Rocca Cencia, minaccia un giocatore di Slot per ottenere la vincita

In un bar di Rocca Cencia, in soli 15 minuti di gioco su una slot ha perso 3.000 euro e dopo aver assestato alla “macchinetta” un calcio, si è alzato per andarsene, borbottando.

La persona che, dopo di lui, si è seduta a giocare alla stessa slot, alla prima puntata ha letteralmente fatto saltare il banco, vincendo 3.400 euro.

La delusione per lui era troppo grande per restare a guardare, perciò lo sfortunato giocatore – un 21enne romano senza occupazione e con precedenti – ha pensato bene di tornare nell’esercizio, qualche ora dopo, spalleggiato dai genitori, pretendendo dalla proprietaria del bar la restituzione di almeno metà della somma perduta.

Al diniego ottenuto per la stramba pretesa, padre e figlio, in particolare, hanno iniziato a minacciare di distruggere il locale qualora la proprietaria non avesse accolto la loro richiesta.

La madre del 21enne, pur non prendendo attivamente parte alle richieste estorsive, in uno scatto d’ira, ha schiaffeggiato la barista.

Alcune telefonate giunte al “112” hanno consentito ai Carabinieri della Stazione Roma Tor Bella Monaca di intervenire sul posto in breve tempo e una volta ricostruita la dinamica della vicenda, hanno arrestato il 21enne con le accuse di tentata estorsione e minaccia e trattenuto in caserma in attesa del rito direttissimo. Per lo stesso reato, il padre – un 48enne, anche lui senza occupazione e con precedenti – è stato denunciato a piede libero




Ludopatia: l’ennesimo paradosso dello Stato italiano

Il nero in Italia è ovunque. Anche nel gioco d’azzardo. E lo Stato resta a guardare. Nessuno si è filato l’allarme lanciato sui giochi fuori controllo. Una barcata di soldi tirati fuori da Snai, l’associazione di categoria che raggruppa la maggior parte degli operatori nel settore delle scommesse ippiche e sportive, per gridare invano aiuto al governo. Ora, premesso che il gioco d’azzardo non ha ragione di esistere, è un cancro che distrugge uomini, donne, troppe famiglie, che per di più è causato direttamente da chi dovrebbe tutelare il nostro benessere, cioè lo Stato, che è raccapricciante perfino provare a difendere chi lo pratica in modo legale, la realtà non può essere ignorata. Soprattutto quando si tratta di mercato nero, un cancro nel cancro dell’azzardo. Maurizio Ughi, amministratore di Snai servizi, firmatario dell’sos, scrive a caratteri cubitali che “esiste una rete in forte espansione da circa un decennio che vende giochi e scommesse senza autorizzazione dello Stato italiano”.

 

Non fa mai male rispolverare la diagnosi del cancro. Il gioco d’azzardo ha un giro d’affari di 90 miliardi di euro. Quello illegale ne fattura dieci. È la terza impresa del Paese e non conosce crisi. Sono 800 mila i giocatori dipendenti e 2 milioni quelli a rischio. Per la patologia, inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), lo Stato non ha mai sborsato un centesimo. Lo Stato (che non è mai stato) ci deve delle spiegazioni. Dispiace sapere che a Milano il Tar ha dato torto al Comune, che saggiamente aveva stabilito orari limitati per le sale slot, dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 (che è già un lasso di tempo mostruoso per concedere alla gente di buttare via soldi e cervello). Dispiace anche che il Tar abbia deciso lo stesso a Pavia, altra amministrazione che aveva ridotto l’attività delle macchinette. E dico grazie a quei sindaci che lottano contro la ludopatia. Come quello di Sori (Genova), che ha proposto di scontare del 10 per cento la tassa sui rifiuti ai gestori che eliminano le slot dai locali. Quello di San Giorgio (Mantova), che ha annunciato di toglierle dai centri sportivi. Grazie anche a tutti quelli che aderiscono alla campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, al Movimento “No slot” , a Senzaslot.it (i bar senza slot) e a tutte le altre iniziative nate per contrastare il gioco pericoloso.

 

Assodato è che il gioco d’azzardo, prodotto dallo Stato, viene anche curato dallo stesso con campagne sul divieto di gioco per i minori. È lecito, dunque, pensare che ci sia una contraddizione tra la legalizzazione del gioco d’azzardo e la necessità di tutela e cura per chi si ammalasse di ludopatia? Sembra proprio di sì. Da una parte l’amministrazione centrale non sembra disposta a rinunciare agli introiti che derivano dal giro d’affari di lotterie, “macchinette” e giochi on-line. Dall’altro non può neppure abbandonare a se stesse le vittime di questo meccanismo perverso.

