Legge elettorale, ecco come funziona

A distanza di circa 4 mesi dalle prossime elezioni nazionali è importante conoscere il metodo attraverso cui il popolo farà valere la sua sovranità eleggendo i propri rappresentanti, ossia la nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum bis. La fiducia passata al Senato il 26 ottobre 2017 con 214 voti a favore (PD, Ap, Fi, Lega Nord, Ala scelta civica e verdiniani) e 61 sfavorevoli (Movimento 5 stelle e Mdp), prevede un sistema elettorale misto con il 36% dei seggi ripartiti con formula maggioritaria e 64% proporzionale.

 

Per quanto spetta al sistema maggioritario lo scontro elettivo verrà deciso in collegi uninominali, mentre per il proporzionale si deciderà attraverso collegi plurinominali formati da una lista bloccata composta da un minimo di due ad un massimo di quattro nomi. Inoltre è prevista una soglia di sbarramento del 3% a livello nazionale e del 10% per le coalizioni. L’elettore potrà votare unicamente per la lista corrispondente al collegio uninominale votato (no voto disgiunto). Questo sistema elettorale varrà sia per la Camera dei deputati che per il Senato della Repubblica.

Eletto il candidato nel collegio uninominale che avrà ottenuto il maggior numero di voti, nell’ambito dei collegi plurinominali la ripartizione dei seggi avverrà con metodo proporzionale tra le coalizioni e le liste che abbiano superato la soglia di sbarramento. Per le coalizioni non vengono computati i voti delle liste che non abbiano superato l’1%.

 

Voto all’estero

Secondo l’articolo 5 è prevista la possibilità di votare quegli elettori italiani che possono candidarsi in una sola ripartizione della circoscrizione estero.

 

La rappresentanza di genere

La rappresentanza di genere è garantita dal Rosatellum bis. Nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%.

 

Negli ultimi mesi si è discusso animatamente dell’importanza da attribuire alla legge elettorale. Il 23 novembre è intervenuto all’università LUISS il padre della nuova legge, Ettore Rosato (PD), evidenziandone il processo di formazione e il ruolo dei pentastellati. Per il primo, il capo gruppo del PD alla Camera ha ricordato come il Rosatellum sia il frutto di un compromesso tra le parti politiche. Infatti all’inizio dell’iter decisionale della nuova riforma elettorale la prima scelta ricadeva sul sistema tipico dettato dal Mattarellum (75% maggioritario e 25% proporzionale) che avrebbe potuto garantire, secondo Rosato, una governabilità. Questa proposta ha avuto scarso successo all’interno del Parlamento a causa della struttura del sistema politico attuale caratterizzata da un eccessivo particolarismo ideologico che produce effetti nefasti sulla stabilità. In seguito il compromesso politico riguardante la ripartizione dei seggi nella formula maggioritaria o proporzionale ha condotto alla scelta dell’attuale riforma.

É evidente l’importanza da attribuire alle coalizioni, senza cui non sarebbe possibile il raggiungimento di una maggioranza e, quindi, di una stabilità. Per questo motivo il Movimento 5 Stelle, lontano dalla visione tradizionale della politica, si trova in una situazione di svantaggio non potendo e non volendo accordarsi con altri partiti. A tal proposito Ettore Rosato afferma: “attraverso questa legge elettorale si creerà un sistema politico con una coalizione di centro-sinistra ed una coalizione di centro-destra. Cosa farà il M5S? In tutto questo non c’è proseguo, o penserà anche lui di costruire una coalizione oppure si considererà dal punto di vista sistematico inutile come proposta di governo, può darsi che cambierà il suo atteggiamento.”

 

Gianpaolo Plini




Rosatellum: promulgata la legge elettorale

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la legge elettorale approvata dal Parlamento. La legge contiene modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e la delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali.

Poco più di un terzo dei deputati (231) eletti in collegi uninominali maggioritari, in cui i partiti si coalizzano, e gli altri in modo proporzionale in listini bloccati di due-quattro nomi. Ecco le caratteristiche fondamentali della nuova legge elettorale

– COLLEGI MAGGIORITARI: saranno 231 collegi, pari al 36% dei Seggi della Camera. I partiti si potranno coalizzare per sostenere un comune candidato.

– PROPORZIONALE: dei restanti 399 deputati, 12 continueranno ad essere eletti nelle Circoscrizioni Estere, con metodo proporzionale. In Italia un deputato è eletto in Valle d’Aosta in un collegio uninominale; i restanti 386 deputati saranno eletti con metodo proporzionale in listini bloccati di 2-4 nomi. Il testo delega il governo a definire questi collegi plurinominali, che potrebbero essere circa 65. Le Circoscrizioni, importanti per il recupero dei resti, saranno 28. In Senato saranno 20.

– SOGLIA: nella parte proporzionale la soglia sarà al 3% sia alla Camera che al Senato.

 UNA SCHEDA, VOTO UNICO: diversamente dal Mattarellum, in cui c’erano due schede (una per il collegio ed una per il listino proporzionale, con la possibilità di un voto disgiunto), con il ‘Rosatellum 2.0’ ci sarà una scheda unica. In essa il nome del candidato nel collegio sarà affiancato dai simboli dei partiti che lo sostengono. Barrando sul simbolo del partito il voto andrà al candidato del collegio e al partito per la parte proporzionale.

 VOTO DISPERSO: I voti degli elettori che avranno barrato il nome del solo candidato del collegio uninominale saranno distribuiti proporzionalmente ai partiti che sostengono il candidato del collegio

– SCORPORO: non è previsto lo scorporo come accadeva invece nel Mattarellum.

– TRENTINO ALTO ADIGE: rimane il testo come modificato dall’emendamento Fraccaro-Biancofiore votato a scrutinio segreto l’8 giugno: Sei collegi uninominali e cinque proporzionali.

 LE FIRME: Viene dimezzato rispetto al testo originario il numero delle firme da raccogliere per tutti quei partiti o nuove formazioni che non sono in Parlamento o non hanno un proprio gruppo. Il numero di firme da raccogliere passa, dunque, da 1.500-2.000 a circa 750. Pure in questo caso solo per le prossime elezioni, anche gli avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione potranno autenticare le firme per la presentazione delle liste elettorali.




