri leader dell’Associazione Luca Coscioni. Non appena il presidente dichiarò il risultato, la compagnia della buona morte si è lasciata andare in una crisi di pianto. Forse piangevano perché non li soddisfaceva il provvedimento. Loro avrebbero voluto l’eutanasia tout court, senza se e senza ma. Piangevano invece per ragioni opposte le coscienze dei medici del Gemelli, le coscienze degli obiettori di coscienza, le persone di buona volontà che senza ideologismi chiedevano una più approfondita riflessione su una materia di tale gravità morale. L’hanno votata perché la sinistra fa bene al biotestamento e il biotestamento fa bene alla sinistra… foriera di voti.

 

Come il digiuno, il pianto è diventato un stratagemma politico. “Chiagne e fotte!” e gli ingenui cadono nella rete

Altre lacrime, altre storie. Incalzata dall’opposizione nell’aula del Consiglio regionale, Debora Serracchiani, allora vicesegretario nazionale Pd, messa alle strette, si lasciò andare a un pianto liberatorio. Le lacrime ebbero il loro effetto. Commossa, l’opposizione dichiarò una tregua. Chiagne e fotte e il risultato è stato raggiunto. Si diceva poco fa che le lacrime sono entrate a far parte dello stratagemma politico al pari del digiuno. A tale proposito, Luigi Manconi ne lancia uno pro Ius Soli, lo ha intitolato seguendo la linea di una vecchia pubblicità di jeans: “Chi mi vuol bene mi segua. Ma anche chi non mi vuole bene, e persino chi mi detesta”. Il richiamo è molto cristiano, per la politica di Manconi fa comodo anche questo. Come un avviso di garanzia, cinque minuti di pianto, meglio se con copiose lacrime, non si negano a nessun politico.

Ha pianto anche il “duro” Bossi

Commiatandosi dalla Lega, vedendo la sua leadership in testa al “Carroccio” giungere a termine, si è commosso e lacrime amare rigavano il suo viso commuovendo tutti i presenti.
Non ci ha risparmiato lacrime e commozioni nemmeno il pragmatico Brunetta. Alla nascita del Pdl pianse senza far capire il perché. Forse perché nel Pdl credeva di aver trovato la sua seconda casa, uno spazio dove agitarsi.

 

Le lacrime di Vendola

Nichi Vendola, il compagno genitore, a sentire il giudice pronunciare la sentenza di assoluzione nel processo per lo scandalo della sanità in Puglia si è sciolto in lacrime, sciolto dalle accuse. Nonostante la sua assoluzione, ancora piange la sanità pubblica pugliese, piangono i pazienti e non si fermano gli appalti.
Lacrime “d’autore” furono quelle di Giorgio Napolitano il 28 luglio 2012 ai funerali di Loris D’Ambrosio. Forse ancora piange in privato per aver costretto il Paese a subire l’imposizione di governi senza alcun consenso elettorale, governi che hanno trascinato l’Italia in una crisi senza fine. Napolitano senza meno piange nel chiuso della sua stanza per le discutibili decisioni assunte durante il suo mandato.

 

Le lacrime di Grasso

Lacrime fresche di giornata, rigavano il viso di Pietro Grasso, sentitosi commosso all’investitura a leader della Sinistra. Grasso ha interrotto il suo discorso, dicendo : “Non posso parlare, ho un groppo in gola”. Il nodo in gola l’aveva fatto venire agli altri ogni volta che il suo arbitraggio in Senato lasciava spazio a molte critiche. Allora piangevano gli altri e lui dondolava.