 

Il che è un po’ come dire che lo Stato combatte un nemico che si crea da solo. Infatti il fenomeno non è sempre esistito in queste proporzioni. L’allarme sociale per la ludopatia è un fatto recente. Quindi, si tratta di capire cosa è accaduto negli ultimi anni. Perché la pratica dell’“azzardo”, dapprima sopportata e contrastata, a poco a poco è stata assunta tra le attività promosse e controllate dal settore pubblico? Pare ci sia quasi stato una sorta di cambiamento culturale.

 

Fino ai primi anni ‘90, infatti, il monopolio pubblico del gioco d’azzardo in Italia ha sempre cercato di regolare e “contenere” il fenomeno. Poi è qualcosa è cambiato. La metamorfosi è iniziata con il moltiplicarsi delle incarnazioni dei giochi ufficiali, come il Lotto, con l’espandersi delle scommesse sportive e con il diluvio di lotterie istantanee, “Gratta e Vinci”, “Win for life” e così via. Tutte proposte ben accompagnate da pubblicità accattivanti, che invece di scoraggiare al vizio, da anni invitano gli italiani a sprecare i propri soldi nell’illusione di «vincere facile».
Una propaganda che in un ventennio ha segnato in maniera massiccia la cultura popolare italiana. Ad oggi circa la metà della popolazione è composta di giocatori abituali. Basta passare pochi minuti in un bar, in una tabaccheria, in un autogrill, per rendersi conto di quanto sia diffusa l’abitudine al gioco. Evidentemente, lo Stato considera i prelievi sui giochi una sorta di irrinunciabile “bancomat”, cui ricorrere per fare cassa, e i problemi che ne derivano un inevitabile insieme di effetti collaterali.

 

Un discorso che vale anche per altre deplorevoli dipendenze, come ad esempio quella da nicotina. Ma nel caso delle sigarette, lo Stato vieta la pubblicità. Anzi, da qualche anno ha varato norme stringenti per i fumatori e avviato vere e proprie campagne di contrasto del fenomeno. Se il fumo fa male, non si può dire «fuma responsabilmente». Da un po’ di tempo, invece, alla fine degli spot sui giochi c’è proprio un ipocrita invito alla responsabilità. Quasi che lo Stato voglia pulire la propria cattiva coscienza lasciando ogni colpa al singolo giocatore.È come se dicesse: «se dai retta al mio autorevole e attraente invito a farti male, a perdere la tua salute e il tuo denaro, la responsabilità è solo tua». Comodo vero?

Per meglio comprendere la situazione attuale, analizziamo uno dei giochi più frequenti e che attirano sempre più consumatori grazie alle grafiche accattivanti e all’elevato numero di premi “bassi”: I gratta e vinci, da cui ne deriva anche la pubblicità il quale inno è: “Ti piace vincere facile?” , ebbene sarà davvero così facile?

Il Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, riporta all’articolo 7 una serie di “Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, misure di prevenzione per contrastare la ludopatia e per l’attività sportiva non agonistica”. Nello specifico, al comma 4 bis, dispone che “La pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato. Qualora la stessa percentuale non sia definibile, e’ indicata la percentuale storica per giochi similari.”
Probabilità media di vincita delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, cosiddette “Gratta e Vinci”: 1 su 3,53. Il valore complessivo medio della restituzione in vincite può raggiungere il 75% dell’incasso. La probabilità di vincita è riferita al numero di biglietti vincenti uno o più premi, tra quelli individuati con i decreti di indizione delle lotterie, rapportato al numero complessivo di biglietti costituenti i lotti prodotti e immessi sul mercato per la vendita, anch’esso definito nei medesimi decreti di indizione delle lotterie. Il numero dei premi non coincide con il numero di biglietti vincenti: ciascun biglietto vincente può contenere uno o più premi.