D’Alema non balla il tango, Renzi perde i partners e Grasso aspetta il suo turno

Mai a memoria d’uomo c’era stato un ceto politico con un “bagaglio culturale” così povero da far rabbrividire persino gli alunni delle prime elementari.

 

Ciò non sarebbe una colpa, però, se chi porta questo bagaglio non fosse pure arrogante, presuntuoso e prepotente. E chi ci va di mezzo è la democrazia che s’inceppa in mano ad amministratori culturalmente molto limitati. Ma tutto questo è stato scritto e riscritto. Lo riscriviamo ugualmente perché ricordarlo non può che far bene.

Momenti difficilissimi per la storia del Bel Paese. Montecitorio è diventato un covo di litigiosità, di accordi sotto banco e si legifera in virtù di interessi di bottega. Il Paese è sparito dall’agenda delle priorità. Ora è il momento di assestamento delle liste e listini ed a questo scopo hanno cucito un Rosatellum su misura.

 

D’Alema non balla il tango Vita frenetica a Montecitorio, strette di mano, ammiccamenti e sedute a non finire tanto è che molti si addormentano sugli scranni. Di questi ne abbiamo visto una folta documentazione sul web. E’ il momento della compravendita, dei trasferimenti e ognuno di loro sta pensando al proprio domani. Tutti tengono famiglia…
Pisapia, l’avvocato ex sindaco di Milano, ci tiene ad esprimere il suo giudizio sulla scelta di Grasso“Ha fatto il suo dovere fino alla fine. Rispetto e apprezzo la sua scelta” però più di là non osa andare. Sembra che per il momento vuole giocare a fare l’ago della bilancia nella galassia del centrosinistra. Pisapia ha chiesto a D’Alema di fare un passo di lato per facilitare gli accordi. D’Alema che non ha mai perso la pronta battuta gli ha risposto: “Passo avanti, uno indietro e poi di lato: devo imparare il tango”. Al momento, in questo versante regna la confusione più completa o se si vuole, la stagnazione della politica. E’ tutto in divenire tanto più che dopo l’uscita di Grasso dal PD e fino a che ricopre l’incarico di presidente del Senato, dice D’Alema, nessuno può nominarlo leader di nulla.

 

Renzi sempre più solo e lontano dal Paese
Si sta delineando una seconda “gioiosa macchina da guerra” di Occhettiana memoria. Sull’altra riva, in linea di fuoco, questa volta non ci sta Berlusconi, l’avversario è Matteo Renzi, anche se nelle linee arretrate sventolano le bandiere di Forza Italia. Sono lontani i giorni del Nazareno. E’ vero che fuori sede ci sarebbero stati accordi per il Rosatellum ed ora, anche se non lo ammette, Renzi si pente d’averlo fatto. Viaggia nel suo treno e si allontana sempre più da Roma, non solo Roma città ma anche Roma come consenso cittadino.
I rapporti con il Governo si lacerano sempre più. Come si dice, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e Gentiloni si è approfittato per giocare un tiro mancino, proponendo, d’accordo con il presidente Mattarella, il rinnovo in carica di Visco alla presidenza della Banca d’Italia. Renzi fa buon viso e cattivo sangue e fa finta di abbozzare. Gentiloni nel frattempo si sta svegliando dal letargo e tratteggia un programma di sinistra in vista delle elezioni. E non sottovaluta il rancore di un “Matteo ferito” e cerca di avvicinarlo assicurandogli la leadership a condizione che ciò avvenga in una coalizione larga.

 

La stella di Renzi è in caduta libera. A Roma migliaia di cittadini rispondendo all’appello del Movimento 5 Stelle sono scesi in piazza a protestare contro il Rosatellum, cosa che gli ha rovinato il buon umore della giornata. Il modo muscolare del governo poi, e molti mormorano che dietro c’è stato proprio lui, di porre il doppio voto di fiducia per portare a casa una legge elettorale osteggiata dalla stragrande maggioranza degli italiani, oltre lasciare scontenti tutti, mette in rischio la stabilità del Paese. Tutto questo non si potrebbe dire buona pubblicità per il Matteo del 40% di quattro anni fa. Il fatto più indicativo è che ogni giorno diminuisce ogni sostegno alla sua esigua minoranza e aumentano sempre più i suoi obiettori. La cerchia del giglio magico si frantuma e per ritornare a galla ci vorrebbe più che un colpo di reni.

 

Grasso lascia il gruppo Pd al Senato e aspetta il suo turno Pietro Grasso è il più corteggiato sul mercato pre-elezioni. Piace a Pisapia, piace a D’Alema, piace a Bianca Berlinguer, ancora non si sa quanto piaccia agli elettori. Molti applaudono il suo gesto di correttezza e sono stati scritti plausi a sproposito. Il presidente del Senato, Pietro Grasso ha solo deciso di lasciare il gruppo del partito democratico a Palazzo Madama e di passare al gruppo misto. Non s’intravede alcun atto eroico. Quanti altri, prima di lui, per una ragione o altra hanno cambiato schieramento? L’Atto eroico sarebbe stato se si fosse dimesso da presidente del Senato prima della votazione come fece nel 1953 il presidente del Senato Paratore, contrario alla fiducia per l’approvazione della legge elettorale, cosa che aveva dimostrato l’altezza istituzionale e che a Grasso è venuta meno. Con quella mossa Grasso sembra abbia voluto arrivare prima della Boldrini per il posto di leader di un futuribile polo di sinistra, sapendo che anche lei è molto quotata per quel posto. Presa la sua decisione Grasso scrutando la situazione non si pronuncia, aspetta il suo turno. Il tempo è galantuomo.
Emanuel Galea

 




Rosatellum al Verdinellum: Denis presenta il conto

“Rivendico con orgoglio tutto quello che abbiamo fatto, il ruolo di supplenza che abbiamo svolto ignorando gli stupidi strali che ci arrivavano quotidianamente. Avremmo votato anche la stepchild così come voteremo il testamento biologico e abbiamo contribuito con orgoglio anche al mantenimento dei conti pubblici”. Lo ha detto nell’Aula del Senato il leader di Ala Denis Verdini che ha elencato tutti i provvedimenti votati dal suo gruppo: dal Jobs Act alle unioni civili.

Con cinque voti di fiducia l’Aula del Senato esprime il suo sì al Rosatellum. Ma c’è bisogno del supporto di 13 verdiniani di Ala per raggiungere il numero legale. Mdp, Si e M5s abbandonano.