 

Le lacrime della presidenta

Potevano mancare le lacrime di Lady Montecitorio? Certamente no! Solamente le lacrime della signora erano lacrime con il distinguo. Volendo dichiararsi vicina ai famigliari delle vittime, ai feriti e al popolo francese, in occasione della strage di Nizza, opera del terrorismo islamico, così si è espressa : “Orrore e sgomento per grave atto di terrore a Nizza frutto di feroce fanatismo” e così dicendo pareva di sentire Bobby Solo mormorando “Da una lacrima sul viso/ho capito molte cose….” Perché tutta questa sua bramosia di chiamare le cose con il loro nome : terrorismo islamico, invece preferisce generalizzare con “feroce fanatismo”? Ad opera di chi signora Boldrini?

 

Piangono tutti da Vespa a Occhetto ed ha pianto anche Bersani

Ognuno ha il suo motivo. Rimane il fatto che il pianto più lacerante che si sente levare dalle periferie del Paese e di gente come quella di Celano che tutti abbiamo visto sul web supplicando e chiedendo aiuto: “Non ho un lavoro e vivo in una casa popolare, ma il 28 dovrò lasciarla. Non so dove andare e ho anche dei bollettini di pagamento arretrati che non so come saldare. Se non sarò aiutata da nessuno……….”

Siamo a Natale. Siamo tutti buoni. Che i politici smettano di “chiagnere, piagnucolare”. Che rivoltino lo sguardo verso quelle periferie del Paese, che ascoltino i pianti dei tanti celanesi sparsi per l’isola (e sono decine di migliaia). Pensino alle famiglie senza reddito, senza speranze e senza futuro. Pensino a questi cittadini che per loro “buon anno” è solo un ricordo del passato. Anche loro hanno allestito l’alberello di Natale e sotto hanno messo il loro desiderio di un posto di lavoro, un tetto per ripararsi dal freddo, una medicina per curarsi. Cari onorevoli, basta poco che ce vò, mica chiedono la luna!

Emanuel Galea




Gratteri: "In politica la mafia non è mai all'opposizione"

 
 
di Roberto Ragone 
 
 
La frase del Procuratore Capo di Catanzaro, dottor Nicola Gratteri, intervistato martedì mattina 16 maggio da Gerardo Greco, durante la trasmissione Agorà, in onda su Rai 3, a proposito del caso di malaffare del centro per migranti di Isola Capo Rizzuto, è definitiva, e rivelatrice di una situazione che tutti ipotizzano, nel pubblico dell’uomo della strada, ma che raramente era stata espressa con tale chiarezza e concisione. La frase completa è: “Le mafie votano e fanno votare, partecipano attivamente alla vita politica e non stanno mai all’opposizione.” Gratteri è un magistrato che più volte ha dimostrato la sua obiettività; forse un personaggio ‘scomodo’ per alcuni. Il suo ‘mettere in chiaro’ ciò che altri mandano per segnali, in maniera criptica, dovrebbe far pensare tutti i cittadini per bene. Per proprietà transitiva, questa frase evidenzia  che, se non stanno mai all’opposizione, le mafie appoggiano il potere.
 
Lo scopo di una organizzazione malavitosa è evidentemente quello di assumere più potere possibile, da sfruttare per guadagni illeciti, al di là di ogni partito o ideologia, rendendo molto chiaro chi comanda, in Italia come nel resto del mondo. Falcone e Borsellino, e prima ancora Dalla Chiesa, sono stati uccisi quando hanno toccato i soldi dei mafiosi. I ‘poteri forti’, di cui si favoleggia ogni volta che accade qualcosa di incomprensibile, sono evidentemente quelli che hanno in mano le leve di comando, e in questo caso potremmo parlare di ‘appoggi forti’. È cercando i poteri forti che si trovano gli agganci con chi conquista il potere in qualsiasi modo, lecito o, il più delle volte, illecito. Club Bilderberg, Trilateral, New World Order (o Nuovo Ordine Mondiale) fanno capo a persone potentissime, che controllano le banche d’affari e muovono grossi capitali, come è stato nel caso delle dimissioni di Berlusconi. Il fatto che se ne sia scritto, e che nessuno l’abbia contestato, è una dimostrazione della realtà di una certa situazione. Se quello che dice il dottor Gratteri corrisponde a verità, anche i nostri governi potrebbero aver goduto di tali ‘appoggi’: ricordiamo che l’ultima sentenza di Cassazione del processo Andreotti stabilì la sua mafiosità, non più perseguibile per prescrizione del reato. Intanto Renzi è allo sbando.
 