Dopo questi cenni noi de L’Osservatore d’Italia abbiamo voluto capirne di più provando a chiedere una percentuale di vincite fatte con i Gratta e Vinci, presso una rivendita di tabacchi del centro storico di Potenza, in Basilicata, prendendo in esame i biglietti le quali vincite sono state riscosse in una settimana. Nel dettaglio, raggruppando i tagliandi principali e più venduti, in base al prezzo di vendita, abbiamo ottenuto questi risultati:
20 euro: 1 vincente ogni 2,9 tagliandi;
10 euro: 1 vincente ogni 3,4 tagliandi;
5 euro: 1 vincente ogni 3,9 tagliandi;
3 euro: 1 vincente ogni 4,2 tagliandi;
2 euro: 1 vincente ogni 4,6 tagliandi;
1 euro: 1 vincente ogni 4,9 tagliandi;

Naturalmente la quantità di tagliandi vincenti non è significativa o comunque utilizzabile per determinare una media delle quote dei premi ridistribuiti con i tagliandi vincenti stessi, in quanto frequentemente si sono presentate vincite multiple su alcuni tagliandi. Dopotutto lo scopo del nostro studio (sia sempre chiaro questo concetto) non è quello di stabilire quanto si vince, ma le reali percentuali di probabilità di vincita che si avrebbero comprando un tagliando al giorno e spiegando perché anche in questo caso “Il gioco non vale la candela”. Qualitativamente parlando, il tipo e la quantità di premi presenti su ogni tagliando vincente, per ogni serie di tagliandi, è prestabilito in base al montepremi predeterminato al tipo ed alla serie del tagliando stesso (montepremi = introiti totali di vendita esclusa la quota da riferire a tutte le voci detrattive, cioè AAMS (Azienda Autonoma Monopoli di Stato), costi di organizzazione, produzione e distribuzione, guadagno rivenditori) , ragion per cui è chiaro il fatto che l’incasso dello Stato non sarà mai uguale o inferiore rispetto all’incasso del singolo giocatore.

E’ conveniente fare questo tipo di gioco? Assolutamente no, perchè questo metodo infatti garantisce la vincita con elevate percentuali di riuscita, ma non l’attivo economico, in quanto comprare 5 gratta e vinci da 20 euro comporta una spesa di ben 100 euro, ma il tagliando vincente potrebbe essere di una somma nettamente inferiore, anche di 20 euro soltanto, ed alla fine vi trovereste ad avere speso 100 euro per ottenere una vincita di soli 20 euro. Lo Stato, infatti, prende sempre di più di quello che da, finendo in uno dei conflitti d’interesse più importante della storia, insieme al fenomeno del tabagismo.

Giulia Ventura




Gioco d’azzardo: da 400 mila slot a 250 mila ad aprile. Lombardia contraria

Potrebbe arrivare domani la sospirata intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali sulla riforma del settore dei giochi: il tema sarà prima al centro dei lavori della Conferenza delle Regioni, convocata per domani alle ore 11 e poi della Conferenza Unificata, prevista per le 14,30 al ministero per gli Affari Regionali. Non è ancora chiaro se Governo, Regioni ed Enti locali arriveranno all’accordo a cui si lavora da oltre un anno e mezzo; l’impressione è che comunque domani possa concludersi il lungo percorso intrapreso finora, arrivando alla sospirata intesa o registrando la mancata intesa, qualora le parti rimangano irremovibili.

La Regione Lombardia ha ribadito la propria contrarietà rispetto alla proposta del Governo. Il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta ha ricordato la pubblicazione in Gazzetta del decreto che ‘taglia’ il numero di slot machine in Italia dalle circa 400mila attuali a 365mila entro dicembre e 265mila entro aprile.




Cosenza, timbravano il cartellino e andavano a giocare alle slot: 18 medici indagati

 
di Angelo Barraco
 
 
COSENZA – “Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero”  disse il filosofo greco Aristotele, peccato che le sue sagge parole sono state notevolmente travisate da  ben 18 medici e dipendenti dei pubblici uffici di Rogliano dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza che ogni giorni strisciavano il loro cartellino o incaricavano qualcuno nel farlo per tutti e poi si recavano ad accompagnare i propri figli a scuola o tornavano a casa o alcuni si recavano addirittura presso il proprio studio privato nell’ora di servizio. Secondo quanto documentato dai Carabinieri della Compagnia di Rogliani, molti di loro non adempivano al loro quotidiano dovere e diversi medici e dipendenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale sono stati avvistati lungo le vie della città mentre facevano la spesa al supermercato o spendevano il loro tempo e i loro soldi nelle slot machine.
 