Senza il voto di Mdp, la maggioranza non soffre sui voti di fiducia grazie anche alle molte assenze sul fronte dell’opposizione al momento del voto in Aula, soprattutto tra le file di Forza Italia e della Lega. Ma è in difficoltà per il raggiungimento del numero legale. Tant’è che in almeno tre voti di fiducia è stato decisivo il sostegno dei senatori di Verdini. Il “balletto” di assenze e presenze in Aula, al quale si è assistito soprattutto da parte dei senatori di FI, Ala, Lega e “Federazione della Libertà” per far abbassare o meno il quorum, ha garantito che il “Rosatellum” incassasse la fiducia, ma non è riuscito a camuffare più di tanto il perimetro incerto in cui sarà costretta a vivere la maggioranza in questo scorcio di fine legislatura al Senato, in vista delle votazioni sulla legge di bilancio.

 

Intanto Beppe Grillo arriva in piazza della Rotonda dove il M5s manifesta contro la legge elettorale. “Abbassate le bandiere, qui stiamo facendo una battaglia per tutto il popolo italiano”.

“Trovo ridicole le polemiche di chi si è imbavagliato in piazza” contro il Rosatellum. Lo dice Matteo Renzi in collegamento a Porta a porta dal treno del Pd Destinazione Italia. Il Rosatellum è la migliore soluzione? “Difficile definirla così per me. Io avrei voluto un altro meccanismo – spiega – molto meglio il Rosatellum che il sistema di prima, quello che Calderoli ha definito una porcata. E’ un passo in avanti”, aggiunge Renzi, che sulle proteste dice: “Siamo alla follia”.

“Non c’è alcuna pressione nei confronti del presidente del Consiglio. Le posso garantire che il mio rapporto con il presidente del Consiglio è un rapporto adulto: siamo molto amici, c’è grande stima e condivisione, dopodiché su molte cose la pensiamo in modo diverso. Gentiloni pensa con la sua testa, quello che lei ha detto è offensivo verso Gentiloni”, spiega Renzi, rispondendo a chi sostiene che siano dirette a lui le parole di Napolitano in Aula al Senato.
Nel corso del suo intervento in Aula, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha giudicato “Singolare e sommamente improprio il far pesare sul presidente del Consiglio la responsabilità di una fiducia che garantisse l’intangibilità della proposta in quanto condivisa da un gran numero di partiti. Ma si può far valere l’indubbia esigenza di una capacità di decisione rapida da parte del Parlamento – si chiede Napolitano – fino a comprimerne drasticamente ruolo e diritti sia dell’istituzione sia dei singoli deputati e senatori?. L’interrogativo – prosegue – è sorto nelle ultime settimane con la posizione di fiducia su parti sostanziali del testo prima che si aprisse in aula alla Camera il confronto sugli emendamenti all’art.1. Il dilemma non è – per Napolitano – fiducia o non fiducia, anche perché non è mai stata affrontata, neppure dinanzi alla Corte, un’obiezione di incostituzionalità della fiducia. C’è però stato, nell’esperienza italiana, ricorso alla fiducia in occasioni e modalità molto diverse tra loro. Quali forzature può implicare e produrre il ricorso a una fiducia che sancisca la totale inemendabilità di una proposta di legge estremamente impegnativa e delicata? Mi pronuncio, con tutte le problematicità e le riserve che ho motivato, per la fiducia al governo Gentiloni, per salvaguardare il valore della stabilità, per consentire, anche in questo scorcio di legislatura, continuità dell’azione per le riforme”.

 

Rosatellum, sì del Senato al quinto voto di fiducia: i Cinque Stelle scendono in piazza




Rosatellum, sì del Senato al quinto voto di fiducia: i Cinque Stelle scendono in piazza

L’Aula del Senato dice sì anche a questo quinto voto di fiducia chiesto dal governo alla riforma della legge elettorale. I voti a favore sono stati 145, quelli contrari 17. Nessun astenuto. I presenti sono stati 172, i votanti 162. Passa così l’articolo 6 del “Rosatellum”. L’articolo 5 era stato approvato con voto elettronico senza ricorrere alla fiducia.

Palazzo Madama aveva in precedenza dato il via libera anche ai primi quattro voti di fiducia chiesti dal governo al “Rosatellum”. Nella quarta votazione i voti a favore sono stati 150, 60 i no. Nessun astenuto. I presenti sono stati 217, i votanti 210.

Intanto Beppe Grillo è arrivato in piazza della Rotonda dove il M5s manifesta contro la legge elettorale. “Abbassate le bandiere, qui stiamo facendo una battaglia per tutto il popolo italiano“.

Al terzo voto di fiducia i sì sono stati 148, 61 i no. Nessun astenuto. I presenti sono stati 217, i votanti 209.

Il sì al secondo voto di fiducia è arrivato con 151 sì, 61 no, nessun astenuto. I presenti sono stati 220, i votanti 212. La prima fiducia era passata con 150 sì, 61 no e nessun astenuto. I presenti sono stati 219 e i votanti 211. Ok dunque al’l’articolo 1 della riforma elettorale.

Nel corso del suo intervento in Aula, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha giudicato “Singolare e sommamente improprio il far pesare sul presidente del Consiglio la responsabilità di una fiducia che garantisse l’intangibilità della proposta in quanto condivisa da un gran numero di partiti.  Ma si può far valere l’indubbia esigenza di una capacità di decisione rapida da parte del Parlamento – si chiede Napolitano – fino a comprimerne drasticamente ruolo e diritti sia dell’istituzione sia dei singoli deputati e senatori?. L’interrogativo – prosegue – è sorto nelle ultime settimane con la posizione di fiducia su parti sostanziali del testo prima che si aprisse in aula alla Camera il confronto sugli emendamenti all’art.1. Il dilemma non è – per Napolitano – fiducia o non fiducia, anche perché non è mai stata affrontata, neppure dinanzi alla Corte, un’obiezione di incostituzionalità della fiducia. C’è però stato, nell’esperienza italiana, ricorso alla fiducia in occasioni e modalità molto diverse tra loro. Quali forzature può implicare e produrre il ricorso a una fiducia che sancisca la totale inemendabilità di una proposta di legge estremamente impegnativa e delicata? Mi pronuncio, con tutte le problematicità e le riserve che ho motivato, per la fiducia al governo Gentiloni, per salvaguardare il valore della stabilità, per consentire, anche in questo scorcio di legislatura, continuità dell’azione per le riforme”.

