PORDENONE, COPPIA UCCISA IN AUTO: L'INDAGATO RESTA LIBERO

di Angelo Barraco
 
Pordenone – Ci sono importanti novità in merito alle indagini sul delitto misterioso delitto di Trifone e Teresa. Come è ben noto ai rigori della cronaca, Giosuè Ruotolo, 26enne di Pordenone che è stato iscritto nel registro degli indagati. L’uomo è un commilitone di Trifone, che era un sottoufficiale. L’uomo era stato sentito nei mesi scorsi e secondo le ipotesi avvalorate al momento, avrebbe agito da solo. Non è dato sapere il movente di tale gesto. Il Procuratore di Pordenone, Marco Martani, ha riferito: “l'inchiesta e' in una fase molto delicata. Posso solo confermare che all'interessato e' stato notificato il provvedimento e ha nominato un legale”.
 
 In merito alla posizione di Giosuè Ruotolo ci sono importanti novità, il procuratore di Pordenone Marco Martani, al termine dell’interrogatorio a Ruotolo, ha riferito: “Non sono stati assunti provvedimenti restrittivi, ma valuteremo nei prossimi giorni l'intero contenuto delle dichiarazioni rese” ha aggiungo inoltre “l’indagato contrariamente a quanto affermato nelle dichiarazioni rese come persona informata sui fatti, ha confermato di essere stato presente nella zona del palazzetto dello sport la sera del duplice omicidio”. Il procuratore Martani aggiunge anche un particolare importante sui movimenti di Ruotolo di quella sera: “Ruotolo ha detto di essersi recato all'impianto sportivo per andare in palestra ma di non aver trovato parcheggio e quindi di aver preferito fare ritorno verso casa. L'indagato ha anche affermato di essersi fermato effettivamente per qualche minuto all'esterno del parco di San Valentino per fare della pratica sportiva, ma di avere poi desistito quasi subito”. Nella tarda serata di ieri è stato effettuato un sopralluogo nella zona in cui si è consumato il duplice omicidio. Erano presenti il sostituto procuratore di Pordenone e gli avvocati di Ruotolo che sono andati anche nel parco San Valentino. Il sopralluogo è stato un esperimento ed è stato percorso il tratto di strada che va dal palazzetto dello sport dove Ruotolo aveva sostato con la macchina fino alla zona dove è stata rinvenuta l’arma. Tale percorso è servito per dimostrare che per coprire la distanza servono più dei sette minuti che hanno immortalato l’automobile di Ruotolo. Il legale dell’indagato ha riferito che verrà chiesta una perizia sul percorso e un incidente probatorio, inoltre verrà effettuata una perizia sulle videocamere poiché riportano orari differenti. 
 
Il ritrovamento dell' arma. L’iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati arriva dopo mesi di assoluto silenzio insieme ad un’altra notizia importante, qualche giorno fa invece sono cominciate le ricerche presso il laghetto del parco di San Valentino di Pordenone. Le ricerche nel laghetto hanno dato esito positivo poiché i sommozzatori dei Carabinieri, dopo giorni di ricerche, hanno rinvenuto un oggetto riferibile al caricatore della pistola 7,65 usata per uccidere la coppia. Sulla scoperta c’è l’assoluto riserbo e l’unica conferma che è stata data riguarda il ritrovamento ma non è stato detto altro. Il parco in cui si trova il laghetto è distante meno di duecento metri dal luogo del delitto e l’ipotesi avvalorata è che il killer abbia gettato l’arma per evitare posti di blocco e sia passato proprio da li. Ma come si collega la beretta 7,65 a Giosuè Ruotolo? L’arma è stata rinvenuta smontata, gli inquirenti l’hanno rimontata tutta, hanno caricato un colpo e, malgrado l’arma sia molto vecchia, hanno potuto accertare la sua perfetta funzionalità. Allo stato attuale c’è una fitta cortina di mistero su chi o come gli inquirenti siano arrivati alla scoperta dell’arma. Ma c’è una novità, la beretta è dotata di matricola e proprio tramite di essa, a quanto pare, si è risaliti a Ruotolo poiché apparterrebbe alla collezione d’armi d’epoca della famiglia.  
 
