Rimini, stupri: catturato alla stazione il capo branco

RIMINI – È stato preso nella notte a Rimini il quarto giovane del ‘branco’ autore degli stupri a Rimini. Si chiama Guerlin Butungu, 20 anni, congolese, rifugiato residente a Vallefoglia, nel Pesarese. Si nascondeva alla stazione di Rimini. E’ stato preso dagli agenti dello Sco e della Squadra mobile di Rimini e Pesaro. E’ considerato il ‘capobranco’. Il ventenne congolese sarebbe un richiedente asilo. E’ salito a Pesaro su un treno diretto a Milano con l’intenzione, secondo quanto riferiscono gli investigatori, di fuggire poi in Francia. Ma a Rimini é stato bloccato. Gli uomini della squadra mobile che stavano monitorando i suoi spostamenti con l’ausilio delle tecnologie, lo hanno fermato mentre il treno transitava alla stazione. Una volta bloccato il convoglio gli uomini dello Sco e della squadra mobile sono saliti e hanno trovato il ragazzo in una delle carrozze.

 

Fermato dalla squadra mobile di Rimini ieri il terzo componente del gruppo dopo che due fratelli marocchini minorenni si sono costituiti nel pomeriggio a Pesaro. “Gli ho detto di andare subito dai carabinieri. Può capitare che uno rubi un telefonino, ma non che uno violenta una donna. Se hanno fatto una cosa del genere devono pagare”, Sono le parole al Resto del Carlino del padre dei due fratelli marocchini di 15 e 17 anni residenti a Vallefoglia, nel Pesarese, che ieri si sono presentati in caserma per ammettere il loro coinvolgimento nel doppio stupro di Miramare di Rimini.

 

I due giovani avrebbero deciso di presentarsi dopo la diffusione delle immagini e a causa della pressione esercitata in questi giorni dalla polizia di Rimini. Una telecamera di sorveglianza avrebbe infatti ripreso i quattro uomini che avrebbero partecipato allo stupro sulla spiaggia del Bagno 130 di Miramare a Rimini. Ieri, un nuovo sopralluogo era stato fatto dalla polizia scientifica, a richiesta della Procura, nel punto dell’aggressione alla prostituta transessuale. L’obiettivo era ritrovare un frammento della bottiglia usata dai quattro stranieri per minacciare la peruviana. Un frammento di quella bottiglia è stato repertato dalla polizia e ora si attendono i risultati scientifici per l’esame delle impronte digitali.

 

“Se colpevoli, minorenni o no, castrazione chimica e poi a casa loro!”, commenta Matteo Salvini, segretario della Lega sulle prime ammissioni dei presunti stupratori di Rimini. “L’arresto di questa mattina è stato una doppia soddisfazione perché a mettere le manette al quarto uomo sono state due donne. Un gesto simbolico che ha reso giustizia alle vittime delle violenze”. Così il Questore Maurizio Improta ha commentato la cattura che chiude il cerchio attorno al branco autore delle brutali violenze commesse poco più di una settimana fa a Rimini. “Un risultato reso possibile da un grande lavoro di squadra. L’uomo fermato questa mattina, un nigeriano maggiorenne che risulta richiedente asilo, in un primo momento è rimasto meravigliato dalla presenza dei poliziotti e ha cercato di negare la sua identità. Ma ormai era stato inchiodato”.




Rimini, stupri: preso il terzo componente del branco

RIMINI – La squadra mobile della Questura di Rimini ha preso un terzo componente del gruppo di quattro persone ricercate per il doppio stupro della scorsa settimana a Rimini Miramare. Dopo che due fratelli marocchini minorenni si sono costituiti nel pomeriggio a Pesaro, è confermata la nazionalità degli altri due: uno è congolese, anche lui minorenne, mentre il capobanda è un nigeriano con più di 18 anni. Non si sa ancora quale di questi due sia quello fermato dalla Polizia. Nessuno di loro avrebbe precedenti penali.

“Siamo stati noi”, avrebbero detto i due ragazzi che si sono costituiti, trasferiti a Rimini per l’interrogatorio in Procura alla presenza del pm che coordina le indagini e di un magistrato del tribunale dei minori di Bologna. La seconda vittima del branco, la prostituta transessuale peruviana, è stata portata in Questura per il riconoscimento.