Il governo ieri ha posto la fiducia sul Rosatellum 2.0 anche in Senato. La decisione certifica l’uscita di Mdp dalla maggioranza: i capigruppo dei bersaniani sono saliti al Quirinale per informare Mattarella della decisione che arriva dopo settimane di tensioni e continui distinguo con il governo Gentiloni. L’addio di Mdp alla maggioranza non è una buona notizia per il premier in vista della discussione della legge di Bilancio: al Senato i numeri diventano ancora più risicati. Ma su questo fa spallucce il segretario Dem, Matteo Renzi che liquida la vicenda spiegando che “mettere la fiducia è un atto assolutamente legittimo e questa legge elettorale permetterà ai cittadini di scegliere i parlamentari. Il resto è discussione autoreferenziale e lontana dai problemi delle persone”.

La cronaca parlamentare vuole che il governo abbia rotto gli indugi sulla fiducia dopo che i cinque stelle e i senatori di Sinistra italiana avevano respinto l’appello a rinunciare al voto segreto su una quarantina di emendamenti da loro presentati. Immediate le proteste dello schieramento che si oppone al Rosatellum. Anche il presidente del Senato Pietro Grasso ha ricevuto la sua dose di critiche, con tanto di “occupazione” del suo scranno da parte della capogruppo di Sinistra Italiana Loredana De Petris. Il governo aveva fatto conoscere la sua posizione sin dal primo mattino: “Se rinunciano a chiedere i voti segreti ci penseremo seriamente se mettere o meno la fiducia” aveva detto il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti.

Ma M5s e Si non hanno fatto retromarcia. Anzi hanno chiesto lo scrutinio segreto anche sulle pregiudiziali di costituzionalità, negato però dal presidente Grasso in base al Regolamento. Una novità, per M5s, che in passato aveva criticato il voto segreto. Dopo la bocciatura delle pregiudiziali, la ministra Anna Finocchiaro ha immediatamente posto la fiducia su cinque dei sei articoli della legge (escluso solo il 5, che contiene solo la clausola di invarianza finanziaria). Una mossa che ha suscitato l’ira di M5s, Si e Mdp. I primi hanno occupato i banchi del governo (e si sono messi una benda sugli occhi in segno di protesta), e Loredana De Petris si è seduta sullo scranno di Grasso appena questi si è alzato per andare alla Capigruppo. La conferenza dei capigruppo ha stabilito che le cinque chiame nominali per i cinque voti di fiducia si svolgeranno domani a partire dalle 14, mentre le dichiarazioni di voto e il voto finale ci saranno giovedì mattina. Domattina, nella discussione sulla fiducia, potrebbe intervenire Giorgio Napolitano, che nei giorni passati ha espresso riserve sia sulla legge sia sul ricorso alla fiducia.

Ma la fiducia apre poi una nuova ferita nel Pd: quattro senatori (Vannino Chiti, Walter Tocci, Luigi Manconi e Claudio Micheloni) hanno preannunciato che non parteciperanno al voto, in dissenso, mentre Massimo Mucchetti si riserva la decisione. Gli altri gruppi che sostengono il Rosatellum 2.0 (Fi, Ap, Lega, Autonomie, Ala-Sc, Drezione Italia) hanno confermato l’appoggio. Fi , ha detto Paolo Romani, “voterà sì convintamente” anche se non voterà la fiducia. Male invece la manifestazione dei professori del Comitato per il No all’Italicum: solo poche decine di persone davanti al Senato




Rosatellum, al senato la fiducia tra le proteste

Il governo ha posto nell’Aula del Senato cinque questioni di fiducia su cinque dei sei articoli del Rosatellum 2.0. Lo ha annunciato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro. Per protestare contro la fiducia sulla legge elettorale, i senatori del gruppo M5s hanno posto delle bende bianche sugli occhi. Il presidente del Senato Pietro Grasso ha convocato la Conferenza dei capigruppo: la riunione servirà per stabilire i tempi delle votazioni.

Si terrà domani alle 14 la prima chiama dei cinque voti di fiducia sul Rosatellum 2.0. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo del Senato, che ha fissato a giovedì alle 12 il voto finale sul provvedimento.

La capogruppo di Sinistra italiana, Loredana De Petris, al termine della seduta al Senato, ha occupato la sedia del presidente del Senato Pietro Grasso, in segno di protesta contro la scelta di porre la fiducia sulla legge elettorale. In seguito otto senatori di M5S si sono seduti ai banchi del governo.

“Noi votiamo contro queste fiducie e quindi come Mdp usciamo anche formalmente da questa maggioranza”. Lo dice la capogruppo di Articolo 1-Mdp Cecilia Guerra lasciando la conferenza dei capigruppo.

L’Aula del Senato ha respinto con alzata di mano le questioni pregiudiziali presentate da M5S e Sinistra Italiana contro la riforma della legge elettorale. L’Aula del Senato, sempre con alzata di mano, ha respinto anche la questione sospensiva presentata dal M5S. I parlamentari 5 stelle avevano chiesto di votare a scrutinio segreto ma il presidente di Palazzo Madama aveva dichiarato inammissibile tale richiesta.

Pietro Grasso ha negato il voto segreto, richiesto da Si e da M5s, sulle pregiudiziali e sulla questione sospensiva. Tanto Si, con Loredana De Petris, che M5s, con Vito Crimi e Giovanni Endrizzi, avevano chiesto di votare a scrutinio segreto solo la parte dei rispettivi documenti che riguarda le minoranze linguistiche, materia per la quale il Regolamento del Senato autorizza il voto segreto. Ironico Karl Zelelr: “grazie colleghi di M5s per l’attenzione alle minoranze linguistiche. Tutti gli emendamenti di M5s sono tutti volti a discriminare le minoranze linguistiche, e non a tutelarle”.

