MARCO PANTANI: RIAPRE L'INCHIESTA SU CAMPIGLIO

di Giuseppa Guglielmino

Colpo di scena sulla morte di Marco Pantani la cui dinamica sta irreversibilmente venendo a galla: Marco, secondo sua madre che cnon ha mai smesso di cercare la verità e senco moltissime persone che lo hanno conosciuto, è stato ucciso. La Procura di Forlìha aperto ufficialmente un'indagine sui fatti che portarono all'esclusione di Marco Pantani a Madonna di Campiglio alla penultima tappa del Giro del 1999. Dopo i misteri sulla morte del Pirata, a Rimini, dieci anni fa, ecco riemergere dal passato un altro episodio misterioso coperto da mille dubbi e incongruenze: la cacciata di Pantani, in maglia rosa, a un giorno dalla fine di uno spettacolare Giro d'Italia già vinto. Il valore del suo ematocrito lo ha condannato per sempre. Un maledetto 53 percento ha innescato la parabola perversa della sua cacciata dal Giro d'Italia. Era il re, e in pochi minuti si trovò a essere trattato come un ladro. A Campiglio Pantani è stato espulso dalla corsa come un truffatore. Quel valore di ematocrito che ha rovinato la vita del più grande scalatore del mondo non convince più. Troppi gli elementi che vanno in direzione opposta alla logica, troppe le prove che ci fanno capire come qualcosa in quel test ematico non torni. E così il procuratore capo di Forlì Sergio Sottanicoadiuvato dalla dottoressa Spirito ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Un'indagine iniziata da circa un mese e mezzo fa. Diversi testimoni sono stati ascoltati e l'indagine ha già portato a scoperte e rivelazioni importantissime. Siamo solo all'inizio. Dopo Rimini anche Madonna di Campiglio sta per svelare verità decisive di un giorni un maledetto 5 giugno 99 che ha cambiato per sempre la storia di quel Giro d'Italia e della vita di Marco Pantani. Escluso dal Giro 1999 a seguito di un valore di ematocrito al di sopra del consentito, Pantani risentì del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e, pur tornato alle gare non molto tempo dopo, raggiunse solo sporadicamente i livelli cui era abituato. Caduto in depressione, morì il 14 febbraio 2004 a Rimini, per arresto cardiaco dovuto a presunto eccesso di sostanze stupefacenti. Nel 2014 la procura di Rimini ha riaperto il caso, archiviato come suicidio oppure overdose accidentale per la quale vennero condannati due spacciatori per omicidio colposo, ipotizzando invece il reato di omicidio volontario, come sostenuto dalla famiglia di Pantani.

La madre di Marco Pantani (così come la sorella, il padre e tutta la famiglia), Tonina, afferma che il modo che Marco avrebbe scelto per assumere la droga o per suicidarsi, ossia l'ingestione di cocaina, non è verosimile, in quanto sarebbe morto prima di assumere tutta quella quantità, sei volte la dose letale. La signora Pantani sostiene da sempre che il figlio sia stato assassinato simulando un'overdose, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto, forse legato al doping nel ciclismo e alla sua squalifica, al mondo delle scommesse truccate o a quello della droga, di cui sarebbe stato a conoscenza.

1999 L'EPISODIO DI MADONNA DI CAMPIGLIO

Per la stagione 1999 Pantani, dopo il successo a Murcia, puntò al Giro d'Italia. Dimostrò subito di essere in una buona condizione ottenendo la vittoria nella frazione sul Gran Sasso, primo arrivo in salita, e vestendo di rosa. Otto giorni dopo, sulla salita di Oropa, fu vittima di un salto di catena a pochi km dal traguardo, ma reagì, riprese gli avversari, li superò e conquistò la tappa in solitaria. Dopo le frazioni dell' Alpe di Pampeago e di Madonna di Campiglio, entrambe vinte, sembrava che nessuno ormai potesse togliergli la vittoria finale (era infatti primo in classifica con 5'38" sul secondo, Paolo Savoldelli), dato che anche la tappa successiva, la penultima, aveva caratteristiche altimetriche a lui favorevoli: partenza da Madonna di Campiglio e arrivo all' Aprica con scalata del Mortirolo e oltre 50 km di salita.