I due giovani avrebbero deciso di presentarsi dopo la diffusione delle immagini e a causa della pressione esercitata in questi giorni dalla polizia di Rimini.

Una telecamera di sorveglianza avrebbe infatti ripreso i quattro uomini che avrebbero partecipato allo stupro sulla spiaggia del Bagno 130 di Miramare a Rimini. Ieri, un nuovo sopralluogo era stato fatto dalla polizia scientifica, a richiesta della Procura, nel punto dell’aggressione alla prostituta transessuale. L’obiettivo era ritrovare un frammento della bottiglia usata dai quattro stranieri per minacciare la peruviana. Un frammento di quella bottiglia è stato repertato dalla polizia e ora si attendono i risultati scientifici per l’esame delle impronte digitali.

“Se colpevoli, minorenni o no, castrazione chimica e poi a casa loro!”, commenta Matteo Salvini, segretario della Lega sulle prime ammissioni dei presunti stupratori di Rimini.




Rimini: una delle vittime riconosce i quattro stupratori

 

Redazione

 

RIMINI – La prostituta transessuale peruviana ha riconosciuto senza ombra di dubbio i quattro del branco che l'ha aggregata nella notte del doppio stupro a Miramare, tra sabato e domenica scorsi. Negli ambienti investigativi vige il massimo riserbo ma sembra che la transessuale abbia visto le immagini elaborate dalla polizia scientifica e squadra mobile e abbia senza dubbio identificato chi l'ha stuprata, dopo aver violentato a turno una turista polacca e aggredito l'amico sulla spiaggia del Bagno 130 di Miramare.
Intanto in queste ore in tribunale a Rimini si sta tenendo un incontro tra squadra mobile magistrati italiani e polacchi. Le autorità polacche con rogatoria internazionale hanno chiesto di poter accedere gli atti. I due turisti polacchi (ancora in ospedale, pare saranno dimessi lunedì) saranno nuovamente verbalizzati dagli agenti italiani e polacchi.




Rimini, violenza in spiaggia: l'ennesimo crimine contro una donna

 

di Roberto Ragone

 

“Vi prego, aiutateci a tornare a casa. “ è la voce della ragazza cittadina polacca stuprata dal branco sulla spiaggia di Rimini, al ‘Bagno 130’, nella notte fra venerdì  e sabato. Sarà difficile, per lei, dimenticare quanto accaduto, e molto più probabilmente, porterà dentro di sé una ferita che non potrà rimarginare. L’Italia e la vacanza al mare, per lei, sarà sempre un luogo di terrore, da cancellare dai suoi ricordi e da non consigliare agli amici. Un luogo che un’invasione selvaggia sta riducendo un mondezzaio.  Continua la caccia al branco, e intanto dobbiamo annoverare l’ennesimo crimine odioso contro una donna. Successivamente i quattro si sono spostati verso la statale, dove hanno picchiato, violentato e rapinato un transessuale chi lì aveva il suo luogo di prostituzione. Ogni volta che succede, ci chiediamo come mai lo stupro di una donna ci procuri una sensazione indescrivibile, nel profondo, di dolore e ripulsa per una prepotenza perpetrata contro una persona indifesa, colpita non solo nel corpo, ma nella sua intimità più gelosamente custodita, della quale lei sola ha il diritto di disporre. Lo stupro della ragazza polacca al Bagno 130 di Rimini, l’altra notte, mi ha riportato indietro di cinquant’anni, quando, nella mia città e nelle sue più prossime propaggini, ci fu un’ondata di aggressioni a coppie che si appartavano in auto, e il copione era sempre lo stesso: lui picchiato e rapinato, lei sottoposta alle più atroci e immaginabili sevizie da parte di più persone. Questo provocò un fenomeno di aggregazione, per cui si crearono spontaneamente luoghi in cui si parcheggiavano le auto in gruppo, per proteggersi a vicenda. Gli autori dell’aggressione di Rimini pare siano di colore, ma non troppo scuri di pelle, forse nordafricani. E qui ci vengono da fare altre considerazioni. Immigrazione selvaggia, senza controllo; migranti protetti da ogni parte, perfino dal Papa e dalla presidente della Camera dei Deputati; polizia sottorganico resa impotente di fronte a tutti questi stranieri, e che deve a volte subire perché non può reagire; assurda legge sulla ‘tortura’, che ben si attaglia a chi voglia e debba, per l’onore della divisa, far rispettare l’ordine e la legalità. Eccetera eccetera. L’Italia è sotto attacco. Da una parte i musulmani che prepotentemente e con arroganza pretendono ciò che a loro – e purtroppo anche a molti altri – appaiono come dei diritti inalienabili, in nome della loro religione: tutto ‘a prescindere’, senza una regola e senza un tentativo di quella integrazione unilaterale proclamata soltanto da parte dell’Italia buonista. Appare chiaro infatti che quelli di loro che si dichiarano integrati lo siano soltanto per ragioni economiche, perché magari sono in Italia da più anni e hanno un’attività commerciale, o comunque interessi economici. Diverso è il discorso di quelli che da poco sono approdati alle nostre sponde, che piuttosto tendono a far gruppo fra di loro e a coltivare invece verso di noi l’odio di un popolo invasore verso l’occupato.

