PORTELLA DELLA GINESTRA: LA STRAGE IMPUNITA

di Vincenzo Giardino

Percorrendo il tratto di strada che va dallo svincolo dello scorrimento veloce Palermo -Agrigento che conduce a Piana degli Albanesi, si passa da Portella della Ginestra, dove le sculture di Ettore De Conciliis commemorano una delle più efferate stragi di innocenti perpetrata per mano di ignoti il 1 Maggio del 1947.
Da oltre cento anni quella mano ignota ha sempre avuto il nome di “mafia”, un’astrazione alla quale, per più di un secolo, si addebitavano quasi tutti i crimini che avvenivano in Sicilia, un’astrazione della quale spesso si sono serviti i potenti dell’isola, i quali non hanno mai smesso di sentirsi intoccabili “baroni”. Cosa temevano i “baroni” in quel lontano 1947 da uno sparuto gruppo di contadini che rivendicavano i propri diritti? Temevano la destabilizzazione di un equilibrio sociale che voleva la ricchezza nelle mani di pochi. Limitando e ostacolando le evoluzioni e il progresso civile, che in altre parti d’Italia si sarebbe configurato nell’arco di un decennio nella parte continentale della penisola, costoro si assicuravano il perpetuarsi dei secolari privilegi. Negli anni ’50 e ’60 il progressivo benessere fu anche  … merito delle concessioni alle rivendicazioni della classe operaia, ma tutto questo, in gran parte del sud Italia, non era concesso. Innumerevoli furono le famiglie che abbandonarono le loro terre per migliorare la loro condizione, emigrando nel Nord industrializzato e in altre nazioni più ricche.

I morti innocenti di quel lontano 1 Maggio furono un risposta netta alle richieste di cambiamento della classe sociale alla quale appartenevano contadini e operai; una classe sociale che in Sicilia non doveva emergere.
Due mesi prima di quella tragica data, si era insediato al ministero degli interni il democristiano siciliano Mario Scelba, sul quale viene riportato il seguente commento dall'enciclopedia del web "Wikipedia": “Secondo lo storico Giuseppe Carlo Marino, docente ordinario dell'Università di Palermo, Scelba, divenuto ministro dell'interno il 2 febbraio 1947, diede il via a una politica repressiva antidemocratica verso gli scioperi causando numerose vittime e feriti nel corso della sua funzione pubblica. Sempre secondo il parere di tale studioso, l'avversione a idee di giustizia sociale di stampo socialcomunista in nome di una priorità di ordine economico portò a violare le libertà costituzionali di opinione e assemblea agli appartenenti alle formazioni sindacali e delle sinistre.”

La risposta dello Stato a quella carneficina fu l’uccisione senza possibilità di processo del bandito Salvatore Giuliano il 5 Luglio 1950, il quale si era dato alla macchia nel 1943 proprio per reagire allo stato di disagio in cui versavano i contadini.
A lui fu addebitata quella strage che ebbe mandanti astratti ed esecutori incerti.

Oggi quelle lapidi di Portella della Ginestra servono a ricordare che quella astrazione chiamata “mafia” non è morta, forse si è trasferita, forse si è fusa e confusa nelle multinazionali del lecito e dell’illecito, essa vivrà fino a quando l’uomo non smetterà di prevaricare su un altro uomo!