Salvatore Parolisi, da militare a civile: intervista all'Avvocato difensore

di Angelo Barraco

Perugia – E’ stato ufficialmente degradato dall’Esercito l’ex caporal maggiore Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni di carcere per l’omicidio della moglie Melania Rea, uccisa il 18 aprile del 2011 con 35 coltellate nel boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto. Parolisi è stato espulso dall’esercito ed è stato trasferito dal carcere militare di Santa Maria Capua Vetere al carcere civile di Bollare. Un provvedimento avanzato dalla Procura generale quale pena accessoria prevista dalla sentenza di condanna per omicidio, che arriva a cinque anni esatti da quel tragico 18 aprile del 2011, giorno in cui scompare Melania Rea e viene rinvenuta cadavere due giorni dopo. Gli avvocati di Parolisi, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, hanno sollevato un difetto di giurisdizione perché ritenevano che ad applicare la degradazione doveva essere il Ministro della Difesa o l’Esercito.  
 
Un dolore incommensurabile per i familiari, che sin dal primo giorno hanno gridato a gran voce giustizia. A seguito della riduzione della pena da trenta a vent’anni per l’esclusione dell’aggravante della crudeltà e il trasferimento dal carcere di Teramo a quello di Santa Maria Capua Vetere il padre di Melania, Gennaro Rea, tempo fa ha scritto una lettera indirizzata al Ministro della Difesa: “Chi vi scrive è Gennaro Rea, padre di Melania Rea, uccisa da 35 coltellate, dal marito, ma senza crudeltà, come dicono i giudici. Ebbene, ora lo stesso sembra essere stato trasferito dal carcere di Teramo a quello militare di S. Maria Capua Vetere. La cosa lascia perplessi non solo perché il reato commesso non ha nulla a che vedere con i reati militari ma perché la sentenza, dal punto di vista della responsabilità penale, è ormai definitiva. Non si comprende come un militare condannato per omicidio in via definitiva sulla responsabilità (e ora ormai anche sulla pena, dopo la sentenza della Corte di Assise di Appello di Perugia) possa ancora mantenere lo status di militare, persino godendo di qualche privilegio connesso alla suddetta condizione. Lo dico e lo penso, non solo da padre della vittima, ma da militare, quale sono io stato, avendo ricoperto la carica di 1° maresciallo dell’Aeronautica Militare prima del pensionamento. Vi prego pertanto di provvedere al più presto a far scontare la misera pena di Parolisi, al confronto dell’ergastolo del mio dolore, presso un normale carcere, con i delinquenti e gli assassini comuni, quale egli è”.

Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo intervistato in esclusiva l’Avvocato Antonio Cozza, legale di Salvatore Parolisi per avere ulteriori chiarimenti in merito alla degradazione.
 
– Parolisi è stato degradato dalla sua carica. Come avete accolto la notizia?
C’è sta un’udienza in Corte D’Appello a Perugia, perché era fissata l’udienza proprio per stabilire questa degradazione che era stata chiesta dall’Esercito, è una pena accessoria automatica perché lui era stato interdetto dai pubblici uffici quindi nel momento in cui un militare viene giudicato e la sentenza diventa definitiva, la degradazione –quando si tratta di reati gravi in questo caso si trattava di un omicidio- è una conseguenza automatica quindi diciamo che la difesa non poteva fare niente, così come Salvatore, se non accettare questa decisione. L’unica cosa che avevamo fatto nel momento in cui era stata chiesta l’applicazione di questa degradazione, abbiamo cercato di sollevare un’eccezione in competenza o comunque di giurisdizione, un difetto di giurisdizione, perché ritenevamo che ad applicare questa pena doveva essere il Ministero della Difesa o comunque l’Esercito. Anche il Giudice Ordinario, in questo caso la Corte d’Appello cioè il Giudice dell’esecuzione, deve applicare questa pena perché ripeto, è una pena conseguente alla pena dell’ergastolo, Salvatore ne era ben consapevole, è una conseguenza naturale di questo iter che si è concluso di conseguenza i rapporti con l’Esercito si sono completamente definiti, sono stati completamente definiti, e adesso Salvatore Parolisi andrà in un carcere civile. Quindi era soltanto un passaggio automatico naturale rispetto alla condanna che poi è diventata definitiva. 
 
