Riforma prescrizione, il Procuratore Generale di Milano: “Rischio incostituzionalità” e “viola l’art. 111 della Costituzione”

La riforma del regime della prescrizione, che la sospende dopo il primo grado, “presenta rischi di incostituzionalità” e “viola l’art. 111 della Costituzione, con il quale confligge, quanto agli effetti,incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo”.

Lo sottolinea nella relazione per l’Anno giudiziario a Milano il Procuratore generale, Roberto Alfonso,che allo stesso tempo lamenta “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi del processo”.

Condividiamo l’opinione di chi sostiene – scrive Alfonso nel suo intervento in occasione della cerimonia a Milano, a cui partecipa anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ‘padre’ della nuova legge sulla prescrizione – che la sospensione del corso della prescrizione non servirà sicuramente ad accelerare i tempi del processo, semmai li ritarderà ‘senza limiti'”. Un norma, aggiunge, che “a nostro modesto avviso, presenta rischi di incostituzionalità” e “appare irragionevole quanto agli scopi, incoerente rispetto al sistema, confliggente con valori costituzionali”. Alfonso, poi, chiarisce che, tra l’altro”nel distretto di Milano la prescrizione nella fase delle indagini preliminari incide per il 3,79%”. Da un lato, per il Procuratore generale milanese è vero che”la norma introdotta consente al processo di giungere all’accertamento del fatto e all’eventuale condanna dell’imputato”, ma non si può “sottacere che essa viola l’art.111 Cost.”. Per l’imputato “già solo affrontare il processo penale costituisce una ‘pena’”, anche per il “disdoro che purtroppo nella nostra società massmediatica esso provoca”. E ha concluso: “Il legislatore con urgenza e con sapienza” deve adottare “una soluzione che contemperi le due esigenze: la tutela della persona offesa e la garanzia per l’imputato di un processo di ragionevole durata.

A Milano la protesta degli avvocati della Camera penale

Polemica con Davigo Una quarantina di avvocati della Camera penale di Milano hanno sfilato mostrando cartelli con gli articoli della Costituzione come forma di protesta contro la riforma della prescrizione. E’ accaduto stamani, poco prima dell’inizio delle celebrazioni per l’anno giudiziario. “Abbiamo indicato tre articoli della Costituzione: il 24 che è per il diritto di difesa, il 27 che è la presunzione di non colpevolezza è il 111 che è il giusto processo. Accoglieremo Davigo con questi cartelli”, ha detto l’avvocato Giovanni Briola del direttivo della Camera penale. Gli avvocati hanno poi lasciato l’aula del Palazzo di giustizia appena il consigliere del Csm Piercamillo Davigo ha preso la parola. “Abbiamo avuto nel corso di questi 10 mesi una caduta di doveri di comportamento dei magistrati. Ma la reazione dell’istituzione nel suo complesso e della sezione disciplinare in particolare e’ stata particolarmente ferma” ha detto il presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione e membro togato del Consiglio superiore della magistratura Davigo, durante il suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario di Milano. Un discorso durante il quale non c’è stato alcun riferimento allo scontro con gli avvocati sulla prescrizione. Nei giorni scorsi, la battaglia si era consumati a colpi di comunicati. I rappresentanti dell’organismo che raccoglie gli avvocati penalisti del distretto giudiziario del capoluogo lombardo avevano chiesto che Davigo non partecipasse alla cerimonia milanese per le sue esternazioni che “negano i fondamenti costituzionali del giusto processo, della presunzione di innocenza e del ruolo dell’avvocato nel processo penale”. A commentare l’accaduto è stato il consigliere del Csm Antonino Di Matteo: “Tutte le opinioni sono assolutamente legittime e rispettabili, mi fa specie che da parte di alcuni avvocati venga condannata l’espressione di una opinione da parte di un autorevole ed esperto magistrato come il dottor Davigo”.

Anno Giudiziario: “A Roma prescritto 1 processo su 2”

Nel 2019 nel distretto del Lazio “i processi prescritti sono stati 19.500 su un totale di 125.000,pari al 15%. Di questi 48% in appello (7.743) e 10% al Gip-Gup (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale (5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma in Appello”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nel corso del suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “L’elevato numero delle prescrizioni -aggiunge Panzani – è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica”. Per Panzani “questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: + 9 consiglieri a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2.000 sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10.000 sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16.000 del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3.000 sentenze penali all’anno”.