 

L’integrazione, posto che sia possibile – ma non lo è, almeno come la intendono i buonisti di casa nostra – dev’essere un’accettazione totale delle nostre regole e dei nostri costumi, e questo appare impossibile. L’Islam sarà anche per alcuni una religione di pace, a parole, ma nei fatti si dimostra tutt’altro. Dall’altra parte i giovani aitanti e pieni di ormoni che riempiono i canotti recuperati dalle ONG. Gente di colore – non è una colpa – che non viene in Italia per sfuggire ad una guerra, almeno per la maggior parte, ma affronta un viaggio verso una terra che a loro è stata presentata come il Bengodi da chi li ha reclutati, per tentare la fortuna. Stranieri in terra straniera, in una nazione di bianchi che loro disprezzano e che per la maggior parte non distingue un ‘nero’ da un altro, per noi fisiognomicamente sono più o meno tutti uguali. Ottima occasione per mimetizzarsi, e ottima occasione per approfittare dell’insufficienza delle nostre forze dell’ordine e della nostra magistratura. Terreno di conquista per chiunque, con un decreto di espulsione in tasca, voglia darsi alla clandestinità e al malaffare. I quattro (presunti?) maghrebini che hanno aggredito e ridotto all’incoscienza il ragazzo polacco, e violentato ‘ripetutamente’ la sua amica, probabilmente provengono da quest’ultima categoria. Lo stupro è un’azione vigliacca, peggio dell’omicidio, e come tale andrebbe sanzionato. Meno male che, molti anni fa, da reato contro la pubblica decenza è stato riconosciuto reato contro la persona: ma le pene sono ancora troppo lievi, e i giudici hanno paura di calcare la mano, ciò che invece andrebbe fatto in questo caso – posto che i quattro responsabili siano trovati e assicurati ‘alla giustizia’.

 

Pare che il trans, anch’esso – o essa – aggredito/a non abbia presentato denuncia di quanto accaduto, forse per evitare il ridicolo che fatalmente scaturirebbe da titoli sui giornali. Ricordiamo che costringere una persona ad un atto sessuale contro la sua volontà, anche se prostituta di mestiere, è sempre uno stupro, e non possiamo noi discernere quali conseguenze psicologiche possa avere, anche su di una persona che di un atto sessuale ha fatto il proprio – disgraziato – mestiere. Per concludere, lo stupro è un atto ignobile, che procura conseguenze irreparabili nella psiche di chi lo subisce, condannando la vittima ad un ergastolo psicologico che i colpevoli certamente non subiranno. Lo stupro è visto come un segno di disprezzo verso i vinti, come è facile discernere in questo caso. L’Italia sta soccombendo agli invasori, da qualunque parte essi provengano, e l’episodio del palazzo di via Curtatone, a Roma, è stato un punto di rottura fra la nostra legalità – rappresentata da quei poliziotti che hanno preso fior di mazzate, ma questo nei Tiggì non viene trasmesso – e i territori conquistati da chi è venuto in Italia non per integrarsi, né per procurarsi un lavoro regolare, ma solo per sfruttare la condizione miseranda in cui la nazione si trova, con un governo – ricordiamo, il quarto non eletto – ed una classe politica a dir poco penosi. Bene ha fatto chi ha organizzato lo sgombero, prevedendo, soltanto per gli aventi diritto, una sistemazione alternativa. Male fa chi protegge senza condizioni questa gente, fra cui certamente si possono trovare persone che, secondo le leggi internazionali sull’accoglienza, hanno diritto d’essere accolti; ma questi ultimi sono solo uno scudo umano per tutti gli altri malintenzionati senza controllo e senza identità che scorrazzano per la nostra penisola. Come, appunto, i quattro violentatori di Rimini, che non sono i primi né saranno gli ultimi, se andiamo a guardare il numero di violenze sessuali che si perpetrano anche nelle città, e in pieno centro, da parte di extracomunitari.