– Il suo assistito come ha vissuto e come vive questa situazione?
Salvatore si è sempre reputato innocente, come la può vivere…non la vive sicuramente bene. Ha accettato sempre qualsiasi tipo di decisione con la speranza che prima o poi si farà giustizia nel senso che verrà fuori la verità però non può fare diversamente.

– Quali saranno le prossime mosse?
Per adesso nessuna mossa, aspettiamo e poi valuteremo se ci sono i margini per poter ricorrere, diciamo, anche all’estero.



VITA DA RECLUSI… IN COSTA SMERALDA

di Mario Vito Torosantucci
La Sardegna, d’estate, è uno dei punti d’osservatorio della vita sociale,più veritieri d’Italia. Chi ha la fortuna di potersi trovare sulla costa smeralda nel periodo estivo, può rendersi conto personalmente, del livello e del paragone, fra le varie differenze sociali. Veder sfilare barche di varia grandezza, yacht e megayacht, come su un’autostrada, ci si chiede, quanti soldi vengono spesi, per il piacere e divertimento. Con il costo giornaliero di una barca grande, si potrebbero salvare innumerevoli bambini del terzo mondo. E’ d’uso usare l’espressione “ Vita da cani “ in senso ironico, intendendo dire con tale frase, una vita difficile e di sottomissione. Queste persone, proprietarie delle suddette barche, invece, conducono una vita veramente da cani, i quali, oggigiorno vengono trattati e rispettati, più delle stesse persone. La riflessione principale, per quanto riguarda i ricchi italiani, è poter capire da dove provengono tutti quei soldi, se sono tutti regolari e legali, e se pagano veramente le tasse. Come tutte le cose però, c’è sempre il rovescio della medaglia. La vita dorata dei ricchi, comporta un limite alla propria libertà, poiché sono costretti ad avere sempre delle guardie del corpo, per tutelare la propria incolumità. Invidiati, beffeggiati, insultati, ma oggetto dei sogni della maggior parte della gente. Un magnate russo, ha comprato uno yacht di trenta metri per la moglie, perché deve recarsi a mangiare a circa dieci minuti dalla sua villa. Il lato positivo, è la possibilità di lavoro, che hanno avuto le cinque persone, che ci lavorano a bordo. Poi, ci sono i ricchi semplici in incognito, che pur svolgendo dei lavori cosiddetti umili, possono permettersi una vita agiata e dispendiosa, ovviamente lontano dalle proprie città. Infatti, fra i  proprietari di yacht abbastanza grandi, tempo fa mi sembra di aver riconosciuto su di essi, fruttivendoli ed altre persone che lavoravano nei mercati. Tornando ai personaggi importanti, ci si rende conto, che la vita per loro è, sì dorata, ma eternamente controllata e priva di qualsiasi libertà e privacy. Non possono fare una passeggiata tra la gente, come un qualsiasi mortale, perché non possono mimetizzarsi, permettersi di camminare soli tranquillamente,e magari, fare compere nei negozi, con la calma di un turista normale. Poverini questi signori, che per loro sicurezza, sono costretti spesso a viaggiare in elicottero, che prudentemente hanno sullo yacht, essere quasi costantemente incollati ai vari telefonini, per la moltitudine di rapporti di lavoro, riducendo così, il tempo a disposizione per ritemprarsi, rilassarsi, e recuperare le forze per affrontare di nuovo il mondo intero. Comunque, per essere prudenti e previdenti, per affrontare un qualsiasi pericolo per la salute, hanno pensato bene, di procurarsi e comprare yacht, con due o tre sale operatorie. Certo, queste persone, non devono essere invidiate, perché alcune importanti, in caso di pericolo, saranno costrette a fuggire, con un piccolo sottomarino nella pancia dello yacht. Da riflettere! quanta tensione, devono subire questi poveri ricchi, e questa forse è la ragione per cui, qualche volta sbranano avversari, in senso affaristico, esattamente come fa un cane di grossa taglia, quando e non tanto raramente, aggredisce qualcuno. Quindi, l’analogia fra le due vite è ormai chiara. I ricchi, fanno una vita da cani, e la maggior parte dei cani, fanno una vita da ricchi. Un’ osservazione più specifica… un’episodio capitatomi poco tempo fa; Una signora, innervosita da due bambini, si arrabbia a tal punto da dare uno schiaffo ad uno di loro inveendo contro gli altri, semplicemente per aver fatto cadere un gelato, poi, accortasi che il suo cane aveva fatto un bisogno, lo apostrofa: Poverino! Non ti senti bene? Vieni da mamma…vieni da mamma tua che ti cura. A quel punto, pur sbagliando, non ho potuto fare a meno di dire : Signora, non me lo sarei mai aspettato, che lei,avesse certi gusti sessuali. Non riferisco ovviamente, come sono stato aggredito verbalmente. Quei cani fortunati, potranno andare con quei ricchi ostinatamente fortunati, nelle spiagge più esclusive, malgrado i divieti, che i comuni del luogo impongono, mentre, agli altri sfortunati della gente comune, non resta che essere presi a calci, se solo si azzardano, ad andare in quei luoghi, dove i privilegiati, sono costretti a fare una vita da reclusi.