Storia del delitto. Il 17 marzo scorso nel parcheggio del palasport di Pordenone si è consumato l’atroce delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza. Un omicidio efferato compiuto in un luogo che avrebbe potuto portare ben presto alla risoluzione del caso ed invece non è stato così.  I due fidanzati sono stati rinvenuti cadaveri all’interno di un automobile parcheggiata nel piazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone. Ricordiamo che Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. I fidanzati presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima che vi fosse il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. Inizialmente si ipotizzava l’omicidio-suicido, poi lo scenario è cambiato, e il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani afferma che  non si tratta di omicidio-suicidio bensì di duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di un gesto estremo dei ragazzi. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre passava dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due, non hanno dato scampo alla vittima. L’autopsia ha escluso che la donna fosse incinta.
 
Dopo l’esame autoptico si è passati ad una scoperta importante, gli uomini del Reparto di Investigazioni Scientifiche dell’Arma effettuarono sopralluoghi presso la casa della coppia pochi giorni dopo l’omicidio ed effettuarono anche esami scientifici all’interno dell’auto della coppia uccisa, i Carabinieri del Ris di Parma hanno trovato delle tracce biologiche diverse rispetto a quelle delle due vittime, si tratta di capelli che potrebbero appartenere al killer. Gli investigatori non sottovalutano il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma la prima delusione investigativa arriva proprio dallo strumento che poteva e doveva dare risposta in merito al tragico delitto, le telecamere. Il sistema di videosorveglianza non funzionava. i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato.
 
Le novità sul caso. Ma pian piano saltano delle novità, quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Vi era un buco di due ore di Teresa che,  quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada.
 
Altra novità sul caso è la diffusione dell’identikit sul presunto killer della coppia. L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. 
 
Piste investigative. Numerose le piste investigative analizzate dagli inquirenti, in primis le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stavano vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è stata analizzata ma senza riscontri, analizzando il passato delle vittime è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono state le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss.



PORDENONE: COPPIA UCCISA IN AUTO, INDAGATO COMMILITONE DI TRIFONE

di Angelo Barraco
 
Pordenone – Il duplice omicidio di Trifone e Teresa è stato avvolto da una fitta cortina di mistero per molto tempo, adesso invece il presunto killer ha un nome, un volto. Giosuè Ruotolo, un 26enne di Pordenone è stato iscritto nel registro degli indagati, l’uomo sarebbe un commilitone di Trifone, che era un sottoufficiale. L’uomo era stato sentito nei mesi scorsi e secondo le ipotesi avvalorate al momento, avrebbe agito da solo. Non è dato sapere il movente di tale gesto. Il Procuratore di Pordenone, Marco Martani, ha riferito: “l'inchiesta e' in una fase molto delicata. Posso solo confermare che all'interessato e' stato notificato il provvedimento e ha nominato un legale”. 
 
L’iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati arriva dopo mesi di assoluto silenzio insieme ad un’altra notizia importante, qualche giorno fa invece sono cominciate le ricerche presso il laghetto del parco di San Valentino di Pordenone. Le ricerche nel laghetto hanno dato esito positivo poiché i sommozzatori dei Carabinieri, dopo giorni di ricerche, hanno rinvenuto un oggetto riferibile al caricatore della pistola 7,65 usata per uccidere la coppia. Sulla scoperta c’è l’assoluto riserbo e l’unica conferma che è stata data riguarda il ritrovamento ma non è stato detto altro. Il parco in cui si trova il laghetto è distante meno di duecento metri dal luogo del delitto e l’ipotesi avvalorata è che il killer abbia gettato l’arma per evitare posti di blocco e sia passato proprio da li.
 
