Referendum: con il NO l'Italia riparte

 

di Roberto Ragone

 

Per molti versi questa ‘riforma’ costituzionale – fra virgolette, perché più che una riforma, la nuova Costituzione riveste il carattere di un vero e proprio colpo di Stato, abbiamo tutti il coraggio di riconoscerlo, specialmente quelli che votano SI’ perché a loro non piacciono quelli che votano NO. Ma non è un fatto politico: la nuova Napolitano-Verdini-Boschi-JP Morgan-Bilderberg che modifica la ‘vecchia’ Costituzione – ritoccata comunque ben sedici volte dal ‘48 ad oggi – è sempre stata contestata nel merito, e mai nel fatto politico.

 

Solo Renzi ha voluto farne un fatto personale, con la sua famosa promessa di andare a casa.  Ma, nella realtà, tutti i più eminenti costituzionalisti italiani – e in queste colonne abbiamo avuto il piacere di ospitare un’intervista alla professoressa Lorenza Carlassare – sono insorti come un sol uomo contro un provvedimento raffazzonato, pasticciato, manovrabile, e soprattutto orientato in una unica direzione: quella di togliere agli Italiani, insieme alla nuova legge elettorale, ogni e qualsiasi libertà e democrazia, accentrando tutto il potere nelle mani di un uomo solo al comando.

 

Certo, non c’è scritto espressamente così, e ci mancherebbe: ma con tutti i giri di parole, gli arzigogoli, le norme, leggi, leggine e disposizioni ad incastro che troviamo nei vari tabella, nei fatti succederebbe proprio questo; come, ad esempio, l’elezione del capo dello Stato, dei membri del CSM, la maggioranza assoluta in Parlamento, l’egemonia del partito di governo, e così via, a cascata. Presentare una legge di iniziativa popolare, o un referendum – le uniche manifestazioni di democrazia dal basso – diverrebbe praticamente impossibile. Agli ex presidenti della Repubblica – leggi Napolitano – verrebbe riconosciuto, avulso da qualsiasi altro conteggio, un emolumento mensile vitalizio di poco meno di 50.000 euro. Il pareggio di bilancio, una norma che costringerebbe l’Italia ad accantonare decine di miliardi all’anno per eliminare un debito pubblico che spiace solo all’Europa della Merkel, diverrebbe costituzionale, senza possibilità di ritocco: mentre gli economisti di tutto il mondo hanno sempre considerato il pareggio di bilancio un suicidio, per una nazione.

 

Il Senato di nominati – nonostante l’ultimo coniglio dal cappello, quello della falsa scheda elettorale per il Senato velocemente elaborata al computer in esemplare unico, ma di cui mancano le disposizioni ed ogni altro strumento per metterla in opera – farebbe il gioco del governo, impedendo di fatto ogni iniziativa con solo il 30% dei voti, se il governo non fosse quello che questo Senato ha nominato. Fermo, e dimostrato, restando, che i sindaci e i consiglieri regionali non possono materialmente svolgere con efficacia due compiti come quelli proposti. E se dobbiamo votare noi i futuri senatori, perché farli passare attraverso le Regioni, e non lasciarli eleggere liberamente a quell’incarico nelle politiche, come s’è sempre fatto? E via così. Non possiamo qui fare una disamina completa di tutta la nuova Costituzione, né è questa l’intenzione.

 

Renzi non ama perdere, questo l’abbiamo capito, e la scheda elettorale per il nuovo Senato ne è la prova: invocare un falso a tre giorni dalla consultazione è contro ogni correttezza, contro ogni etica, contro ogni regola del vivere civile e di quella mens democratica che dovrebbe ispirare chiunque voglia impegnarsi nell’agone politico. Che sia una toppa, è evidente: togliere ai cittadini, e agli Italiani all’estero, la possibilità di eleggere i loro senatori, è stato un argomento cardine delle contestazioni. Sfilare dalla manica una falsa scheda elettorale, stravolgendo tutto ciò che si è pubblicizzato fino ad un momento prima, vuol dire aver capito che quello era un punto dolente, e che si è voluto mettere una pezza a colore, l’improvvisazione fatta politica, adottata a gestione della nazione e delle sue leggi. Ma noi non vogliamo gli improvvisatori, le amebe politiche, quei personaggi che cambiano le tre carte in tavola secondo il vento. All’Italia serve che ci sia un governo prima di tutto che faccia gli interessi dei cittadini: questo è il significato di ‘democrazia delegata’. Ridurre il numero comunque dei parlamentari di ambedue le Camere è un provvedimento che rispecchierebbe i tempi in cui viviamo: anche a loro farebbe bene un po’ di austerity. Toglierci la democrazia, no.