OMICIDIO MELANIA REA: SCONTO DI PENA PER PAROLISI

di Christian Montagna

Perugia- Il verdetto è arrivato: la Cassazione ha deciso uno sconto di pena da 30 a 20 anni per Salvatore Parolisi elimando la premeditazione e l'aggravante della crudeltà. Grande l'amarezza per i familiari di Melania che ammettono di aver subito un grande torto dalla giustizia.

Questa mattina, davanti alla Corte d’Assise di Perugia, è cominciata l’udienza per il processo a Salvatore Parolisi, in carcere con l’accusa dell’omicidio della moglie Melania Rea avvenuto il 18 Aprile 2011.Il corpo ritrovato nel boschetto delle Casermette e martoriato con 35 coltellate è stato a lungo oggetto d’indagine. A presiedere la Corte d'Assise d'appello di Perugia Maria Rita Belardi. A latere Massimo Ricciarelli. Il sostituto procuratore generale è Giancarlo Costagliola, lo stesso che si occupò del processo per l'omicidio di Meredith Kercher. L’udienza a porte chiuse è stata definita tecnica per l’argomento in discussione all’ordine del giorno: la Corte infatti, al termine, dovrà decidere se disporre un nuovo processo per ridurre la pena ed eliminare l’aggravante della crudeltà. Lo scorso 10 febbraio, la Suprema Corte, pur riconoscendolo colpevole, aveva proposto la riapertura di un nuovo processo che oggi è stata validata.

IN AULA: OMICIDIO PREMEDITATO O ESPLOSIONE D’IRA?
In aula sono presenti i legali Walter Biscotti e Nicodemo Gentile di Parolisi che al momento è recluso a Teramo e non presenzia all’udienza. Da parte di Melania invece ci sono il fratello, il papà e il legale di parte civile, Mauro Gionni. Grande è la tensione per quella che potrebbe diventare una sentenza “amara”. Seppure la prima sentenza, in cento pagine, abbia riconosciuto Parolisi come unico responsabile del delitto maturato in una “esplosione di ira ricollegabile a un litigio tra i due coniugi”, si lavora ora per far eventualmente annullare la premeditazione. Il tutto è avvenuto in una giornata normale; i coniugi si sono trovati occasionalmente sul luogo del delitto e nulla era stato preventivamente organizzato.

