PORTA A PORTA, INTERVISTA A SALVO RIINA: VERTICI RAI IN COMMISSIONE ANTIMAFIA

Red. Cronache

"Trasmetteremo fra poco l'intervista a un mafioso": Bruno Vespa ha lanciato così l'intervista a Salvo Riina, figlio del boss di Cosa Nostra Totò Riina. Un'intervista che ha suscitato polemiche ancora prima di essere mandata in onda ma che il conduttore di Porta a a Porta rivendica come momento di approfondimento verso un fenomeno deprecabile. "Per combattere la mafia, che gode tuttora di protezioni diffuse, bisogna conoscerla bene e per farlo sono utili anche interviste come quella in onda stasera", ha detto Vespa.

 

Ecco l'intervista integrale:



Salvo Riina: "amo mio padre, non lo giudico"
"Io amo mio padre non sta a me giudicare", ha detto Salvo Riina. "Amo mio padre, amo la mia famiglia, al di fuori di tutto quello ci hanno contestato, io non giudico, per quello c'è lo Stato, ci sono i giudici; la mia famiglia, mio padre mi hanno insegnato tante cose, il rispetto della famiglia, dei valori, della tradizione, la persona che sono la devo a loro", ha continuato Riina jr, ripetendo: "Io non devo dire se mio padre ha sbagliato, per questo c'è lo Stato non tocca a me dirlo. Mentre Vespa più volte sottolinea le condanne, i 18 ergastoli comminati a suo padre e che nel libro "Riina family life" non c'è mai neanche una parola di rimprovero per il padre-boss, Salvo Riina continua a ripetere: "Il giudizio non sta a me", e per lui "al di là di tutto c'è la persona umana, mio padre". "Penseranno il mio sia un libro reticente ma – ha continuato Salvo Riina – ho voluto soltanto scrivere la mia vita così come l'ho vissuta nella mia famiglia"; "io rispetto mio padre" ripete più volte citando anche i comandamenti, e se Vespa ricorda anche il comandamento "non uccidere", Riina Jr ribatte sempre lo stesso tasto: "Non tocca a me giudicare mio padre, io da parte mia lo rispetto. Non tocca a me giudicare, lo hanno giudicato lo Stato e i giudici, non condivido ma mi sta bene".

La strage di Capaci Durante l'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina sono stati proiettati molti filmati, che ricordano eventi tragici e la storia della lotta la mafia, tra cui quelli della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, dove venne ucciso il giudice Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta. "Ricordo quando successe il fatto – dice Salvo Riina nell'intervista a Porta a Porta – avevo compiuto da poco 15 anni, eravamo a Palermo, ero con la mia compagnia di amici, vicino alla sede della Regione, quando vedemmo tante e tante sirene e ambulanze; andavano verso Capaci, ci siamo chiesti che cosa fosse successo, poi ci ha risposto un uomo in un bar che ci disse 'hanno ammazzato Falcone'; ci ammutolimmo". Poi "tornato a casa c'era mio padre, guardava l'edizione straordinaria del tg, in silenzio". Ma "non ebbi alcun sospetto".

I vertici dell'Azienda oggi in Commissione Antimafia La Commissione parlamentare Antimafia ha convocato per oggi alle 16 la presidente della Rai, Monica Maggioni e il Direttore generale Antonio Campo Dall'Orto, per "un'audizione urgente" sulla vicenda Dopo una giornata di tensioni e contatti, ieri il dg Antonio Campo Dall'Orto aveva confermato la stima al conduttore e dato l'ok alla trasmissione. La Rai ha annunciato per oggi una puntata dedicata alla lotta alla mafia "per offrire un ulteriore punto di vista contrapposto a quello offerto dal figlio di Riina" con ospiti il ministro dell'Interno Angelino Alfano e il presidente dell'Autorita' anticorruzione Raffaele Cantone. Secondo Viale Mazzini si tratta di "polemiche preventive" da parte di chi non ha visto l'intervista, che Vespa conduce "senza sconti".

Le critiche di Grasso e Bindi Tante e dure le prese di posizione: a partire da quella del presidente del Senato Pietro Grasso che ha annunciato di non voler vedere la trasmissione, passando dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, che ha accusato Vespa di "negazionismo della mafia". Per non parlare delle proteste di Maria Falcone, sorella del giudice, e Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, o della Fondazione Caponnetto e di Don Ciotti. L'ex segretario Pd, Pierluigi Bersani, ha deciso di disertare la prima parte del programma che lo vedeva ospite. Proprio dai dem e' partito il fuoco di fila contro la trasmissione, ma critiche sono arrivate anche da M5S, Sinistra Italiana, verdiniani. Oltre che dalla Federazione Nazionale della Stampa. A difendere Vespa i centristi, di Ncd e Ap, e Forza Italia, che hanno ricordato agli esponenti del centrosinistra il loro silenzio in occasione delle celebri interviste a Ciancimino jr da parte di Michele Santoro. Del caso si e' discusso in Commissione di Vigilanza, dove verra' presto ascoltato Fabiano per "fare trasparenza", come chiesto dal presidente della bicamerale, Roberto Fico. L'esponente M5S ha inoltre proposto un atto di indirizzo per regolare la presenza degli ospiti nei talk show, che sara' presto messo all'ordine del giorno. "Negare la sua presenza o la sua intervista a 'Porta a porta' mi sembra una sciocchezza sinceramente", ha spiegato Tina Ceccarelli, la responsabile della cooperativa padovana Diogene presso la quale Salvatore Rina sta scontando il periodo di liberta' vigilata .

La posizione di Fnsi e Usigrai
" Le dure prese di posizione delle più alte autorità istituzionali e di molti esponenti del mondo politico sulla decisione della Rai di mandare in onda la puntata di 'Porta a Porta' con l'intervista al figlio di Totò Riina sono la conferma che quella dell'azienda è una scelta scellerata che mina gravemente la credibilità e l'autorevolezza del servizio pubblico radiotelevisivo". Lo affermano, in una nota, il segretario generale e il presidente della FNSI, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani. "Il rischio di trasformare le trasmissioni Rai in un salotto della criminalità esiste – affermano -. Annunciare la messa in onda di una puntata dedicata alla lotta alla mafia è un rimedio peggiore del male perché non può esistere una par condicio, né possono esistere punti di vista fra mafia e antimafia, come invece afferma l'azienda. Viene semmai da chiedersi come mai il servizio pubblico radiotelevisivo non si sia mai preoccupato di spalancare i propri salotti ai tanti, troppi giornalisti minacciati dalla mafia e costretti a vivere sotto scorta".