 

Altri paesi hanno un’amministrazione diversa, senza due camere paritarie, me il loro ordinamento – Germania, Francia, Inghilterra – e i loro meccanismi sono diversi. Insomma, questa riforma è un gran cavallo di Troia di Renzi, dove si vuol far passare dalla finestra ciò che non può far passare dalla porta. Insieme a tante strombazzate ‘buone’ modifiche, passerebbero altre cose poco piacevoli. Se in vece del SI’ vincerà il NO, dal giorno dopo gli Italiani potranno incominciare a riprendersi l’Italia, scevri da lacci e lacciuoli, liberi da un orientamento politico liberticida e totalitario. Finalmente potremmo riprenderci la nostra democrazia; con tutti i suoi difetti, con le liti in Parlamento, con le contrapposizioni più o meno ideologiche, con i giochi di palazzo, ma è meglio una brutta democrazia che una bella dittatura, specialmente se sappiamo da dove viene. Se gli investitori internazionali – dei quali non abbiamo avuto bisogno per settant’anni – non verranno a comprare i nostri titoli di Stato, o i nostri gioielli di famiglia, le nostre eccellenze – che è bene che rimangano nostre – ce ne faremo una ragione. Meglio così che diventare una colonia. L’Italia ha in sé gli anticorpi, la capacità di risollevarsi da sola, a dispetto di qualsiasi deleteria globalizzazione, tesa soltanto a renderci schiavi di grosse multinazionali, – il Nuovo Ordine Mondiale –  a cui Renzi e tutta la sua truppa spianano il terreno per la conquista. Se vince il NO, il giorno dopo l’Italia riparte, ma nella direzione giusta, con i cittadini italiani che potranno ancora alzare la voce. La Costituzione, non è assolutamente vero che non si possa più modificare per trent’anni: questo slogan è stato preso dalle vendite televisive, dove lo sconto è praticato solo se ordinate subito il prodotto reclamizzato; ma il giorno dopo, la canzone è la stessa. Se vince il NO, l’Italia riparte, senza una casta deleteria, come si è dimostrata fino ad oggi, e con una democrazia, con tutti i suoi difetti, ma che da’ voce anche a chi non ne avrebbe più.




Renzi e la manovra all'ombra del Referendum: "Sgravi totali per chi assume al Sud". E Berlusconi lancia l'assist: "Unico leader è Renzi"

Redazione

Tra poco Del Conte dell’Anpal firmerà un atto molto importante da 730milioni di euro, che sono quelli della decontribuzione per il 2017. Gli incentivi del jobs act solo per il Mezzogiorno saranno confermati integralmente. Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale come il primo anno del Jobs act. E’ una importantissima scelta che abbiamo fatto per il 2017". Lo dice il premier Matteo Renzi a Caltanissetta. "Dicono che gli incentivi funzionano e pensano di criticarci…", sottolinea il premier. La decontribuzione varrà solo per i giovani e i disoccupati: lo precisa il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti spiegando che le decontribuzione sarà totale fino a 8.060 euro per 12 mesi per gli imprenditori delle regioni meridionali che, nel 2017, assumeranno a tempo indeterminato o in apprendistato giovani tra i 15 ed i 24 anni, e disoccupati con più di 24 anni privi di impiego da almeno sei mesi. 

Intanto il giorno dopo lo 'strappo' su Stefano Parisi ("non può avere un ruolo se in contrasto con Salvini") Silvio Berlusconi non nasconde la propria delusione per non aver trovato un suo 'erede' politico. "Spero che ci sia", dice a Rtl 102.5, anche se "fino adesso questa scelta non mi si è presentata. Avevo puntato molto su qualcuno che poi addirittura è passato dall'altra parte… Altri personaggi hanno deluso. Di leader veri nella politica – osserva – ora ce ne è uno solo e si chiama Matteo Renzi. Fuori dalla politica forse ce ne è qualcuno, ma dalla politica è stato buttato fuori…".