LE SENTENZE DI 1° E 2° GRADO
Condannato in primo grado all'ergastolo con l'aggiunta della pena accessoria dell'isolamento diurno, Parolisi non mostra segni di pentimento. Tenta di depistare le indagini fino all'ultimo momento. Sembra utilizzare la sua bambina per apparire un padre premuroso che mai avrebbe potuto uccidere e perde la patria potestà . Nel settembre 2013, anche la sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila lo condanna a 30 anni. Di seguito, i legali presentano un ricorso che oggi è stato accettato dalla Corte di Cassazione.

I FATTI
E' il 18 Aprile 2011 quando di Carmela Melania Rea, di anni 29, si perdono le tracce sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. Insieme al marito Salvatore Parolisi e alla loro bambina di diciotto mesi, sono andati a trascorrere qualche ora all'aria aperta. Secondo la ricostruzione del marito, Melania si allontana per andare al bagno dello chalet ma nessuno però la rivedrà mai tornare. Passano circa venti minuti ma Salvatore spaventato chiama i soccorsi e dà l'allarme. Subito la notizia viene diffusa in tutta la nazione, cominciano le ricerche sui territori circostanti. Si cerca e si spera di trovare un corpo ancora in vita. Il marito disperato concede numerose interviste televisive sperando al più presto di poter riabbracciare la propria amata. Una nazione che si mobilita per questa terribile scomparsa; forze dell'ordine scandagliano distese di terreno immense, ma di Melania ancora nulla.

IL RITROVAMENTO DEL CORPO
E' il 20 Aprile, due giorni dopo la scomparsa, quando una telefonata anonima intorno alle 14.40/15.00 avverte le forze dell'ordine di polizia da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo che non sarà mai rintracciata della presenza del corpo di Melania. A 18 km di distanza dal luogo della sparizione, in un bosco di Ripe di Civitella viene ritrovato il corpo di Melania. Ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo: elementi che cercano di depistare le indagini facendo pensare ad una rapina finita male ad opera di un tossico in astinenza. Il medico Adriano Tagliabracci che effettua l'autopsia non rileva segni di strangolamento né violenza sessuale e attribuisce la causa della morte alle 35 coltellate che sono state inflitte sul suo corpo. Vicino al corpo, viene ritrovato il cellulare con la batteria scarica e un'altra sim card.

LE INDAGINI
A brancolare nel buio sono gli investigatori che cercano di trovare il colpevole. Salvatore continua a mostrarsi disperato e shoccato per quanto accaduto. Inizialmente non iscritto nel registro degli indagati, il 29 giugno, a più di due mesi dall'omicidio, gli notificano un avviso di garanzia. L'ultima persona ad aver visto Melania Rea in vita potrebbe dunque essere il suo assassino. Ma perché Salvatore avrebbe dovuto uccidere sua moglie? Si indaga nella vita privata di Salvatore, sul posto di lavoro e si cerca di ricostruire il rapporto fra i due coniugi a suon di testimonianze di amiche e conoscenti che con Melania avevano un buon rapporto. Salvatore però continua a professarsi innocente. Nessun testimone però può confermare o smentire il suo racconto. Il 19 Luglio 2011, l'inchiesta passa a Teramo per competenza territoriale e il 2 Agosto il gip conferma il fermo del caporal maggiore. Si indaga sulla vita privata di Salvatore; spuntano altre donne, transessuali e una vita non proprio serena. Melania era venuta a conoscenza di un tradimento? Potrebbe essere questo il motivo dell'omicidio? Domande queste che si pongono gli inquirenti a cui però mai nessuno potrà più rispondere.