La storia. Il 17 marzo scorso nel parcheggio del palasport di Pordenone si è consumato l’atroce delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza. Un omicidio efferato compiuto in un luogo che avrebbe potuto portare ben presto alla risoluzione del caso ed invece non è stato così.  I due fidanzati sono stati rinvenuti cadaveri all’interno di un automobile parcheggiata nel piazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone. Ricordiamo che Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. I fidanzati presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima che vi fosse il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. Inizialmente si ipotizzava l’omicidio-suicido, poi lo scenario è cambiato, e il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani afferma che  non si tratta di omicidio-suicidio bensì di duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di un gesto estremo dei ragazzi. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre passava dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due, non hanno dato scampo alla vittima. L’autopsia ha escluso che la donna fosse incinta.
 
Dopo l’esame autoptico si è passati ad una scoperta importante, gli uomini del Reparto di Investigazioni Scientifiche dell’Arma effettuarono sopralluoghi presso la casa della coppia pochi giorni dopo l’omicidio ed effettuarono anche esami scientifici all’interno dell’auto della coppia uccisa, i Carabinieri del Ris di Parma hanno trovato delle tracce biologiche diverse rispetto a quelle delle due vittime, si tratta di capelli che potrebbero appartenere al killer. Gli investigatori non sottovalutano il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma la prima delusione investigativa arriva proprio dallo strumento che poteva e doveva dare risposta in merito al tragico delitto, le telecamere. Il sistema di videosorveglianza non funzionava. i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato.
 
Le novità sul caso. Ma pian piano saltano delle novità, quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Vi era un buco di due ore di Teresa che,  quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada.
 
Altra novità sul caso è la diffusione dell’identikit sul presunto killer della coppia. L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. 
 
Piste investigative. Numerose le piste investigative analizzate dagli inquirenti, in primis le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stavano vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è stata analizzata ma senza riscontri, analizzando il passato delle vittime è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono state le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss. 



DELITTO DI PORDENONE: UNA SVOLTA NEL CASO

Redazione

Pordenone – Finalmente una svolta nel caso del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone. Una persona di cui non sono ancora state rese note le generalità, è stata iscritta nel registro degli indagati per il duplice omicidio. Secondo quanto si è potuto apprendere ha 26 anni ed era un amico di Trifone Ragone. Il giovane era già stato sentito dagli investigatori nei mesi scorsi. Secondo le ipotesi investigative avrebbe agito da solo. Il movente del delitto non è comunque ancora chiaro e non è stato precisato. Il procuratore di Pordenone Marco Martani che segue le indagini ha confermato, senza aggiungere altro, che l'inchiesta e' in una fase molto delicata. All'interessato e' stato notificato il provvedimento e ha gia' nominato un legale.

La storia. Due corpi privi di vita sono stati rinvenuti all’interno di un automobile parcheggiata nello spiazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone lo scorso 18 Marzo. I soggetti presenti nell’automobile erano Trifone Ragone di anni 29, di Monopoli e la compagna Teresa Costanza di 30 anni originaria di Agrigento. Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. Entrambi i soggetti presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. I vetri dell’auto erano infranti. Sul posto accorsero subito i Carabinieri, la Polizia e i Vigili del fuoco. In prima battuta, l’ipotesi fu quella di un omicidio-suicidio.


Omicidio. Subito dopo però, il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani non ebbe dubbi in merito a quanto accaduto alla coppia: ciò che era accaduto nello spiazzale antistante il palazzetto dello sport di Pordenone era un duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena del crimine. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di suicidio ma di duplice omicidio. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65.
L’omicidio fa pensare ad un regolamento di conti, si pensa che a sparare possa essere stato una sola persona, l’assassino ha sparato in cinque volte, ma quattro di essi sono andati a segno. Le vittime non hanno avuto il tempo di tentare la fuga in quanto sono stati colti alla sprovvista.
 




