RIFORMA DEL CATASTO: COSA DOVRANNO TEMERE I PROPRIETARI?

 

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di Cinzia Marchegiani

La riforma del catasto è alle porte e mette già paura per i mille risvolti che andranno irreversibilmente a cambiare la fiscalità immobiliare dei proprietari di tutta Italia, e non solo. Il 12 marzo 2014 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 23 con la quale il Parlamento ha delegato il Governo ad emanare norme in materia di riforma fiscale, e che contiene, al suo interno, le linee guida per realizzare la tanto attesa riforma del catasto urbano. Tale delega prevede l’emanazione di decreti legislativi attuativi entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge. Allo stato attuale è stato emanato il primo dei D.Lgs, che riguarda la composizione e attribuzione delle Commissioni Censuarie. L’Osservatore d’Italia era presente al convegno a carattere scientifico che lo scorso 16 aprile 2015 è stato organizzato presso alla Sala del Chiostro presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale della Sapienza di Roma che ha affrontato la svolta epocale che attenderà la riforma del Catasto italiano. Intervistiamo l’architetto Raul Masini, docente universitario nonché uno dei membri organizzatori del suddetto evento che indiscutibilmente ha prodotto un confronto fra eccellenze in ogni campo nonché sollevato anche criticità nella stima e nelle norme all’interno di questa riforma, indicando una riflessione tecniche affinché le distorsioni non producano effetti secondari e inappropriati di iniquità tra diversi proprietari immobiliari che abitano in posti diversi e con potenzialità diverse ambientali.

Prof. Masini, siamo in attesa dell’emanazione del provvedimento attuativo che riguarderà la individuazione dei criteri da utilizzare per procedere alla revisione del sistema estimativo attraverso l’utilizzo di funzioni statistiche e appositi algoritmi. In buona sostanza è prevista la definizione preventiva di complesse funzioni statistiche e una successiva fase di rilevazione puntuale delle informazioni sul territorio, in collaborazione con i Comuni e con gli Ordini professionali, per l’elaborazione e l’attribuzione dei nuovi parametri estimativi costituiti dai valori patrimoniali e dalle nuove rendite. Quali sono gli obiettivi di questa riforma che è stata definita per la suo impatto, epocale?
Di revisione del catasto dei fabbricati si parla da molti anni. Anche perché alla rendita catastale è legato il prelievo sul patrimonio immobiliare e una base imponibile datata produce le iniquità più volte denunciate. Mentre un sistema fiscale equo dovrebbe prevedere un prelievo contributivo proporzionale all’effettivo valore del bene. Ed è proprio in questa direzione che si muove la riforma del catasto che interesserà tutti i proprietari immobiliari e quindi la stragrande maggioranza degli italiani, visto che circa l’80% dei cittadini è proprietario dell’immobile in cui vive. Dunque la revisione degli estimi è finalizzata a recuperare situazioni di incongruità delle attuali rendite catastali e quindi a perseguire una perequazione fiscale nel settore impositivo immobiliare Le novità introdotte riguardano molti aspetti tra cui la necessità di attribuire a ciascuna unità immobiliare tanto il valore patrimoniale quanto la rendita catastale. Cambia inoltre il modo in cui dovrà essere misurata la consistenza di un immobile ovvero non più in vani catastali, ma in metri quadri di superficie, un parametro tecnico quindi decisamente più equo. C’è comunque nei proprietari immobiliari un timore diffuso, ossia che possa trattarsi dell’ennesima manovra per un inasprimento del prelievo fiscale. Hanno ragione?
Ciò è in parte giustificato dagli accadimenti degli ultimi anni che hanno visto l’accanimento della politica fiscale sulla tassazione immobiliare. Il risultato di tale politica è stato solo l’uccisione di un settore economico trainante per il nostro Paese quale l’edilizia, peraltro ancora più dirompente se si considera il momento di crisi generale globale che stiamo vivendo, in cui è in fortissima regressione anche il settore produttivo industriale.A fugare i dubbi e le diffidenze è intervenuto lo stesso legislatore che nella legge delega ha imposto che l’operazione avvenga ad invarianza del gettito per ogni singola imposta immobiliare. Quindi, in sostanza si tratterebbe di aumentare la base imponibile, attraverso l’equiparazione dei valori catastali a quelli di mercato, ridimensionando in proporzione le aliquote impositive.