L'ACCUSA
Secondo gli inquirenti, il tutto si è consumato in pochi minuti. Nella pineta in cui è stato ritrovato il corpo, Salvatore avrebbe provato a baciare la moglie per tentare un approccio sessuale. In seguito al rifiuto, si sarebbe scatenata la furia omicida. Nella motivazione della sentenza però compaiono anche altri elementi tra cui la relazione extraconiugale che Parolisi aveva con la soldatessa Ludovica Perrone. Viene però subito esclusa la possibilità che quest'ultimo elemento possa avere a che fare con l'omicidio. Si analizza dunque il rapporto tra i coniugi: Melania una donna troppo forte che induce il suo uomo in una situazione di sottomissione? Parolisi trova in un Ludovica un conforto alle umiliazioni subite quotidianamente dalla sua donna? Le dichiarazioni delle amiche di Melania la descrivono come frustrata e triste, soprattutto dopo la scoperta dei tradimenti del marito. Secondo il pm, le continue menzogne del Parolisi anche in tv sarebbero una confessione velata dell'omicidio. Una mole di menzogne che insieme costituiscono una confessione.
 




MELANIA REA: L'ACCUSA CHIEDE 30 ANNI DI CARCERE PER SALVATORE PAROLISI

di Angelo Barraco

Roma – “Trent’anni di carcere a Salvatore Parolisi”, ecco la richiesta dell’accusa. La condanna era stata confermata in primo e in secondo grado di giudizio, il pm Maria Giuseppina Fodaroni ha richiesto la condanna, ai giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione. Parolisi è l’unico indagato per l’omicidio della moglie Melania Rea, rinvenuta cadavere presso il boschetto delle Casermette, a Ripe di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo, nell’aprile del 2011. Il ritrovamento è avvenuto grazie ad una telefonata anonima di cui oggi non si conosce ancora la provenienza e furono lanciati numerosi appelli al telefoniste affinché si facesse avanti con gli inquirenti per spiegare molte cose e ciò che vide quel giorno. Le condotte dell'imputato all'epoca del fatto, secondo il pg, non fanno che "essere espressive del suo coinvolgimento": prima "ha solo un'ora dall'allontanamento della moglie – ha sottolineato il magistrato – afferma 'me l'hanno ammazzata', poi, man mano che la donna non si trova, Parolisi si calma. Parolisi farà di tutto, nei giorni successivi al delitto, nell’adoperarsi al depistare le indagini, farà di tutto per evitare che i colleghi esperti facciano ricerche in quella zona quando il cadavere viene ritrovato. Valenza indiziaria "significativa", per il sostituto pg, ha anche "il fallimento dell'alibi dell'imputato" e il vilipendio di cadavere, sul quale vennero incise una svastica e una gabbia, e' stata "un'operazione di depistaggio che solo il responsabile del delitto poteva fare". Fodaroni, infine, ha ritenuto corretto anche il riconoscimento delle aggravanti della crudelta' e della minorata difesa. La sentenza potrebbe arrivare oggi, in serata.




MELANIA REA: IL 10 FEBBRAIO E' IL GIORNO DEL GIUDIZIO PER SALVATORE PAROLISI

di Chiara Rai

Salvatore Parolisi, ex caporal maggiore condannato in appello a 30 anni per aver ucciso la moglie di 29 anni Melania Rea con 35 coltellate il 18 aprile 2011, non vede la figlioletta da 4 anni. Esattamente da luglio 2011 quando la piccola aveva appena 18 mesi e la cui tutela venne affidata alla madre di Melania Rea.

La doppia attesa. Il 10 febbraio, il tribunale per i minorenni di Napoli si pronuncera' sulla richiesta presentata dall'avvocato di Parolisi, Federica Benguardato, di far incontrare la bimba con il papa'. E sempre il 10 febbraio la Suprema Corte di Cassazione si pronuncerà sul futuro dell'uomo.


