ROMA, CAMORRA: MAXISEQUESTRO DI 49 MILIONI DI EURO A 3 IMPRENDITORI

Redazione
 
Roma – La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Roma ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 49 milioni di euro a Giuliano, Michele e Luigi Ascione. Fratelli imprenditori “accreditati” dal noto clan camorrista “Mallardo” con quale avevano messo in piedi una cellula economica che operava nel basso Lazio. L’operazione che ha portato all’ingente confisca è stata denominata “Bad Brothers 2” e tale confisca è stata disposta dalla sezione Penale del Tribunale di Latina e tale intervento avviene a distanza di tre anni da una misura di prevenzione patrimoniale e personale nei confronti dei fratelli Ascione. L’indagine di carattere economico-finanziario nei riguardi dei fratelli Ascione ha fatto luce sulla loro vorticosa ascesa nel campo dell’imprenditoria insieme al noto clan camorristico Mallardo. 



CAMORRA A ROMA: SCACCO MATTO AL CLAN MOCCIA

A.B.
 
Roma – Blitz contro la camorra a Roma. Un milione di euro di beni sequestrati. È il bilancio dell'operazione della Guardia di Finanza di Roma e della Questura di Roma che questa mattina ha portato all'arresto di sette appartenenti al clan camorristico Moccia. Circa 160 tra agenti e finanzieri hanno effettuato perquisizioni in diverse regioni d'Italia. Tra i business dell'organizzazione criminale, che operava su Roma, mozzarelle e prodotti ortofrutticoli.

Le indagini Tutto è partito dall'uccisione, avvenuta a Nettuno il 23 luglio 2012, di Pellino Modestino, affiliato al clan Moccia, e condannato per gravi reati, all'epoca dell'uccisione sorvegliato speciale di PS e sottoposto alla misura dell'obbligo di soggiorno a Nettuno. Parallelamente, il Gico veniva delegato all'esecuzione di specifiche indagini tese a riscontrare ipotesi di infiltrazioni criminali nel redditizio mercato della distribuzione agroalimentare della Capitale. I soggetti coinvolti nell'odierna operazione di polizia, convenzionalmente denominata Poseidone-Passion fruit, sono stati segnalati alla locale A.G. per plurime fattispecie di reato che vanno dal trasferimento fraudolento di valori, all'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, all'estorsione e all'illecita concorrenza con minaccia o violenza, con le aggravanti previste per i delitti commessi nell'ambito delle associazioni di tipo mafioso. Nel dettaglio, l'attività investigativa ha consentito di disarticolare un sodalizio criminale, promosso ed organizzato da Moccia Luigi (cl. 1956), esponente apicale dell'omonima consorteria camorristica, il quale è risultato essere il gestore di diverse attività imprenditoriali, attive nella Capitale principalmente nei settori della distribuzione di prodotti lattiero caseari ed ortofrutticoli, nonchè in quello turistico-alberghiero.

Dalle verdure agli alberghi Luigi Moccia ha "mimetizzato" le proprie attività nell'economia, servendosi di una serie di prestanomi al fine di schermarne l'effettiva titolarità. Al predetto competevano i poteri decisori in merito alle scelte organizzative ed operative delle società a lui riconducibili, lo stesso si preoccupava di predisporre le strutture ed i mezzi strumentali all'esercizio delle relative attività, di individuare i fornitori e di procurare alle società importanti clienti, decidendo anche le strategie di espansione delle imprese, sia sul mercato romano che estero. I suoi dipendenti dovevano ragguagliarlo in merito ad ogni aspetto della loro quotidiana attività e consultarlo per ogni decisione anche marginale. Nell'organizzazione malavitosa un ruolo parimenti rilevante è stato assunto dall'imprenditore romano Moccia Gennaro – cl. 1972, detto Roberto, che ha favorito l'introduzione delle attività di Moccia Luigi nel mercato capitolino, con proiezioni di espansione sul mercato ortofrutticolo di Barcellona (Spagna). La collaborazione tra i due è diventata stretta a tal punto da portare alla costituzione di una vera e propria società di fatto, operante nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli e lattiero caseari destinati ad attività di ristorazione romane di primaria rilevanza, nonchè a negozi di una catena di supermercati nota in ambito nazionale. Le indagini consentivano altresì di monitorare l'interessamento del Moccia Luigi nell'acquisizione della gestione di strutture alberghiere attive in questa Capitale, peraltro già sequestrate (nel giugno 2013) in sede di prevenzione e successivamente confiscate (nel dicembre 2014), con la previsione di investimenti per circa 15 milioni di euro

