94/a adunata nazionale degli alpini: Giorgia Meloni a Udine per il tradizionale corteo

Sfilata delle penne nere a Udine per la 94/a adunata nazionale degli alpini. All’evento ha partecipato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni

‘Alpini, la più bella famiglia’ apre la sfilata a Udine 

Il corteo si è aperto con lo striscione con il motto della manifestazione ‘Alpini, la più bella famiglia’, dietro quello della commissione pari opportunità della Regione Friuli Venezia Giulia per il rispetto delle donne e contro la violenza di genere. Hanno sfilato anche i graduati delle truppe apine e diversi gonfaloni dei comuni friulani tra cui quello del Comune di Udine che ospita la manifestazione. Presenti anche presenti anche gli striscioni della federazione internazionale di militari di montagna che sfilano con una folta delegazione. E poi il Labaro nazionale dell’Ana con 212 medaglie d’oro al valor militare.

“Credo che qui ci sia una delle rappresentazioni più straordinarie che avvengono durante l’anno, di cosa sia l’amore di patria. Ritengo che il tema dell’impegno della nostra comunità nazionale e il legame all’appartenenza che ci lega sia una delle cose più importanti sulle quali bisogna fare leva per risollevare questa Nazione. Quindi c’è bisogno di momenti come questi” ha detto Meloni secondo la quale “La cosa importante che questa nazione ha è la consapevolezza di se stessa, del suo valore, del suo legame con il principio dell’appartenenza e della patria. E se c’è un posto dove questo si respira è qui. Nel giorno della festa della Mamma. Dopo la mamma ci sono gli Alpini come famiglia: non si poteva mancare”. 

“Qui ci sono persone che vengono non solo da tutta Italia ma da tutto il mondo per ricordare quali siano le loro radici ed è la cosa più preziosa che abbiamo. Oggi è la festa della mamma ma noi abbiamo sempre un’altra mamma che è la Patria, senza questo legame non c’è niente che possiamo fare. Quindi venire qui ad assaporare un po’ di questo sentimento è una cosa preziosissima”, ha detto la presidente del Consiglio.

Meloni, leva? Da affrontare come ipotesi volontaria “Sicuramente è un tema che si può affrontare come ipotesi volontaria, alternativa al servizio civile. Quello secondo me è l’approccio giusto”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a chi le chiedeva, a margine dell’ adunata degli alpini a Udine, se fosse favorevole al ripristino della leva.




PREGHIERA DEGLI ALPINI. LA POLEMICA INUTILE

di Silvio Rossi

Sembra una di quelle bolle mediatiche, che spesso ingigantiscono una falsa notizia, col risultato di generare esternazioni da parte di tutti, politici compresi, che spesso fanno dell’avventatezza una caratteristica della loro comunicazione.
È bastato quindi che qualcuno diffondesse la notizia che il vescovo di Vittorio Veneto avesse censurato la preghiera degli alpini, perché nelle sue parole: “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana” si ravvisava una possibile offesa agli stranieri.
Una decisione che sembrerebbe assurda, e proprio per questo motivo, prima di commentarla, meriterebbe un approfondimento, per evitare commenti sbagliati. Un processo di verifica della notizia che però sembra non appartenere al modus operandi di molti politici nostrani.
L’intero centrodestra, con in prima linea Salvini, ha lanciato parole di fuoco contro questa ingerenza della chiesa. Il leader della Lega ha twittato: “VIETATA la Preghiera dell’Alpino a Messa! Pazzesco. La Diocesi di Vittorio Veneto ha proibito la lettura di questo brano alla fine della Messa al Passo San Boldo, tra Treviso e Belluno”.
Poco dopo ha fatto da eco Daniela Santanché, che nella sua pagina ha scritto: “Non si può più recitare la preghiera degli alpini in chiesa perché è offensiva nei confronti degli stranieri #senzaparole”.
Polemiche che hanno stupito il vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo, che ha dichiarato a Sat2000: “Io per rispetto alla tradizione che non è neanche troppo antica e facendo leva sul buonsenso delle persone non ho emanato nessun intervento che proibisca o indichi in quale modo dev’essere recitata la preghiera. Sono un po’ caduto dalle nuvole difronte a questa esplosione che mi sembra assolutamente esagerata”.
Sarebbe bastato però informarsi sul testo della Preghiera dell’Alpino, invece di “dare fiato al tweet”, per accorgersi come la versione non accettata dal sacerdote officiante, non sia quella riconosciuta ufficialmente, ma una vecchia versione apparsa subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e modificata, proprio perché conteneva la frase suddetta, non in linea con lo spirito cristiano, che dovrebbe essere la base perché una preghiera venga letta in una chiesa, nel 1972 dal cappellano del 4° Corpo d’Armata alpino, monsignor Pietro Parisio, che la modificò in: “Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera”. L’indignazione di Salvini e Santanché giunge quindi con la bellezza di quarantatré anni di ritardo.
Ad affermare la modifica della preghiera è una fonte non certo contraria alle penne nere, la storia della preghiera è ben rappresentata nel sito dell’Associazione Nazionale Alpini di Roncegno (vedi link).
C’è da dire che non solo tra i politici di centrodestra c’è stata questa incauta levata di scudi. Anche il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo del PD, ex alpino, ha contestato la decisione di non far leggere la preghiera, nella versione non ufficiale.
Troppe volte molti nostro politici si lanciano in esternazioni che, dopo una semplice verifica dei fatti, appaiono perlomeno ingenue. Ci si chiede a questo punto, ma se affrontano tutte le questioni con la stessa leggerezza con cui lanciano i propri strali, come possono prendere decisioni che influiscono sulla vita dei propri concittadini?