 

D’altra parte, è fatale che ciò accada, quando si accoglie chiunque, proveniente da paesi dove la donna è considerata un oggetto di piacere – con buona pace della signora Boldrini e del suo femminismo spinto – e lo stupro è costume accettato, tenendo presente che, come dicevo prima, i ‘barconi’ sono zeppi di giovani forti e robusti, in pieno rigoglio sessuale. Tutti ci auguriamo che i quattro – presunti – maghrebini vengano al più presto catturati, ma questo non risolverà alcun problema. Infatti, il problema è strutturale, e molto più complesso, e richiederebbe azioni combinate di forze dell’ordine, con più controllo del territorio, magistratura con leggi certe e applicate anche al massimo delle pene, coscienza civile da parte della nostra politica e maggiore efficienza; meno ‘orientamento’ buonista e politico per principio, meno ‘protezioni’ dall’altro, più desiderio di vivere in una nazione finalmente vivibile e ordinata, dove di sera una donna possa anche uscire da sola senza rischi. Ma forse, anzi, probabilmente, tutto questo non accadrà mai più.




Orrore a Rimini, donna stuprata da branco di fronte al fidanzato

 

Redazione

 

RIMINI – Lei stuprata ripetutamente da quattro uomini davanti al fidanzato, lui aggredito, picchiato e rapinato. E' accaduto la notte scorsa sulla spiaggia di Rimini, sulla battigia del bagno 130. La polizia di Stato in queste ore è sulle tracce di quattro persone, forse straniere. Ad essere aggredita una coppia di turisti polacchi, trasportata in ospedale.

Le due vittime, di 26 anni, erano in vacanza a Rimini con un gruppo di connazionali dalla Polonia, alloggiati in un hotel di via Padova, ed era l'ultima sera di vacanza. Lei è stata violentata a ripetizione da quattro uomini; lui, aggredito e colpito al capo più volte, è stato lasciato a terra svenuto. Il loro gruppo proprio questa mattina è ripartito per tornare a casa, non i due giovani, ancora ricoverati. La coppia, quando è stata aggredita, si era probabilmente appartata da poco per un po' d'intimità sotto le stelle in un luogo poco illuminato. Erano stesi sui lettini del bagno a scambiarsi effusioni quando i quattro sono comparsi dal nulla, aggredendoli. E' successo intorno alle 4 e l'allarme è scattato quando alcuni passanti, vedendo la coppia insanguinata e sotto choc camminare sul lungomare, hanno chiamato la polizia.

Il giovane dovrebbe essere dimesso a breve dal Pronto Soccorso, per essere sentito nuovamente in Questura con l'ausilio di un interprete, anche se parlerebbe correntemente inglese. Sequestrati gli indumenti della ragazza, tra cui i pantaloncini corti che indossava al momento dello stupro. Per lei è stato immediatamente attivato il protocollo sanitario previsto in caso di violenza sessuale e l'assistenza psicologica.

"Gli autori dell'aggressione e dello stupro? Sicuramente giovani e non escludo reduci da una notte di sballo con abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti". Lo ha detto all'ANSA il questore di Rimini, Maurizio Improta, che oggi, dopo un'estate tra le più tranquille degli ultimi anni, si trova di fronte ad un caso tra i più odiosi per circostanze e vocazione del territorio: stupro di gruppo e rapina in spiaggia. "Senza entrare nello specifico dell'attività d'indagine – spiega – l'impegno degli investigatori della Questura dalle prime ore dell'alba, pochi minuti dopo l'allarme, è stato ed è totale, perché una disumana violenza nei confronti dei due giovani che avevano cercato un momento di intimità sulla spiaggia l'ha trasformato in un incubo. Mi auguro ora che un incubo lo diventi per gli autori del gesto. Non posso dire nulla sullo stato delle indagini, per non dare vantaggi agli aggressori"