Berlusconi ha parlato anche di referendum. "Renzi mente: se vince il no non ci sara' nessun caos. Sono le stesse bugie – ha aggiunto – che diceva Napolitano quando diceva all'estero che il mio governo non aveva i soldi per pagare gli stipendi". Lo ha detto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi a Rtl 102,5. "Renzi – prosegue – usa l'arma della paura per raccogliere voti".

"Se vince il no – ha detto ancora – si potra' avere un governo che faccia la legge elettorale e ci porti al voto. Oppure un esecutivo che faccia una riforma costituzionale con quelle cose che in questo non ci sono". "Noi vogliamo che vinca il no per ridare voce agli italiani e arrivare a ridiscutere una riforma della Carta tutti assieme, per raggiungere un accordo piu' ampio possibile". A chi gli chiede se fosse pentito della rottura con Renzi, l'ex premier risponde netto: "Purtroppo ci siamo chiamati fuori quando abbiamo capito che non era interessato a una vera riforma ma a regole cucite addosso a lui. A quel punto avevamo non solo il diritto, ma anche il dovere di opporci".

Sul fronte referendum il premier Matteo Renzi è andato all'attacco. "Non ci sono alibi – ha detto – se voti No difendi la Casta".




Referendum: Quello che nessuno vi dirà mai sulla riforma costituzionale

 

di Roberto Ragone

 

Alla notizia che la riforma referendaria della Boschi era stata approvata di notte e con la maggioranza semplice, tutti noi abbiamo pensato che fosse stato fatto per brevità, essendo difficile ottenere la maggioranza prescritta dei due terzi degli aventi diritto. Abbiamo pensato che, nonostante tutto, la legge avrebbe previsto un referendum popolare, questa volta confermativo, delle norme varate dal governo. Abbiamo pensato che sarebbe stato un bene avere la possibilità di vagliare le nuove norme, un segno di democrazia. Poi abbiamo capito che la manovra era stata orchestrata a nostro danno, con una spropositata propaganda del SI, anche presso gli Italiani all’estero, che vedono tutto rosa e nulla sanno di ciò che il governo di Renzi combina in Italia. Infine ci siamo convinti che tutto tendeva a legare il voto con una rete fitta di iniziative al limite della decenza, per irretire il voto degli Italiani. Ma non sapevamo fino a che punto. In realtà il  testo della modifica costituzionale è stato approvato di proposito con una maggioranza semplice. Questo per due ragioni: la prima, per evitare di subire ‘noiose’ lungaggini democratiche da parte del contraddittorio; la seconda, per legare l’approvazione della stessa ad un referendum popolare, in modo da scaricare la patata bollente in mano a noi cittadini. Di notte, perché a quell’ora tanti vogliono soltanto andare a dormire. Ormai, acquisita la scheda elettorale, definita da molti come ingannevole e che neanche un ricorso al Tar è riuscito a correggere. Gli slogan sono sempre quelli: più velocità nell’approvazione delle leggi, riduzione del numero dei parlamentari, con conseguente riduzione dei costi. Ma soprattutto i difensori del SI dichiarano il superamento del bicameralismo, che, definito ‘inutile’ – e non un segno di controllo democratico – viene sbrigativamente liquidato. Bene, abbiamo trovato, fra le tante… [Continua]

[ESTRATTO DALL'ARTICOLO DE L'OSSERVATORE D'ITALIA VIRTUAL PAPER – PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO CLICCARE QUI PER APRIRE L'EDIZIONE DEL GIORNALE E ANDARE ALLE PAGINE 1 E 3]




Referendum, ricorso al Tar contro il quesito. Il Quirinale:"C'è stato ok della Cassazione"

Redazione 

Il fronte del 'No' ricorre al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, contro il quesito del referendum che "così formulato finisce per tradursi in una sorta di spot pubblicitario, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante". Ma il Quirinale, autore del testo, si smarca: la valutazione e l'ammissione sono state già fatte dalla Cassazione.Il ricorso è stato presentato dagli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi in qualita' di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-SEL), anche nella loro qualita' di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, col patrocinio dell'avvocato Luciano Vasques del Foro di Roma. Per i legali il testo del quesito è "a favore del Governo che ha preso l'iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale".I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale "non tiene conto di quanto stabilito dall'art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione "degli tabella" revisionati e di ciò che essi "concernono"". Il quesito referendario "predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli tabella della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben piu' importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria".