“L’eventuale fiducia sulla legge elettorale – aveva detto Roberto Speranza a Radio Capital – non sarà l’ultimo voto di questa legislatura ma il primo della prossima: vorrà dire che avremo le larghe intese Fi-Pd. Io chiedo al Pd di fermarsi”. “Se rinunciano a chiedere i voti segreti ci penseremo seriamente se mettere o meno la fiducia”, ha detto il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti rispondendo al Senato alla domanda dei cronisti se il voto di fiducia sul “Rosatellum” sarebbe stato ugualmente chiesto dal governo nel caso in cui le opposizioni avessero rinunciato ai voti segreti. Per il momento solo il M5S di voti segreti ne ha chiesti 17. Ieri Pizzetti prima della seduta della Commissione aveva già preannunciato la fiducia in Aula per evitare i voti segreti, come “legittima difesa” dinanzi al ricorso “ostruzionistico” delle minoranze al voto segreto.

 




Rosatellum: oggi la legge elettorale approda in senato

La legge elettorale arriva in aula al Senato (l’appuntamento è alle 11) tra le proteste della sinistra, di Mdp e del Movimento 5 Stelle che ieri hanno abbandonato i lavori della commissione Affari Costituzionali che, uno dopo l’altro, col parere negativo di relatore e governo, ha bocciato gli emendamenti presentati al testo. Oggi in assemblea, le proposte di modifica sono circa 200: 48 riguardano le minoranze linguistiche e sono quindi suscettibili di voto segreto. “E’ impensabile affrontare venti/quaranta voti segreti”, ha spiegato il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Luciano Pizzatti ai giornalisti che gli chiedono se il governo porrà la questione di fiducia sul Rosatellum. “E’ già autorizzata – ha osservato – la decisione è solo politica”.

 

Alla Camera sono stati tre i voti di fiducia, a palazzo Madama potrebbero arrivare a sei, uno per ogni articolo del testo. A quel punto l’unico rischio da evitare è quello della mancanza del numero legale (la metà più uno degli aventi diritto al voto) che, con Fi e Lega (favorevoli al Rosatellum) fuori dal’aula, i partiti che si oppongono alla legge elettorale potrebbero provare a far saltare. Ma gli espedienti per evitare sorprese ci sono: dal soccorso dei 14 senatori di Ala, a un numero consistente di senatori in congedo (il regolamento ne consente fino a 32) o assenti per incarico avuto dal Senato o per la loro carica di ministro che non verrebbero computati per il numero legale. “Dopo aver fatto il massimo sforzo per motivare i nostri emendamenti, abbiamo capito che non ci sono margini di modifica.

 

I primi voti sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate da Mdp e pentastellati saranno nel pomeriggio. Speranza: si eviti ulteriore violenza Parlamento L’auspicio è che oggi in Senato sulla legge elettorale si eviti la fiducia, sarebbe un errore gravissimo, una vera violenza nel Parlamento. Bisognerebbe permettere al Senato di discutere”. Lo ha detto Roberto Speranza, esponente di Mdp, ospite di “Circo Massimo” su Radio Capital. “Noi chiediamo due modifiche essenzial: evitare un Parlamento di nominati, e il voto disgiunt. Questo di oggi è un passaggio decisivo”, ha aggiunto. Sit- in di protesta oggi davanti al Senato “Dopo la forzatura gravissima della fiducia sulla legge elettorale alla Camera, il Pd e il governo non pensino di mettere la fiducia anche al Senato. Sarebbe un atto arrogante e prepotente”. Lo affermano i capigruppo di Sinistra Italiana Giulio Marcon e Loredana De Petris che annunciano la partecipazione dei gruppi parlamentari di Sinistra Italiana, oggi, alla manifestazione contro il Rosatellum, promossa dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, a partire dalle ore 16 nella piazza Corsia Agonale, di fronte a Palazzo Madama. “Il Senato – proseguono i capigruppo di Sinistra Italiana -, deve modificare e migliorare una legge elettorale altrimenti inaccettabile. Una legge che ci consegna un Parlamento fatto di nominati e che toglie ai cittadini la libera scelta di eleggere i propri rappresentanti. Un vero e proprio imbroglio”.

 

70 gli emendamenti presentati dal M5S Sono 70 gli emendamenti depositati in aula al Senato dal Movimento 5 Stelle alla legge elettorale. In sintesi, viene spiegato, sono state ripresentate una serie di proposte emendative di analogo tenore rispetto a quelle già presentate presso la Camera dei deputati. Alcune modifiche hanno come obiettivo quello di ridurre gli effetti delle storture dalla proposta in esame e a cercare di creare contraddizioni nella maggioranza: l’introduzione del voto di preferenza; l’introduzione di una doppia scheda per distinguere l’elezione dei candidati nella parte maggioritaria dei collegi uninominali da quella quelli della parte proporzionale delle liste plurinominali; l’introduzione dello scorporo dei voti che hanno già ottenuto rappresentanza nei collegi uninominali affinché non si violi il principio di uguaglianza degli elettori; l’introduzione del voto disgiunto sulla stessa scheda tra candidati uninominali e liste plurinominali; il divieto delle pluricandidature; l’obbligo per le forze che vogliano unirsi in coalizione di presentarsi agli elettori con lo stesso programma e con un unico leader; la modificazione delle disposizioni speciali sul Trentino Alto Adige (con particolare riguardo al Senato); la previsione di accorgimenti per evitare che i collegi uninominali siano disegnati su designazione del Governo o di limitare la discrezionalità in tale operazione; il divieto di indicare quale ‘capo politico’ chi, in base alle leggi vigenti e quindi anche alla c.d. Legge Severino, non possa essere candidato come parlamentare o che non possa assumere incarichi di governo. Se infatti il ‘capo politico’ è di fatto il candidato a svolgere il ruolo di Presidente del Consiglio, sembra una frode elettorale indicare per questo ruolo chi non può neanche candidarsi a deputato o che comunque non potrebbe assumere quel ruolo per espressa previsione di legge; la previsione dell’esenzione del pagamento del bollo e dei diritti per chi richieda il certificato del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti, per favorire la formazione di ‘liste pulite’; proposte varie per garantire la trasparenza e l’affidabilità del voto, sulla base della nostra proposta a prima firma Nesci; come indicato nella parte relativa ai vizi di costituzionalità, la legge è a nostro giudizio gravemente a rischio di incostituzionalità.