È di oggi, 16 maggio, la pubblicazione sul Fatto Quotidiano di un’intercettazione a suo carico in una telefonata con il padre, riportata nel libro di Marco Lillo, nella quale esorta Tiziano a ‘Dire la verità’. Una frase che dimostrerebbe l’innocenza del padre di Matteo. Detta ad arte? Chissà. Sapeva d’essere intercettato? È  plausibile pensare che ne fosse al corrente, come presidente del Consiglio.
 
Ultimamente, in suo comunicato, riferisce di una “Impressionante crescita del PD”. Peccato che, sempre sul ‘Fatto’, leggiamo che nelle sue primarie, nonostante il voto dei richiedenti asilo e quelli procurati dal suo favorito De Luca, Matteo ha perso oltre un milione di voti. Patetico poi il tentativo di screditare la Raggi mobilitando i giovani del PD in maglietta gialla: li abbiamo visti rastrellare prati e giardini pubblici, senza minimamente avvicinarsi ad alcuno di quei cassoni stracolmi e popolati da topi e gabbiani che sono stati mostrati in televisione, e dei quali s’è persa ogni traccia. Insomma, se le cose stanno così, questo spiegherebbe perché la politica è arrivata ad essere lacchè dei potenti, e perché in politica troviamo tanti personaggi che non inviteremmo a cena a casa nostra. In realtà il panorama che ci da’ oggi la politica, con l’elezione di Macron, creatura di J P Morgan a presidente della Repubblica francese, è quello di succubanza a lobby e gruppi di potere, non solo in campo commerciale.
 
Il tentativo di introdurre la TTIP attraverso una votazione in parlamento europeo la dice lunga. Come la raccontano anche il TAP, definito ‘opera strategica’, che distruggerà l’economia di una regione come la Puglia, produttrice del 40% dell’olio extravergine d’oliva della nazione. Come la dice lunga la TAV, osteggiata giustamente dagli abitanti dei luoghi che essa attraversa. E potremmo continuare con il Ponte sullo Stretto, con la trivellazione petrolifera entro le dodici miglia, prima negata e poi riammessa in sordina; come il boicottaggio del referendum che avrebbe preteso dai petrolieri il rispetto degli accordi presi in conseguenza delle concessione per le trivellazioni in Adriatico, mentre ora le torri petrolifere rimarranno a futura memoria. Come l’inquinamento della Basilicata ad opera di trivellazioni, ora finalmente ammessa da chi l’ha provocata. Come potremmo dire anche delle varie ‘decisioni’ del Parlamento Europeo, espressione di una classe impiegatizia al soldo di chi comanda davvero. Potremmo metterci anche i vaccini, e la lobby del farmaco? Secondo alcuni sì, visto che, analizzati, i vaccini non sono nocivi in sé, ma per la poca cura con cui vengono preparati, risultando inquinati da metalli pesanti e altre piacevolezze, che sarebbero poi quelle che provocano danni ai bambini. Oggi l'industria alimentare è quella che fattura cifre molto importanti nel mondo e ricordiamo le varie proibizioni dell'UE che hanno cercato, nel tempo, di proibire i nostri prodotti tipici.
 
Un articolo di Dario Guidi, sul mensile della COOP 'Nuovo Consumo' di Aprile 2017, evidentemente inressata al settore alimentare, parla di "Alta concentrazione" di multinazionali dell'industria alimentare, marchi noti e meno noti, che valgono centinaia di miliardi di dollari, senza badare alla salute dei consumatori, ma solo agli interessi degli azionisti. Altri importanti fatturati, di cui nessuno parla, sono quelli dell'industria bellica, controllati, per forza di cose, a livello politico. possiamo star certi che la mosca va dove c'è il miele, e dove c'e denaro, si accalcano interessi non sempre limpidi. Come nel caso dei 'migranti'.