M5S, il testo è una truffa "Il testo del referendum è una truffa, una propaganda ingannevole, l'ennesima trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani. Per questo anche il M5S ha presentato ricorso al TAR del Lazio contro il testo del quesito in quanto scritto in violazione della legge", ha denunciato Vito Crimi, senatore del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Affari Costituzionali. Per Crimi, "il testo del quesito, infatti, contrariamente a quanto previsto dall'art. 16 della Legge n. 352 del 1970 non specifica l'indicazione degli tabella oggetto di revisione e di ciò che essi concernono e risulta, pertanto, palesemente ingannevole per i cittadini". Quindi "vista la delicatezza della materia oggetto del referendum, ovvero la nostra Costituzione ed i nostri diritti fondamentali, è necessario modificare il testo inserito sulla scheda di votazione che è totalmente fuorviante dalla realtà e rappresenta per i cittadini una vera e propria truffa" spiega il portavoce dei cittadini al Senato. "Su questo il Presidente della Repubblica non può tacere. Il quesito parla di altro. Imbroglia i cittadini perchè non dice cosa cambierà realmente" spiega Crimi




Referendum, l'ambasciatore Usa in Italia corre in aiuto a Renzi: "No sarebbe passo indietro". E scoppia la polemica

di Ivan Galea

Il "no" al referendum sulla riforma costituzionale "sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia". Sono bastate queste parole pronunciate dall'ambasciatore Usa in Italia John Phillips a scatenare un fiume di polemiche e l'ira di Forza Italia e Lega. L'ambasciatore ha praticamente tirato la volata al premier e lo ha fatto pubblicamente durante un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato oggi a Roma all'istituto di studi americani: "Il referendum è una decisione italiana – ha continuato – ma il Paese "deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia", ha aggiunto Phillips. Il voto sulle riforme costituzionali, ha insistito, "offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori". "Renzi – ha detto Phillips – ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership". Phills ha ricordato che il presidente del Consiglio andrà negli Stati Uniti il 18 ottobre prossimo in occasione della cena di Stato offerta alla Casa Bianca dal presidente Usa Barack Obama. Intanto, a fare compagnia a Phillips, arriva anche l'allarme di Fitch sulle turbolenze che potrebbero seguire a una eventuale vittoria del no. Ogni turbolenza politica o problemi nel settore bancario che si possano ripercuotere sull'economia reale o sul debito pubblico, potrebbe portare a un intervento negativo sul rating dell'Italia. Lo ha affermato il responsabile rating sovrani per Europa Medio Oriente di Fitch, Edward Parker, a una conferenza a Londra, secondo quanto riferisce Bloomberg. "Se ci fosse un voto 'no', lo vedremmo come uno shock negativo per l'economia e il merito di credito italiano", ha dichiarato, come si legge sul sito online di Reuters. Ira di Forza Italia per quella che Maurizio Gasparri definisce una "inaccettabile ingerenza" e chiede che Phillips si scusi. "Quella dell'ambasciatore Usa in Italia, più che un auspicio, è un'entrata a gamba tesa ingiustificata negli affari interni dell'Italia – dice il collega di partito, il senatore Altero Matteoli – eseguita su delega di un presidente alla fine del suo mandato". Non solo Forza Italia ma anche il leader della lega Matteo salvini attacca Phillips dopo la sua esternazione: "Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari tuoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato, nelle vicende interne italiane. Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare sì al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il no, ovvero per la libertà e il bene degli italiani".




PD, LA DIREZIONE BOCCIA LA MINORANZA SUL NO AL REFERENDUM. SCONTRO RENZI-CUPERLO

Redazione

Il referendum è cruciale "non per i destini di qualcuno ma per il futuro della credibilità della classe politica italiana". Lo ha detto Matteo Renzi alla direzione del Pd, nel corso della quale ha affrontato vari temi – oltre l'appuntamento referendario – tra cui la Brexit, le banche, la flessibilità.