PORDENONE, COPPIA UCCISA IN AUTO: RINVENUTO IL CARICATORE DELLA PISTOLA

di Angelo Barraco
 
Pordenone – Il caso di Pordenone è tornato ai rigori della cronaca dopo mesi di assoluto silenzio, quando il caso sembrava quasi dimenticano. Tutto sembrava tacere, niente trapelava, qualche giorno fa invece sono cominciate le ricerche presso il laghetto del parco di San Valentino di Pordenone. Le ricerche nel laghetto hanno dato esito positivo poiché i sommozzatori dei Carabinieri, dopo giorni di ricerche, hanno rinvenuto un oggetto riferibile al caricatore della pistola 7,65 usata per uccidere la coppia. Sulla scoperta c’è l’assoluto riserbo e l’unica conferma che è stata data riguarda il ritrovamento ma non è stato detto altro. Il parco in cui si trova il laghetto è distante meno di duecento metri dal luogo del delitto e l’ipotesi avvalorata è che il killer abbia gettato l’arma per evitare posti di blocco e sia passato proprio da li. 

La storia. Il 17 marzo scorso nel parcheggio del palasport di Pordenone si è consumato l’atroce delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza. Un omicidio efferato compiuto in un luogo che avrebbe potuto portare ben presto alla risoluzione del caso ed invece non è stato così.  I due fidanzati sono stati rinvenuti cadaveri all’interno di un automobile parcheggiata nel piazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone. Ricordiamo che Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. I fidanzati presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima che vi fosse il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. Inizialmente si ipotizzava l’omicidio-suicido, poi lo scenario è cambiato, e il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani afferma che  non si tratta di omicidio-suicidio bensì di duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di un gesto estremo dei ragazzi. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre passava dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due, non hanno dato scampo alla vittima. L’autopsia ha escluso che la donna fosse incinta.
 
Dopo l’esame autoptico si è passati ad una scoperta importante, gli uomini del Reparto di Investigazioni Scientifiche dell’Arma effettuarono sopralluoghi presso la casa della coppia pochi giorni dopo l’omicidio ed effettuarono anche esami scientifici all’interno dell’auto della coppia uccisa, i Carabinieri del Ris di Parma hanno trovato delle tracce biologiche diverse rispetto a quelle delle due vittime, si tratta di capelli che potrebbero appartenere al killer. Gli investigatori non sottovalutano il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma la prima delusione investigativa arriva proprio dallo strumento che poteva e doveva dare risposta in merito al tragico delitto, le telecamere. Il sistema di videosorveglianza non funzionava. i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato.
 
Le novità sul caso. Ma pian piano saltano delle novità, quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Vi era un buco di due ore di Teresa che,  quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada.
 
Altra novità sul caso è la diffusione dell’identikit sul presunto killer della coppia. L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. 
 
Piste investigative. Al vaglio degli inquirenti le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stanno vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è sotto la lente d’ingrandimento, si sta analizzando anche il passato delle vittime, dove è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss.



MESSINA E PORDENONE: E SE CI FOSSE UNA SOLA MANO DIETRO QUESTI DELITTI?

Angelo Barraco
 
La cronaca odierna è pervasa da delitti compiuti d’impeto e delitti senza colpevole e talvolta senza il corpo della vittima stessa e l’ipotesi del delitto stesso non è confutabile da elementi oggettivi. Ai rigori della cronaca però, il 17 marzo, è avvenuto il delitto di Pordenone. Un delitto anomalo poiché il killer ha sparato e ucciso una coppia, Trifone Ragone e Teresa Costanza, in un parcheggio a ridosso di una palestra. Un luogo pubblico, frequentato e in quel momento affollato. Il killer ha ucciso in modo rapido e freddo, con la certezza che li avrebbe uccisi entrambi, e lo ha fatto. Il delitto di Pordenone ha rievocato in mente anche fantasmi del passato, come i delitti del Mostro di Firenze poiché il modus operandi –escluse le escissioni- è uguale; coppia in auto, killer spara, li uccide e va via. Un fantasma tornato dal profondo passato per certi versi, anche perché le piste attualmente avvalorate non hanno portato alcun dato oggettivo se non ad un identikit e diverse piste investigative buttate giù su un tavolo. L’anomalia? A Messina due ragazzi sono stati trovati morti all’interno delle loro rispettive auto –erano una coppia- e presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. I Carabinieri ipotizzano l’omicidio-suicidio, esattamente come era stato ipotizzato per Trifone e Teresa –a differenza che qui l’arma è stata rinvenuta- ma se a sparare fosse stata la stessa mano? Se non si fosse trattato di un omicidio-suicidio ma di un duplice omicidio? Ripercorriamo in dettaglio le storie di Messina e di Pordenone e poi analizziamo le anomalie. 
 
