C’era una volta Carosello, spettacolo pubblicitario amato da grandi e piccini

La pubblicità odierna, amorfa,
grigia ed afona, per la sua invasività rende la visione dei programmi
sgradevoli. Ottiene effetto negativo sul prodotto reclamizzato e fa sì che il
cittadino, il più delle volte, si tiene lontano dall’apparecchio tv. Tutt’altra
cosa la pubblicità semplice ed 
intelligente dei tempi di Carosello.

Chi non si ricorda Calimero che non era piccolo e non era nero; Ernesto
Calindri, all’incrocio stradale che brindava “Contro il logorio della vita
moderna?”. Ancora ci ritorna in mente il ritornello “Fino dai tempi dei
Garibaldini” e l’espressione: “Non dura, dura minga, non può durare.”

Personaggi simpatici che rendevano appetibile il prodotto. Minuti di
pubblicità, rilassante, rispettosa verso gli ascoltatori. Una pubblicità che
convinceva, trasmetteva affidabilità del prodotto reclamizzato, si accoglieva con
fiducia.

Triste il dover assistere oggi a tutta un’altra pubblicità. E’aggressiva,
invasiva e non convincente. Un messaggio colorato ma privo di sostanza.
All’insipienza dei messaggi, che sembrano fatti appositamente per annoiare il
telespettatore, ci si mette con impegno, la trasmissione, interrompendo
continuamente il programma per trasmettere il messaggio. Il risultato chiunque
lo può capire, rende la visione della trasmissione sgradevole con quello che ne
consegue come spiegheremo di seguito.

Gli audaci del “clic” ed i temerari del “like”

La nostra è una società piena d’interessi generici, ma nessuno in
particolare. Una strana società che sente ma non ascolta, guarda ma non vede.
Grazie allo smartphone, sempre aggiornato secondo le ultime innovazioni, è
onnipresente ma disinteressata di quello che le capita intorno. Si occupa degli
indigeni dell’altro mondo ma snobba i barboni che dormono nei cartoni sotto
casa. 

Sa brontolare, trova gusto a lamentarsi e protesta solamente in piazza,
non si identifica ma si confonde tra altre mille facce. In privato piace
ritirarsi davanti alla tastiera del PC, fa parte degli audaci del “clic”, dei
partecipanti attivi dei “like” e spesso e volentieri, davanti allo schermo tv
36”, anche questo ultimo modello sul mercato, indottrinandosi del non detto,
del vuoto a perdere, del banale e dello scontato, non accorgendosi che la
stanno bidonando, ipnotizzando e condizionando.

Metamorfosi della
sponsorizzazione

La nostra società, tanto presa a correre dietro al “non conosciuto”, al
“non avuto”, sempre più ansiosa di riempire il vuoto incolmabile, ignora l’eccessiva ingerenza degli sponsor sul
contenuto delle trasmissioni.
La pubblicità è stata ed è tutt’ora oggetto di contestazioni tra carta
stampata, radio, cinema e le stesse reti tv, pubbliche e private. Il mercato
pubblicitario fa gola a tanti e coinvolge una pluralità di merci e servizi il
cui costo, direttamente o indirettamente ricade sul prodotto e cioè sul
consumatore. E’ un giro di milioni di euro e per questo la pubblicità in tv è
stata dall’inizio regolamentata e si è cercato di disciplinarla. Tante sono le
forme di pubblicità alla quale lo spettatore viene assiduamente assoggettato,
quale spot, televendite, trailer, videoclip e anche, perché no, pubblicità
occulta. La pubblicità nasce alla Rai nel 1957, circoscritta alle trasmissioni serali della durata di 10
minuti. Per rispetto del telespettatore fu, intelligentemente collocata tra il
telegiornale e il programma di prima serata.

La comunicazione pubblicitaria televisiva fu regolamentata in maniera
tale da non danneggiare la stampa, che anche questa da essa trae le sue
risorse.