"C'è qualcuno tra voi – ha incalzato Renzi – che pensa sinceramente che, dopo che la legislatura è nata e ha fatto ciò che ha fatto, in caso di 'no' al referendum, il presidente del Consiglio, e io penso anche il Parlamento, non ne possa prendere atto?".

 

La Direzione del Pd ha bocciato l'ordine del giorno presentato dalla minoranza Dem che impegnava il partito ad "offrire piena cittadinanza anche a chi sostiene le ragioni del No" al referendum sulle riforme. I voti favorevoli al documento presentato da Roberto Speranza sono stati "otto".

Renzi ha poi assicurato che con lui le correnti nel partito non torneranno a guidarlo. "Si pone un tema di organizzazione del partito – ha sottolineato -. Alla nostra straordinaria militanza dobbiamo un modello organizzativo che non ricalchi gli errori del passato. Finché lo guido io, le correnti non torneranno a guidare il partito, lo dico innanzitutto ai renziani di stretta osservanza, della prima o seconda ora o a quelli last minute. Non c'è garanzia per nessuno in questo partito, a iniziare da me. Girate, ascoltate, fate i tavolini. O state in mezzo alla gente o voi e noi non abbiamo futuro".

"Una cosa deve essere certa – ha affermato ancora Renzi -; la stagione in cui qualcuno dall'alto della sua intelligenza si diverte ad abbattere il leader è finita; la strategia del Conte Ugolino non funziona. Se volete i caminetti prendetevi un altro segretario perché io voglio aprire le finestre e non chiuderle. Da Prodi a Veltroni ho sempre detestato gli attacchi al leader senza strategia alternativa".

"Avverto la responsabilità di questo passaggio molto importante per il nostro partito e per la nostra comunità – ha rilevato ancora -. Vorrei offrire un'occasione di dialogo molto sincera, profonda e franca. La direzione si svolge dopo le amministrative che non sono andate bene, ma anche dopo Brexit, dopo la più grande strage di civili italiani all'estero, dopo un G7 chiave per la comunità internazionale e dopo la mobilitazione, ognuno avrà le sue opinioni, sulle tasse, tutto mentre si raccolgono le firme sul referendum costituzionale", ha aggiunto il premier.

"Sono pronto ad ascoltare, ma anche a difendere la dignità di questa comunità, l'unica in cui si discute in modo franco e per questo viene rappresentata in modo macchiettistico. Litigano tutti i partiti e quelli che lo sono in modo meno tradizionale lo fanno ancora di più, ma al chiuso delle stanze. Il punto è che loro fingono di essere una falange e appaiono come tali, mentre noi – ha continuato Renzi – valorizziamo troppo spesso ciò che ci divide".

"C'è fuori un mondo che chiede al Pd se ha le idee chiare, quella che si apre è una stagione difficile e affascinante nella quale scommetto sul fatto che il Pd possa essere protagonista e non comparsa", ha detto Renzi.

Ecco, oltre al referendum, le altre questioni affrontate da Renzi:

'Flessibilità non è una concessione a noi ma dovere Ue' – "Noi lo diciamo da tempo che l'Ue così com'è non va". Lo afferma il premier Matteo Renzi intervenendo alla Direzione del Pd ricordando come questo suo atteggiamento abbia subito critiche anche nel Pd e in Parlamento, come quelle dell'ex premier Mario Monti sulla flessibilità. "All'inizio del 2016 molti giornali del cosiddetto establishment scrivevano che io, prendendo di punta l'Ue avrei terminato la mia esperienza politica. Ma la flessibilità non è una concessione all'Italia ma dovere di buon senso per l'Ue", aggiunge.

"Ciò che è accaduto su Brexit farà più male ai britannici che a noi, in fin dei conti. E' un clamoroso errore del Regno Unito, l'Ue può cogliere l'occasione del referendum britannico per scrivere una pagina nuova".

'G7 a Taormina 26-27 maggio 2017,valori al centro' – Nel G7 di Taormina, il 26 e 27 maggio 2017, dal teatro greco cercheremo di lanciare i valori della nostra cultura" come risposta anche agli estremismi, "insieme al nuovo presidente o – io spero – alla nuova presidente degli Usa, e ai Paesi del G7", ha detto Matteo Renzi

 "Noi i risparmi li salviamo nonostante le regole Ue fatte permettendo ai Paesi di mettersi in regola quando noi non l'abbiamo fatto": afferma il premier, soffermandosi sul tema delle banche e definendo "assolutamente ingiustificate e indecenti le polemiche fatte anche da alcuni di noi" sulla scia della "demagogia grillina". "Salvare i correntisti non significa fare gli interessi delle lobby dei poteri forti", aggiunge Renzi ribadendo di "aver fatto tutto ciò che serviva".