MESSINA: I ragazzi sono stati ritrovati morti nelle loro auto in contrada Piana a Roccalumera, presso un parcheggio. I cadaveri erano di Stefania Ardì, di 20 anni, e di Andrea Tringali di 33 anni. I corpi si trovavano in due autovetture differenti, le loro rispettive auto. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è quella dell’omicidio-suicidio. Secondo i primi accertamenti, il motivo di tale gesto sarebbe da ricondurre nella loro relazione che non veniva accettata dai genitori della ragazza. Il giovane avrebbe sparato alla testa della ragazza e poi si sarebbe ucciso con la medesima pistola. I Carabinieri hanno trovato la pistola tra il sedile e il freno a mano dell’auto del ragazzo. Una prima ricostruzione ha stabilito che il motivo dell’incontro tra i due era dovuto ad un riallacciamento poiché lui voleva riallacciare con lei ma lei non voleva. A dare l’allarme per quanto accaduto sono stati dei residenti del posto che hanno sentito gli spari e sono accorsi sul luogo e si sono ritrovati di fronte ad una macabra scena.  I Carabinieri comunque stanno svolgendo indagini su quanto accaduto.
 
PORDENONE:  Il 17 marzo scorso nel parcheggio del palasport di Pordenone si è consumato l’atroce delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza.  I due fidanzati sono stati rinvenuti cadaveri all’interno di un automobile parcheggiata nel piazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone. Ricordiamo che Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. I fidanzati presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima che vi fosse il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. Inizialmente si ipotizzava l’omicidio-suicido, poi lo scenario è cambiato, e il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani afferma che  non si tratta di omicidio-suicidio bensì di duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di un gesto estremo dei ragazzi. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre passava dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due, non hanno dato scampo alla vittima. L’autopsia ha escluso che la donna fosse incinta.Dopo l’esame autoptico si è passati ad una scoperta importante, gli uomini del Reparto di Investigazioni Scientifiche dell’Arma effettuarono sopralluoghi presso la casa della coppia pochi giorni dopo l’omicidio ed effettuarono anche esami scientifici all’interno dell’auto della coppia uccisa, i Carabinieri del Ris di Parma hanno trovato delle tracce biologiche diverse rispetto a quelle delle due vittime, si tratta di capelli che potrebbero appartenere al killer. Gli investigatori non sottovalutano il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma la prima delusione investigativa arriva proprio dallo strumento che poteva e doveva dare risposta in merito al tragico delitto, le telecamere. Il sistema di videosorveglianza non funzionava. i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato. Ma pian piano saltano delle novità, quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Vi era un buco di due ore di Teresa che,  quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada. Altra novità sul caso è la diffusione dell’identikit sul presunto killer della coppia. L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. Furono vagliare anche diverse piste investigative come detto poc’anzi,  le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stanno vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è sotto la lente d’ingrandimento, si sta analizzando anche il passato delle vittime, dove è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss. 