La legge di riforma della Rai del 1975, all’art.21 stabiliva che gli
spazi pubblicitari non potevano superare il tetto del 5% del tempo di
trasmissione totale. Il mercato pubblicitario si è organizzato sotto le testate
Sipra e Upa. Quest’ultima gestiva circa 400 aziende, vale a dire l’80% della
pubblicità circolante in Italia.

Questo dato e non solo, spiega l’invasività, l’aggressività e la
prepotenza che si scatena dai monitor durante i programmi di maggiore ascolto,
siano essi di intrattenimento, di approfondimento o altro.

Invasività pubblicitaria rende la visione dei programmi sgradevole

Oggi la televisione non ti allunga la vita, oggi ti logora, ti annoia e
palesemente dimostra mancanza di rispetto verso il telespettatore. Come?

Alcuni casi esemplificativi:

  • Mentre si sta seguendo un dibattito, nel
    momento più critico della discussione, ecco la conduttrice che interrompe
    dicendo, un attimo di pubblicità. Lo schermo cambia colore e si riempie di
    pannolini, mutande e donne incontinenti.

Cambi canale, ti dicono, se non vuoi vedere. Bene. Si cambio canale,
con quale risultato?

  • Altra interruzione dello spettacolo per la
    pubblicità. Questa volta protesi, creme per la cellulite, intime di push up
    varie, antidiarroici, crema anti emorroidaria e tante altre belle cose. 

Ciak si cambia nuovamente. Un caso
particolare. Un interessante dibattito sui fatti del giorno.

  • E’ il giorno che Trump sganciando i suoi
    missili ha ucciso Soleimani. Il mondo è ad un passo dalla guerra. La Libia
    brucia sotto i nostri piedi. Il Medio Oriente è una polveriera. In Puglia 20
    mila operai dell’ex Ilva rischiano di perdere il lavoro. Dipendenti
    dell’Alitalia a rischio licenziamento. La Banca di Bari con 4 miliardi di euro
    e oltre mancanti. I risparmiatori defraudati in piazza. Il governo sull’orlo di
    una crisi di sopravvivenza.
  • Orbene, di cosa si discute in studio? Non ci
    si crede. E’ proprio così. Si discute di Tola Tola, sì, di Tola Tola! Ma cosa avrà
    fatto mai di male questo paese per essere così ridotto? 

Una amara constatazione:

Vicino a Sipra e UPA nascono nuove società pubblicitarie come
Publitalia, la concessionaria Publiepi e altre. L’affare pubblicità ha sempre
richiamato gli interessi di forti investitori. Per rendere chiaro il concetto
basti dire che nel 2018 Publitalia ha raggiunto un fatturato di 3,401 miliardi di euro. Il fatturato della Sipra nel 2000  si è fermato a euro 1.446 milioni,
esiguità  della cifra spiegata con altre
forme di entrate..

Assistere oggi giorno ad uno spettacolo televisivo sia esso di
intrattenimento, sia un dibattito culturale, politico  o documentario, oppure durante i vari Tg e
altro,  è diventato sgradevole e pochi
sopportano la continua interruzione per dare spazio alla pubblicità.

Per questo disservizio si deve ringraziare anche il ben noto Parlamento
Europeo che nel 2006 espresse voto favorevole al testo della nuova direttiva,
recepita dall’Italia nel 2010 con una modifica al Testo unico della
radiotelevisione, e così permettendo un’interruzione pubblicitaria ogni 30
minuti e consentendo la pubblicità indiretta.

Conclusione:  Si è doppiamente “cornuti
e mazziati”. Prima perché non è più gradevole guardare la televisione, poi
perché il costo di tutta quella pubblicità si riversa sul costo dei prodotti e
cioè sui consumatori.

Addio all’intrattenimento! Largo alla pubblicità! Così è se vi pare.

(Ha collaborato Miranda Parca)