La relazione del Ctu.
Parolisi era venuto a conoscenza tardivamente della relazione del ctu nominato dal tribunale "dalla cui relazione emergeva chiaramente come fosse opportuno che la bimba incontrasse il padre", spiega l'avvocato Benguardato. "La bimba quando parlava al telefono con il padre Salvatore stringeva forte la cornetta del telefono". La relazione del perito venne depositata nel 2012 ma Parolisi ne venne a conoscenza solo nel 2013. Dunque, l'ex caporalmaggiore attende una doppia decisione dei giudici: quella del tribunale dei minori e quella della Cassazione.
 

Quei segni che non sono di Parolisi. I segni lasciati sulle gambe della povera Melania qualificati dalla perizia come "striature a linee parallele da sovrapposizione" "con alta probabilità non sono riconducibili alla cerniera del giacchetto indossato dalla stessa – sostiene uno dei due legali difensore di Parolisi, Nicodemo Gentile. Lo rileva la prima consulenza effettuata al riguardo dall’ingegner Reale – il solo ad aver effettuato le misurazioni tecniche – che ha escluso che i segni da contatto sulla cute di Melania corrispondano, contrariamente a quanto rilevato nella sentenza di appello, alla zip dell’indumento della donna. Tali segni, che, da subito, anche gli investigatori hanno interpretato quali tracce probabilmente lasciate dalla manica della maglia o del maglioncino imbrattato di sangue dell’offender, rappresentano la firma dell’assassino (che per la difesa non è il marito di Melania) poichè Parolisi, come risulta da più elementi, testimoniali e di fatto, non ha mai cambiato gli indumenti, in quanto, nel pomeriggio del 18 aprile 2011, è uscito da casa in maniche corte e pantaloncini e così è rimasto fino alla sera. Siamo di fronte ad un ulteriore indizio di innocenza – prosegue l’avvocato Gentile – poiché questo dato tecnico rafforza ancora l’evidenza di una scena criminis che straripa di segni e tracce che non appartengono a Salvatore Parolisi, ma a soggetti che, ad oggi, rimangono ignoti". Questo ulteriore elemento (dopo quello per cui l’impronta di scarpa isolata alla base del chiosco situato alle Casermette di Civitella del Tronto (Teramo) nei pressi del quale venne ritrovato il corpo senza vita di Melania, corrisponde ad un numero non superiore al 40 mentre Parolisi calza il 43) supererebbe i rilievi dellaCorte di secondo grado, aprendo a scenari diversi. La difesa ha chiesto alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza appello anche sotto questo profilo.

La vicenda. E' il 18 Aprile 2011 quando di Carmela Melania Rea, di anni 29, si perdono le tracce sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. Insieme al marito Salvatore Parolisi e alla loro bambina di diciotto mesi, sono andati a trascorrere qualche ora all'aria aperta. Secondo la ricostruzione del marito, Melania si allontana per andare al bagno dello chalet ma nessuno però la rivedrà mai tornare. Passano circa venti minuti ma Salvatore spaventato chiama i soccorsi e dà l'allarme. Subito la notizia viene diffusa in tutta la nazione, cominciano le ricerche sui territori circostanti. Si cerca e si spera di trovare un corpo ancora in vita. Il marito disperato concede numerose interviste televisive sperando al più presto di poter riabbracciare la propria amata. Una nazione che si mobilita per questa terribile scomparsa; forze dell'ordine scandagliano distese di terreno immense, ma di Melania ancora nulla.


Il ritrovamento del corpo.
E' il 20 Aprile, due giorni dopo la scomparsa, quando una telefonata anonima intorno alle 14.40/15.00 avverte le forze dell'ordine di polizia da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo che non sarà mai rintracciata della presenza del corpo di Melania. A 18 km di distanza dal luogo della sparizione, in un bosco di Ripe di Civitella viene ritrovato il corpo di Melania. Ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo: elementi che cercano di depistare le indagini facendo pensare ad una rapina finita male ad opera di un tossico in astinenza. Il medico Adriano Tagliabracci che effettua l'autopsia non rileva segni di strangolamento né violenza sessuale e attribuisce la causa della morte alle 35 coltellate che sono state inflitte sul suo corpo. Vicino al corpo, viene ritrovato il cellulare con la batteria scarica e un'altra sim card.