Ma data la prossimità delle elezioni non sarà possibile, per mere ragioni di tempo, che la Corte costituzionale si esprima sulla legge prima del voto, con la conseguenza che la sua sentenza potrebbe arrivare nuovamente nel corso della legislatura, producendo nuovamente Parlamento ‘illegittimo’; pertanto non potendo introdurre con legge ordinaria un controllo di costituzionalità vero e proprio abbiamo proposto che sia previsto comunque un ‘parere’ della Corte costituzionale; la soppressione della cosiddetta “norma Verdini” che consentirebbe, un cittadino residente di Italia, di candidarsi in un collegio della circoscrizione Estero.




Rosatellum, iter al Senato: lo spettro dei franchi tiratori

Dopo il sì della Camera, i detrattori del Rosatellum bis affilano le armi in vista dell’iter in Senato, che nelle intenzioni della maggioranza dovrà essere rapido e indolore. È sempre più probabile che il governo ponga la fiducia anche a palazzo Madama.

 

Martedì si riunirà la conferenza dei capigruppo del Senato: l’obiettivo, viene confermato da fonti dem, è di avviare l’esame della riforma in commissione già all’inizio della prossima settimana, così da farla approdare in Aula per la discussione generale il martedì successivo e fissare il voto finale al massimo entro la mattina di giovedì 26. Poi si aprirà formalmente la sessione di Bilancio e, una volta approvata la manovra in via definitiva, si potrà dichiarare conclusa la legislatura. Proprio per questo è necessario che il Rosatellum bis superi la prova del Senato senza incidenti.

Lo spettro dei franchi tiratori (e di Napolitano) Il timore è sempre lo stesso: i franchi tiratori. E non è un mistero che a palazzo Madama i numeri impensieriscano il Pd, così come Forza Italia. Il malessere di diversi parlamentari, d’altra parte, non è venuto meno con il primo ok alla riforma. E c’è l’aggravante, dal punto di vista dei sostenitori del Rosatellum bis, dell’annunciato intervento in Aula di Giorgio Napolitano, che ha duramente criticato il ricorso alla fiducia e alcune norme della nuova legge: parole che potrebbero, è il timore, convincere i dubbiosi a non votare la legge.
Per Mdp nel testo c’è “un’incongruenza”

 

Sul rapido cammino del Rosatellum bis verso l’ok finale spunta poi un altro possibile intoppo: Mdp sostiene che il testo approvato dalla Camera contiene una “incongruenza” nelle norme relative all’elezione dei candidati nei collegi plurinominali. Errore che, per Alfredo D’Attorre, il Senato dovrà correggere, con il rischio di dover tornare alla Camera per un ulteriore passaggio. Dal Pd tagliano corto: “Nessun errore, la norma è chiara e non ci sono problemi”.

Grillo attacca Salvini: “Traditore politico” Ma è soprattutto la polemica tra le forze politiche a catalizzare l’attenzione. Nel centrosinistra è scontro aperto, con Pierluigi Bersani che accusa il premier Paolo Gentiloni di perdita di credibilità e Massimo D’Alema che mette la croce sopra a qualsiasi ipotesi di alleanza con Renzi, tacciandolo di aver siglato un “patto di potere” con Berlusconi e Salvini. Anche nel centrodestra il voto di giovedì ha creato una frattura e Fdi chiede un chiarimento ai potenziali alleati.

 

Nel day after, però, la scena è tutta per il Movimento 5 Stelle e la Lega, che se le danno di santa ragione. “Matteo Salvini è un traditore politico”, è l’attacco frontale dei pentastellati. “Noi vogliamo votare il prima possibile a differenza dei grillini che con la scusa di voti segreti e legge elettorale cercano di ritardare il voto per mantenere poltrone e lauti stipendi”, replicano i presidenti dei gruppi parlamentari della Lega Nord Gian Marco Centinaio e Massimiliano Fedriga. Ironico – con tanto di bestemmia inclusa – il cofondatore del Movimento: “Pd, Lega, Forza Italia, verdiniani et similia, convergono magicamente” e realizzano “il miracolo italiano”, approvando “una legge perfetta, inappuntabile, impermeabile a qualsiasi critica”.




Rosatellum, Carlassare: “Lo spirito della Costituzione è totalmente travolto”

Viene da chiedersi a cosa serva avere formalmente una democrazia bicamerale, quando si può saltare a piè pari la discussione in aula, il cui scopo precipuo sarebbe esattamente quello, con il ricatto della fiducia al governo sull’approvazione di articoli di una legge elettorale che è stata elaborata ad arte per favorire certi giochi di potere in seno alla maggioranza e per zittire i cittadini.

Da sempre Renzi e i suoi alleati hanno mirato, piuttosto che al consenso della nazione, a quello dell’aula, tacciando di populismo – divenuto un termine negativo come ‘fascismo’- chi avrebbe invece voluto andare incontro alle reali necessità del paese e dei suoi cittadini: cioè quello che i padri costituzionalisti avevano considerato che dovesse esser presente in una legge elettorale. Ormai questi ultimi, i cittadini, sono solo delle comparse, anzi, dei figuranti, nelle alchimie politiche della Repubblica Italiana, gestita sui generis ormai da troppo tempo da chi ha dimostrato in generale poca serietà e poco rispetto per chi in questa nazione è costretto ancora a vivere (altri sono fuggiti all’estero). Favorendo, al contrario, coloro che nel mondo gestiscono il potere economico, a cui ogni bravo lacchè gentilmente s’inchina, ancorchè proveniente da oltreoceano, nel nome di una globalizzazione e di una Unione Europea che già troppi danni ha fatto alla nostra nazione.

“Ce lo chiede l’Europa” era il lasciapassare per qualsiasi assurdità venisse imposta agli operatori economici italiani, dalla misura delle vongole, alle più recenti erbe aromatiche per cucina, al lardo di Colonnata, secondo l’UE da eliminare perché antigienico. Senza contare, citato a caso fra le altre mille iniziative dirompenti, l’altro assurdo, terribile guasto che si era riusciti inizialmente a scongiurare, e che, uscito dalla porta, è rientrato silenziosamente dalla finestra, cioè la ricerca petrolifera nell’Adriatico entro le dodici miglia, con ‘air bomb’ che distruggeranno l’ambiente marino e causeranno l’ulteriore spiaggiamento di cetacei, una delle ultime specie in estinzione. Senza contare le successive trivellazioni, da cui l’Italia, per i cervellotici meccanismi delle regole di concessione petrolifera – ad usum delfini -, non riceveranno il becco di un quattrino, né una goccia di quel petrolio (peraltro di pessima qualità, e che sarebbe antieconomico estrarre, se non fosse per le più che lusinghiere offerte del nostro governo in tema di concessioni petrolifere, praticamente gratis.

