MORTE ALESSANDRO NASTA: RICHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER I VERTICI DELLA DIFESA

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di Chiara Rai

Bufera nella Marina Militare: C'è una richiesta di rinvio a giudizio per i vertici della Difesa sul caso della morte di Alessandro Nasta, Sottocapo Nocchiere di 3ª classe della Marina militare che ha perso la vita il 24 maggio 2012 sulla nave Amerigo Vespucci precipitando dall'albero di maestra, il più alto. Aveva solo 29 anni e cadde da una altezza di circa 15 metri urtando la testa sul ponte di coperta. Sui fatti indaga la Procura della Repubblica di Civitavecchia. La richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata nei confronti: dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina (quando avvenne l'incidente era Comandante in Capo della Squadra Navale); dell'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già Capo di Stato Maggiore della Difesa (quando avvenne l'incidente era il Capo di Stato Maggiore della Marina); dell'ammiraglio Bruno Branciforte, già Capo di Stato Maggiore della Marina; del Capitano di Fregata, Domenico La Faia, in qualità di comandante della nave scuola Amerigo Vespucci; del Capitano di Fregata Marco Grassi, in qualità di comandante in seconda della Vespucci.

Con piacere pubblichiamo una lettera scritta dalla madre di Alessandro, Marisa Toraldo:

"Sono trascorsi quasi tre anni da quel maledetto giorno, precisamente il 24 maggio 2012, ma oggi come allora, preso atto della richiesta di rinvio a giudizio, la mia unica ragione di vita è conoscere tutta la verità sulla morte di mio figlio Alessandro.

Alessandro, sottocapo nocchiere della marina militare, aveva solamente 29 anni e non è morto per un malore ma perchè, comandato ad effettuare lavori in quota, è precipitato schiantandosi sul ponte di coperta della nave Amerigo Vespucci.

Le cause reali della sua tragica morte, che hanno sconvolto la mia esistenza di madre e quella di tutta la famiglia, sin da subito sono apparse a tutti noi non chiare; le riflessioni immediate sul tragico incidente ci hanno portato a chiedere spiegazioni capaci di derimere i legittimi dubbi che qualsiasi madre, al mio posto, avrebbe palesato.

Nell'immediato, seppur nella totale disperazione, ho cercato di comprendere la dinamica dell'incidente con la speranza di capire come fossero andati i fatti e quali fossero le circostanze nelle quali il tutto si fosse verificato.

Mi sono rivolta sin da subito ai vertici della Marina Militare e, stretta nel mio dolore di madre, ho cercato di sforzarmi di capire ciò che, di volta in volta, mi veniva raccontato in merito alle circostanze nelle quali era occorsa la tragica morte di mio figlio.

Inizialmete ho avuto come l'impressione di non essere nelle condizioni di riuscire a capire, ma più passava il tempo e più mi rendevo conto di non aver avuto alcuna risposta alla più naturale, più spontanea e significativa domanda che avevo sempre posto: <>

Malgrado il mio profondo dolore mi sono sempre sforzata di decifrare tutte quelle risposte vaghe, quelle mancate giustificazioni plausibili sulla morte di Alessandro, morte che sin da subito, avendo visitato il luogo nel quale si era verificata, mi era apparsa drammaticamente prevedibile.

La nave scuola Amerigo Vespucci, orgoglio rappresentativo della nostra marineria italiana, segue da anni una tradizione velica portata avanti con grande impegno dal personale a cui vine richiesto di operare in condizioni ad altissimo rischio; le altezze elevate alle quali vengono effettuate le manovre dovrebbero necessariamente imporre un rigoroso e perentorio rispetto, da parte della marina, della complessa ed esaustiva normativa di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il rischio lavorativo, reso palese dalle straordinarie altezze a cui sono chiamati ad operare i nocchieri di nave Vespucci, avrebbe dovuto portare i vertici della marina militare ad imporre il perentorio rispetto della normativa al fine di tutelare la vita stessa dei marinai con idonei dispositivi anticaduta.

Perseguire la tradizione marinaresca, trascurando l'adeguamento delle proprie strutture di sicurezza e concentrandosi unicamente sul rinnovamento degli apparati tecnologici di navigazione del veliero, senza una adeguata valutazione del rischio per chi opera su quelle altezze, è inammissibile!

Non esiste tradizione degna di essere commemorata senza il rispetto delle fondamentali norme di sicurezza previste dal nostro ordinamento giuridico. Anni di attività del Vespucci senza infortuni mortali non potevano portare i vertici della marina militare a sottovalutare un tale rischio, non potevano escludere che il tutto si potesse verificare in una frazione di secondo, quella maledetta frazione di secondo che, priva di tutele, è costata la vita a mio figlio Alessandro.

I rischi palesi, ancor più quelli noti e legiferati come quello delle cadute dall'alto, si valutano a prescindere, senza rimanere in attesa di un adeguamento alla normativa di settore dopo che si è registrata la prima vittima.

Anche all'interno della Marina Militare esistono professionisti specializzati nel settore della sicurezza dei luoghi di lavoro e ciò che ancora oggi mi domando è come mai, malgrado fosse in vigore e recepito già da diverso tempo il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, lo stesso non sia valso per tutelare la vita di mio figlio.

Tra le diverse e assurde giustificazioni che, mio malgrado, finora ho dovuto ascoltare c'e' stata l'ipotesi di un generico malore…

Da madre allora mi domando: basta un generico malore per morire su nave Vespucci? Un malore anche transitorio può mai giustificare l'assenza di una fune di arresto caduta?

Mio figlio Alessandro ci credeva con passione nel suo lavoro, che svolgeva con grande impegno e professionalità; pensava di essere al sicuro nelle mani di una Istituzione e mai avrebbe immaginato che avrebbe perso la vita sul veliero più prestigioso al mondo, perchè sprovvisto dei più basilari ed elementari mezzi di protezione capaci di evitargli lo schianto sul ponte.

I militari sono lavoratori, sono dei grandi lavoratori e in quanto tali dovrebbero vedere riconosciuti tutti i diritti e tutte le tutele da parte dello Stato: questo deve essere rimarcato e sottolineato a grandi lettere.

Mi auguro che la morte di Alessandro possa essere motivo di riflessione per tutti e che la sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo nei lavori in quota, possa diventare una delle priorità perseguite dai vertici della marina militare per la tutela del proprio personale.

La marina militare puo' fare tanto per onorare la morte di mio figlio Alessandro, in primis riflettere su quanto accaduto per valutare i punti critici sui quali intervenire, sino ad ammettere le proprie mancanze al fine di porvi rimedio.

Solo perseguendo la tutela della salute si sarà fatto tanto per far sì che i principi fondamentali come quello della “sicurezza” siano finalmente oggetto di formazione specifica e di condivisione.

La sicurezza è e deve diventare, la migliore delle “tradizioni” della marina militare.

Alessandro oggi non c'è più, ma sarebbe sicuramente felice di sapere che i suoi amati colleghi, possano contare sulla presenza di funi e dispositivi di protezione individuale capaci di valorizzare nel migliore dei modi, i marinai per antonomasia, i nocchieri come Alessandro.

Confido nel grande lavoro della Magistratura, sono una madre italiana che crede nello Stato e che chiede semplicemente giustizia con l'individuazione dei responsabili della morte di mio figlio".