MELANIA REA: SALVATORE PAROLISI E QUELL'IMPRONTA CHE NON GLI APPARTIENE

di Angelo Barraco

L’Aquila – C’è una nuova perizia che potrebbe riaprire il caso di Melania Rea e della sua tragica e misteriosa scomparsa. Salvatore Parolisi, marito della donna ed ex caporale è stato condannato in appello a 30 anni per aver ucciso la moglie con 35 coltellate il 18 aprile 2011. Ma potrebbe esserci un elemento che potrebbe scagionarlo, come riferiscono i suoi legali. Nei pressi del chiosco di Casermette di Civitella del Tronto (Teramo), vicino al cadavere, fu trovata ed isolata l’impronta di una scarpa insanguinata. La Corte d’Appello de L’Aquila ha ritenuto di non dover dare troppa importanza a tale impronta in quanto risulta impossibile risalire al modello di scarpe indossato da Parolisi il giorno del delitto.

La perizia si sta concentrando sull’analisi del reperto. Si tratterebbe di un’impronta non superiore al numero 40. Parolisi calza la 43 e secondo tale dettaglio l’esclusione di Parolisi sarebbe ovvia.
Parolisi continua a ribadire che quell’impronte non è la sua, quell’impronte, tra l’altro, non è riconducibile a calzature indossate da Melania, né da altri soggetti che successivamente hanno transitato sulla scena del delitto.
Vi Terremo aggiornati su eventuali approfondimenti.




MELANIA REA: QUELLE ACCUSE RIVOLTE A SALVATORE PAROLISI

di Christian Montagna

Una vicenda complicata e ricca di colpi di scena quella che vede come unico indagato Salvatore Parolisi nella morte della giovane Melania Rea. Ad aggravare la posizione dell’indagato, sono le altre accuse a suo carico. Proprio durante le indagini per l’omicidio della moglie, emersero alcuni comportamenti anomali degli istruttori della caserma. Dodici militari finirono sotto inchiesta. Nuovamente in tribunale e dinanzi ai pm, il Tribunale di Roma ieri ha assolto con formula piena il caporal maggiore dell’esercito. Accusato di violata consegna nell’ambito dell’inchiesta in cui sono indagati anche altri militari per presunti abusi nei confronti di soldatesse. Secondo la procura, non avrebbe rispettato gli ordini, invitando nel suo ufficio ed offrendo da bere alle soldatesse che addestrava in caserma. In tribunale, presente anche la sua ex amante ed ex allieva Ludovica Perrone. Assistito dagli avvocati Nicodemo Gentile e Federica Benguardato, è stato assolto dall’accusa poiché il fatto non sussiste. Ma Parolisi resta ancora in carcere per la condanna a trenta anni per l’omicidio di sua moglie Melania, nell’attesa del processo in Cassazione che si svolgerà a febbraio.

LA VICENDA:
E' il 18 Aprile 2011 quando di Carmela Melania Rea, di anni 29, si perdono le tracce sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. Insieme al marito Salvatore Parolisi e alla loro bambina di diciotto mesi, sono andati a trascorrere qualche ora all'aria aperta. Secondo la ricostruzione del marito, Melania si allontana per andare al bagno dello chalet ma nessuno però la rivedrà mai tornare. Passano circa venti minuti ma Salvatore spaventato chiama i soccorsi e dà l'allarme. Subito la notizia viene diffusa in tutta la nazione, cominciano le ricerche sui territori circostanti. Si cerca e si spera di trovare un corpo ancora in vita. Il marito disperato concede numerose interviste televisive sperando al più presto di poter riabbracciare la propria amata. Una nazione che si mobilita per questa terribile scomparsa; forze dell'ordine scandagliano distese di terreno immense, ma di Melania ancora nulla.

