Prostitute e droga, gli italiani spendono 19 miliardi l’anno

L’illegalità non conosce crisi. Se milioni di italiani vivono in povertà assoluta, dall’altra parte c’è una dannata economia illegale che non conosce ostacoli.

Gli italiani spendono 19 miliardi di euro all’anno in attività illegali. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia, secondo la quale all’uso di sostanze stupefacenti vanno 14,3 miliardi, ai servizi di prostituzione 4 miliardi e per il contrabbando di sigarette 600 milioni di euro. L’ultimo dato disponibile ci segnala che il valore aggiunto di queste attività fuorilegge (17,1 miliardi di euro) è aumentato negli ultimi 4 anni di oltre 4 punti percentuali. L’elevata dimensione economica generata dalle attività controllate dalle organizzazioni criminali trova una conferma indiretta anche dal numero di segnalazioni pervenute in questi ultimi anni all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia.

Tra il 2009 e il 2016 (ultimo dato annuale disponibile), le segnalazioni sono aumentate di quasi il 380 per cento. Se nel 2009 erano poco più di 21 mila, nel 2016 hanno raggiunto la quota record di 101.065. La tipologia più segnalata è stata quella del riciclaggio di denaro che per l’anno 2016 ha inciso per il 78,5 per cento del totale delle segnalazioni. Sempre secondo la Uif, nel 2016 la totalità delle operazioni sospette ammontava a 88 miliardi di euro, a fronte dei 97 miliardi di euro circa registrati nel 2015. A livello regionale la Lombardia (253,5), la Liguria (185,3) e la Campania (167) sono le realtà che nel 2016 hanno fatto pervenire il più elevato numero di segnalazioni (ogni 100 mila abitanti).

Su base provinciale, infine, le situazioni più a rischio (oltre 200 segnalazioni ogni 100.000 abitanti) si registrano nelle province di confine di Como, Varese, Imperia e Verbano-Cusio-Ossola. Altrettanto critica la situazione a Rimini, Milano, Napoli e Prato. Più sotto (range tra 170 e 199 segnalazioni ogni 100 mila abitanti) scorgiamo le province di Treviso, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia, Novara, Genova, Parma, Firenze, Macerata, Roma, Caserta e Crotone. “Lungi dall’esprimere alcun giudizio etico – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – è comunque deplorevole che gli italiani spendano per beni e servizi illegali più di un punto di Pil all’anno. L’ingente giro d’affari che questa economia produce, costringe tutta la comunità a farsi carico di un costo sociale altrettanto elevato. Senza contare che il degrado urbano, l’insicurezza, il disagio sociale e i problemi di ordine pubblico provocati da queste attività hanno effetti molto negativi sulla qualità della vita dei cittadini e degli operatori economici che vivono e operano nelle zone interessate dalla presenza di queste manifestazioni criminali”. “Tra le attività illegali – asserisce il segretario della Cgia Renato Mason – l’Istat include solo le transazioni illecite in cui c’è un accordo volontario tra le parti, come il traffico di droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette e non, ad esempio, i proventi da furti, rapine, estorsioni, usura, etc.

Una metodologia, quest’ultima, molto discutibile che è stata suggerita dall’agenzia statistica della Comunità europea che, infatti, ha scatenato durissime contestazioni da parte di molti economisti che, giustamente, ritengono sia stato inopportuno aumentare il reddito nazionale attraverso l’inclusione del giro di affari delle organizzazioni criminali”. “I gruppi criminali – conclude Zabeo – hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2016 costituisce un segnale molto preoccupante. Tra l’altro, dal momento che negli ultimi 2 anni si registra una diminuzione delle segnalazioni archiviate, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle denunce registrato negli ultimi tempi evidenzi come questa parte dell’economia sia forse l’unica a non aver risentito della crisi”.

Marco Staffiero




ROMA SAN GIOVANNI, ALTRO CHE CENTRO MASSAGGI….UNA CENTRO DI PROSTITUTE MESSO SU DA PADRE MADRE E FIGLIA ITALIANI!

Redazione

Si sono concluse con l’arresto di C.V., italiana di 25 anni,  e con la chiusura del centro massaggi che la donna gestiva in una via del quartiere S. Giovanni, le indagini iniziate da qualche tempo e portate avanti dagli uomini del Commissariato di zona, diretto dal dr. Federico Gazzellone.

Denunciati in stato di libertà anche padre e madre della giovane.

I poliziotti, nel continuo monitoraggio effettuato nella zona di propria competenza, avevano notato un andirivieni sospetto di persone, tutte di sesso maschile, presso un centro massaggi della zona, stranamente “anonimo”, senza nemmeno una insegna che indicasse il tipo di attività che vi si svolgeva all’interno.

La cosa, ovviamente, ha insospettito i poliziotti, che hanno iniziato ad effettuare un servizio di osservazione nei pressi del centro.

Avuto il fondato sospetto che l’attività del centro massaggi celasse in realtà un’attività di prostituzione, è scattato ieri il blitz.

Gli agenti, all’interno, hanno trovato in “piena attività” una 30enne rumena.

Nelle stanze, ben tenute, in ognuna delle quali è installata una doccia idromassaggio, sono stati rinvenuti indumenti sexy, tra cui autoreggenti e baby doll,  adatti alla circostanza.

Nel corso delle successive indagini è emerso che la maggior parte del compenso ricevuto per le prestazioni sessuali veniva trattenuto dalla titolare e sono una minima parte veniva corrisposta alla 30enne rumena.

Accertata anche la complicità del padre e della madre della titolare, che aiutavano attivamente la figlia nell’attività.

Le indagini, comunque, proseguiranno. Gli investigatori infatti sospettano che il giro di “squillo” che frequentavano il centro era ben maggiore di quello finora accertato.