"E' suonato l'allarme, l'ultimo. Oggi tu sei visto come un avversario da una parte della destra, ed è bene così, ma anche da una parte della sinistra e questo è un dramma" per chi è sotto il simbolo del Pd. Senza una svolta, tu condurrai la sinistra italiana ad una sconfitta storica". Lo afferma Gianni Cuperlo, leader di Sinistradem, intervenendo alla direzione del Pd, definendo "miope" la relazione di Renzi e sottolineando: "Esci dal talent di un' Italia patinata e fatta di opportunità e scopri la modestia".




REFERENDUM E TV: BOLDRINI CENSURA RENZI E FA LO SPOT A FAVORE DEL SI

di Emanuel Galea
Il presidente del Consiglio, designato dal Quirinale e solo inizialmente sorretto da tutto il Partito Democratico, sulla riforma costituzionale di Maria Elena Boschi, non ha mai smentito se stesso. È insensibile a qualsiasi critica costruttiva e seguendo solamente l’eco della sua voce continua a ripetere: "O cambio l’Italia, o cambio mestiere". Claudio Petruccioli, 75 enne politico e giornalista italiano, già presidente del consiglio d'amministrazione Rai, non più tardi del 23 maggio, sul referendum di ottobre, lo paragonò all’Occhetto della gioiosa macchina da guerra. Anche in quell'occasione, Petruccioli ribadì quanto Renzi da tempo va dicendo: ”se perdo me ne vado, mi ritiro a vita privata".

Dimissioni se vince il NO Pochi sono i cittadini che non hanno sentito Matteo dichiarare la sua intenzione di smettere di fare politica se dovesse perdere il referendum sulla riforma costituzionale. Il 12 gennaio, Renzi lo ha pubblicamente dichiarato a Repubblica Tv e di seguito non ha smesso di ribadirlo in tutte le occasioni. È convinto che il voto sulle riforme di ottobre si vincerà se lui si schierasse e desse l’idea del  “fare”. Gli italiani sono divisi ed il “si” è molto incerto. Sulla sua idea del  “fare” molti sono scettici. Ciò nonostante il dibattito nel paese è acceso e non si risparmiano colpi da ambo le parti. Si può essere pro oppure contro però il dibattito sereno serve a chiarire le idee.

Boldrini su referendum La signora Laura Boldrini, figura istituzionale, anziché mantenere un doveroso equilibrio, per l’ennesima volta rompe gli indugi e questa volta sceglie di censurare il presidente del Consiglio. Nella trasmissione “di Martedì” condotta da Giovanni Floris su LA 7, la presidente della Camera, si è accalorata e alzando il tono per accattivarsi l’applauso degli invitati, con la sua voce roca ha ammonito che non si dovrebbe caricare di significato politico questo referendum. Non si dovrebbe legare la revisione della Carta al futuro politico di chi oggi è al governo. A Renzi non lo nomina ma è più che evidente che il richiamo della Boldrini e velatamente indirizzato a Matteo. La Boldrini non si rassegna alle svariate uscite di Renzi, che minaccia di dimettersi nel caso di un No al referendum di ottobre. Il 3 giugno, askanews, ha riportato la dichiarazione rilasciata dalla presidente della Camera Laura Boldrini al Corriere della Sera: "Bisogna stare ai fatti, senza caricare questo voto di altri significati. Noi come italiani ci dovremmo esprimere sul merito della riforma che è la Costituzione. Il referendum di ottobre non può diventare un test sul governo, non è nelle cose". Poi, chiarendo la voce e assumendo un’aria solenne ha continuato: "Stiamo parlando della Costituzione italiana e qui anche i giornalisti dovrebbero riuscire a non schierarsi, sforzandosi di mettere i cittadini in condizioni di comprendere il merito".