IL RITROVAMENTO DEL CORPO
E' il 20 Aprile, due giorni dopo la scomparsa, quando una telefonata anonima intorno alle 14.40/15.00 avverte le forze dell'ordine di polizia da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo che non sarà mai rintracciata della presenza del corpo di Melania. A 18 km di distanza dal luogo della sparizione, in un bosco di Ripe di Civitella viene ritrovato il corpo di Melania. Ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo: elementi che cercano di depistare le indagini facendo pensare ad una rapina finita male ad opera di un tossico in astinenza. Il medico Adriano Tagliabracci che effettua l'autopsia non rileva segni di strangolamento né violenza sessuale e attribuisce la causa della morte alle 35 coltellate che sono state inflitte sul suo corpo. Vicino al corpo, viene ritrovato il cellulare con la batteria scarica e un'altra sim card.
LE INDAGINI
A brancolare nel buio sono gli investigatori che cercano di trovare il colpevole. Salvatore continua a mostrarsi disperato e shoccato per quanto accaduto. Inizialmente non iscritto nel registro degli indagati, il 29 giugno, a più di due mesi dall'omicidio, gli notificano un avviso di garanzia. L'ultima persona ad aver visto Melania Rea in vita potrebbe dunque essere il suo assassino. Ma perché Salvatore avrebbe dovuto uccidere sua moglie? Si indaga nella vita privata di Salvatore, sul posto di lavoro e si cerca di ricostruire il rapporto fra i due coniugi a suon di testimonianze di amiche e conoscenti che con Melania avevano un buon rapporto. Salvatore però continua a professarsi innocente. Nessun testimone però può confermare o smentire il suo racconto. Il 19 Luglio 2011, l'inchiesta passa a Teramo per competenza territoriale e il 2 Agosto il gip conferma il fermo del caporal maggiore. Si indaga sulla vita privata di Salvatore; spuntano altre donne, transessuali e una vita non proprio serena. Melania era venuta a conoscenza di un tradimento? Potrebbe essere questo il motivo dell'omicidio? Domande queste che si pongono gli inquirenti a cui però mai nessuno potrà più rispondere.
L'ACCUSA
Secondo gli inquirenti, il tutto si è consumato in pochi minuti. Nella pineta in cui è stato ritrovato il corpo, Salvatore avrebbe provato a baciare la moglie per tentare un approccio sessuale. In seguito al rifiuto, si sarebbe scatenata la furia omicida. Nella motivazione della sentenza però compaiono anche altri elementi tra cui la relazione extraconiugale che Parolisi aveva con la soldatessa Ludovica Perrone. Viene però subito esclusa la possibilità che quest'ultimo elemento possa avere a che fare con l'omicidio. Si analizza dunque il rapporto tra i coniugi: Melania una donna troppo forte che induce il suo uomo in una situazione di sottomissione? Parolisi trova in un Ludovica un conforto alle umiliazioni subite quotidianamente dalla sua donna? Le dichiarazioni delle amiche di Melania la descrivono come frustrata e triste, soprattutto dopo la scoperta dei tradimenti del marito. Secondo il pm, le continue menzogne del Parolisi anche in tv sarebbero una confessione velata dell'omicidio. Una mole di menzogne che insieme costituiscono una confessione.
LA SENTENZA
Condannato in primo grado all'ergastolo con l'aggiunta della pena accessoria dell'isolamento diurno, Parolisi non mostra segni di pentimento. Tenta di depistare le indagini fino all'ultimo momento. Sembra utilizzare la sua bambina per apparire un padre premuroso che mai avrebbe potuto uccidere e perde la patria potestà . In secondo grado, il 30 Settembre, i giudici d'appello riducono per effetto del rito abbreviato la pena a trenta anni. Deluso però ,fanno sapere gli avvocati, Parolisi che si aspetta un qualcosa di diverso.