Ma le cose cambiarono per Pantani proprio il 5 giugno a Madonna di Campiglio quando, alle ore 10:10 locali, vennero resi pubblici i risultati dei controlli svolti dai medici dell'UCI in quella stessa mattinata: in tali test era stata riscontrata, nel sangue di Pantani, una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. Il valore di ematocrito rilevato al cesenate fu infatti del 52%, oltre il margine di tolleranza dell'1% rispetto al limite massimo consentito dai regolamenti, 50%; il Pirata venne di conseguenza sospeso per 15 giorni, il che comportava l'esclusione immediata dalla "Corsa rosa". A questa notizia la squadra del Pirata, la Mercatone Uno Bianchi, si ritirò in blocco dal Giro. Paolo Savoldelli, nonostante fosse subentrato al primo posto in classifica, rifiutò di indossare la maglia rosa, rischiando una squalifica. La tappa fu poi vinta dallo spagnolo Roberto Heras, mentre il primato passò a Ivan Gotti, che andò a vincere quel Giro.

Nell'occasione, Pantani non risultò positivo a un controllo antidoping: venne anzi legittimamente escluso dalla corsa in base ai regolamenti sportivi introdotti a tutela della salute dei corridori. Associazioni del Pirata con le pratiche di doping risultarono invece dalle dichiarazioni di Jesús Manzano, reo confesso, che citò Pantani in un contesto in cui si accusavano vari ciclisti di alto livello degli anni novanta, organizzatori, tecnici e sponsor, e a quelle della danese Christina Jonsson, fidanzata di Pantani per sette anni, che in un'intervista al periodico svizzero L'Hebdò riferì che il ciclista cesenaticense facesse uso regolare di sostanze dopanti. Vennero alimentati in seguito dei dubbi su un eventuale "complotto" ai danni di Pantani. Celebre la lettera di Renato Vallanzasca alla madre del ciclista, Tonina, dell'8 novembre 2007. In breve Vallanzasca sostiene che un suo amico, habitué delle scommesse clandestine, lo abbia avvicinato cinque giorni prima del "fatto" di Madonna di Campiglio consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, e assicurandogli che «il Giro non lo vincerà sicuramente lui».

A detta di molti la carriera ad alti livelli di Pantani si concluse con tale episodio. Dopo aver spaccato per l'ira un vetro nell'albergo, accerchiato dai giornalisti e accompagnato dai carabinieri mentre stava per lasciare la corsa, disse:

"Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile".
(Marco Pantani)

Tonina Pantani ha richiesto più volte la riapertura dell'indagine archiviata, sostenendo che le firme per il prelievo dei soldi, che Pantani avrebbe usato per comprare la droga, sarebbero falsificate, e che non c'era traccia di droga nella camera del residence, come ci si aspetterebbe dalla stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale e che il ciclista, a suo parere, non era dipendente dalla cocaina, né voleva suicidarsi. Afferma che la stanza era stata messa apposta in disordine (in particolare che il disordine causato fosse inverosimile per una persona sola in preda ad un'overdose, come fu sostenuto dalla procura), c'erano residui di cibo cinese, che Pantani non mangiava mai, nessuna bottiglietta d'acqua per ingerire la dose di cocaina (in realtà era presente una bottiglia semivuota, ma venne ignorata e non analizzata a sufficienza), e alcuni lividi sospetti sul corpo del ciclista, tali da far supporre un'aggressione di più persone, per forzarlo a bere l'acqua con la cocaina. Ha lamentato inoltre l'asportazione del cuore di Pantani da parte del medico legale, il quale ha sempre sostenuto la tesi dell'overdose, citando anche alcuni appunti del Pirata, che denotavano uno stato mentale alterato. Il 2 agosto 2014  viene reso noto che la Procura della Repubblica di Rimini, a seguito di un esposto presentato dai familiari di Pantani, ha riaperto le indagini sulla morte del ciclista con l'ipotesi di reato di "omicidio volontario"