Caso Ruby Ter: Berlusconi assolto “perché il fatto non sussiste”

Silvio Berlusconi è stato assolto dall’accusa di corruzione in atti giudiziari nel processo milanese sul caso Ruby ter.

Sono stati tutti assolti, qualcuno prosciolto per prescrizione per le posizioni minori, i 29 imputati del processo milanese sul caso Ruby ter.

Oltre a Silvio Berlusconi, le assoluzioni, sempre con la formula “perchè il fatto non sussiste”, hanno riguardato tra gli altri Karima el Mahroug e le 20 giovani ex ospiti delle serate di Arcore. Col dispositivo letto dai giudici Tremolada-Gallina-Pucci della settima penale di Milano, dopo poco più di due ore di camera di consiglio e oltre 6 anni di processo, sono crollate le accuse di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza. Accuse cancellate per Berlusconi, imputato per corruzione e per cui la Procura aveva chiesto 6 anni di reclusione e oltre 10 milioni di euro di confisca, e per gran parte degli altri 28 imputati, tra cui, tra gli altri, Karima, le cosiddette ‘ex olgettine’, una ventina in tutto, l’ex legale di Ruby, l’avvocato Luca Giuliante, e Luca Risso, ex compagno della giovane marocchina che era imputato per riciclaggio. Tutti assolti dalle accuse, ha stabilito il Tribunale, “perché il fatto non sussiste”. Prescritte, invece, solo poche imputazioni: una calunnia che era contestata a Roberta Bonasia (nei confronti di Ambra Battilana) e le presunte false testimonianze imputate a Simonetta Losi, moglie del pianista di Arcore, e Maria Rosaria Rossi, ex senatrice ed ex fedelissima del Cavaliere. Nessuna confisca ovviamente e anzi il dissequestro delle somme in contanti sequestrate durante le indagini. La Procura aveva chiesto condanne a pene in totale per circa 100 anni per 28 dei 29 imputati. Sul verdetto potrebbe avere pesato un’ordinanza già emessa dai giudici nel novembre 2021: hanno dichiarato “inutilizzabili” i verbali di almeno 18 giovani resi nei processi Ruby, perché, secondo il Tribunale, andavano già indagate dal marzo 2012 e sentite in aula con la garanzia dei testi assistiti da avvocati. Crollando le false testimonianze potrebbe essere caduta anche la connessa accusa di corruzione dei testimoni. Le motivazioni tra 90 giorni.




Caso Ruby bis, Emilio Fede ai domiciliari

Deve scontare la pena in “detenzione domiciliare” Emilio Fede condannato ad aprile in via definitiva a 4 anni e 7 mesi per il caso ‘Ruby bis’.

Lo ha deciso oggi il Tribunale di Sorveglianza di Milano che ha accolto una delle istanze dell’avvocato Salvatore Pino. I giudici, infatti, osservano che l’ex direttore del Tg4, per il quale era già stato sospeso l’ordine di carcerazione nei mesi scorsi, ha 88 anni, soffre di “alcune patologie” e il carcere per lui “andrebbe contro il senso di umanità”, perché da detenuto sarebbe sottoposto ad “una enorme sofferenza”. Fede rischiava di essere l’unico dei tanti coinvolti nel caso Ruby a finire in carcere a distanza di oltre otto anni da quando è esploso l’affaire delle serate a luci rosse nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. Già il 12 aprile, però, per il giornalista, condannato per aver favorito la prostituzione di alcune ragazze spinte a partecipare alle cene del “bunga-bunga” nella residenza dell’ex premier, era arrivata una buona notizia. La Procura generale milanese, infatti, sempre su istanza della difesa, aveva sospeso l’ordine di carcerazione aprendo, dunque, la strada dei domiciliari. Oggi, dopo un’udienza che si è tenuta due giorni fa, i giudici della Sorveglianza (Gaetano La Rocca, Maria Paola Caffarena e due esperti) in prima battuta hanno respinto la prima richiesta della difesa del giornalista di “differimento dell’esecuzione della pena”. E hanno accolto, invece, l’istanza per i domiciliari perché, scrivono nel provvedimento, la detenzione in carcere per lui, che ha più di 88 anni ed è malato, “andrebbe contro il senso di umanità che deve comunque connotare l’esecuzione della pena nel rispetto della dignità della persona”.




"BUNGA, BUNGA", CASO RUBY: AL VIA PROCESSO DI SECONDO GRADO PER MORA, MINETTI E FEDE

Redazione

Milano – Se prima erano di più a ballare "il bunga bunga" adesso sono in tre ad affrontare un processo dopo la clamorosa assoluzione di Silvio Berlusconi. Con la relazione dei giudici della terza Corte d'Appello di Milano che hanno ricostruito le indagini e il primo grado, si e' aperto il processo di secondo grado a carico di Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede. Presente l'ex talent scout, condannato con l'ex direttore del Tg4 a sette anni di carcere, il quale ha dichiarato in aula di non voler rendere dichiarazioni spontanee ai giudici, ma si e' 'concesso' a telecamere e taccuini, soffermandosi in particolare sull'assoluzione di Silvio Berlusconi nell'altro processo che prende il nome dalle rivelazioni della giovane marocchina. "Sono due processi totalmente diversi, anche se il fine e' uno solo, ma sono contento per l'assoluzione di Berlusconi, la trovo una cosa giusta, perche' ognuno a casa sua puo' fare quello che preferisce. "Arcore – ha aggiunto – non era una casa di tolleranza, quelle ragazze non erano prostitute ma al massimo amanti e un'amante al suo uomo puo' chiedere quello che vuole".
Mora ha spiegato che tra un anno finira' il suo percorso di affidamento ai servizi sociali dopo il patteggiamento per la bancarotta della sua Lm Management. "Ora lavoro nella societa' di pubblicita' di mio figlio, faccio lo stagista in pratica – ha spiegato – e lui e' il mio datore di lavoro e poi faccio molto piu' di due ore al giorno di lavori sociali nella comunita' di Don Mazzi e sono sereno". Nel processo d'appello, Fede sara' difeso dall'ex parlamentare del Pdl Maurizio Paniz: "Ormai la mia attivita' politica fate del passato. Io alla Consulta? Mi fa piacere che sia stato fatto il nome e che andrebbe bene a tutte le forze politiche, ma ho gia' detto di no, non ho nessuna intenzione di appendere la toga al chiodo".
Paniz ha sottolineato che quello che vede imputato Fede e' un "processo bellissimo" ed e' convinto che portera' all'assoluzione il giornalista. Quanto all'assoluzione di Berlusconi e alla convinzione in buona fede dell'ex premier che Ruby fosse parente di Mubarak, Paniz ha detto: "io gia' l'avevo dichiarato in lungo e in largo che sarebbe andata cosi' e quanto detto da me in Parlamento sulla parentela e' stato sostenuto anche dall'avvocato Coppi nella sua arringa e la Corte d'Appello l'avra' valutato". Il processo e' stato aggiornato al 10 ottobre quando il pg Antonio De Petris svolgera' la requisitoria, mentre la sentenza per Fede, Mora e Minetti (condannata a 5 anni in primo grado) potrebbe arrivare il 13 novembre.