Beni e immobili Proprio in tale settore imprenditoriale, è stata accertata la riconducibilità in capo al Moccia Luigi di due unità immobiliari site in Napoli, formalmente intestate ad un'azienda facente capo a Maranta Maria, ove quest'ultima conduce l'attività alberghiera denominata Hotel San Pietro. Alla vicinanza al clan è da ricondurre anche la documentata aggressione, avvenuta presso il Centro agroalimentare Roma – C.A.R. nel novembre del 2013, perpetrata dal Moccia Gennaro – cl. 1972 nei confronti di un imprenditore concorrente nel medesimo settore, con le connotazioni di una tipica azione camorristica.

Gli arrestati Gli specialisti del Gico e della Squadra Mobile hanno dato esecuzione ai seguenti provvedimenti emessi dal Tribunale e dalla Procura della Repubblica di Roma: ordinanza di custodia cautelare personale, in carcere ed agli arresti domiciliari, nei confronti di Moccia Luigi – cl. 1956 – carcere, Moccia Gennaro – cl. 1992 – carcere, Moccia Gennaro – cl. 1972 – carcere, Capasso Carminantonio – cl. 1987 – carcere, Maranta Maria – cl. 1963 – carcere, Nardella Riccardo – cl. 1968 – domiciliare, Castaldo Nicola – cl. 1985 – domiciliare, per i reati di trasferimento fraudolento di valori [art. 12 quinquies – comma 1, Legge 356/1992], impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita [art. 648 ter c.p.], estorsione-tentata [art. 56, 629 c.p.], illecita concorrenza con minaccia o violenza [art. 513 bis c.p.], con le aggravanti previste per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis c.p. [art. 7 Legge 203/91]. Diciassette perquisizioni personali e locali in Campania, Lombardia e Lazio.




ROMA, CAMORRA CAPITALE: SI AGGRAVA LA POSIZIONE DEI FRATELLI ANTONIO E SALVATORE RIGHI

Redazione

Roma – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma hanno notificato una nuova ordinanza che dispone misure cautelari a carico dei fratelli Antonio e Salvatore Righi, aggravando così di fatto la loro posizione nell’ambito dell’indagine anticamorra convenzionalmente denominata “MARGARITA”.
Il nuovo provvedimento cautelare è stato notificato a Antonio Righi nella casa circondariale di Terni ove è detenuto dal gennaio 2014 quando fu arrestato nella prima tranche dell’indagine “Margarita”, mentre Salvatore Righi è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione romana sita nel quartiere Aurelio.
L’ordinanza è stata emessa dal GIP del Tribunale di NAPOLI, su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A. partenopea (P.M. D.sa Ida TERESI, Dott. Marco DEL GAUDIO e dott. Francesco CURCIO), sulla base di nuove indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma che hanno permesso di dimostrare una nuova ipotesi del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di fraudolento trasferimento di beni e riciclaggio a carico dei due fratelli (imprenditori napoletani di 55 e 50 anni che operano da anni nel settore della ristorazione) in concorso tra loro e con altri.

Gli ulteriori approfondimenti investigativi, eseguiti anche con l’ausilio di attività tecniche e suffragati dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, hanno infatti consentito di:
–    accertare che Salvatore ed Antonio Righi, operando in diversi settori economici ed in posizione monopolistica nel mercato della ristorazione, nella città di Roma e con diramazioni a Napoli, Viareggio e Rimini, hanno costituito, con il ruolo di dirigenti, organizzatori e promotori, una ramificata associazione finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di fittizia intestazione al fine di conseguire il riciclaggio ed il reimpiego di capitali di illecita provenienza;
–    dimostrare che i delitti in questione sono stati  commessi avvalendosi di circa 80 aziende stabilmente a disposizione del sodalizio, tutte riconducibili alla holding Righi, già sequestrate nel 2014 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma.
L’indagine “Margarita” concernente i fratelli RIGHI, avviata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma in un procedimento penale della Procura della Repubblica di Roma-DDA, successivamente confluito per competenza in un procedimento della DDA partenopea, che nel 2014 portò già all’esecuzione di 21 misure cautelari in carcere ordinate dal G.I.P. di Napoli ed al sequestro, disposto dal Tribunale di Roma-Sezione Misure di Prevenzione su richiesta della Procura capitolina (PM Dott. Giuseppe Cascini), di numerosi beni e valori, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.

Tra i beni sequestrati vi furono 48 immobili, 385 conti correnti, autovetture, il centro sportivo e la società sportiva “Mariano Keller”, nonché 28 esercizi commerciali (bar, ristoranti e pizzerie), la gran parte dei quali ubicati nel centro storico della Capitale[1] e i restanti in provincia di Napoli, a Viareggio e Gabicce Mare.  I ristoranti e le pizzerie sequestrate fanno parte della nota catena di ristorazione “Zio Ciro”, attualmente in amministrazione giudiziaria affidata dal Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma (Dott. Guglielmo MUNTONI) ad un pool di esperti commercialisti.
L’intera indagine “Margarita” ha focalizzato l’attenzione investigativa sui fratelli RIGHI, i quali, partendo dalla gestione della piccola pizzeria del padre (“da Ciro”) sita a Napoli in via Foria, negli anni 90’ si erano trasferiti a Roma, ove in poco tempo erano diventati proprietari di fatto di una holding di società attive nella gestione di numerosissimi ristoranti/pizzeria ubicati nelle principali vie di pregio del centro storico della Capitale, con un volume d’affari palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e nonostante un passato opaco, caratterizzato dal coinvolgimento nel sequestro di persona a scopo di estorsione di Luigi Presta, avvenuto a Napoli nel 1983. All’epoca, Ciro, la moglie e i figli Luigi, Salvatore e Antonio Righi, furono arrestati perché sospettati di aver riciclato parte del riscatto di un miliardo e settecento milioni di lire pagato dalla famiglia Presta per ottenere la liberazione del loro congiunto e, a conclusione di un complesso iter giudiziario, Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio.

Le indagini, coordinate dalle DDA di Napoli e Roma ed eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno fatto emergere come l’impero economico dei fratelli Righi era gestito con modalità illecite, mediante una complessa struttura di società intestate a prestanome, utilizzati per la commissione di una serie indeterminata di delitti di fittizia intestazione di beni e riciclaggio, finalizzati al reimpiego e occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita e alla sottrazione delle imprese acquisite e gestite con il denaro sporco a possibili misure di prevenzione patrimoniale.
I fratelli Righi sono quindi emersi, nel complesso delle attività investigative effettuate, come riciclatori stabili per conto della camorra napoletana, al servizio, in particolare, del clan Contini, ai cui dirigenti Giuseppe Ammendola e Antonio Cristiano, Salvatore Righi corrispondeva periodicamente somme di denaro contante, costituenti il provento delle attività di riciclaggio svolte per conto del clan (cd. operazioni di money back).

Il vincolo con il clan Contini non impediva peraltro ai Righi di proporsi quale punto di riferimento sulla Capitale per altri sodalizi camorristici, prescindendo dagli equilibri e delle alleanze tra i vari clan napoletani; del resto l’esperienza investigativa ha spesso evidenziato come ai riciclatori non venga richiesto quell’impegno di fedeltà esclusiva che è normalmente preteso per gli affiliati appartenenti alle componenti militari dei clan.
Le indagini dei Carabinieri di Roma avevano infatti rivelato la vicinanza di Antonio Righi anche al clan Mazzarella, avendo egli svolto attività di riciclaggio e supporto logistico per conto di Oreste Fido, reggente del gruppo di Paolo Ottaviano operante in zona Mercato-Santa Lucia a Napoli, nonché la vicinanza di Ivano Righi, figlio di Salvatore, al clan Amato Pagano, cd degli “scissionisti” di Secondigliano.
 




ROMA, CAMORRA: OLTRE 60 ARRESTI EFFETTUATI DAI CARABINIERI DI ROMA

Redazione

Roma – Nonostante fosse detenuto in regime di 41bis, il suo clan camorristico continuava a estendere la propria influenza in diverse province del sud d'Italia a partire dalla zona sud-est di Roma. Numerosi gli uomini che rispondevano agli ordini di Domenico Pagnozzi sono stati arrestati in un'operazione dei carabinieri del comando provinciale di Roma che ha portato all'arresto di ltre 60 persone su ordine del Tribunale di Roma.
Le accuse sono di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, riciclaggio, violenza e minacce, sono i reati contestati ai componenti di un'organizzazione che secondo la Dda di Roma operava, oltre che nella capitale, a Frosinone, Viterbo, L'Aquila, Perugia, Ascoli Piceno, Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Bari, Reggio Calabria, Catania e Nuoro.