SPAGNA, SONDAGGI POLITICI: NON "PODEMOS" PIU'

di Silvio Rossi

 

Sembra terminare ancora prima di partire l’avventura del partito nato dal movimento degli Indignados. Se qualche mese fa l’ascesa del movimento sembrava inarrestabile, con la crisi dei partiti tradizionali e il legame all’altro nascente della sinistra europea, il partito greco di Syriza, le difficoltà incontrate dal premier greco, con le dimissioni e il conseguente rimpasto di governo, hanno gettato un’ombra di insicurezza anche sulle politiche di Pablo Iglesias.
In un recente sondaggio, commissionato da El Pais, Podemos si attesta al 15,7%, quasi doppiato dal Partito Popolare di Rajoy, che raggiunge il 28% delle preferenze. Un mese fa, un sondaggio di Metroscopia assegnava al partito di sinistra il 18%, un risultato comunque ritenuto negativo dai sostenitori di Podemos, che erano abituati ormai da diversi mesi a viaggiare ben oltre il 20%.


La grande ascesa del partito indignato è iniziata nell’aprile dello scorso anno.
Il partito, nato da pochi mesi, aveva iniziato a scalare le preferenze degli spagnoli, raggiungendo l’8% alle elezioni europee, con oltre 1,2 milioni di voti. Ma il successo maggiore arriva alla fine dell’estate, quando Podemos supera tutti gli altri partiti, raggiungendo l’apice della popolarità nel novembre 2014, quando un sondaggio del giornale El Pais, diventa potenzialmente il primo partito, con un 27,7% di consenso, superando il PP, che si fermava al 26%.


Nei primi mesi del 2015, grazie all’influenza di Tsipras, che vince le elezioni greche, e con la speranza di una federazione delle sinistre europee, che possano mettere in crisi l’attuale sistema politico continentale, l’ascesa di Podemos sembrava inarrestabile. Ma stiamo parlando di un’epoca molto lontana rispetto a oggi. Le difficoltà del principale alleato non potevano lasciare indenne Iglesias, e infatti la bolla che stava facendo lievitare il consenso dei contestatori spagnoli, si è sgonfiata, mostrando tutte le difficoltà nel presentare un programma politico convincente.




LA SFIDA ORMAI E’ TRA DEMOCRAZIA E DITTATURA: LA POLITICA NON ESISTE PIÙ!

di Cinzia Marchegiani

A scattare una fotografia della nostra nazione interviene l’Avv. Marco Mori, non un semplice professionista dei fori italiani, a maggio 2014 ha provveduto a depositare a nome dell’associazione “Salviamo gli Italiani”, sette denunce penali relative al colpo di Stato finanziario in essere, e come dice lo stesso Mori, da allora la situazione è già profondamente mutata, purtroppo in peggio. Un’analisi cruda e irreale sembra avvolge il nostro paese dove sul banco degli imputati per primo l’avv Mori mette l’assenza di vero dibattito politico:”Pare davvero sconfortante giungere a tale conclusione Basta solo pensare che, il semplice fatto che un paese torni al voto, diventa un motivo per un catastrofico crollo della borsa, come successo ieri in Grecia. Tutto ciò è completamente inaccettabile. Se i mercati manipolano la democrazia, significa semplicemente che essa non esiste più. Non è la forza economica che deve determinare le scelte politiche in un paese, ma tali scelte devono essere frutto della volontà popolare, che si forma sulla base della maggioranza, secondo l’esercizio del diritto di voto (diritto che in Italia non si esercita legittimamente dal 2005, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 1/2014). La maggioranza deve avere anche il sacro diritto di sbagliare, non si può commissariare la democrazia.”
E lo specchio di questa società viene metodicamente studiato da chi in quelle maglie delle leggi fa i conti tutti i giorni e ne conosce il valore e le potenziali trappole che purtroppo a prima, ma anche a seconda attenta lettura non se ne comprende immediatamente né il pericolo e l’imponderabile irreversibilità. Con un viaggio quasi materico l’avvocato Mori ci spiega come mai siamo finiti a dover assistere quasi inermi alla sfida tra democrazia e dittatura, nella sua interezza lasciamo al lettore la lettura:

«Oggi, nel nostro paese, non è più possibile nutrire, come democrazia vorrebbe, il medesimo rispetto o la medesima dignità verso ogni avversario politico. Si può fare solo ed unicamente un distinguo: da una parte coloro che voglio smantellare la sovranità nazionale ed i diritti individuali di ogni cittadino in nome del profitto dei mercati, divenuti la nuova forma di espressione dei rapporti di forza internazionale, dall’altra chi, indipendentemente dal colore politico attuale o di un tempo, legittimamente pretende che solo il popolo sia sovrano in qualsiasi scelta nazionale nel pieno e totale rispetto della Costituzione.
Chi appartiene alla prima fazione non può essere considerato una controparte con cui dialogare. Deve essere considerato come un soggetto eversivo, deve essere considerato come colui che sta per cancellare, in un sol colpo, i secoli di lotte e sangue che hanno portato alla nascita delle moderne democrazie. Oggi la sfida è tra forze democratiche, di ogni colore e credo politico, ed una dittatura finanziaria e relativista che cancella scientemente valori, identità nazionale e diritti umani.

Chi, come me, crede fermamente nella democrazia e nella forza della legge, come espressione dei valori fondamentali naturalmente riconosciuti, non può che avere la morte nel cuore mentre espone simili concetti. Non è piacevole ammettere che una fazione, un’importante fazione del panorama politico italiano, non ha più alcuna legittimazione democratica, ma rappresenta esclusivamente un movimento di carattere eversivo. La maggioranza del PD (dunque fatti i salvi i sempre più numerosi esponenti del partito aspramente critici con la politica ordoliberista), nonché i partiti che ne appoggiano le politiche non rappresentano un’espressione del libero pensiero democratico, ma costituiscono una gravissima minaccia per la Repubblica.

La parte del PD e gli altri partiti che portano avanti le politiche criminali della Troika sono divenuti associazioni contro l’ordine costituzionale. Come sempre, anche per non incorrere in conseguenti responsabilità penali, alla luce della forza dei concetti che espongo, risulta necessario riepilogare brevemente da dove derivi la totale fondatezza, ed assoluta insindacabilità, degli stessi (se si hanno adeguate basi scientifiche in materia economica e giuridica).
Nel nostro paese la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (ex art. 1). Laddove tale sovranità è strappata a chi la dovrebbe detenere legalmente non può che parlarsi di atto eversivo, e ciò a prescindere dai metodi all’uopo usati (un corso sul tema servirebbe, come noto, a Giorgio Napolitano…). Imporre un vincolo esterno al controllo popolare della sovranità, nello specifico un vincolo economico e monetario da parte di un ordinamento straniero qual’è l’UE, è un atto contrario al diritto ed alla democrazia.

Quando i mercati influenzano l’andamento della democrazia solo un’opzione è legittima e conforme alla forma Repubblicana del nostro Stato. Qual’è l’opzione? Banalmente, cancellare i mercati, estinguerli! Ovviamente parlo di estinguere questi mercati parassitari che non producono alcunché a vantaggio dell’economia reale, ma la depredano. Si parla dunque di ripristinare il modello economico di cui alla nostra Costituzione, ovvero un modello liberale che tuttavia deve necessariamente anteporre l’interesse pubblico al profitto del singolo (art. 35 e ss. Cost.). Qualcosa dovrà pur distinguere l’uomo dalle bestie, oppure no?
Chiedere di cedere sovranità è pertanto una manifesta eversione dell’ordinamento democratico di cui si sono macchiati, a vario titolo, tutti gli esponenti degli ultimi Governi. Soggetti da punire ai sensi degli art. 241 e ss. c.p., ovvero di quei reati che sanzionano specificatamente la lesione di quel bene supremo che è la sovranità.