L’Indagine in merito all’operazione anti-assenteismo dei carabinieri è scattata a seguito di una segnalazione in cui veniva evidenziato il comportamento disinvolto di alcuni dipendenti dell’Asp. Gli inquirenti hanno raccolto 6.000 ore di filmati che documentano quanto precedentemente spiegato e inoltre sono stati effettuati 200 servizi di monitoraggio e osservazione che hanno permesso di accertare gli episodi di assenteismo. Una vicenda che riporta alla mente quanto accaduto a Caserta lo scorso giugno, quando nove dipendenti dell’Asl sono stati arrestati e sottoposti ai domiciliari poiché non adempivano ai loro doveri, preferendo beggiare il cartellino o incaricavano qualcuno che timbrava si occupava di timbrare i cartellini dei colleghi. In questo caso gli accertamenti hanno appurato che i dipendenti lasciavano il posto di lavoro dopo aver registrato la loro presenza con il badge, causando un danno enorme all’Amministrazione. In merito alla vicenda di Cosenza Il gip del Tribunale, su richiesta del sostituto procuratore di Cosenza, ha emesso provvedimenti a seguito di tali comportamenti: quattro di loro sono stati sospesi e quattordici hanno l’obbligo di presentazione.
 
Il lavoro è indispensabile per la sopravvivenza  in una società di diritto poichè rappresenta il motore unico che spinge la grande macchina sociale in cui si articolano tutti i meccanismi costituzionali e produttivi, il rispetto delle leggi nell’esercizio di un’attività lavorativa rappresenta la volontà di far progredire lo Stato di diritto in cui si vive. Quando invece subentra la nolontà nei confronti dello Stato di diritto e delle leggi applicate si arreca un danno a chi costantemente combatte per conformare un equilibrio e una stabilità all’interno di una società che costantemente combatte contro l’illegalità e l’ingiustizia. La società in cui viviamo è colma di volenterosi giovani e non che vorrebbero costruirsi, nei principi della legalità, un futuro, e che vorrebbero diventare imprenditori all’interno di uno Stato che troppo spesso alza i muri con  tassazioni elevate che impedisco spesso lo sviluppo e la crescita e li spinge ad emigrare altrove. La lotta all’assenteismo dovrebbe essere un monito per valorizzare ulteriormente l’imprenditoria giovanile, che oggi dovrebbe rappresentare una risorsa per la società dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione ma tutto ciò viene oscurato da soggetti che non rispettano le leggi imposte dallo Stato di diritto in cui viviamo e l’illusione del cambiamento si trasforma in un biglietto aereo di sola andato.
 
Abbiamo chiesto un parere in merito all’imprenditoria giovanile alla Dott.ssa Rossana Putignano, psicologa Clinica – Psicoterapeuta Psicoanalitica -Responsabile della Divisione Sud e della Divisione di Diagnosi Psicodiagnostica e Neuropsicologia Forense del CRIME ANALYSTS TEAM che riceve su appuntamento a Bari e ad Acquaviva delle Fonti: “L' imprenditoria giovanile, nonostante le sovvenzioni da parte dello stato e il regime dei minimi per i primi 5 anni di attività, è in grave crisi, soprattutto nei piccoli paesini dove la moneta circola poco a favore dei grandi centri commerciali. Sono diverse le attività, da quanto ho potuto osservare nel mio piccolo paese nell'entroterra barese, che chiudono con la stessa rapidità con cui nascono. I giovani sono scoraggiati, aspettano, sperano, arrancano finché non arriva il giorno decisivo in cui, con amarezza, devono chiudere la propria partita iva. Questa decisione non facile e porta con se una sensazione di impotenza e di fallimento nel giovane che deve fare i conti con la propria autostima e la capacità di ri-mettersi in gioco ogni volta. Da libera professionista sento di spronare i giovani imprenditori a non mollare e di re- inventarsi continuamente con eventi culturali e di interesse per la popolazione, ma soprattutto di ben qualificarsi attraverso il giusto onorario, di sentirsi adeguati e titolati per il lavoro che di sta svolgendo e di chiedere la giusta ricompensa per gli studi e gli sforzi fatti. Questo perché la stima e la valutazione del pubblico pagante passa dalla nostra stessa autostima, quindi parola d' ordine è MAI DEPREZZARSI! La creatività è alla base del proprio lavoro di imprenditoria e deve passare necessariamente dal mezzo visivo poiché siamo in una società narcisistica in cui il bello si deve vedere, la qualità si deve notare, l'entusiasmo si deve mostrare. Da psicologa mi rendo disponibile per qualsiasi consulenza con i giovani imprenditori amareggiati che necessitano della giusta spinta propulsiva a ripartire. Occorre cadere e rialzarsi sempre, non solo una volta ma tante volte e, soprattutto, bisogna  accettare la fase 'down' di non introiti per aspettare il momento giusto per ricominciare.”