San Marino, auto contro muretto durante rally Rose'n Bowl: morto il pilota di Rimini

 

SAN MARINO – Incidente mortale durante il rally 'Rose'n Bowl' a San Marino: ha perso la vita il pilota Alessandro Pepe, 43 anni, originario di Coriano (Rimini) e residente sul Titano. Ferite lievi per il navigatore. Pepe era alla guida di una A112 Abarth e gareggiava nella categoria auto storiche. Secondo una prima ricostruzione della Polizia civile, quando l'auto è arrivata nei pressi di un dosso ha perso il controllo ed è finita contro il muretto di cinta di un'abitazione. La gara è stata sospesa.

Il pilota non è deceduto nell'impatto: è stato soccorso e portato all'ospedale di Stato, ma dopo un paio d'ore, verso le 12, i sanitari ne hanno dichiarato il decesso. Il rally è giunto alla 17/a edizione e lo stesso Alessandro Pepe, che nella vita lavorava al 'Conad Azzurro' di Serravalle, pare avesse già gareggiato diverse volte. L'indagine sull'incidente – che non ha coinvolto spettatori – è affidata alla polizia civile di San Marino. Il pilota partecipava a una delle tre prove speciali, denominata 'Le tane', in cui era divisa la gara, valida per il Campionato Sammarinese e Campionato Erms.

Scuderia, colpiti da tragico evento – La Scuderia San Marino, con una nota sul proprio sito, spiega che l'incidente in cui è morto il pilota Alessandro Pepe è avvenuto nel corso della prova speciale n.3 'Le Tane', alle 10:09, nella parte finale del percorso, in strada Val Giurata a Domagnano. "Le partenze – precisa la Scuderia – sono state immediatamente sospese e i mezzi di soccorso sono prontamente intervenuti sul posto. La squadra di pronto intervento ha provveduto a sbloccare la portiera, consentendo le operazioni di soccorso all'equipe medica. Il navigatore, il sammarinese Alberto Ronci, non ha riportato nessun tipo di trauma. Le attenzioni si sono concentrate sul pilota, le cui condizioni sono da subito apparse gravi tanto che è stato rapidamente trasportato al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Stato di San Marino. Purtroppo le sue condizioni si sono successivamente aggravate e i medici alle 11.55 ne hanno dichiarato il decesso. La manifestazione è stata immediatamente interrotta. I concorrenti, unitamente alla Scuderia San Marino, profondamente colpiti da questo tragico evento, si uniscono alla famiglia in questo momento di dolore".




Rimini, si sfidano a saltare nel vuoto: 13enne in ospedale

 

di Marco Staffiero


RIMINI – "Benvenuti" nell'era della pazzia. Non salta un giorno, dove aprendo il giornale o qualche sito web non veniamo a conoscenza di un orribile gesto. Dagli omicidi ai suicidi, passando per i continui atti di violenza verso qualunque forma di vita. E' il tempo dell'odio e della violenza più spietata. Azioni crudeli spinte dal gioco, dalla noia o più semplicemente frutto di una società allo sbando priva di qualsiasi valore e principio. Oggi la collega Chiara Barin su Il Resto del Carlino ha riportato una notizia, che dovrebbe farci riflettere. Una sfida pericolosa:saltare nel vuoto tra un parapetto e l’altro, rischiando di inciampare e precipitare per diversi metri. E’ quella in cui, da alcune settimane a questa parte, sembrerebbero cimentarsi alcuni ragazzini nella zona di via Flaminia, all’altezza della caserma ‘Giulio Cesare’(a Rimini).
 
Il gioco ricorda molto da vicino il parkour, sport estremo che consiste nell’affrontare un percorso urbano, eseguendo salti, capriole e arrampicate per superare diversi ostacoli. Difficile dire se gli adolescenti riminesi si siano ispirati in qualche modo ai campioni di questa disciplina. Sta di fatto che ieri uno di loro ha rischiato davvero grosso, sbattendo contro un muretto e finendo direttamente all’ospedale. Protagonista di questa disavventura un 13enne, che forse voleva stupire gli amici saltando da un parapetto all’altro. Probabilmente ha calcolato male la traiettoria, perché alla fine il suo balzo si è concluso contro il ripiano in cemento. Il giovane ha iniziato a urlare dal dolore, richiamando sul posto i clienti e i gestori di alcune attività vicine, che gli hanno prestato i primi soccorso.
 
Il tutto sotto gli occhi di numerosi coetanei, che a quell’ora stavano aspettando l’autobus nei pressi della fermata (a poche centinaia di metri è situato il centro studi). Sul posto è quindi intervenuta un’ambulanza del 118. Il 13enne è stato stabilizzato dal personale medico, che quindi ha deciso di trasportarlo a sirene spiegate all’ospedale ‘Infermi’ di Rimini. Stando ai primi accertamenti, pare che se la sia cavata soltanto con una caviglia rotta. Grande la paura tra le persone presenti in via Flaminia, che lo hanno sentito urlare disperato subito dopo la caduta.
 
«Sapevo che prima o dopo qualcuno si sarebbe fatto male» allarga le braccia un residente. «Non è la prima volta che vedo i ragazzini compiere gesti del genere. Si danno appuntamento qui all’uscita da scuola oppure nel pomeriggio, e si divertono a saltare nel vuoto sopra il ‘fossato’. Qualche volta ho provato a rimproverarli, ma loro mi hanno risposto in malo modo. Per carità, in fondo si tratta di semplici bravate tra adolescenti. Il rischio di cadere però è sempre dietro l’angolo. Per fortuna questa volta non ci sono state conseguenze gravissime, anche se poteva andare diversamente». «E’ una sorta di gara – aggiunge un esercente –. Si sfidano a compiere il salto più lungo oppure a compiere determinati ostacoli. Forse non pensano ai rischi che corrono: altrimenti non sarebbero così avventati». Cosa passa per la mente ai ragazzi di questa ultima gererazione? dove sono le loro famiglie? la società dei telefonini e di Facebook offre questo? Poniamoci delle domande e cerchiamo di trovare delle rispospe immediate prima che sia troppo tardi.



Rimini, ritrovamento inquietante: una donna a pezzi in un trolley

 

RIMINI – È di una donna di origine orientale il cadavere rinvenuto in una valigia, ripescata in mare, al porto di Rimini. A fare la scoperta due amici che stavano lavorando alla rimessa in acqua di una barca. Il cadavere – in stato di decomposizione perché, secondo i primi accertamenti, la morte sarebbe avvenuta almeno 10 giorni fa, era ripiegato in un trolley blu.

Quando i due amici hanno aperto la valigia è scattato l'allarme: sul posto sono arrivati gli agenti della Squadra Mobile della Polizia, la Scientifica e il magistrato di turno Davide Ercolani che coordina le indagini.

Secondo quanto emerso si tratterebbe del corpo di una donna sui 40 anni estremamente magra, dai tratti somatici orientali, rannicchiata nella valigia senza vestiti addosso. Sul corpo – come riporta la stampa locale – non vi sarebbero segni di ferire e l'autopsia è prevista domani. La morte potrebbe essere avvenuta ovunque perché la valigia potrebbe essere stata trascinata dalla corrente da tanto tempo.

Secondo quanto riporta – sostenendo che l'ipotesi è al vaglio degli inquirenti – il quotidiano genovese Il Secolo XIX, il corpo potrebbe essere della donna di origini cinesi Xing Lei Li, 36 anni. Della 36enne si sono perse le tracce durante una crociera che ha varie città del Mediterraneo, tra cui Genova.

La morte della donna – che sarebbe avvenuta almeno 10 giorni fa, domani è in programma l'autopsia – potrebbe essere avvenuta ovunque: la valigia, infatti, potrebbe essere stata trascinata dalla corrente da tanto tempo.

Secondo il giornale ligure "il sospetto della Polizia è che il marito, Daniel Belling, irlandese di 45 anni, tecnico informatico della Apple, l'abbia strangolata e poi gettata in mare proprio all'interno di una valigia". L'uomo, viene spiegato è stato arrestato per omicidio, lo scorso 20 febbraio, respingendo ogni accusa dicendo che la moglie si era allontanata volontariamente dalla nave.