 

E allora viene da chiedersi: cui prodest, se nessuno, in Italia ne ricava profitto?) che è stato falsamente spacciato come una risorsa, in sede, allora, referendaria, dato che il minerale appartiene non a noi Italiani, ma alla compagnia petrolifera che lo estrae. Dulcis in fundo, una riflessione: l’Adriatico è un mare chiuso, che cambia la sua acqua mediamente ogni cento anni. Le trivellazioni, inevitabilmente inquinanti, lo distruggeranno per un periodo non lontano da tale termine, in più creando sul fondo una fanghiglia oleosa e puteolente che impedirà ogni e qualsiasi ricrescita della flora marina, indispensabile per il nutrimento della relativa fauna. Con buona pace dei pescatori che da quei tratti di mare interessati dallo scempio traggono – ancora per poco – il loro sostentamento; con conseguente disoccupazione e abbandono dei piccoli paesi costieri da parte di chi andrà altrove a cercare il suo sostentamento. Tutto in ossequio alle grandi società che tutto corrompono e acquistano, soprattutto in sede decisionale. Mentre a noi gente comune fanno credere che a breve non si utilizzeranno più carburanti provenienti da giacimenti fossili, e mentre le grandi fabbriche automobilistiche sfornano sempre più auto elettriche. Ma tant’è: questi sono i governanti che hanno in mano il potere. La chiave di tutto sono le elezioni, appuntamento da cui da troppo tempo la nostra nazione latita, ed è quindi intuibile che si possano anche fare ‘carte false’ per mettersi in posizione di vantaggio.

 

Se il PD dovesse perdere la maggioranza politica – quella dei cittadini l’ha già persa da tempo, vedasi il risultato referendario sulla pretesa riforma costituzionale – ci sarebbe una ‘rivoluzione’. Il pericolo adombrato è quello dei ‘populismi’, nuovo termine per squalificare quella parte pur consistente del paese che vorrebbe che i provvedimenti presi in aula fossero a favore della nazione e della sua prosperità. Purtroppo è utopia pensare che, avendo installato i ‘suoi’ nei punti di potere, Renzi – sempre lui sullo sfondo, nonostante le indagini su Banca Etruria, su babbo Renzi e Co, su MPS e un sospetto omicidio – possa arrendersi e cedere così facilmente la poltrona e le sue più che redditizie fondazioni. Oggi, 12 ottobre, la Camera ha approvato sulla fiducia al governo il quinto e ultimo articolo del Rosatellum 2.0, legge elettorale più che opinabile sotto il profilo costituzionale, con 372 Sì, 149 No, e 6 astenuti. Eppure c’è ancora chi, in Italia, parla di ‘paese democratico’, di ‘rispetto della Costituzione’, di ‘Padri Fondatori’, di ‘Costituzione nata dal sacrificio di tanti Italiani, partigiani e non’, e altre amenità consimili, mentre Renzi tira fuori dal cilindro il fatto che ‘anche De Gasperi’ ha fatto ricorso alla fiducia. Come se si potesse fare un paragone fra lui e l’allora segretario della Democrazia Cristiana. Sbandierando, in più, come positivi, i due più grossi e conclamati fallimenti del suo governo, quasi fossero motivo di ripresa economica e culturale, e cioè la ‘Buona scuola’ – che se non se lo dicesse da sola, nessuno chiamerebbe ‘buona’ – e il Jobs Act, che ha causato più danni del tornado in Florida. Oltre ad avere una ‘ministra’ dell’Istruzione che non avrebbe neanche i titoli per un concorso pubblico, una ‘ministra’ della Salute che non ha titoli in campo medico, ma solo una qualunque maturità classica e un robusto legame – peraltro legittimo, fino a prova contraria – con le case farmaceutiche, e una ‘ministra’ della semplificazione che pare abbia copiato alcune parti significative della tesi di laurea – fino a prova contraria. Accusa da cui non risulta che si sia mai difesa.

 

A proposito della fiducia sul Rosatellum e sulla regolarità costituzionale del procedere del governo, abbiamo voluto chiedere un parere alla professoressa Lorenza Carlassare, prima donna ad avere accesso alla Consulta, e autorevole costituzionalista.

Professoressa Carlassare, ci siamo già sentiti in occasione del referendum costituzionale, a proposito del quale lei ha esposto le ragioni del suo dissenso. Oggi vorremmo chiederle cosa ne pensa del fatto che sull’approvazione della nuova legge elettorale sia stata posta la fiducia al governo.
E’ una cosa su cui non vorrei neanche soffermarmi troppo. Ormai penso che la correttezza e l’osservanza dei principi costituzionali sia qualcosa che non possiamo più aspettarci dai nostri politici. Certamente la legge elettorale non appartiene alla maggioranza né al governo. Il governo non dovrebbe entrarci proprio, quindi l’idea della fiducia sarebbe impensabile. L’hanno già fatto altri, e abbiamo sopportato, come stiamo sopportando un’infinità di cose. Non menzioniamo le altre, perché non mi pare che sia necessario.

Cosa ne pensa lei di questa legge elettorale, di questo ‘Rosatellum’?
Penso che non mi piace, e che come al solito il popolo sia obbligato alle scelte che hanno fatto le segreterie dei partiti e i loro vertici. Noi non abbiamo nessuna possibilità di scelta, anche per il fatto che ci sia una sola scheda in cui si deve votare, e che si voti insieme per un candidato in un collegio uninominale e per la lista. Almeno il voto disgiunto sarebbe stato un minimo di riguardo, ma non ci hanno dato nemmeno quello. Penso proprio male, le dico la verità.

Quindi una legge che non ha principi di costituzionalità?
Certamente, non so fino a che punto corrisponda all’idea di chi la Costituzione ha voluto, in quanto lo spirito della Costituzione è totalmente travolto, perché l’idea era quella che il Parlamento rispondesse almeno in parte alle diverse istanze che il Paese esprimeva. Guardi, l’idea dei costituenti era tutta un’altra.