La Costituzione, come noto, prevede la sola possibilità di “limitare” la sovranità popolare, in condizioni di reciprocità con le altre nazioni, all’esclusivo fine di aderire ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia. Tali limitazioni devono avvenire, come riconfermato dalla Corte Costituzionale anche con la recentissima sentenza n. 238/2014, nel pieno rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento (art. 1-12 Cost.) e dei diritti inviolabili dell’uomo.
Le cessioni di sovranità monetaria ed economica verificatesi con le ratifiche dei Trattati UE sono palesemente contrarie, sia ai principi fondamentali della nostra carta (in primis in quanto appunto cessioni e non già mere limitazioni), che ai diritti inviolabili dell’uomo, che anzi tendono a smantellare progressivamente. Il mezzo con cui si è realizzato tutto ciò sono i vincoli di bilancio via via imposti fin dal poco noto “Protocollo 12″ allegato al Trattato di Maastricht, per poi arrivare oggi al terribile Fiscal Compact. Tali regole hanno causato e causeranno una crisi economica che costituisce e costituirà, ogni giorno di più, la leva con cui cooptare le popolazioni inducendole ad accettare lo smantellamento della democrazia.

Come hanno potuto dei parametri economici distruggere l’economia reale? Semplicissimo. E’ stato sufficiente fissare regole che imponessero agli Stati di tassare più di quanto spendono (a partire dal famoso 3% del rapporto deficit-pil). Uno Stato che tassa più della moneta che immette nel sistema attraverso la spesa, sottrae matematicamente risorse alla collettività finendo con il fermare l’economia reale per carenza di liquidità (come avverrebbe per un corpo a cui è stato tolto troppo sangue). La moneta non cresce nei campi, ma viene creata dal nulla (per lo più telematicamente), dunque se lo Stato non la immette in misura superiore a quanta ne toglie, ed in ogni caso in misura adeguata alle proprie necessità di scambio di beni o servizi dipendenti dalla produzione reale, non c’è via d’uscita alla recessione. La crescita è azzerata ed il risparmio negato istituzionalmente, con buona pace del dettato dell’art. 47 Cost. e della fondazione stessa della Repubblica sul lavoro.

Ovviamente lo scopo recondito di tutto ciò è che uno Stato inefficiente, perché obbligato a dimagrire a causa dei tagli necessari a “sostenere” simili suicidi economici, diventa inviso ai suoi stessi cittadini che a quel punto finiscono necessariamente per sostenere con passione il suo smantellamento, così andando esattamente laddove la finanza voleva portarli, ad un mondo dove l’unico diritto è rappresentato dalla forza economica ed in cui anche la vita ha un prezzo, spesso piuttosto contenuto. Bello privatizzare vero?
Ecco dunque che chi difende queste posizioni è solo e semplicemente un nemico della democrazia e della Repubblica con cui non è possibile rapportarsi. Speriamo che la Magistratura sappia prendere atto che gli artt. 241 e ss. c.p. vanno applicati, ed occorre farlo subito.

Ciascuno deve prendersi la propria responsabilità secondo il ruolo e la posizione occupata nella società, non si attende la manna dal cielo oppure il consenso, prima di far rispettare la legge. Falcone e Borsellino dovrebbero aver insegnato qualcosa a riguardo.
Che l’anno nuovo porti coraggio a chi di dovere. La mia coscienza è a posto, ho già fatto quanto potevo per la Repubblica e proseguirò.
Buon anno a tutti! Che sia quello della liberazione, vorrei tornare a fare solo l’avvocato…»