"Siamo in stretto contatto con i colleghi della Procura di Roma – ha confermato al Secolo XIX Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini – per verificare questa ipotesi. Sapremo qualcosa di più solo nelle prossime ore". Il cadavere rinvenuto a Rimini in un trolley nelle acque del porto, è di una donna di origine orientale sui 40 anni estremamente magra ed è stato scoperto da due amici che stavano lavorando alla rimessa in acqua di una barca. Il cadavere – in stato di decomposizione – era rannicchiato nella valigia senza vestiti addosso




Rimini, scivola sullo scooter e cade su un istrice: operato 17enne

 

RIMINI – Cade dallo scooter, forse a causa del ghiaccio, e 'atterra' di faccia sul dorso di un istrice che si trovava sul bordo della strada, nascosto tra l'erba: oltre a vari ematomi, sei aculei del roditore gli rimangono conficcati nel volto e due, in particolare, nell'occhio sinistro. Il singolare incidente – riferisce il Resto del Carlino – ha avuto per protagonista uno studente diciassettenne in una stradina della Valconca, nel Riminese.
Dopo essere stato stabilizzato dai sanitari del pronto soccorso dell'ospedale Infermi, il giovane è stato trasferito al Ceccarini di Riccione, nel reparto di Oculistica, per essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico al cristallino.
Gli specialisti hanno anche ricostruito alcune parti danneggiate; le prossime settimane saranno decisive per verificare il recupero della funzionalità dell'occhio.




Rimini shock: violenta una bimba di 6 anni: arrestato


Redazione


RIMINI – Un uomo di origini straniere è stato arrestato dalla polizia di Stato di Rimini per presunta violenza sessuale su una bimba di 6 anni. A dare l'allarme è stata la mamma, pure straniera, che ha visto la figlioletta sanguinante. Immediato l'intervento con agenti della squadra Mobile specializzati in reati sessuali contro i minori. In casa oltre ai genitori, al momento del presunto abuso, c'erano anche altri ospiti, ma è stata proprio la bimba ad indicare con precisione l'uomo che le aveva procurato le lesioni.




Rimini: 13enne incinta. Lui ha 35 anni

 

di Andrea Barbi


RIMINI
– Indagato un 38enne per violenza sessuale nei confronti di una tredicenne del luogo. La vicenda sarebbe emersa quando i medici dell’ospedale riminese hanno riscontrato, con grande stupore, la gravidanza della bambina. La vicenda assume caratteri ancora più inquietanti poiché anche la madre della giovane vittima resta indagata per concorso in violenza sessuale in quanto sarebbe stata a conoscenza della breve relazione consensuale tra la figlia e l’uomo di 25 anni più grande. Da indiscrezioni pare, infatti, che molti degli incontri fra i due siano avvenuti nell’abitazione che la vittima condivide con la madre, che quindi, era molto probabilmente a conoscenza della situazione ma non ha denunciato. A testimonianza di questo alcuni vicini di casa avrebbero sostenuto di aver notato spesso l’auto dell’indagato nei pressi di quella abitazione pensando, ovviamente, che si trattasse di una persona interessata in qualche modo alla compagnia della donna e non di certo a quella della figlia di soli 13 anni. Nessuno di loro poteva immaginare, invece, che a pochi metri di distanza si stesse compiendo un atto così vile e disgustoso, perché compiuto nei confronti di una ragazzina che dovrebbe vivere la sua prima adolescenza in modo spensierato come le sue coetanee e non di certo sopportare la responsabilità e le fatiche che una gravidanza comporta.


È doveroso ricordare che se anche si dovesse riscontrare, che, come sembra, i rapporti sessuali siano stati consenzienti e quindi la tredicenne non sia stata obbligata a compierli; in Italia l’età minima del consenso è fissata, per legge, a 14 anni. Questo significa che prima di questo limite è proibito nel nostro paese avere rapporti sessuali di qualsiasi tipo. L’attuale legislazione consente, tuttavia, una eccezione che riguarda solo i rapporti tra minorenni con un massimo di 5 anni di differenza fra i due individui. Solo in questa modalità  l’atto sessuale non costituirebbe reato, ma questo caso di cronaca esula completamente dalla suddetta eventualità vista la grande differenza anagrafica tra il riminese e quella bambina che potrebbe ipoteticamente essere tranquillamente sua figlia.