Roberto Ragone




Rosatellum 2.0: la Camera approva, ora tocca al Senato

Dopo tre votazioni di fiducia, il testo viene approvato con voto segreto superando la barriera dei franchi tiratori. Lo attende il vaglio del Senato, con una possibile nuova fiducia. Intanto, il tour de force alla Camera lascia il segno con un carico di polemiche in cui a tenere banco sono state le proteste in piazza del Movimento Cinque Stelle e della sinistra. Con lo strascico della norma definita dai 5 stelle e da Mdp ‘salva- Verdini’ che consente a chi è residente in Italia di potersi candidare anche nelle circoscrizioni estere.

Il Rosatellum crea ulteriori spaccature nel centrodestra, con Lega e Forza Italia a sostegno della legge ed Fdi posizionato sul fronte del no. Pur senza entrare nei dettagli, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni guarda con attenzione all’approvazione della legge: “Non e’ il tempo dell’irresponsabilità – osserva il premier – al di la’ di ogni comprensibile tensione politica dobbiamo mettere al primo posto l’Italia. Per quanto riguarda il governo si farà ogni sforzo per giungere ad una conclusione ordinata della legislatura”.

Da tesa e silenziosa si divide a metà: esultanza nei banchi del Pd e palese delusione dalle parti della sinistra e del Movimento 5 Stelle. Dopo aver applaudito a lungo, il capogruppo Ettore Rosato che a questa riforma ha dato il suo nome, i Dem si sono alzati in piedi battendo le mani e gridando di esultanza. Sguardi bassi e nessun commento soprattutto tra i 5 Stelle, alcuni dei quali restano seduti al proprio posto mentre l’emiciclo comincia a svuotarsi. Capannelli tra i Dem che si fanno i complimenti a vicenda e vanno ad abbracciare Rosato che resta in piedi vicino al suo scranno sorridente come non mai.

Il capogruppo Pd alla camera Ettore Rosato, nel suo intervento alla Camera, cita Nilde Iotti che, nella Seduta del 24 gennaio 1990, disse: “Finchè il regolamento è questo, anche se posso comprendere ed in una certa misura condividere le preoccupazioni che sono state manifestate da molte parti (…), vale l’antico principio ‘dura lex, sed lex’, al quale non possono esservi eccezioni”.

Grande soddisfazione per il via libera della Camera dei deputati al Rosatellum bis. Il gruppo di Forza Italia è stato leale e coerente, abbiamo mantenuto gli impegni presi con gi altri gruppi parlamentari che hanno sostenuto questa legge elettorale”. Lo afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. “Abbiamo sempre sottolineato la necessità – aggiunge – che le norme sul voto fossero una prerogativa del Parlamento e oggi abbiamo adempiuto, in modo responsabile, al nostro dovere di legislatori. Un ringraziamento a tutti i deputati azzurri e in particolare al nostro capogruppo in Commissione affari costituzionali Francesco Paolo Sisto, agli altri membri Annagrazia Calabria, Elena Centemero, Laura Ravetto, che insieme a Roberto Occhiuto (che per Forza Italia ha seguito questo delicato dossier) e a Gregorio Fontana hanno contribuito in maniera determinante, con il loro lavoro, alla buona riuscita di questo delicato iter parlamentare”. “L’Aula di Montecitorio – conclude l’esponente azzurro – ha approvato una buona legge, frutto di un compromesso, la migliore possibile nella situazione attuale. Adesso auspichiamo che il testo venga approvato in tempi rapidi anche dal Senato”.

“Il corso della storia non si ferma con una legge. Andatevi a riposare perché vi dovete preparare per portare la protesta la prossima settimana in Senato”. Lo afferma Luigi Di Maio dal palco della protesta M5S in piazza annunciando anche manifestazioni davanti “al Quirinale” per chiedere che il presidente Sergio Mattarella non firmi la legge. “La percezione degli italiani è chiara, provano a fermarci ma il consenso per il M5S aumenta”, attacca Di Maio. “Vergogna, vergogna”. La Camera approva la legge elettorale e la piazza M5S urla vari slogan. “Maledetti, maledetti. Buffoni, massoni”, i più ricorrenti




Rosatellum, prime due fiducie incassate: M5s e Mdp protestano in piazza

A Montecitorio arrivano i primi due sì sulla legge elettorale. L’articolo uno del Rosatellum, sulle quali il governo aveva posto la fiducia. La prima passa con 307 sì, 90 contrari e nove astenuti. Subito dopo la proclamazione del risultato sull’articolo uno (che contiene il sistema elettorale della Camera) l’assemblea di Montecitorio ha dato il via alle dichiarazioni di voto sulla seconda fiducia , quella sull’articolo 2 del disegno di legge (sistema elettorale del Senato), che ha ottenuto 308 voti favorevoli, 81 i contrari, otto gli astenuti.

Questa mattina si tengono le dichiarazioni di voto sulla terza ed ultima fiducia, quella posta sull’articolo 3 del testo. La votazione avrà inizio alle 11. A seguire, l’Assemblea di Montecitorio esaminerà i restanti due articoli del provvedimento, per poi passare agli ordini del giorno e alle dichiarazioni di voto finali.

Fuori dal palazzo ieri pomeriggio si è tenuta la manifestazione della sinistra, con manifestazioni in piazza Montecitorio e al Pantheon. “Gentiloni aveva detto che non sarebbe intervenuto. Ha perso credibilità” ha detto ha detto Pier Luigi Bersani arrivando alla manifestazione.

Sotto l’obelisco di Montecitorio, i cinque stelle hanno continuato a martellare l’alleanza che ha sostiene la nuova legge elettorale. Alessandro Di Battista ha messo nel mirino la Lega Nord: “Salvini si è venduto per qualche voto in più cedendo lo scettro di comando a Berlusconi”, ha detto. Il sì al Rosatellum ha provocato divisioni e imbarazzi nel centrodestra. A Montecitorio la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha preso le distanze dai suoi alleati: “E’ una legge vergognosa, non non potevamo starci e ci dispiace che altri si siano resi disponibili”

“Per la seconda volta nella stessa legislatura – commenta l’ex premier Massimo D’Alema – abbiamo una legge inaccettabile, segno di irresponsabilità del gruppo dirigente del Pd che logora la democrazia e apre la strada al populismo, spezzando il legame già fragile tra cittadini e istituzioni”.