ANOMALIE: Il primo elemento che accomuna i due casi è il tipo di soggetto deceduto; si tratta di due coppie decedute in auto uccisi morte con un colpo di pistola alla testa. Nel caso di Pordenone c’è la certezza che il killer ha agito in modo clinico e sapesse cosa fare ergo avesse dimestichezza con le armi e riflessi pronti, ma nel caso di Messina? Era due soggetti in due macchine diverse, lei avrebbe potuto fuggire o tentare di la fuga. Si attende comunque il referto autoptico. L’elemento delle coppie morte in auto è un elemento che riporta alla mente i sanguinosi delitti del Mostro di Firenze dove a morire erano proprio delle coppie all’interno delle proprie auto, ignare e impossibilitate a difendersi, proprio come è successo a Pordenone. Altro elemento che accomuna i due casi è la scena del crimine; il parcheggio. A Pordenone i due giovani sono morti in un parcheggio e a Messina pure. Da quanto emerge, i colpi sono stati sparati alla testa (Caso Messina), esattamente come nel caso di Pordenone, quindi chi ha sparato sapeva dove colpire e come uccidere. Entrambe le coppie sono morte in luoghi facilmente accessibili tant’è che a Messina alcune persone sono accorse sul posto per vedere la macabra scena dopo aver sentito gli spari e a Pordenone c’era tanta gente nel parcheggio. A Messina è stata ritrovata l’arma del delitto, e questo è un elemento che sicuramente distingue i due casi, ma la scena potrebbe essere stata alterata. Bisogna ricordare che Teresa aveva origini siciliane e nella sua famiglia era avvenuto un terribile fatto di lupara bianca poiché Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito.  I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss. Campofranco si trova a Caltanissetta e Caltanissetta dista da Messina poche ore. Se il killer fosse uno? Se quanto avvenuto a Messina fosse un omicidio? Sono ipotesi, ma le anomalie tra i due casi sono tante. 



PORDENONE, CACCIA AL KILLER: SI DELINEA L'IDENTIKIT DELL'ASSASSINO

di Angelo Barraco

Pordenone – C’è un’importante novità sul caso che riguarda il duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza avvenuto nel parcheggio del palasport di Pordenone avvenuto il 17 marzo scorso. La novità sta nel fatto che è stato diffuso un identikit del presunto killer della coppia.
 
L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. Un’altra novità importante era emersa nei primi giorni di aprile, dove era spuntato un quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. 



PORDENONE: UCCIDE MOGLIE E FIGLIA DI 7 ANNI A COLPI DI ACCETTA

Angelo Barraco

Pordenone –  Un uomo di 40 anni,  Abdelhadi Lahmar, residente in Italia ed incensurato, ha ucciso la moglie e la figlia di 7 anni a colpi di accetta. Dopo aver commesso il duplice delitto, l’uomo ha chiamato immediatamente la polizia che, recatasi sul posto, lo ha arrestato. La tragica vicenda è avvenuta a Pordenone la notte scorsa, alle 3 di notte in Via San Vito. L’uomo dopo essere prelevato dalle forze dell’ordine è stato portato in questura, secondo quanto emerso però l’uomo ancora non avrebbe spiegato le ragioni che lo avrebbero spinto ad uccidere la moglie e la figlia. La moglie e la figlia erano già morte, e per i soccorritori del 118 non c’è stato nulla da fare a parte constatare il decesso. Una prima ricostruzione della dinamica dei fatti vedrebbe l’uomo che si sarebbe avventato prima sulla moglie uccidendola e successivamente verso la figlia. I colpi inferti alla moglie sarebbero circa dieci, la figlia sarebbe stata sgozzata con un coltello. Questo duplice omicidio è avvenuto ad un mese di distanza dal delitto avvenuto ai danni della coppia che si trovava nel pacheggio del palasport di Pordenone il 17 marzo, le indagini sul caso della coppia uccisa sono ancora in corso per individuare il killer. 



PORDENONE: COLMATO IL BUCO DI 2 ORE DI TERESA GRAZIE ALLE TELECAMERE

di Angelo Barraco

Pordenone –  Emerge un’importante novità sul duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza, avvenuto il 17 marzo nel parcheggio del palasport di Pordenone. Si è parlato tanto di un buco di due ore di Teresa che, quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada. Ricordiamo che un’altra importante novità su questo misterioso duplice omicidio è stata  la presenza di un quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Le indagini proseguono senza sosta. 