Messaggi subliminali In poche parole, mentre con molto tatto e diplomazia cerca di correggere l’atteggiamento baldanzoso del presidente del Consiglio, molto velatamente fa uno spot pubblicitario a favore del Sì al referendum. Di solito i presidenti della Camera si astengono dall’esprimere giudizi su questioni che spettano al paese, ma questo accadeva in tempi normali.  Oggi a governare il paese c’è il governo Renzi, di più non si può aspettare. Non abbiamo alcuna ragione per dubitare che il fuoco sacro che brucia il cuore della presidente Laura Boldrini sia quello acceso dall’amore verso la Carta Costituzionale e mai verso la conservazione di quell’alto scranno che le è stato generosamente offerto come omaggio ai suoi tanti servizi resi alla Patria. Per chi lo vuole credere, stesso fuoco sacro alberga nell’intimo di quei senatori e deputati che si struggono contro un No a quel referendum.

Vogliono farci credere di essere contrari, dicono, a qualsiasi coinvolgimento del referendum con la vita del governo, perché si preoccupano per la Carta Costituzionale. La verità è che temono di perdere quella comoda poltrona e andare a casa anzitempo. Puoi non crederlo ma così è (se vi pare).

 




REFERENDUM: DIVISIONI, POLEMICHE E "MAGGIORANZA SILENZIOSA"

di Silvio Rossi

Nella consultazione referendaria di domenica scorsa, gli italiani hanno scoperto come, a fronte delle minoranze politicizzate e sempre pronte a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, e a volte anche oltre la ragione, c’è sempre una maggioranza silenziosa, che non fa propaganda, non twitta, non polemizza, non lancia strali contro chi la pensa in maniera diversa, ma che determina l’esito delle votazioni.

Che poi la maggioranza degli italiani abbia contribuito al fallimento del quesito referendario, preferendo l’astensione rispetto al voto negativo, sebbene sia stata una scelta duramente avversata dai sostenitori del SI, non è certo una novità. Da venti anni a questa parte, se si escludono i quesiti del giugno 2011 su acqua pubblica e nucleare, sono stati ventiquattro i quesiti che non hanno raggiunto il numero di votanti necessario per essere presi in considerazione. Troppi per non far comprendere ai promotori (che siano comitati cittadini o consigli regionali, come nell’ultimo caso) che lo strumento referendario deve essere utilizzato con parsimonia, con intelligenza, per evitare di gettare alle ortiche la possibilità di influire nelle decisioni con scelte sbagliate nei tempi e nei modi, e che a ogni passo falso, si bruciano risorse che avrebbero potuto essere destinate a iniziative migliori.
L’astensione sulle trivelle, così come quelle passate sulle carriere dei magistrati, sull’ordine dei giornalisti, su alcune norme elettorali, ha fatto comprendere che gli astenuti sono paragonabili ai quarantamila che nell’ottobre 1980 misero all’angolo le minoranze sindacalizzate in Fiat.

Ciò che ci ha lasciato, a pochi giorni dal voto, il referendum, è una spaccatura sempre più aspra tra le opposte fazioni, un’acredine che traspare da parte degli sconfitti, che hanno apostrofato chi non ha votato con ingiurie e accuse non degne di persone civili.
A certi attivisti devono essere ricordate due cose: una minoranza, per quanto rumorosa, per diventare maggioranza, deve raggiungere e superare il cinquanta per cento della forza votante, altrimenti resta minoranza, e soprattutto, che non ci si può permettere di dare lezioni di democrazia agli altri, se si ignora la massima attribuita (forse però non fu veramente lui a dirla) a uno dei padri della democrazia moderna, il francese François-Marie Arouet, che nel Settecento disse: «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo».




REFERENDUM 17 APRILE: QUANDO L'ARBITRO ENTRA IN CAMPO PER CONDIZIONARE LA PARTITA

di *Umberto Cinalli
La pressione mediatica e politica di queste ultime ore è indice di nervosismo e arroganza al contempo. Grave l'assenza di informazione e approfondimento sulle reti RAI e la produzione di spot di alcuni soggetti istituzionali (PD, Renzi, Napolitano) per promuovere l'astensione, in sfregio al dettato costituzione e alle norme che fanno della induzione all'astensione un reato penale.

Questo basterebbe a rendere il passaggio sociale particolarmente doloroso, oltre quello che ciascuno può ritenere giusto circa le ragioni della consultazione di domenica. Quando l'arbitro entra in campo per condizionare la partita, viene pagato da una delle due squadre vantandosi oltretutto di aver favorito la squadra migliore si entra in un tunnel, in un paradosso civico molto rischioso.

In ogni caso questo referendum poteva essere una occasione per parlare del nostro futuro energetico che significa parlare anche del futuro del nostro pianeta. Lo è stato solo in parte. Perché sono scesa da una parte e dall'altra le "schiere demagogiche" che ritengono che gli italiani si muovano solo in caso di emergenza emotiva.

Di questa atmosfera demagogica hanno fatto tesoro i favorevoli all'astensione, ovvero i contrari all'abolizione della norma che consente alle compagnie petrolifere – dal 1 gennaio 2016 – di sfruttare i giacimenti di gas e petrolio fino al loro totale esaurimento. Stracciando le precedenti convenzioni. Il diritto che viene loro concesso è perpetuo e insindacabile. Ovvero di esercitare un diritto di speculare sulle risorse del sottosuolo senza considerare i bisogni e i diritti dei cittadini e dell'ambiente. Giuridicamente un assurdo (anche per la UE). Sotto il profilo etico un delitto.

A me personalmente questa occasione ha concesso una opportunità come educatore ambientale: quando ho iniziato nella mia attività professionale (oltre 25 anni or sono) dicevo che era indispensabile pensare ad un mondo senza combustibili fossili perché i giacimenti sarebbero finiti, prima o poi, tra 60 o 80 anni.
Oggi sappiamo, oltre ogni ragionevole dubbio (atti della Conferenza sul Clima di Parigi dello scorso anno), che quelle risorse fossili non devono essere estratte dal sottosuolo se vogliamo evitare il riscaldamento irreparabile del clima, nel senso di un aumento (già oggi non più tollerabile) delle catastrofi ambientali.
La quasi totalità di quelle piattaforme (quelle entro le 12 miglia, quelle oltre, quelle in tutto il mondo) devono essere  al più sostituite – entro i prossimi 10 anni – da una produzione diffusa di energie rinnovabili. E' chiaramente fattibile. Rimanendo ostaggi e complici delle lobbie del petrolio questo non sarà possibile.
 

Il Governo italiano vuole fare cassa immediatamente e non può rinunciare all'alleanza ambigua (vedi caso Guidi) con le compagnie petrolifere e al ruolo strategico di ENI nel mondo. E' comprensibile. Ma è stupido. Semplicemente e drammaticamente stupido.
Andrò quindi a votare domenica 17 e voterò SI, perché (citando il film "Harry ti presento Sally") "Quando ti rendi conto che vuoi vivere per il resto della tua vita in un mondo migliore .. vorresti che il resto della vita iniziasse il prima possibile".

*Educatore ambientale – Legambiente Viterbo / Coordinamento Comitato provinciale per il SI al referendum del 17 aprile.




IRLANDA,REFERENDUM: SI’ ALLE NOZZE GAY

di Giuseppa Guglielmino

Irlanda- Ora che anche la cattolica Irlanda ha detto sì alle nozze gay, per l’Italia la situazione si complica maggiormente. Ancora considerati come outsider, gli italiani proprio non vogliono esprimersi a riguardo ma intanto, altrove si fanno passi da gigante. Addirittura un leader del fronte del no, David Quinn, ha ammesso l’esagerata sconfitta al referendum che ha visto i cittadini accettare oppure rifiutare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il sì è stato quasi il doppio dei “no”. Lo stesso Quinn, esponente della lobby cattolica Iola Institute ha espresso una grande delusione per la vittoria ma allo stesso momento si è congratulato con i votanti.

I risultati ufficiali del referendum arriveranno nel pomeriggio. Lo spoglio delle schede nelle 43 circoscrizioni è cominciato questa mattina alle ore 9 locali. ). La vittoria del si' rappresenta una svolta per l'isola a maggioranza cattolica, dove l'omosessualita' era illegale fino al 1993.Mentre in Italia si festeggia per i piccoli passi verso i registri delle unioni civili fortemente contestati, in altri luoghi del mondo, anche i cattolici fanno spazio all’uguaglianza dei diritti garantiti ad ogni essere umano.