C’è un però?
Nella pratica l’operazione sarà ben più complessa in rapporto alla natura delle singole imposte e alla commistione esistente tra agevolazioni ed imposizione, nonché per la molteplicità dei soggetti impositori, per cui sarà difficile un assestamento iniziale corretto, ma forse sarà da realizzare un modello dinamico da correggere gradualmente nel tempo. Certamente la riforma del catasto potrà essere una opportunità di ripresa per il Paese da non perdere, non solo dando corso alla delega, ma anche applicandola intelligentemente, guardando al futuro, allo sviluppo e non soltanto alle necessità economiche contingenti del momento.

Prof.. Masini, sarà possibile attuare la riforma in 5 anni come è stato previsto, oppure i tempi effettivamente necessari saranno più lunghi?
Se consideriamo che sul territorio italiano ci sono circa 62 milioni di unità immobiliari, che dovranno essere rilevate e sottoposte a classamento, sinceramente la previsione dei 5 anni per la piena attuazione della revisione mi sembra una previsione al quanto ottimistica. È indiscutibile che si tratti di un’impresa gigantesca, quasi pari per attività richieste alla formazione dell’attuale catasto, che durò circa 25 anni, anche se questa volta, bisogna tenere presente che, diversamente dal passato, la struttura informatizzata, dove raccogliere i dati, è già disponibile e gli strumenti e le informazioni ad oggi esistenti possono drasticamente comprimere i tempi.
Non è da escludere che si potrebbe procedere ad una attuazione graduale nel tempo, per successive fasi, che consentiranno di migliorare ed implementare il livello di precisione iniziale conseguito nella fase di impianto. Tale concetto è peraltro intrinseco nella disposizione del legislatore che mira ad un sistema dinamico, quindi automaticamente aggiornabile e perfettibile nel tempo, con l’emanazione di successivi decreti legislativi correttivi ed integrativi. Infine si potrebbe pensare anche ad una attuazione della riforma per ambiti territoriali omogenei, anche in linea con il concetto di federalismo fiscale e di decentramento dei servizi catastali, (delegando i comuni, esperienze già avviate in via sperimentale, affinché possano costituire modelli gestionali flessibili e adattabili alle specificità dei diversi territori, nonché semplificare le procedure di esercizio delle funzioni catastali decentrate),consentendo lo sviluppo del processo ad un team di personale ridotto, dedicabile da parte dell’Agenzia delle Entrate, senza intralcio per le attività ordinarie, come ad esempio è avvenuto in Spagna, la quale ha realizzato la riforma in un decennio, suddividendo il territorio nazionale in dieci ambiti, attivati uno per anno.

Può spiegare come verranno attribuiti i nuovi valori catastali alle unità immobiliari?
In buona sostanza, la novità principale della legge di revisione, sarà costituita dalla attribuzione ad ogni unità immobiliare sia del reddito annuo (rendita o valore d’uso) che del valore patrimoniale (valore di mercato o valore di scambio) e che tali valori non saranno più convenzionali come le attuali rendite, ma essendo rapportati ad un periodo economico vicino, rappresenteranno dati economici prossimi a quelli rilevabili dal mercato ordinario.
Al tal proposito occorre sottolineare che sotto un profilo sostanziale la rendita catastale è inferiore e differisce dal canone di locazione lordo in quanto è al netto delle spese di parte padronale costituite dalle spese di manutenzione, reintegra, assicurazione, gestione, sfitti ed inesigibilità, ecc., le quali ordinariamente incidono in media dal 25% al 40%, a seconda della tipologia immobiliare e della ubicazione.
La Riforma prevede il cambio anche delle denominazioni delle categorie catastali.
Certo, le unità immobiliari assumeranno una nuova categoria denominata anche “destinazione d’uso funzionale”. Ad esempio , nel gruppo delle abitazioni anziché le categorie A/1, A/2, A/3, A/4, A/5, A/6 verrà introdotta un’unica categoria catastale denominata R/1 “Abitazioni in fabbricati residenziali e promiscui” (unità in un condominio) e per le categorie A/7 e A/8 l’unica categoria R/2- “Abitazioni in villino e in villa”, mentre la categoria A/11- “Abitazioni tipiche dei luoghi”, cambierà solo codifica in R/3, conservando la originaria denominazione. Ma la ridefinizione e l’aggiornamento delle tipologie immobiliari riguarderà anche gli altri gruppo di categoria vigenti.

Con la riforma che fine faranno le tariffe d’estimo unitarie?
E’ bene precisare che il nuovo sistema estimativo dei fabbricati non farà riferimento a tariffe d’estimo predeterminate, come in passato, ma procederà all’attribuzione di rendita e valore, distintamente per ogni unità immobiliare sulla base di specifici algoritmi di calcolo (funzioni statistiche e coefficienti correttivi riguardanti le caratteristiche che definiscono, a livello commerciale, il pregio di un’abitazione: dall’affaccio al piano, dallo stato di conservazione alla presenza o meno di un ascensore, fino al riscaldamento, autonomo o centralizzato. Insomma tutti quei requisiti che di solito vengono presi in considerazione quando si decide di affittare o acquistare un appartamento.) e relative tabelle parametriche che le andranno a sostituire e che saranno oggetto di approvazione da parte delle Commissioni Censuarie e di pubblicazione in G.U.
 

Quindi oltre al cambio di denominazione della categoria catastale e all’introduzione degli algoritmi di stima appena accennati, il nuovo classamento sarà basato sull’utilizzo del metro quadrato di superficie come parametro di misura della consistenza immobiliare delle unità a destinazione ordinaria, nonché sulla determinazione sia della rendita che del valore patrimoniale.
Pertanto il nuovo sistema estimativo basato su modelli matematico-statistici consentirà una più accurata e puntuale valutazione dei valori catastali da attribuire alle u.i., suscettibili di implementazione e aggiornamento automatico sia con riferimento agli algoritmi che con riferimento alle variabili di stima e relativi coefficienti correttivi.

Quali saranno le funzioni ed attribuzioni delle Commissioni Censuarie? Cosa scatterà?
Le Commissioni censuarie, introdotte in Italia nel lontano 1886, in seguito alla definizione del primo assetto fiscale del Paese, sono tuttora esistenti, anche se di fatto in disarmo. In molti casi, infatti, non si riuniscono più magari anche da 15 anni. Una volta entrata in vigore la riforma, il compito delle commissioni sarà quello di definire i nuovi valori da utilizzare per gli estimi catastali.
In particolare, le Commissioni Censuarie Locali (C.C.L.) provvederanno, entro 60 giorni dalla ricezione, alla validazione delle funzioni statistiche previste dall’art. 2 della legge 23/2014. Mentre la Commissione Centrale deciderà entro 90 giorni sui ricorsi dell’Agenzia delle Entrate, dei Comuni interessati e delle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare, contro le decisioni delle Commissioni censuarie locali, in merito al quadro delle categorie e classi delle u.i. urbane ed ai relativi prospetti tariffari dei singoli Comuni. Nei casi in cui la Commissione censuaria locale non abbia validato le funzioni statistiche e l’Agenzia delle Entrate non si sia conformata alle sue osservazioni, provvederà, entro 90 giorni, alla definitiva validazione delle funzioni statistiche e dei relativi ambiti di validazione.

Prof. Masini, lei solleva una crepa seria sul metodo del censimento che si attuerà e degli eventuali ricorsi che si potrebbero innescare. Si potrebbe configurare addirittura un conflitto d’interesse, lo spiega meglio ai nostri lettori?
Appare evidente la necessità, che tutta l’attività di raccolta dati e predisposizione delle funzioni statistiche, demandata all’Agenzia delle Entrate, sia svolta con la massima attenzione e che tale attività sia suscettibile di essere verificata con cura da parte delle Commissioni Censuarie, e laddove non sussista condivisione con l’operato dell’Agenzia, le stesse Commissioni abbiano la possibilità di far modificare all’Agenzia il proprio operato.
In relazione a ciò il contenuto del decreto non sembra rassicurare in tal senso. Infatti lasciano assai perplessi i termini ristretti concessi alle C.C.L. per espletare i propri compiti, nonché la previsione che a decidere sui ricorsi dell’Agenzia contro le decisioni delle C.C.L. sia una Commissione Centrale la cui composizione e fortemente squilibrata a favore degli Enti impositori ed in particolare dell’Agenzia delle Entrate stessa (infatti degli 11membri della commissione ben 5 sono dell’Agenzia e 2 dei Comuni). Quanto osservato, purtroppo, configura palesemente un evidente conflitto di interessi dell’Amministrazione finanziaria, che non rassicura sul corretto e veloce prosieguo della revisione del catasto, e che richiede quindi, già in partenza, la necessità di apportare i necessari correttivi.