PORDENONE, OMICIDIO COPPIA: SPUNTA IL QUARTO TESTIMONE

di Angelo Barraco

Pordenone – Proseguono le indagini sul duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza avvenuto nel parcheggio della palestra di Pordenone il 17 marzo scorso. C’è una novità importante in merito al proseguo delle indagini, ovvero la presenza di un quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Attualmente la pista più battuta è quella della vendetta nei confronti di Trifone. 



PORDENONE: COPPIA UCCISA IN AUTO, FORSE L'OBIETTIVO ERA TRIFONE

di Angelo Barraco

Pordenone –  Secondo indiscrezioni, l’obiettivo del duplice omicidio avvenuto davanti la palestra di Pordenone che ha visto morire Trifone Ragone e Teresa Costanza giorno 17 marzo, sarebbe stato proprio Trifone. Molte piste si stanno analizzando,si ipotizza che Trifone abbia avuto una relazione con la donna di un uomo molto pericoloso e per tale motivo, l’uomo sarebbe stato punito con la morte. Si sta quindi analizzando la pista passionale, e nei giorni scorsi è stato ascoltato un pregiudicato russo, l’uomo sarebbe un “picchiatore su commissione”. L’ipotesi formulata è che il soggetto in questione sia stato assodato da qualcuno per vendetta, a causa di questa presunta relazione che avrebbe avuto Trifone. Il pregiudicato russo di 26 anni ha alle spalle reati come rapina, risse e lesioni. Una delle ipotesi formulate è anche quella che le due vittime conoscessero il loro carnefice poiché non hanno reagito all’aggressione; il pregiudicato russo 26enne conosceva Trifone e frequentava la palestra. 



PORDENONE, DUPLICE OMICIDIO: QUELLE TELECAMERE NON HANNO MAI FUNZIONATO

di Angelo Barraco

Pordenone – Il giallo sulla morte di Trifone Ragone e Teresa Costanza, uccisi a colpi di 7,65 in macchina, nello spiazzale del palasport di Pordenone si complica. Gli inquirenti davano massima affidabilità alle videocamere che potevano dare informazioni utili e necessarie per l’identificazione del killer, ma purtroppo non è così. Il sistema di videosorveglianza non funzionava, i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato.
 
Sono state effettuate le indagini scientifiche e all’interno dell’auto è stata trovata una traccia biologia che non appartiene a nessuna delle due vittime, si tratta di un capello. Gli inquirenti non sottovalutano   il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma a tale ritrovamento potrebbe esserci una spiegazione più razionale, ovvero che il capello sia semplicemente volato dall’esterno poiché essendo estremamente leggero e facilmente trasportabile dal vento, potrebbe essere entrato all’interno dell’automobile con un colpo di vento. Il capello potrebbe appartenere anche ad un amico/a della coppia e probabilmente si è depositato nell’autovettura. 
 
COLPI: Ricordiamo che  l’autopsia è stata effettuata dall’anatomopatologo Giovanni Del Ben, che è intervenuto sul luogo del delitto, e il suo collega Paolo Fiorentino. E’ stato nominato dalla procura un perito balistico che è Pietro Benedetti, che ha partecipato alle indagini per il misterioso delitto di Marta Russo. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre si accingeva al passaggio dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due ahimè, non gli hanno dato scampo alla vittima. I colpi sono andati tutti a segno e hanno dimostrato palesemente che l’assassino non ha agito d’impeto ma ha agito con una certa sicurezza e con una certa padronanza. I colpi sono andati tutti a segno e ciò ha dimostrato che probabilmente il killer è una persona che usa spesso le armi, o per esercitarsi o per professione. Ciò è anche dimostrato dal fatto che ha colpito la coppia nei punti vitali. 
 
LE PISTE: Al vaglio degli inquirenti le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stanno vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è sotto la lente d’ingrandimento, si sta analizzando anche il passato delle vittime, dove è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss.