Roma, tragedia al San Camillo: gli trapiantano un cuore malato e muore

ROMA – Un sessantenne è morto all’ospedale San Camillo di Roma in seguito a un trapianto dopo aver ricevuto un cuore malato invece che uno sano, appartenente a un paziente deceduto per infarto. L’organo è stato espiantato all’ospedale San Raffaele di Milano, cui sarebbe spettato l’onere della valutazione medica sulla sua idoneità.

La notizia è ”gravissima e inaccettabile”, ha detto il ministro Beatrice Lorenzin alla trasmissione Circo Massimo su Radio Capital, aggiungendo che saranno ”attivate le procedure di verifica”.

Il paziente in attesa è stato chiamato “mentre era in villeggiatura con alcuni parenti” ed era in attesa di trapianto per problemi cardiaci “talmente gravi che i medici gli hanno dato al massimo un anno di vita. Per lui è la svolta”. Il donatore, un uomo di 50 anni che aveva dato il suo consenso all’espianto degli organi, aveva avuto un attacco cardiaco, a Milano. Era morto nonostante i tentativi di salvarlo. Il trapiantato “due giorni dopo l’operazione, muore in ospedale per insufficienza cardiaca”, e i famigliari “non ci stanno e denunciano”. L’autopsia conferma e la procura apre un fascicolo per “omicidio colposo” che da alcuni giorni è giunto a Milano per competenza “perché l’errore medico (questa l’ipotesi) si sarebbe consumato al S. Raffaele”.

“E’ una notizia gravissima, – ha aggiunto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – singolare per un sistema come quello italiano sui trapianti, che ha una procedura tra le migliori al mondo”. ”Attiveremo ha concluso – le procedure di verifica per comprendere cosa sia successo, mi sembra un errore tragico e inaccettabile, cercheremo di capire se e dove c’è stata una falla, e dove intervenire”.




Roma, San Camillo: malato terminale muore al pronto soccorso. Il figlio scrive alla Lorenzin: “Nessuna dignità"

di Paolino Canzoneri

Roma – L'azienda ospedaliere San Camillo-Forlanini è stata teatro ancora una volta di un drammatico evento che ha suscitato indignazione e che non mancherà certamente di creare polemiche e scambi di accuse. Un malato terminale privato della benchè minima privacy se non un maglione appeso tra muro e paravento dietro il quale il padre del giornalista Patrizio Cairoli di Askanews malato terminale, ha atteso 56 ore di agonia privato di cure, senza essere sedato e sopratutto lontano dagli occhi del continuo via vai di parenti, dottori, infermieri e inservienti. Il San Camillo è una realtà fra le più grandi della capitale che conta all'attivo ben oltre 90mila visite e pazienti ma ad oggi manca una zona cosiddetta "fine vita" quale luogo decoroso che possa accogliere quei pazienti a cui non è più possibile trovare cura o rimedio. Il direttore dell'ospedale Luca Casertano ha commentato l'accaduto: "Un limite che stiamo cercando di affrontare. Abbiamo un settore più tranquillo e defilato, ma purtroppo non era disponibile. Si tratta di un'area, non dedicata o strutturata, ma purtroppo era occupata da un malato grave e da un altro 'fine vita. E' una questione complicata da comunicare. Si manda in un posto letto, magari di terapia intensiva, una persona che ha maggiore possibilità di giovarne piuttosto che una di cui so, con assoluta certezza, che non potrò salvare'". Il collega giornalista vittima e testimone anch'egli di questa tragedia personale ha mandato una missiva al ministro della Salute Beatrice Lorenzin reclamando il diritto sacrosanto di morte dignitosa da parte di tutti: "Abbiamo protestato e chiesto una stanza in reparto o in terapia intensiva, un posto più riparato. Ma non abbiamo ottenuto nulla. Allora sarebbe bastata una tenda, tra un letto e l'altro. Invece abbiamo dovuto insistere per ottenere un paravento, non di più, perché gli altri servono per garantire la privacy durante le visite'; una persona che sta morendo, invece, non ne ha diritto: ci hanno detto che eravamo persino fortunati. Così, ci siamo dovuti ingegnare: abbiamo preso un maglioncino e, con lo scotch, lo abbiamo tenuto sospeso tra il muro e il paravento; il resto della visuale lo abbiamo coperto con i nostri corpi, formando una barriera. Sarebbe dovuto morire a casa, soffrendo il meno possibile. È deceduto in un pronto soccorso, dove a dare dignità alla sua morte c'erano la sua famiglia, un maglioncino e lo scotch. L'indifferenza dei medici ma soprattutto per l'epilogo deprivato della necessaria umanità e riservatezza accanto anziani abbandonati, persone con problemi irrilevanti che parlavano e ridevano, vagabondi e tossicodipendenti". La ministra ha prontamente risposto d'esser colpita da quanto accaduto e di aver appurato la presenza di fatti gravi che dovranno essere chiariti tanto da disporre prontamente l'invio degli ispettori. Di pari avviso il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che si aspetta una relazione dettagliata dal generale dell'ospedale mentre la senatrice pentastellata Paola Taverna ha annunciato una interrogazione per venire a conoscenza del fatto. Sembra esserci la volontà di ampliare e creare spazi grazie ai fondi del Giubileo cosi da consentire la realizzazione di due aree con accesso indipendente ma resta tuttora incompresibile e inaccettabile quella sorta di "indifferenza causa impossibilità di cura" che ha relegato quella povera persona in un angolo apparentemente in disparte a patire dolore nell'attesa disperata del decesso. Una chiara mancanza di rispetto della dignità di chi non ha più speranza di guarigione. 




ROMA, SAN CAMILLO. ASSOTUTELA DENUNCIA LA REGIONE LAZIO PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO

Redazione

Roma – "Non avevamo dubbi: la chiusura dell’ospedale Forlanini ha provocato disastri incalcolabili. Il più macroscopico è la condizione in cui si trovano attualmente i pazienti ricoverati all’Ucri, l’unità di cure residenziali intensive, dedicata a persone in stato vegetativo e di minima coscienza, bisognose di un’accurata assistenza e particolari servizi”. Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato che rievoca il momento dell’inaugurazione del reparto presso il Forlanini e i motivi che portarono a tale scelta. “Nel 2011 si scomodò perfino il presidente della Repubblica Napolitano – che insieme al ministro della Salute Fazio, a Renata Polverini e all’allora direttore generale Aldo Morrone, aprì la strada ai primi 8 posti letto, che sarebbero dovuti diventare 30, per pazienti sfrattati da una struttura privata poco distante. Secondo quanto riferito da uno stretto collaboratore dell'allora presidente regionale, fu un tentativo di rilancio dell’ospedale di Monteverde, per evitare quella chiusura da tutti paventata e che Zingaretti non ha avuto alcuna remora a praticare in modo scriteriato lo scorso 30 giugno. – incalza Maritato – Con le spalle al muro, minacciati di vedere i propri congiunti buttati per strada, i parenti dei ricoverati Ucri sono stati costretti ad accettare l’insano ricatto regionale. Adesso i loro cari si trovano stipati in uno stanzone del sesto piano del padiglione Puddu al San Camillo, privi di qualsiasi assistenza residenziale, senza fisioterapia, logopedia e altri servizi indispensabili alla loro assistenza. AssoTutela denuncerà la Regione Lazio e la direzione ospedaliera per aver causato quella che si configura come una vera e propria interruzione di pubblico servizio. Biechi motivi economici a detrimento del diritto alla salute”, assicura Maritato.
 




ANZIO, ARRESTATO UN LATITANTE SICILIANO

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 Redazione

Anzio (RM) – I Carabinieri dell'aliquota operativa della Compagnia di Anzio nella serata di ieri in pieno centro a Roma hanno arrestato un uomo originario della provincia di Enna e con innumerevoli precedenti penali a carico, in ottemperanza ad un ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Velletri nel mese di novembre 2012 poiché ritenuto responsabile di tentato omicidio. I fatti si sono verificati il 17 novembre all'interno del famigerato complesso residenziale "Le Salzare" dove al termine di una lite sorta per l'utilizzo di un garage due uomini spararono alcuni colpi di pistola all'indirizzo di un cittadino marocchino che, trasportato immediatamente presso l'ospedale di Pomezia, fu successivamente trasferito al San Camillo dove, giudicato in prognosi riservata, fu sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. I Carabinieri del Nucleo Operativo, grazie ad una fitta attività informativa ed alla testimonianza di alcune persone presenti all'accaduto, identificarono sin da subito i due autori resisi tuttavia irreperibili. Dopo appena tre giorni i Carabinieri riuscirono a rintracciare a Monte Compatri uno dei due responsabili sottoponendolo a fermo di pg di iniziativa mentre il secondo fece perdere le proprie tracce e dichiarato in stato di latitanza dal 14 gennaio di quest'anno. Nel tardo pomeriggio di ieri l'uomo, al termine di un'attività di indagine durata alcuni mesi, è stato bloccato in pieno centro, nei pressi di Piazza S. Maria Maggiore, mentre passeggiava tranquillamente con due cani al guinzaglio. L'uomo, che non ha opposto resistenza, ha sin da subito ammesso le sue responsabilità e nella stessa serata di ieri è stato condotto presso il carcere di Velletri. E' al vaglio degli inquirenti la posizione di eventuali fiancheggiatori che potrebbero aver favorito la latitanza del pregiudicato siciliano.