Protesta a Napoli, avvocati in manette

Entrano in manette contro la riforma della prescrizione. L’Ordine degli Avvocati di Napoli,presieduto da Antonio Tafuri, protesta così in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Gli avvocati, in toga,sono entrati ammanettati nella Sala dei Baroni, nel Maschio Angioino, dove si svolge la cerimonia, in aperta polemica con la riforma Bonafede.

Firenze, Presidente Corte d’Appello Cassano: “Sospensione dilata tempi del processo”

“La inevitabile dilatazione dei tempi del processo conseguenti alla sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado mal si concilia con un giusto processo incentrato sul metodo dialettico nellaformazione della prova”. Lo ha detto il presidente della Corte di Appello di Firenze, Margherita Cassano, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Contrariamente a un’opinione diffusa – ha detto ancora Cassano – la percentuale più alta di prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari”. “Non possono, infine, essere sottaciute le drammatiche conseguenze sociali provocate dalla pendenza per lunghissimi anni di un processo penale che rende l’uomo unicamente un imputato in palese contrasto con la presunzione costituzionale di non colpevolezza”, ha detto ancora Cassano, applaudita su questo passaggio. Lo ‘spirito del popolo’, ha aggiunto Cassano, “sollecita condanne immediate e torsioni delle regole per il raggiungimento della verità ad ogni costo; chiede ai magistrati di lottare contro il nemico del momento”. “Ritengo – ha proseguito – che a queste pressioni la magistratura debba rispondere con la forza della ragione, della serenità, della pacatezza e con la fedeltà ai valori costituzionali che trovano quotidianamente attuazione grazie a un’amministrazione della giustizia rispettosa delle regole e della dignità di ogni persona” Varie proteste poi ci sono state in altre città italiane: Catania, Ancona. Reggio Calabria, Trieste.

Bonafede: “Rispetto le divergenze dei penalisti”

“Io rispetto le divergenze dei penalisti”: lo ha detto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano parlando della riforma della prescrizione avversata dagli avvocati. Per Bonafede, le divergenze sono “fisiologiche”. “Io -ha aggiunto – sono pronto al confronto con tutti gli attori”, “condivido che dobbiamo intervenire sui tempi del processo”. Il ministro ha spiegato inoltre di non aver “mai detto che per mela prescrizione è un modo per ridurre questi tempi”. Poi ha precisato: “Mi dispiace che vengano a volte utilizzati per etichettarmi aggettivi che ormai sono all’ordine del giorno come l’essere incivile e manettaro. Sono il primo ministro della giustizia che ha stabilito un controllo strutturale dell’ispettorato del mio Ministero su tutti i casi di ingiusta detenzione – ha aggiunto. – Controllo che prima veniva fatto soltanto sulle cosiddette scarcerazioni tardive”.




Riforma della prescrizione e presunti innocenti in carcere: Bonafede, i dati ministeriali e… quelle prese di posizione

Il ministro Alfonso Bonafede
continua a collezionare molte critiche per le sue “uscite” e prese di posizione
riguardo un mondo che a volte sembra essere lontano dalla sua comprensione.

Soltanto lo scorso 24 gennaio,
durante il programma de La7 “In Onda” ha detto che “gli innocenti non finiscono
in carcere”, dimostrando quindi di ignorare i dati del suo ministero.

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Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 30/01/2020

Nelle carceri italiane, infatti, il 34,5% dei detenuti è oggi in attesa di giudizio, cioè presunti innocenti. Dal 1992 alla fine del 2017, 26.412 persone hanno subito una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, prima di essere riconosciute innocenti con sentenza definitiva.

Quindi oltre 26 mila innocenti ristretti nelle patrie galere

Per risarcirli, lo Stato ha versato complessivamente poco meno di 656 milioni di euro. Ma non è tutto. A stigmatizzare il comportamento del Guardasigilli è stato anche il Garante dei detenuti, Mauro Palma, che ha criticato il video “postato dal ministro della giustizia e pubblicato sulla rivista online ministeriale”, che “si aggiunge a quel riferimento al ‘marcire’ che il ministro dell’Interno ha più volte espresso in suoi video, riferimento che indica una finalità della pena detentiva opposta a quella voluta dalla nostra Costituzione”.

Ma non è finita perché ci
sono le palesi proteste contro la legge Bonafede sulla riforma della
prescrizione.

In sostanza, da quest’ anno
la prescrizione dei reati si interromperà dopo la sentenza di primo grado, sia
di condanna sia di assoluzione.

Oltre a non snellire i tempi
della giustizia, secondo molti questa riforma metterà a dura prova gli uffici
giuridici, portando il sistema italiano al collasso totale